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Cercando una via d’uscita, Baley disse: «Supponiamo che io accetti la vostra affermazione, e mi convinca che il sospetto che voi siate stata complice di questo... robocidio, è sbagliato. Ciò non significa che voi non possiate aiutarmi.»
«E perché dovrei farlo?»
«Per umanità. Il dottor Han Fastolfe mi ha assicurato che non l’ha fatto, che non è un uccisore di robot, che non ha reso inoperante quel particolare robot, Jander. Voi conoscete il dottor Fastolfe meglio di chiunque altro. Siete stato in intimo contatto con lui per anni, come figlia. Voi l’avete visto in situazioni e condizioni in cui nessun altro l’ha mai visto. Qualunque siano i vostri attuali sentimenti verso di lui, il passato non cambia a causa di essi. Conoscendolo bene come lo conoscete, dovreste poter testimoniare che il suo carattere non è tale da poter fare del male a un robot, certamente non un robot che costituisce uno dei suoi massimi risultati scientifici, Siete disposta a portare la vostra testimonianza di fronte a tutti? Potrebbe aiutarlo moltissimo.»
La faccia di Vasilia parve indurirsi. «Ascoltatemi bene,» disse. «Non voglio essere implicata.»
«Voi dovete.»
«Perché?»
«Non dovete nulla a vostro padre? Lui è vostro padre. Che la parola significhi qualcosa per voi o no, c’è un legame biologico. E a parte questo, padre o no, si è preso cura di voi, vi ha allevata per anni. Gli dovete qualcosa per questo.»
Vasilia tremava. Era un tremito visibile, i denti le battevano. Cercò di parlare, non ci riuscì, tirò un profondo respiro, un altro, ci riprovò. Disse: «Giskard, hai sentito quello che ha detto?»
Giskard abbassò adagio la testa. «Sì, Piccola Miss.»
«E tu, l’umanoide, Daneel?»
«Sì, dottoressa Vasilia.»
«Anche tu hai sentito tutto?»
«Sì, dottoressa Vasilia.»
«Entrambi avete sentito che questo Terrestre vuole che io testimoni sul carattere del dottor Fastolfe?»
Entrambi annuirono.
«Allora parlerò... contro la mia volontà, e con ira. È proprio perché sentivo di dovere a questo mio padre un minimo di considerazione, come portatore dei miei geni, e perché in un certo senso, mi ha allevato, che non ho testimoniato. Ma adesso lo farò. Ascoltatemi, Terrestre.
«Il dottor Han Fastolfe, di cui condivido alcuni geni, non si prese cura di me come un essere umano separato e distinto. Per lui non ero altro che un esperimento, un fènomeno da osservare.»
Baley scosse la testa. «Non è questo che vi ho chiesto.»
Lei lo assalì furiosamente. «Avete insistito perché parlassi, e parlerò. Una sola
cosa interessa il dottor Han Fastolfe. Una sola. Il funzionamento del cervello umano. Egli desidera ridurlo a un sistema di equazioni a un diagramma scritto, a un labirinto senza misteri, e fondare così una scienza matematica del comportamento umano, che gli permetterebbe di prevedere il futuro umano. Lui la chiama “psicostoria”. Non credo che gli abbiate parlato per più di un’ora senza che lui ve ne abbia fatto menzione. È la sua ossessione.» Vasilia scrutò la faccia di Baley, e gridò con gioia feroce: «Lo sapevo! Ve ne ha parlato. E deve avervi anche detto che i robot lo interessano solo nella misura in cui lo possono aiutare a capire il cervello umano, soprattutto i robot umanoidi... Sì, vi ha detto anche questo.
«La teoria che ha reso possibili i robot umanoidi è nata, ne sono certa, dal suo tentativo di comprendere il cervello umano, e lui si tiene questa teoria per sé perché vuole risolvere il problema da solo, nei due secoli di vita che gli rimangono. Tutto è subordinato a questo scopo. E senza dubbio anch’io.»
Baley, cercando di tener testa alla furia della donna, chiese: «E in che modo?»
«Quando sono nata, avrei dovuto essere posta con altri della mia età nelle mani di persone competenti, che sanno come prendersi cura dei bambini. Non avrei dovuto essere lasciata sola con un dilettante: padre o no, scienziato o no. Al dottor Fastolfe non avrebbe dovuto essere permesso di sottomettere una bambina a un tale ambiente, e infatti non gli sarebbe stato concesso... se non fosse stato il dottor Han Fastolfe. Ha usato tutto il suo prestigio per riuscirci, ha sfruttato ogni debito di cui era creditore, ha persuaso ogni persona in posizione chiave che ha potuto, fino a quando non mi ha avuto sotto il suo controllo.»
«Vi amava,» mormorò Baley.
«Mi amava? Qualunque altro bambino gli sarebbe andato bene; ma non ne aveva altri disponibili. Quello che voleva, era un bambino che crescesse sotto il suo controllo, un cervello in via di formazione. Voleva compiere uno studio accurato di come si sviluppava. Voleva un cervello umano nella sua forma più semplice, in modo da poterlo studiare mentre cresceva. A questo scopo, mi ha sottoposto a un ambiente anormale, e a subdoli esperimenti, senza alcuna considerazione della mia umanità.»
«Non posso crederlo. Anche se era interessato a voi come oggetto sperimentale, poteva lo stesso prendersi cura di voi come essere umano.»
«No. Parlate come un Terrestre. Forse sulla Terra c’è qualche considerazione per i legami biologici. Qui no. Per lui ero solo un oggetto di esperimenti. Punto e basta.»
«Anche se fosse stato così all’inizio, il dottor Fastolfe non poteva fare a meno di giungere ad amarvi, eravate un essere inerme, affidato alle sue cure. Anche se non ci fosse stato alcun legame biologico, anche se voi foste stata un animale, avrebbe appreso ad amarvi.»
«Ah, davvero?» disse lei con amarezza. «Voi non conoscete la forza dell’indifferenza in un uomo come il dottor Fastolfe. Se avesse potuto servirgli a migliorare la sua conoscenza, non avrebbe esitato a sopprimermi.»
«Questo è ridicolo. Vi ha trattato in modo tanto buono e amorevole, che ha fatto sorgere l’amore in voi. Lo so. Voi... voi vi siete offerta a lui.»
«Ve l’ha detto lui, vero? Sì, è logico. Neppure per un momento gli è venuto in mente che una simile rivelazione avrebbe potuto imbarazzarmi... Sì, mi sono offerta a lui, e perché no? Era l’unico essere umano che conoscessi realmente. Esteriormente era gentile con me, e io non comprendevo i suoi veri scopi. Era un candidato naturale. Si è anche preoccupato che ricevessi stimoli sessuali, in condizioni controllate... controllate da lui. Era inevitabile che alla fine mi rivolgessi a lui. Dovevo farlo, perché non c’era nessun altro... e lui mi ha rifiutata.»
«E voi l’avete odiato per questo?»
«No. Non subito. Non per anni. Anche se il mio sviluppo sessuale è stato ritardato e distorto, con effetti di cui ancora risento, non gliene feci una colpa. Non avevo abbastanza esperienza. Trovavo delle scuse per lui: era occupato aveva altre donne; aveva bisogno di donne più mature di me. Sareste stupito dalla mia ingegnosità nel trovargli scuse. E stato soltanto parecchi anni dopo che mi sono resa conto che qualcosa non andava, e sono riuscita a affrontarlo faccia a faccia. “Perché mi hai rifiutata?” gli ho chiesto. “Se mi avessi accontentata, mi avresti messo sulla giusta strada, avrei risolto tutto”.» Vasilia fece una pausa, inghiottendo, e per un momento si coprì gli occhi.
Baley aspettò, raggelato dall’imbarazzo.
I robot ascoltavano con facce prive di espressione (incapaci, per quel che ne capiva Baley, di provare alcun equilibrio o squilibrio nei circuiti positronici, che potesse produrre una sensazione in qualsiasi modo analoga all’imbarazzo).
Con voce più calma, Vasilia continuò. «Evitò di rispondere alla domanda finché poté, ma io continuavo a insistere. “Perché mi hai rifiutata?” Lui non mostrava alcuna esitazione nell’avere rapporti sessuali. So di parecchie occasioni... Ricordo che mi sono anche chiesta se per caso non preferiva gli uomini. A meno che non vengano implicati bambini, le personali preferenze in queste faccende non hanno alcuna importanza, e alcuni uomini trovano le donne non di loro gradimento, o viceversa. Ma non era il caso di quest’uomo che chiamate mio padre. Gli piacevano le donne, a volte giovani, giovani quanto lo ero stata io la prima volta che mi ero offerta a lui. “Perché mi hai rifiutata?” E alla fine mi rispose... Provate un po’ a indovinare qual è stata la risposta.» Si interruppe, aspettando con aria sardonica.
Baley si mosse a disagio, e farfugliò: «Non voleva fare l’amore con sua figlia.»
«Non siate ingenuo. Che differenza faceva? Considerando che quasi nessuno su Aurora sa chi sia sua figlia, qualunque uomo che faccia l’amore con una donna di qualche decennio più giovane di lui potrebbe... Ma è ovvio, no? Quello che ha risposto... mi ricordo ancora le parole a memoria: “Come sei sciocca! Se mi legassi a te in questa maniera, come potrei mantenere la mia oggettività? A cosa mi servirebbe continuare a studiarti?” Ormai, capite, io conoscevo il suo interesse per il cervello umano. Stavo anche seguendo le sue orme, studiavo robotica. Ho lavorato su Giskard, facendo alcuni esperimenti con la sua programmazione. E me la sono cavata anche molto bene, non è vero Giskard?»
«Infatti, Piccola Miss,» disse Giskard.
«Ma io capivo che quest’uomo che voi chiamate mio padre non mi considerava
un essere umano. Era disposto a vedermi rovinata per la vita, piuttosto che rischiare la sua oggettività. Le sue osservazioni significavano più della mia normalità. Da quel momento, ho saputo chi ero io, e chi era lui... e l’ho lasciato.»
Un silenzio pesante calò nella stanza.
Baley cominciava ad avere un leggero mal di testa. Avrebbe voluto chiedere: non potevate tener conto dell’egocentrismo di un grande scienziato? Dell’importanza di un grande problema? Non potevate pensare che forse erano parole dette in un momento di rabbia, per essere stato costretto a discutere qualcosa di cui non voleva parlare? La rabbia di Vasilia non era qualcosa di molto simile? E la sua ossessione della “normalità” (qualunque cosa significasse), contrapposta a quelli che erano forse i due problemi più gravi che stavano di fronte all’umanità: la natura del cervello umano e la colonizzazione della Galassia, non rappresentava un uguale egoismo, con molte meno attenuanti?
Ma non poteva chiedere nulla di tutto questo. Non sapeva come dirlo in modo che avesse un senso per quella donna, né era sicuro di poterla capire, se lei gli avesse risposto.
Cosa ci faceva su quel mondo? Non riusciva a comprendere i loro costumi, per quanto glieli spiegassero. Né loro potevano comprendere i suoi.
Con voce stanca disse: «Mi dispiace, dottoressa Vasilia. Capisco che siete adirata, ma se voleste lasciar da parte la vostra ira per un momento, e considerare invece il problema del dottor Fastolfe e del robot ucciso, vi accorgereste che stiamo parlando di due cose diverse. È possibile che il dottor Fastolfe abbia voluto osservarvi in maniera distaccata e oggettiva, anche a costo della vostra infelicità, eppure non avete la più lontana intenzione di distruggere un robot umanoide.»
Vasilia arrossì. Gridò: «Non capite quello che vi sto dicendo Terrestre. Credete che vi abbia raccontato tutto quésto perché mi illudo che voi, o chiunque altro, sia interessato alla triste storia della mia vita? E credete che mi diverta mettermi a nudo così? Vi ho detto questo solo per mostrarvi che il dottor Han Fastolfe, il mio padre biologico, come continuate a ricordarmi, ha distrutto veramente Jander. Certo che l’ha fatto. Ho evitato finora di dirlo perché nessuno me l’ha chiesto, e perché nutro ancora qualche stupida reliquia di rispetto per quell’uomo. Ma adesso che me l’avete chiesto, lo dico, e per Aurora, continuerò a dirlo, a chiunque. Pubblicamente, se necessario. Il dottor Fastolfe ha distrutto Jander Panell. Ne sono certa. Siete soddisfatto adesso?»