38
Baley socchiuse le palpebre e alzò gli occhi. Il soffitto era trasparente, e si vedeva il sole, anche se meno intenso che nella realtà, tanto che si potéva guardarlo, pur senza che ne venisse diminuita la luminosità totale dell’ambiente. Presumibilmente il vetro, o qualsiasi sostanza fosse, diffondeva la luce senza assorbirla.
Baley guardò la donna, ancora seduta sullo sgabello, e chiese: «La dottoressa Vasilia Fastolfe?»
«La dottoressa Vasilia Aliena, se volete il nome completo. Non uso i nomi di altri. Potete chiamarmi dottoressa Vasilia: è il nome con cui sono conosciuta all’Istituto.» La sua voce si addolcì un poco: «Come stai Giskard, vecchio mio?»
Giskard, in un tono singolarmente diverso da quello suo solito, disse: «I miei saluti...» si interruppe, e ripeté: «I miei saluti, Piccola Miss.»
Vasilia sorrise: «Questo, immagino, è il robot umanoide di cui ho sentito parlare tanto... Daneel Olivaw?»
«Sì, dottoressa Vasilia replicò prontamente Daneel.»
«E infine abbiamo... il Terrestre.»
«Elijah Baley, dottoressa,» disse Baley.
«Sì, lo so che i Terrestri hanno dei nomi, e che Elijah Baley è il vostro,» disse lei freddamente. «Non assomigliate neanche un po’ a quell’attore dello sceneggiato.»
«Sì, lo so.»
«Quello che faceva la parte di Daneel invece gli assomigliava di più. Ma non siamo qui per discutere dello sceneggiato.»
«No, infatti.»
«Siamo qui, Terrestre, per discutere su quello che avete da dire a proposito di Santirix Gremionis, e farla finita. Giusto?»
«Non del tutto,» disse Baley. «Questa non è la ragione principale per cui sono venuto, anche se prima o poi ne parleremo.»
«Davvero? Per caso vi siete messo in testa che ci inoltreremo in una lunga e complicata discussione su un argomento di vostra scelta?»
«Credo, dottoressa Vasilia, che fareste bene a lasciarmi condurre questa conversazione come preferisco.»
«È una minaccia?»
«No.»
«Bene, non ho mai incontrato un Terrestre, e potrebbe essere interessante capire fino a che punto assomigliate all’attore che ha interpretato il vostro ruolo... al di là delle apparenza, voglio dire. Siete veramente quella persona energica che appariva in trivi?»
«Quello sceneggiato.» disse Baley con evidente fastidio, «era melodrammatico, ed esagerava la mia personalità, in ogni senso. Preferirei che voi mi accettaste come sono, giudicandomi solo da come vi appaio ora.»
Vasilia rise. «Almeno non sembrate intimidito da me. Questo è un punto a vostro favore. O forse pensate che questo Gremionis vi metta in posizione da darmi ordini?»
«Il mio unico obiettivo è quello di scoprire la verità sulla morte del robot umanoide Jander Panell.»
«Morte? E mai stato vivo?»
«Preferisco usare una parola sola, al posto di una frase come “rendere inoperante”. Parlare di “morire” vi confonde le idee?»
«Vi sapete destreggiare bene con le parole,» disse Vasilia. «Debrett, porta una sedia al Terrestre. Si stancherà di stare in piedi, se la conversazione dovesse protrarsi. Poi vai nella tua nicchia. Anche tu, Daneel, puoi sceglierne una... Giskard, tu vieni qui vicino a me.»
Baley si sedette. «Grazie Debrett... Dottoressa Vasilia, io non ho alcuna autorità per rivolgervi delle domande, né mezzi legali per obbligarvi a rispondere. Tuttavia, la morte di Jander Panell ha posto vostro padre in una posizione...»
«Ha posto chi?»
«Vostro padre.»
«Terrestre; certe volte io mi riferisco a una certa persona come mio padre, ma nessun altro lo fa. Vi prego di usare il nome appropriato.»
«Il dottor Fastolfe. Ma è vostro padre, no?»
«State solo usando un termine biologico,» rispose Vasilia. «Io condivido con lui dei geni in una maniera che sulla Terra verrebbe considerata propria di una relazione padre-figlia. Questo su Aurora è del tutto marginale, tranne che per questioni mediche e genetiche. È possibile che io soffra di certi stati metabolici in cui sarebbe opportuno considerare la fisiologia e la biochimica di coloro con i quali condivido i geni: genitori, fratelli, figli, eccetera. Diversamente, queste relazioni non sono nominate su Aurora, fra gente educata. Ve lo spiego perché voi siete un Terrestre.»
«Se ho offeso le buone maniere.» disse Baley, «è stato per ignoranza, e me ne scuso. Posso riferirmi alla persona in questione mediante il nome?»
«Certamente.»
«Dunque: la morte di Jander Panell ha posto il dottor Han Fastolfe in una posizione difficile, e presumo che vogliate aiutarlo.»
«E perché?»
«E vostro... Vi ha allevato. Si è preso cura di voi. Eravate molto affezionati l’una con l’altro. Egli prova ancora un profondo affetto per voi.»
«Ve l’ha detto lui?»
«Mi è apparso chiaro da quello che mi ha detto... e dal fatto che si sia interessato a quella donna solariana Gladia Delmarre, perché vi assomiglia.»
«Ve l’ha detto lui?»
«Sì. Ma anche se così non fosse, la somiglianza è ovvia.»
«Tuttavia, Terrestre, io non devo nulla al dottor Fastolfe. Il vostro presupposto è errato.»
Baley si schiarì la voce. «A parte i sentimenti personali che potete o non potete
avere, la faccenda ha rilievo anche per il futuro della galassia. Il dottor Fastolfe desidera che nuovi mondi vengano esplorati e colonizzati dagli uomini. Se le ripercussioni politiche della morte di Jander portassero all’esplorazione e alla colonizzazione da parte di robot, il dottor Fastolfe ritiene che ciò sarebbe catastrofico per il futuro di Aurora e dell’umanità. Senza dubbio non vorrete essere corresponsabile di questa catastrofe.»
Vasilia rispose con aria indifferente. «Senza dubbio no, se fossi d’accordo col dottor Fastolfe. Ma io non vedo alcun danno nel far condurre l’esplorazione ai robot umanoidi. In effetti, lavoro all’Istituto per rendere la cosa possibile. Sono Globalista. Dal momento che il dottor Fastolfe è un Umanista, siamo politicamente nemici.»
Le risposte di Vasilia erano precise e nette, non più lunghe del necessario. Ogni volta, seguiva una pausa di silenzio, come se aspettasse con interesse la domanda seguente. Baley aveva l’impressione che la donna fosse incuriosita e divertita da lui, che facesse scommesse con se stessa sulla prossima domanda, fornendogli solo il minimo delle informazioni necessarie per stimolarne un’altra.
«Siete da molto tempo membro dell’Istituto?» chiese Baley.
«Fin dalla sua formazione.»
«E ci sono molti altri membri?»
«Direi che circa un terzo di coloro che si occupano di robot su Aurora sono membri dell’Istituto, anche se solo la metà vive e lavora all’Istituto stesso.»
«Anche altri membri dell’Istituto condividono le vostre tesi sull’esplorazione robotica degli altri mondi? Sono tutti avversari di Fastolfe?»
«Credo che la maggior parte siano Globalisti, ma non si è mai votato sull’argomento, né è stato discusso formalmente. Dovreste chiedere a ognuno singolarmente.»
«Il dottor Fastolfe è membro dell’Istituto?»
«No.»
Baley aspettò un momento, ma la donna non aggiunse niente. «Non è strano? Mi sembrerebbe che fra tutti sia il più adatto.»
«Ma noi non lo vogliamo. E cosa forse meno importante, lui non vuole noi.»
«Non è ancora più strano questo?»
«Non credo.» E poi, come se si sentisse spinta ad aggiungere qualcos’altro, a causa di qualche interna irritazione, aggiunse: «Lui vive nella città di Eos. Conoscete il significato di questa parola, Terrestre?»
Baley annuì, e disse: «Eos è l’antica dea greca dell’alba, così come Aurora era la dea romana.»
«Esatto. Il dottor Han Fastolfe vive nella Città dell’Alba, sul Mondo dell’Alba, ma non crede nell’Alba. Non comprende qual è il metodo necessario per espandersi nella galassia, per trasformare l’Alba degli Spaziali nel Giorno della Galassia. L’esplorazione robotica della galassia è l’unico mezzo pratico per portare a termine l’opera, e lui non l’accetta.»
Lentamente, Baley disse: «Perché è l’unico metodo pratico? Aurora e gli altri mondi Spaziali non sono stati esplorati e colonizzati da robot, ma da esseri umani.»
«No, da Terrestri. È stata un’impresa dispendiosa e inefficiente, e noi oggi non siamo disposti a permettere ai Terrestri di far ancora da esploratori. Siamo diventati Spaziali; abbiamo una vita lunga e sana, e robot infinitamente più versatili di quelli di cui potevano disporre gli uomini che colonizzarono originariamente i nostri mondi. Le condizioni sono completamente diverse, e oggi solo l’esplorazione robotica è concepibile.»
«Supponiamo che abbiate ragione, e il dottor Fastolfe torto. Comunque, il suo punto di vista è ragionevole: perché lui e l’Istituto non possono accettarsi a vicenda? Solo perché non sono d’accordo su questo punto?»
«No. Questo disaccordo è relativamente secondario. C’è un conflitto più fondamentale.»
Ancora una volta Baley aspettò, e ancora una volta Vasilia non aggiunse altro. Non gli sembrava opportuno mostrare irritazione, perciò chiese, quasi esitando: «E qual è questo conflitto?»
Il divertimento affiorò nella voce di Vasilia. I tratti del viso le si ammorbidirono, e per un momento assomigliò di più a Gladia. «Non riuscireste a indovinarlo, se non vi venisse spiegato, vero?»
«È per questo che lo chiedo.»
«Bene, Terrestre, mi hanno detto che voi vivete poco. È vero?»
Baley alzò le spalle. «Alcuni di noi raggiungono i cento anni. Tempo terrestre.» Ci pensò un momento. «Circa centotrenta anni metrici.»
«E voi quanti anni avete?»
«Quarantacinque. Sessanta metrici.»
«Io ne ho sessantasei metrici. Mi aspetto di vivere almeno altri tre secoli, se starò attenta.»
Baley allargò le braccia. «Congratulazioni.»
«Ci sono diversi svantaggi»
«Questa mattina mi è stato detto che in tre o quattro secoli si possono accumulare molte perdite.»
«Temo di sì,» disse Vasilia. «Ma si accumulano anche molti guadagni. Tutto sommato, si arriva a un pareggio.»
«Quali sono allora gli svantaggi?»
«Voi non siete uno scienziato, naturalmente.»
«Sono un poliziotto in borghese.»
«Ma forse avrete conosciuto qualche scienziato sul vostro mondo.»
«Ne ho incontrati alcuni,» disse Baley.
«Sapete allora come lavorano? Mi dicono che sulla Terra cooperano per necessità. Dispongono al massimo di mezzo secolo di lavoro attivo. Meno di sette decadi metriche. Non si può fare molto in un tempo così breve.»
«Alcuni dei nostri scienziati hanno fatto moltissimo in un tempo molto inferiore.»
«Perché potevano trarre vantaggio delle scoperte che altri avevano fatto prima di loro, o contemporaneamente a loro. Non è così?»
«Naturalmente. Esiste una comunità scientifica a cui tutti contribuiscono,
attraverso lo spazio e il tempo.»
«Esatto. Non potrebbe essere altrimenti. Ogni scienziato, rendendosi conto di quanto sia improbabile ottenere qualcosa con le sue uniche forze, è obbligato a entrare in una comunità, a mettere in comune con gli altri le proprie risorse. In tal modo il progresso ne è enormemente avvantaggiato.»
«Non succede lo stesso anche su Aurora e sugli altri Mondi Spaziali?»
«In teoria sì; in pratica, no. Le necessità imposte dalle circostanze sono inferiori in una società dove la vita è molto lunga. Gli scienziati hanno tre secoli o più da dedicare a uno specifico problema, e si apre così la possibilità per uno scienziato solitario di compiere progressi significativi. Ne nasce una sorta di egoismo intellettuale, il desiderio di compiere qualcosa da soli, di lasciare la propria impronta su qualche particolare settore del progresso; si preferisce veder rallentare il progresso generale piuttosto che cedere ciò che viene ritenuto un’esclusiva proprietà. E il risultato è che sui Mondi Spaziali il progresso viene effettivamente rallentato, fino al punto che è difficile distanziare il lavoro che si fa sulla Terra, malgrado i nostri enormi vantaggi.»
«Immagino che non mi direste tutto questo, se non fosse per farmi capire che il dottor Fastolfe si comporta appunto in questa maniera.»
«È così. È la sua analisi teorica del cervello positronico che ha reso possibile il robot umanoide. Con l’aiuto del defunto dottor Sarton ha costruito il vostro amico Daneel, ma non ha pubblicato i dettagli della sua teoria, né li ha resi disponibili ad alcun altro. Lui, e lui solo, mantiene il monopolio della produzione dei robot umanoidi.»
Baley aggrottò la fronte. «E l’Istituto di Robotica ha come scopo la cooperazione fra scienziati?»
«Esatto. L’Istituto raccoglie un centinaio di esperti di primo piano, di età, esperienza e capacità diverse; noi speriamo di fondare altre filiali su altri mondi, e di trasformarlo in un’associazione interstellare. Tutti noi ci impegniamo a comunicare le nostre personali scoperte o teorie alla comunità, facendo volontariamente, per il bene generale, quello che voi Terrestri fate per forza, perché vivete una vita tanto breve.»
«E questo è quanto non vuol fare il dottor Han Fastolfe.»
«Sono certa che lo considerate come un nobile idealista, un patriota; ma non vuole porre la sua proprietà intellettuale, come la considera lui, a disposizione del fondo comune, ed è per questo che non ci vuole. E poiché vuole un diritto di proprietà sulle scoperte scientifiche, noi non vogliamo lui. Adesso avete capita qual è il motivo della nostra reciproca antipatia?»
Baley annuì. «Credete che funzionerà questa volontaria rinuncia alla gloria personale?»
«Deve funzionare,» disse Vasilia con decisione.
«E l’Istituto, attraverso uno sforzo collettivo, è riuscito a duplicare il lavoro individuale del dottor Fastolfe, e a riscoprire la teoria del robot umanoide?»
«Col tempo ci riusciremo. È inevitabile.»
«E non avete fatto nessun sforzo per abbreviare questo tempo, convincendo il
dottor Fastolfe a cedere il suo segreto?»
«Credo che siamo sulla via di convincerlo.»
«Grazie allo scandalo Jander?»
«Non credo che abbiate bisogno di sentire la risposta. Bene: vi ho detto quello che volevate sapere, Terrestre?»
«Mi avete detto alcune cose che non sapevo.»
«Allora tocca a voi dirmi di Gremionis. Perché avete nominato quel barbiere, in connessione con me?»
«Barbiere?»
«Lui si considera uno stilista, fra le altre cose, ma non è altro che un barbiere. Ditemi di lui, o considerò conclusa la nostra conversazione.»
Baley sentì un senso di stanchezza. Era chiaro che Vasilia gli aveva detto soltanto quel tanto per stuzzicare in lui il desiderio di saperne di più, e adesso sarebbe stato costretto ad acquisire altre informazioni pagandole con le sue... Solo che non ne aveva. Aveva solo tirato a indovinare. E se una sola delle sue supposizioni era sbagliata, per lui era finita.
Cercò di guadagnare tempo. «Comprenderete, dottoressa Vasilia, che non potete cavarvela facendo finta che sia ridicolo immaginare una connessione fra voi e Gremionis.»
«E perché no, dal momento che è ridicolo?»
«Oh no. Se fosse ridicolo, mi avreste riso in faccia e avreste interrotto il contatto tridì. Il solo fatto che abbiate abbandonato la vostra iniziale decisione di non ricevermi, il fatto che abbiamo parlato e che mi avete detto molte cose, è una chiara ammissione che avete la sensazione che forse io possa avere il coltello dalla parte del manico.»
La mascella di Vasilia si irrigidì, e con voce bassa ma dura la donna disse: «Sentite, piccolo Terrestre, la mia posizione è vulnerabile, e voi probabilmente lo sapete. Sono la figlia del dottor Fastolfe, e ci sono alcuni, qui all’Istituto, abbastanza sciocchi, o abbastanza privi di scrupoli, da nutrire per questo sfiducia nei miei confronti. Non so che storia abbiate sentito, o vi siate inventato, ma che sia più o meno ridicolo è cosa certa. Comunque, per quanto ridicola sia, potrebbe essere usata contro di me. Per questo sono disposta a venire a patti con voi. Vi ho detto alcune cose e potrei dirvene altre, ma solo se ora mi dite cosa avéte in mano, e mi convincete che state dicendo la verità. Perciò parlate, subito.
«Se cercate di prendermi in giro, vi sbatto fuori, e non mi troverò in una posizione peggiore di quanto sia ora... e almeno mi sarò presa una soddisfazione. E userò quel poco di influenza che ho sul Presidente per fargli revocare il vostro permesso di indagare su Aurora, e farvi rispedire indietro. Già vengono esercitate considerevoli pressioni su di lui in questo senso, e non vorrete che si aggiunga anche la mia. Perciò parlate. Subito!»