4

 

L’inviato del Dipartimento entrò, si guardò attorno, girò attorno alla scrivania di Roth e si sedette. Come individuo del più alto rango, si comportò secondo le norme. Roth prese un’altra sedia.

Baley rimase in piedi, facendo uno sforzo per non mostrarsi sorpreso.

Roth avrebbe potuto avvertirlo, ma non l’aveva fatto. Aveva scelto le parole con cura, in maniera da non dargli alcun indizio.

L’inviato era una donna

Non c’era alcuna ragione per cui non dovesse esserlo. Qualunque funzionario poteva essere di sesso femminile. Anche il Segretario Generale poteva essere una donna. C’erano donne anche nella polizia, perfino una col grado di capitano.

Ma senza preavviso, uno non se l’aspettava. C’erano stati periodi nella storia in cui le donne erano entrate in numero considerevole nei ranghi amministrativi.

Baley conosceva molto bene la storia. Ma quello in cui vivevano non era uno di questi periodi.

Era piuttosto alta, e sedeva con la schiena rigida. La sua uniforme non era molto diversa da quella di un uomo, e neppure l’acconciatura dei capelli, o un trucco particolare. Ciò che tradiva immediatamente il suo sesso era il petto, la cui evidenza lei non faceva il minimo tentativo di nascondere.

Aveva circa quarant’anni, i tratti del viso regolari e finemente cesellati. Era ancora attraente, senza alcuna traccia di grigio nei capelli.

Disse: «Siete l’agente in borghese Elijah Baley, classe C-7.» Era un’affermazione, non una domanda.

«Sì, signora,» rispose Baley.

«Sono il sottosegretario Lavinia Demachek. Non assomigliate molto al poliziotto di quello sceneggiato.»

Baley se l’era sentito dire spesso. «Non potevano farmi com’ero, e avere molto pubblico,» disse.

«Non ne sono tanto sicura. Avete un’aria più sicura di quell’attore dalla faccia imberbe.»

Baley esitò un secondo, poi decise di correre il rischio. O forse non poté resistere alla tentazione di correrlo. Con aria solenne disse: «Avete gusti raffinati, signora.».

La donna rise, e Baley tirò un sospiro di sollievo. «Mi piace pensarlo,» disse. «E adesso spiegatemi perché mi avete fatto aspettare.»

«Non ero stato informato del vostro arrivo, e non ero in servizio.»

«Voi passate Fuori le vostre ore libere, mi dicono.»

«Sì, signora.»

«Siete uno di quei matti, potrei dire, se i miei gusti non fossero raffinati. Lasciate che vi chieda, allora, se siete uno di quei fanatici.»

«Sì, signora.»

«Vi aspettate di emigrare in cerca di nuovi mondi nell’immensità della

Galassia?»

«Forse non io, signora. Potrei essere troppo vecchio, ma...»

«Quanti anni avete?»

«Quarantacinque.»

«E li dimostrate. Anch’io ne ho quarantacinque.»

«Voi non li dimostrate.»

«Sembro più vecchia o più giovane?» Rise un’altra volta, poi disse: «Ma parliamo seriamente. Volete dire che anch’io sono troppo vecchia per colonizzare nuovi mondi?»

«Nessuno, nella nostra società, può diventare un pioniere senza addestrarsi Fuori. L’addestramento è più facile coi giovani. Mio figlio, spero, sbarcherà un giorno o l’altro su un altro mondo.»

«Davvero? Voi sapete, naturalmente, che la galassia appartiene ai Mondi Spaziali.»

«Ci sono solo cinquanta Mondi Spaziali, e milioni di mondi abitabili nella galassia, o che possono essere resi abitabili, e che probabilmente non possiedono vita indigena.»

«Sì, ma nessuna nave può lasciare la Terra senza il permesso degli Spaziali.»

«Ci si può sempre accordare.»

«Non condivido il vostro ottimismo, Baley.»

«Ho parlato con Spaziali che...»

«Lo so,» disse Demachek. «Il mio superiore è Albert Minnim, che due anni fa vi ha mandato su Solaria.» La donna si concesse un lieve sorriso. «In quello sceneggiato compariva anche lui, in un piccolo ruolo. L’attore che lo impersonava gli assomigliava molto. Ricordo che non ne rimase molto soddisfatto.»

Baley cambiò argomento. «Ho chiesto al sottosegretario Minnim...»

«È stato promosso, sapete?»

Baley si rendeva benissimo conto dell’importanza che aveva la gerarchia. «Qual è il suo nuovo titolo?»

«Vicesegretario.»

«Grazie. Ho chiesto al vicesegretario Minnim di chiedere che mi venga rilasciato il permesso di andare su Aurora, per discutere dell’argomento.»

«Quando?»

«Non molto tempo dopo il mio ritorno da Solaria Ho rinnovato due volte la richiesta, da allora.»

«Non avete ricevuto alcuna risposta?»

«No, signora.»

«Ne siete sorpreso?»

«Sono deluso.»

«Non è il caso.» Si appoggiò leggermente allo schienale. «Le nostre relazioni con i Mondi Spaziali sono molto tese. Forse voi ritenete che le vostre due indagini abbiano alleggerito la situazione... e infatti è così. Anche quello spaventoso sceneggiato ci ha aiutato. Ma il miglioramento globale è stato di tanto così,» avvicinò l’indice e il pollice, «su un totale di così,» e allargò le braccia. «In queste

circostanze,» continuò. «non possiamo mandarvi su Aurora, il mondo più importante degli Spaziali, col rischio che possiate fare qualcosa che accrescerebbe la tensione interstellare.»

Baley la guardò negli occhi. «Sono stato su Solaria e non ho creato nessuna tensione. Al contrario...»

«Lo so, ma ci siete andato su richiesta degli Spaziali, e questo è lontano anni luce dall’andarci su vostra richiesta. Vi renderete conto della differenza.»

Baley non disse nulla.

La donna emise un suono che poteva significare: “Che volete farci?”, e disse: «La situazione è peggiorata da quando la vostra richiesta è stata avanzata, e giustamente ignorata. Ed è peggiorata in maniera particolare in quest’ultimo mese.»

«È questa la ragione del nostro incontro, signora?»

«State diventando impaziente, signore?» chiese lei ironicamente, con l’aria di rivolgersi a un superiore. «Volete chiedermi di arrivare al punto?»

«No, signora.»

«E invece sì. E perché no? Sto diventando noiosa. Permettete che arrivi al punto, chiedendovi se conoscete il dottor Han Fastolfe.»

Soppesando le parole, Baley disse: «L’ho incontrato una volta, quasi tre anni fa, in quella che allora era la Città Spaziale.»

«Avevate simpatia per lui, mi pare.»

«Si comportava amichevolmente... per uno Spaziale.»

Lei emise un altro suono analogo al primo. «Immagino. Lo sapevate che è diventato un’importante personalità politica su Aurora, negli ultimi due anni?»

«Ho sentito da... un collega che era entrato nel governo.»

«Da R Daneel Olivaw, il vostro amico robot Spaziale.»

«Il mio ex-compagno di lavoro.»

«Quando avete risolto un piccolo caso che riguardava due matematici a bordo di una nave Spaziale?»

Baley annuì. «Esatto.»

«Ci teniamo informati, come vedete. Il dottor Fastolfe è da due anni la figura di maggior spicco nel loro Congresso Planetario, e si parla perfino di lui come del possibile futuro Presidente. E questa, come saprete, è la carica più vicina a quella di capo del governo che abbiano gli Auroriani.»

Baley disse: «Sì, signora,» chiedendosi quando sarebbe arrivata a quella delicatissima faccenda di cui gli aveva parlato il Commissario.

Demachek pareva non avere fretta. Disse: «Fastolfe è un moderato. Così almeno si definisce lui. È dell’idea che Aurora, e in generale i Mondi Spaziali, si siano spinti troppo in avanti come voi, forse, pensate che abbia fatto la Terra Desidera un passo indietro, verso un minore uso dei robot, un ricambio generazionale più rapido, l’alleanza e l’amicizia con la Terra. Naturalmente noi lo sosteniamo, ma molto discretamente. Se la nostra simpatia fosse troppo evidente, sarebbe il bacio della morte per lui.»

Baley disse: «Io credo che sosterrebbe l’esplorazione e la colonizzazione di

altri mondi da parte della Terra.»

«Anch’io lo credo. Suppongo che ve l’abbia detto lui stesso.»

«Sì, quando ci siamo incontrati.»

Demachek unì la punta delle dita, e vi appoggiò il mento. «Credete che rappresenti il punto di vista dell’opinione pubblica spaziale?»

«Non saprei.»

«Temo di no. Quelli che la pensano come lui sono tiepidi. Quelli contro, sono tanti e bellicosi. E soltanto la sua abilità politica, e il suo fascino personale, che l’hanno portato così vicino al potere. La sua maggiore debolezza, naturalmente, è la sua simpatia per la Terra. Questa viene usata costantemente contro di lui, e influenza molti di quelli che condividono le sue idee su tutto il resto. Se andaste su Aurora, ogni piccolo errore commesso rafforzerebbe i sentimenti antiterrestri, e di conseguenza lo indebolirebbe in maniera forse fatale. La Terra non può permettersi di correre un simile rischio.»

«Capisco,» mormorò Baley.

«Fastolfe è disposto a correre il rischio. E stato lui a sollecitare il vostro invio su Solaria, in un momento in cui la sua influenza politica era appena agli inizi, e lui era molto vulnerabile. Ma lui ha solo il suo potere personale da perdere, mentre noi dobbiamo preoccuparci del benessere di oltre otto miliardi di persone. È questo che rende l’attuale situazione così delicata.»

La donna fece una pausa, e finalmente Baley fu costretto a porre la domanda: «A quale situazione vi riferite?»

«Pare,» disse Demachek, «che Fastolfe sia rimasto implicato in uno scandalo serio e senza precedenti. Se non sarà più che cauto, è probabile che nel giro di qualche settimana la sua carriera politica verrà distrutta. Se sarà di un’astuzia sovrumana riuscirà a sopravvivere per qualche mese. Un po’ prima, un po’ dopo, potrebbe essere eliminato come forza politica su Aurora... E questo sarebbe un vero disastro per la Terra.»

«Posso chiedervi di cosa è accusato? Corruzione? Tradimento?»

«Qualcosa di più. La sua integrità personale, comunque, non viene messa in discussione, neppure dai suoi nemici.»

«Un crimine passionale? Omicidio?»

«Non proprio un omicidio.»

«Non capisco.»

«Su Aurora ci sono esseri umani. E ci sono anche robot, la maggior parte simili ai nostri, non molto più avanzati, di solito. Però ci sono anche alcuni robot umanoidi, così perfetti da poter passare per uomini.»

Baley annuì. «Lo so bene.»

«Immagino che uccidere un robot umanoide non sia omicidio nel senso stretto del termine.»

Baley si chinò in avanti, spalancando gli occhi. Non poteva più trattenersi. «Per Giosafatte, donna, piantatela di giocare a rimpiattino! Volete dirmi che il dottor Fastolfe ha ucciso R. Daneel?»

Roth s’alzò di scatto e sembrò sul punto di balzare su Baley, ma il

sottosegretario Demachek gli fece cenno di tornare a sedersi.

Non sembrava turbata. «Date le circostanze,» disse, «scuserò la vostra mancanza di rispetto. No, R. Daneel non è stato ucciso. Non è l’unico robot umanoide di Aurora. E stato ucciso un altro di questi robot, se vogliamo usare il termine uccidere. Per essere più precisi, la sua mente è stata totalmente distrutta; è stata posta in blocco permanente e irreversibile.»

«E dicono che sia stato il dottor Fastolfe?» chiese Baley.

«Lo dicono i suoi nemici. Gli estremisti, che vorrebbero riservare ai soli Spaziali la colonizzazione della galassia; e che vorrebbero far scomparire i Terrestri dall’Universo. Se questi estremisti riuscissero a imporre un’altra elezione nelle prossime settimane, otterrebbero senza dubbio il controllo totale del governo, con risultati incalcolabili.»

«Ma perché questo roboblocco è politicamente così importante? Non capisco.»

«Neppure io ho le idee chiare,» disse Demachek. «Non pretendo di comprendere la politica auroriana. So che i robot umanoidi erano in qualche modo implicati nei piani degli estremisti, e che la distruzione di quel robot li ha mandati su tutte le furie.» Arricciò il naso. «Trovo la loro politica molto confusa, e vi porterei solo fuori strada se cercassi di interpretarla.»

Baley si sforzò di mantenersi calmo, sotto lo sguardo immobile del sottosegretario. A bassa voce disse: «E io perché sono qui?»

«A causa di Fastolfe. Già una volta siete andato nello spazio per risolvere un caso di omicidio, e ci siete riuscito. Fastolfe vuole che proviate ancora. Dovete andare su Aurora e scoprire il responsabile del roboblocco. Fastolfe crede che sia l’unica speranza di respingere gli attacchi degli estremisti.»

«Non sono un esperto di robotica. Non so nulla di Aurora...»

«Non sapevate nulla neppure di Solaria, ma questo non vi ha impedito di scoprire l’assassino. Il punto, Baley, è che noi siamo ansiosi quanto Fastolfe di scoprire cos’è realmente successo. Non vogliamo che venga politicamente distrutto. Se dovesse succedere, la Terra verrebbe probabilmente fatta segno a un’ostilità maggiore che nel passato. Non vogliamo che accada una cosa del genere.»

«Non posso assumermi questa responsabilità, signora. Il compito è...»

«Quasi impossibile. Lo sappiamo, ma non abbiamo scelta. Fastolfe insiste, e il governo di Aurora per il momento lo sostiene. Se rifiutate di andare, o se noi c rifiutassimo di farvi andare, dovremmo affrontare l’ostilità di Aurora. Se andate, e riuscirete, saremo salvi, e voi verrete adeguatamente ricompensato.»

«E se fallisco?»

«Faremo del nostro meglio per attribuire a voi, non alla Terra, la responsabilità.»

«In altre parole, ve ne lavereste le mani.»

Demachek disse: «Diciamo che verreste gettato ai lupi, nella speranza che la Terra non ne soffra troppo. Un uomo non è un prezzo troppo alto da pagare per un intero pianeta.»

«A me pare inutile andare, dal momento che sono certo di fallire.»

«Lo dite ma non lo pensate,» disse Demachek a bassa voce. «Aurora ha chiesto voi, e non potete rifiutarvi. E perché dovreste? Sono due anni che cercate di andare su Aurora, e siete amareggiato per il nostro rifiuto.»

«Volevo andare in pace, per ottenere l’aiuto necessario a fondare colonie su altri mondi, non per...»

«Potrete ancora provarci a ottenere il loro aiuto per il vostro sogno di colonizzazione, Baley. Supponiamo che abbiate successo nella vostra indagine. È possibile, dopo tutto. In questo caso Fastolfe vi sarà molto riconoscente, e sarà in grado di fare molto di più per voi di quanto non avrebbe mai potuto altrimenti. E anche noi vi saremmo sufficientemente grati da aiutarvi. Non vale forse la pena di correre un rischio, anche se molto grande? Per quanto piccole siano le vostre possibilità di successo, Si riducono a zero se non accettate. Pensateci, Baley. Ma non troppo a lungo, vi prego.»

Baley strinse le labbra, e alla fine, rendendosi conto che non c’erano alternative, disse: «Quanto tempo ho per...»

Demachek lo guardò. «Non vi ho già detto che non abbiamo scelta... e neppure tempo? Dovete partire,» guardò l’orologio che aveva al polso, «fra poco meno di sei ore.»

I Robot Dell'Alba
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