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Era una domanda, una domanda sorpresa, ma dentro di sé non era veramente sorpreso. Ripensandoci, aveva riconosciuto la voce.
Si guardò attorno. Giskard era nella sua nicchia, ma lo ignorò. Prima le cose più importanti. «Dov’è Daneel?»
«Si è lavato e asciugato nelle stanze dei robot,». disse Gladia, «e si è messo abiti asciutti. È circondato dai miei robot, che sono stati opportunamente istruiti. Posso garantirti che nessun estraneo potrà avvicinarsi a meno di cinquanta metri da casa mia, in qualsiasi direzione senza che noi ce se ne accorga. Anche Giskard si è pulito e asciugato.»
«Sì, vedo,» disse Baley. Non era preoccupato per Giskard, solo per Daneel. Era contento che Gladia avesse accettato la necessità di sorvegliare Daneel, e che non dovesse spiegarle la situazione.
Tuttavia c’era una falla nel muro di sicurezza, e una nota preoccupata entrò nella sua voce mentre chiedeva: «Perché l’hai lasciato solo, Gladia? Senza di te non c’era alcun essere umano in casa per impedire a robot estranei di avvicinarsi. Daneel poteva essere catturato con la forza»
«Sciocchezze,» disse Gladia. «Siamo stati via poco, e il dottor Fastolfe è stato informato. Molti dei suoi robot si sono uniti ai miei, e lui poteva intervenire in pochi minuti, se necessario. E vorrei vedere qualunque banda di robot estranei tener testa a lui.»
«Hai visto Daneel da quando sei tornata, Gladia?»
«Ma certo! E sano e salvo, ti dico.»
«Grazie!» Baley si rilassò e chiuse gli occhi. “Non è andata poi così male,” pensò. Era sopravvissuto, no? Quando ci pensava, qualcosa dentro di lui era felice. Aprì gli occhi e chiese: «Come hai fatto a trovarmi, Gladia?»
«È stato Giskard. Sono arrivati qui tutt’e due, Giskard mi ha spiegato in fretta la situazione. Mi sono data subito da fare per mettere Daneel al sicuro, ma lui non si è voluto muovere fino a quando non gli ho promesso di mandare Giskard a cercarti. È stato molto eloquente. Le sue reazioni nei tuoi confronti sono molto intense. Daneel è rimasto qui, naturalmente. Questo l’ha reso molto infelice, ma Giskard ha insistito che gli ordinassi di rimanere con tutta l’autorità possibile. Devi i avergli dato degli ordini molto stringenti. Poi ci siamo messi in contatto col dottor Fastolfe, e quindi abbiamo preso la mia macchina.»
Baley scosse stancamente la testa. «Non avresti dovuto venire, Gladia. Il tuo posto era qui, a proteggere Daneel.»
La donna fece una smorfia di sdegno. «E lasciarti morire in mezzo al temporale? Oppure farti catturare dai nemici del dottor Fastolfe? Non avrei mai potuto, farlo. No, Elijah, la mia presenza poteva essere necessaria per proteggerti dagli altri robot, se fossero arrivati prima. Io non sarò brava in tante cose, ma ti assicuro che una Solariana sa trattare coi robot. Ci siamo abituati.»
«Come avete fatto a trovarmi?»
«Non è stato molto difficile. La macchina non si era fermata molto lontano. Avremmo anche potuto arrivarci a piedi, se non fosse stato per il temporale.»
«Vuoi dire che eravamo quasi arrivati dal dottor Fastolfe?»
«Sì. O la macchina non era stata sabotata abbastanza per farla fermare prima, oppure Giskard è riuscito a tenerla in moto più a lungo di quanto i sabotatori avessero immaginato. È stata una fortuna. Se ti fossi fermato più vicino all’Istituto, avrebbero potuto prendervi tutti. Comunque, siamo andati con la mia macchina fino a dove si era fermata la vostra. Giskard sapeva dov’era, naturalmente. Poi siamo usciti...»
«E ti sei bagnata tutta?»
«Neanche un po’,» rispose Gladia. «Avevo uno schermo antipioggia e una sfera luminosa. Mi sono infangata le scarpe e bagnata un po’ i piedi, perché non ho avuto il tempo di spruzzarmi di Latex, ma niente di grave. Comunque, siamo arrivati alla tua macchina meno di mezz’ora dopo che Giskard e Daneel ti avevano lasciato, e tu non c’eri.»
«Ho cercato...» cominciò Baley.
«Sì, lo sappiamo. Io ho pensato che loro... gli altri, ti avessero portato via, perché Giskard mi aveva detto che vi seguivano. Poi Giskard ha trovato il tuo fazzoletto, a una cinquantina di metri dalla macchina, e ha detto che dovevi esserti allontanato in quella direzione. Giskard ha aggiunto che era una cosa illogica da fare, ma che gli esseri umani spesso sono illogici, per cui dovevamo cercarti. Abbiamo cominciato a guardarci intorno, usando la sfera luminosa, ma è stato Giskard a trovarti. Ha visto il bagliore infrarosso prodotto dal calore del tuo corpo ai piedi di un albero, e così ti abbiamo riportato a casa.»
Con una nota di fastidio, Baley chiese: «Perché ha detto che lasciare la macchina è stata una cosa illogica?»
«Non me l’ha spiegato. Vuoi chiederglielo?» Fèce un gesto verso Giskard.
«Vuoi spiegarmi, Giskard?» disse Baley.
Giskard abbandonò immediatamente la sua posa impassibile, e i suoi occhi si misero a fuoco su Baley. «Mi è sembrato che vi siate esposto senza necessità al temporale. Se aveste aspettato in macchina, vi avremmo riportato in salvo prima.»
«Gli altri robot avrebbero potuto arrivare prima.»
«Così è stato, ma li avete mandati via.»
«Come fai a saperlo?»
«C’erano molte impronte di robot attorno alla macchina, ma i sedili non erano bagnati, come lo sarebbero stati se delle braccia umide avessero cercato di prendervi. Ho pensato che non sareste uscito dalla macchina volontariamente. E avendoli mandati via non dovevate temere che tornassero molto presto, dal momento che era Daneel che volevano, e non voi. Inoltre, potevate essere sicuro che io sarei tornato in fretta.»
Baley borbottò: «Ho ragionato precisamente in questo modo, ma ho pensato che confondere la pista sarebbe stato ancora meglio. Ho fatto quello che mi sembrava più opportuno, e tu mi hai trovato lo stesso.»
«Sì, signore.»
«Ma perché mi avete portato qui? Se eravamo vicini alla casa di Gladia, lo eravamo anche a quella del dottor Fastolfe.»
«Non proprio, signore. Questa casa era più vicina, e ho giudicato, dall’urgenza dei vostri ordini, che ogni istante era prezioso per la sicurezza di Daneel. Daneel è stato d’accordo, anche se era molto riluttante a lasciarvi. Poiché lui era qui, ho dedotto che avreste voluto esserci anche voi, in modo da potervi assicurare personalmente della sua incolumità.»
Baley annuì, e disse, ancora un po’ irritato per l’osservazione del robot sulla sua illogicità: «Hai fatto bene, Giskard.»
«È importante che tu veda Fastolfe?» disse Gladia. «Posso farlo venire qui. Oppure puoi parlargli per tridì.»
Baley si appoggiò allo schienale. Si rendeva conto che i suoi processi mentali erano appannati, e che era molto stanco. Non se la sentiva di affrontare Fastolfe. Disse: «No. Lo vedrò domattina, dopo colazione. C’è tempo. Credo che dovrò anche rivedere Kelden Amadiro, il capo dell’Istituto di Robotica. E il Presidente. Ci sarà anche lui, immagino.»
«Sembri terribilmente stanco, Elijah,» disse Gladia «Per fortuna qui non abbiamo microorganismi, germi, virus, come avete voi sulla Terra, e tu sei stato sterilizzato, perciò non ti prenderai nessuna malattia. Però sei molto stanco.»
“Dopo quello che ho passato,” pensò Baley, “neanche un raffreddore, un’influenza, una polmonite?” In questo c’era un vantaggio nel Mondi Spaziali. «Credo proprio di essere stanco.» disse, «ma la cura migliore è il letto.»
«Hai fame? È ora di cena.»
Baley fece una smorfia. «Non mi va proprio di mangiare.»
«Credo che faresti bene a mandar giù qualcosa, invece. Magari una tazza di brodo. Ti farà bene.»
Baley non poté fare a meno di sorridere. Anche se Gladia era Solariana, in certe occasioni parlava proprio come una qualsiasi donna terrestre. Probabilmente succedeva lo stesso anche con le Auroriane. Ci sono alcune cose che non vengono alterate dalle differenze culturali
«Hai un po’ di brodo pronto? Non voglio darti fastidi.»
«E com’è possibile? Ho i miei robot. Non tanti come su Solaria ma abbastanza per preparare qualsiasi piatto ragionevole. Basta che mi dici che genere di brodo vuoi.»
Baley non poté resistere. «Brodo di pollo.»
«Ma certo.» Poi, con aria innocente: «Proprio quello che avrei suggerito io. Con qualche pezzo di pollo dentro, così sarà più sostanzioso.»
Baley si trovò davanti la tazza con velocità sorprendente. «Tu non mangi, Gladia?» le chiese.
«Ho mangiato mentre ti facevano il bagno e ti curavano.»
«Mi hanno curato?»
«Una normale regolazione biochimica. Avevi ricevuto più che altro un danno psichico, ma non volevamo conseguenze. Adesso mangia.»
Baley portò il cucchiaio alle labbra. Non era male, anche se come tutti i cibi auroriani, aveva più spezie di quanto piacesse a Baley. O forse erano spezie diverse da quelle a cui era abituato.
Di colpo, si ricordò di sua madre. Un’immagine nitida, di quando lei era più giovane di quanto fosse lui ora. Lo rimproverava perché non voleva bere il “brodino”.
“Su, Lije. È pollo vero questo, e costa un sacco di soldi. Neanche gli Spaziali lo fanno così buono.”
Era vero. La chiamò nella sua mente, attraverso gli anni: “È vero, mamma! Non lo fanno così buono.”
Se poteva fidarsi della memoria, e considerando che le sue giovani papille a quel tempo non erano state ancora appannate dalla ripetizione, il brodo di sua madre era molto meglio.
Lo bevve tutto, e quando ebbe finito disse, con un po’ di vergogna: «Non ce ne sarebbe dell’altro?»
«Tutto quello che vuoi, Elijah.»
«Solo un po’.»
Mentre stava terminando la seconda tazza, Gladia gli chiese «Elijah, questo incontro di domani...»
«Sì.»
«Significa che la tua indagine è finita? Sai cosa è successo a Jander?»
«Ho un’idea su quello che potrebbe essere successo a Jander, ma non sono sicuro di convincere qualcuno che ho ragione.»
«E allora perché hai voluto questo incontro?»
«Non è stata una mia idea, Gladia, ma del Maestro in Robotica dottor Amadiro. Non vuole l’indagine, e cerca di farmi rispedire sulla Terra. È lui che ha sabotato la macchina, e che ha cercato di catturare Daneel?»
«Credo di sì.»
«Bene, allora non può essere processato e condannato per questo?»
«Senza dubbio,» disse Baley con calore. «Tranne che per un piccolo particolare: non posso provarlo.»
«Allora può fare tutte queste cose, e cavarsela... e per di più far interrompere le indagini?»
«Ho paura che abbia una buona probabilità di riuscirci. Come dice lui stesso, la gente che non si aspetta la giustizia non rimane delusa.»
«Ma non può. Non devi lasciarglielo fare. Devi portare a termine l’indagine e scoprire la verità.»
Baley sospirò. «E se non riuscissi a scoprire la verità? O se ci riuscissi, ma non potessi convincere la gente?»
«Tu puoi scoprire la verità. E puoi farti ascoltare.»
«La tua fiducia in me è commovente, Gladia. Tuttavia, se il Congresso di Aurora vuole interrompere l’indagine e mandarmi via, non posso fare niente per impedirlo.»
«Non vorrai tornare a casa senza aver ottenuto nulla?»
«Certo che non voglio. Non solo perché non ho ottenuto nulla ma anche perché
vedrei la mia carriera rovinata e il futuro della Terra distrutto.»
«E allora non lasciare che lo facciano, Elijah.»
«Gladia,» disse Baley, «cercherò di farcela, ma non posso sollevare un pianeta con le mani nude. Non puoi chiedermi di fare miracoli.»
Gladia annuì, e abbassando gli occhi si premette il pugno contro la bocca, e rimase seduta, come se pensasse. Ci volle un po’ prima che Baley si rendesse conto che stava piangendo silenziosamente.