26
Baley la seguì attraverso parecchie stanze, le cui pareti emanavano una leggera luminescenza. In un paio d’occasioni scorse alcuni movimenti: qualche robot che si ritirava rapidamente, dal momento che avevano ricevuto l’ordine di tenersi lontani.
Percorsero un corridoio, salirono una breve rampa di scale, ed entrarono in una piccola stanza, in cui una parte di una parete brillava in modo da dare l’impressione di un riflettore.
Nella stanza c’erano solo un lettino e una sedia.
«Questa era la sua stanza,» disse Gladia. Poi, come in risposta al pensiero di Baley, aggiunse: «Non aveva bisogno di altro. Lo lasciavo solo il più possibile... anche tutto il giorno. Non volevo stancarmi mai di lui.» Scosse la testa. «Adesso vorrei essere rimasta con lui ogni secondo. Non sapevo che il nostro tempo sarebbe stato così breve... Eccolo.
Jander era steso sul divano. Era coperto da un lenzuolo di tessuto liscio, lucido.
La luce della parete cadeva sulla testa di Jander, quasi inumana nella sua serenità Gli occhi erano spalancati, ma opachi, privi di vita. Assomigliava abbastanza a Daneel da giustificare ampiamente il disagio di Gladia di fronte all’altro robot. Dal lenzuolo spuntavano il collo e le spalle nude.
«Il dottor Fastolfe l’ha esaminato?» chiese Baley.
«Sì, accuratamente. Sono corsa da lui, disperata, e se tu l’avessi visto correre qui, la sua preoccupazione, il dolore, il... il panico, non avresti mai pensato che possa essere il responsabile. Non ha potuto fare niente.»
«È nudo?»
«Sì. Il dottor Fastolfe ha dovuto spogliarlo, per esaminarlo bene. Era inutile rivestirlo.»
«Posso togliere il lenzuolo, Gladia?»
«Devi proprio?»
«Non voglio rischiare di farmi sfuggire qualcosa di ovvio.»
«Cosa potresti scoprire che sia sfuggito al dottor Fastolfe?»
«Niente. Ma devo sapere che non c’è niente da scoprire. Ti prego.»
«Va bene, fai pure. Ma quando hai finito, rimetti il lenzuolo esattamente com’era, per favore.» Gladia voltò la schiena, appoggiò un braccio alla parete, e vi ci appoggiò la fronte. Non emise alcun suono, né si mosse, ma Baley sapeva che stava piangendo.
Il corpo era forse non del tutto umano. Il contorno dei muscoli era semplificato, un po’ schematico, ma c’erano tutte le parti; capezzoli, ombelico, pene, testicoli, peli, eccetera.
Quanti giorni erano passati da quando Jander era stato ucciso? Gli venne in mente che non lo sapeva, tuttavia, non c’era alcun segno di putrefazione, né visivo né olfattivo. Una chiara differenza robotica.
Baley esitò, poi infilò un braccio dietro le spalle di Jander, e un altro sotto le reni. Non pensò di chiedere aiuto a Gladia... quello era impossibile. Con qualche
difficoltà riuscì a rivoltare Jander senza farlo cadere dal lettino.
Il lettino scricchiolò. Gladia doveva accorgersi di quello che stava facendo, ma non si voltò. Non gli offrì aiuto, ma neppure protestò. Baley ritirò le braccia. Jander era caldo al tocco. Presumibilmente il sistema di riscaldamento funzionava anche col cervello inattivo. Il corpo era sodo, elastico. Niente di simile al rigor mortis.
Un braccio pendeva dal lettino, in maniera molto umana. Baley lo mosse, poi lo lasciò andare. Oscillò un poco, poi si fermò. Piegò una gamba al ginocchio, ed esaminò il piede, poi l’altro. Le natiche erano perfettamente formate, e c’era anche un ano.
Baley non poté scuotersi di dosso un senso di disagio, come se stesse violando l’intimità di un essere umano.
Se fosse stato un uomo, la carne fredda e rigida l’avrebbe privato della sua umanità.
Pensò: “Il cadavere di un robot è molto più umano del cadavere di un uomo.” Infilò di nuovo le braccia sotto il corpo e lo rimise come prima. Lisciò il lenzuolo meglio che poté. Fece un passo indietro, decise che era tutto a posto. «Ho finito, Gladia,» disse.
La donna si voltò, guardò Jander con occhi umidi, e disse: «Possiamo andare, allora?»
«Certo, Gladia. Ma...»
«Sì?»
«Lo terrai sempre così? Immagino che non si corromperà.»
«Che importanza ha?»
«Ce l’ha. Devi darti una possibilità di riprenderti. Non puoi passare tre secoli a piangere. Ciò che è finito è finito.» Quella frase suonava retorica alle sue stesse orecchie. Come doveva sembrare a quelle di Gladia?
«Lo so che lo dici per me, Elijah. Mi è stato chiesto di tenere Jander fino alla fine dell’inchiesta. Poi verrà bruciato, per mia richiesta.»
«Bruciato come?»
«Con una torcia al plasma, che lo ridurrà ai suoi elementi fondamentali, come si fa coi cadaveri umani. Di lui mi resteranno alcune olografie... e i ricordi. Sei soddisfatto?»
«Certo. Adesso devo tornare dal dottor Fastolfe.»
«Sì. Hai scoperto qualcosa dal corpo di Jander?»
«Non mi aspettavo di scoprire niente.»
Lei lo guardò negli occhi. «Elijah, voglio che tu scopra chi l’ha fatto e perché. Devo saperlo.»
«Ma Gladia...»
Lei scosse violentemente la testa, come per scacciare qualcosa che non voleva sentire. «So che puoi farlo.»