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Immediatamente, due forti braccia lo sostennero. Baley si sentì sollevare, la sedia venne raddrizzata, e si rese conto di trovarsi fra le braccia di un robot. Era facile dimenticarsi della loro esistenza, mentre se ne stavano immobili e silenziosi nelle nicchie.
Non era stato né Daneel né Giskard ad essergli corso in aiuto. Era il robot di Gremionis, Brundij.
«Signore,» disse Brundij con voce leggermente innaturale, «spero che non vi siate fatto male.»
Ma dov’erano Daneel e Giskard? La risposta venne immediatamente. I robot si erano divisi i compiti rapidamente e con precisione. Daneel e Giskard, stimando che una sedia rovesciata offriva meno pericoli di un Gremionis infuriato, si erano precipitati sull’uomo. Brundij accorgendosi che non era necessario il suo aiuto da quella parte, si era occupato dell’ospite. Gremionis, ancora in piedi, ansimante, era completamente immobilizzato nella presa dei robot di Baley.
Con voce appena più forte di un sussurro, l’uomo disse: «Lasciatemi andare. Sono padrone di me stesso.»
«Sì signore,» disse Giskard.
«Certo, signor Gremionis,» disse Daneel, quasi amabilmente.
Ma anche se gli lasciarono andare le braccia, nessuno dei due si allontanò da lui. Gremionis si guardò a destra e a sinistra, si rassettò i vestiti, poi tornò a sedersi. Respirava ancora rapidamente, e aveva i capelli leggermente scomposti. Baley rimase in piedi, con una mano appoggiata alla spalliera della sedia.
«Mi dispiace di aver perso il controllo,» disse Gremionis. «È una cosa che non mi era mai successa in tutta la mia vita di adulto. Mi avete accusato di essere geloso. È una parola che nessun Auroriano educato userebbe mai nei confronti di qualcun altro, ma avrei dovuto ricordarmi che siete un Terrestre. E una parola che noi leggiamo solo nei romanzi antichi, e anche in questo caso viene scritta con una “g” seguita dai puntini di sospensione. Naturalmente, so che sul vostro mondo non e così.»
«Dispiace anche a me, signor Gremionis,» disse Baley solennemente, «che la mia ignoranza del costume auroriano mi abbia ingannato. Vi assicuro che una cosa simile non si ripeterà.» Si risedette e disse: «Non credo che ci sia molto altro di cui discutere...»
Gremionis sembrava non ascoltarlo. «Quando ero un bambino,» disse, «certe volte davo uno spintone a un altro, e lui a me, e naturalmente passava un po’ di tempo prima che i robot si preoccupassero di separarci.»
«Forse è necessario chiarire una cosa, Elijah,» disse Daneel. «È stato stabilito che la soppressione totale degli impulsi aggressivi nei giovanissimi provoca conseguenze indesiderabili. Perciò vengono permessi, e anche incoraggiati giochi che implicano competizione fisica, a condizione che non ne risulti un vero danno. I robot che si occupano dei bambini sono accuratamente programmati in modo da
saper distinguere le possibilità e i livelli di danno possibile. Io, per esempio, non sono adeguatamente programmato a questo proposito, e non sarei adatto a sorvegliare dei bambini, se non in circostanze di emergenza e per brevi periodi. E neppure Giskard.»
«Questo comportamento aggressivo viene interrotto durante l’adolescenza?» chiese Baley.
«Gradualmente,» rispose Daneel, «man mano che cresce il livello del possibile danno, e che la desiderabilità dell’autocontrollo aumenta.»
«Arrivato all’epoca delle scuole superiori,» disse Gremionis, «sapevo ormai, come tutti gli Auroriani, che ogni competizione si basa sul confronto di capacità mentali e di talento.»
«Ogni competizione fisica è esclusa?»
«No, solo quelle che coinvolgono un deliberato contatto fisico con lo scopo di far del male.»
«E da quando siete stato adolescente...»
«Non ho mai attaccato nessuno. Certo che no. Varie volte ho avuto l’impulso di farlo, è vero. Immagino che non sarei del tutto normale se non fosse così. Ma fino ad oggi sono riuscito a controllarmi. D’altra parte nessuno mi aveva mai chiamato... in quel modo prima.»
«Comunque,» disse Baley, «non servirebbe a niente attaccare un altro umano, se uno è destinato a essere fermato dai robot, no? Immagino che ci sia sempre un robot pronto a intervenire, da entrambe le parti.»
«Certamente. E questa è una ragione in più per vergognarmi di aver perso il controllo. Spero che non farete menzione della cosa nel vostro rapporto.»
«Vi assicuro che non parlerò con nessuno di quanto è successo. Non ha nulla a che fare con il caso.»
«Grazie. Avete detto che la conversazione è finita?»
«Credo di sì.»
«Allora, farete quello che vi ho chiesto di fare?»
«Cioè?»
«Dire a Gladia che non ho niente a che fare con l’immobilizzazione di Jander?»
Baley esitò. «Le dirò che questa è la mia opinione.»
«Vi prego, siate più preciso. Voglio che sia assolutamente certa che io non c’entro per nulla, e a maggior ragione se era legata a quel robot da un punto di vista sessuale. Non potrei sopportare che lei pensasse che io sono ge-ge... Essendo solariana, potrebbe pensarlo.»
«Sì, è vero,» disse Baley.
«Sentite,» disse Gremionis, parlando in fretta, ansiosamente. «Io non ne capisco niente di robot, e nessuno, né Vasilia né altri, mi ha mai detto niente sull’argomento, su come funzionano voglio dire. Non avrei potuto in nessun modo distruggere Jander.»
Per un momento Baley restò immerso nei propri pensieri. Poi, con evidente riluttanza, disse: «Non posso fare a meno di credervi. Certo, io non conosco tutto. ed è possibile, lo dico senza offesa, che voi, o la dottoressa Vasilia, o entrambi,
mentiate. Non conosco quasi nulla dei particolari della società auroriana, e potrei facilmente essere tratto in inganno. Tuttavia, non posso fare a meno di credervi. Comunque, non posso far altro che dire a Gladia che, secondo la mia opinione, voi siete completamente innocente. Ma devo dire “secondo la mia opinione”. Sono sicuro che lei troverà la mia affermazione abbastanza precisa.»
«Allora dovrò accontentarmi di questo,» disse cupamente Gremionis. «Se la cosa può servire, comunque, vi assicuro, sulla mia parola di cittadino auroriano, che sono innocente.»
Baley ebbe un lieve sorriso. «Non mi sogno di dubitare della vostra parola, ma la mia professione mi costringe a fidarmi solo delle prove oggettive.» Si alzò, fissò solennemente Gremionis per un momento, poi disse: «Quello che sto per dirvi non dev’essere preso come un’offesa, signor Gremionis. Suppongo che voi desideriate che io rassicuri Gladia perché volete conservare la sua amicizia.»
«Lo desidero moltissimo, signor Baley.»
«E, presentandosi l’occasione adatta, intendete offrirvi ancora?»
Gremionis arrossì, deglutì a vuoto poi disse: «Sì.»
«Posso darvi un consiglio, allora? Non fatelo.»
«Potete tenervi il vostro consiglio. Non ho alcuna intenzione di rinunciare.»
«Voglio dire: non usate le solite procedure formali. Potreste semplicemente...» Baley distolse lo guardo, sentendosi terribilmente imbarazzato, «...abbracciarla e baciarla.»
«No,» disse Gremionis con forza. «Per favore! Una donna Auroriana non lo sopporterebbe mai. E neanche un uomo.»
«Signor Gremionis, vi siete dimenticato che Gladia non è Auroriana. È Solariana: ha altri costumi, altre tradizioni. Io proverei, se fosse in voi.» Lo sguardo impassibile di Baley mascherava una grande rabbia. Chi era Gremionis per lui, per dargli un simile consiglio? Perché dire a un altro di fare quello che lui stesso desiderava ardentemente fare?