18
Se Fastolfe era stato rapido, Daneel lo fu molto più di lui.
A Baley, che si era del tutto dimenticato della sua esistenza, parve di vedere un movimento confuso, di sentire un fruscio, e Daneel fu al fianco di Fastolfe, con in mano il distributore, e stava dicendo: «Spero, dottor Fastolfe, di non avervi fatto alcun male.»
Baley notò, come stordito, che Giskard non era molto lontano da Fastolfe, dall’altra parte, e che i quattro robot servitori erano nei pressi del tavolo.
Ansimando leggermente, coi capelli in disordine, Fastolfe disse: «No, Daneel. Ti sei comportato alla perfezione.» A voce più alta aggiunse: «Tutti voi vi siete comportati benissimo; ma ricordate di non lasciarvi rallentare da nulla, neppure da un mio eventuale coinvolgimento.» Fece una breve risatina e si risedette, lisciandosi i capelli con la mano. «Mi dispiace,» disse, «di avervi scombussolato, signor Baley, ma ho pensato che una dimostrazione pratica sarebbe stata più efficace di qualsiasi discorso.»
Baley, che cominciava a riprendersi, si slacciò il colletto e disse con voce un po’ rauca: «In effetti, mi aspettavo delle parole, ma sono d’accordo con voi che la dimostrazione è stata più convincente. Per fortuna Daneel era abbastanza vicino da disarmarvi.»
«Anche gli altri erano abbastanza vicini; Daneel era solo il più vicino, ed è arrivato per primo. È arrivato abbastanza in fretta da non dover usare la forza. Se fosse stato più lontano avrebbe dovuto afferrarmi il braccio, o magari stordirmi.»
«Sarebbe giunto fino a questo punto?»
«Signor Baley,» disse Fastolfe, «ho dato istruzioni perché veniate protetto, e io so come dare istruzioni a un robot. Non avrebbero esitato a salvarvi, anche se l’alternativa fosse stata quella di farmi del male. Naturalmente avrebbero fatto di tutto per infliggermi il minor danno possibile, come ha fatto Daneel. L’unica cosa che ha danneggiato è stata la mia dignità e la mia pettinatura. E mi formicolano le dita.» Fastolfe le piegò con aria dispiaciuta.
Baley tirò un profondo respiro, cercando di riprendersi da quel breve intervallo di confusione. «Daneel non mi avrebbe protetto anche senza le vostre specifiche istruzioni?»
«Senza dubbio. Avrebbe dovuto farlo. Ma non dovete pensare che la reazione di un robot sia un semplice sì o no, bianco o nero. E un errore che spesso commettono i profani. C’è il problema della velocità di reazione. Le mie istruzioni al vostro riguardo erano formulate in maniera tale che il potenziale accumulato nei robot al mio servizio, compreso Daneel, è alto in maniera anormale, fino al massimo limite ragionevole. Perciò la reazione di fronte a un pericolo chiaro e reale per voi, è estremamente rapida. Sapevo che era così, ed è stato per questa ragione che ho cercato di colpirvi con tale rapidità: per darvi la migliore dimostrazione della mia incapacità di colpirvi.»
«Capisco, ma non mi sento del tutto disposto a ringraziarvi.»
«Oh, ero del tutto sicuro dei miei robot, soprattutto di Daneel Però mi è venuto in mente anche se un po’ in ritardo, che se non avessi immediátamente lasciato la presa sul distributore, avrebbe potuto, contro la sua volontà, o l’equivalente robotico della volontà, rompermi il polso.»
Baley disse: «Forse avete corso un rischio stupido, allora.»
«Viene in mente anche a me... adesso. Se foste stato voi a cercare di colpirmi, Daneel non avrebbe reagito con la stessa velocità, perché non aveva ricevuto alcuna istruzione specifica a proposito della mia sicurezza. Spero che sarebbe stato abbastanza veloce da salvarmi, ma non ne sono sicuro... e preferirei non fare l’esperimento.» Fastolfe sorrise.
«E se bombardassero la casa?» disse Baley. «Oppure se ci puntassero addosso un raggio gamma, da una delle colline vicine...»
«I miei robot non costituiscono una difesa assoluta, ma simili attentati terroristici sono altamente improbabili qui su Aurora. Non è il caso di preoccuparsene.»
«E io sono disposto a farlo. In realtà, non sospettavo seriamente che voi foste un pericolo per me, dottor Fastolfe, ma dovevo eliminare completamente questa possibilità, prima di proseguire con le indagini. Adesso possiamo andare avanti.»
Fastolfe disse: «Sì, possiamo proseguire. Malgrado questa drammatica distrazione, siamo ancora di fronte al problema di provare che il congelamento mentale di Jander è stato un evento spontaneo.»
Ma Baley, divenuto consapevole della presenza di Daneel, si rivolse al robot: «Daneel, ti addolora se discutiamo di questa faccenda?»
Daneel, che aveva depositato il distributore sul tavolo più lontano, disse «Preferirei che il mio amico Jander fosse ancora operativo, ma dal momento che così non è, e che non può essere riportato in funzione, la cosa migliore che rimane da fare è prevenire simili incidenti per il futuro. Dal momento che la discussione in corso ha questo obiettivo, essa mi dà piacere piuttosto che dispiacere.»
«Bene, allora ti chiederò un’altra cosa: credi che il dottor Fastolfe sia responsabile della fine del tuo compagno Jander? Mi perdonerete la domanda, dottor Fastolfe.»
Fastolfe fece un gesto di approvazione, e Daneel disse: «Il dottor Fastolfe ha affermato di non essere responsabile, perciò ovviamente non lo è.»
«Non hai alcun dubbio in proposito, Daneel?»
«Nessuno, Elijah.»
Fastolfe parve divertito. «State interrogando un robot, signor Baley?»
«Il fatto è che non riesco a pensare a Daneel come a un robot.»
«Le sue risposte non avrebbero alcun valore davanti a un tribunale. È obbligato a credermi, a causa dei suoi potenziali positronici.»
«Io non sono il tribunale, dottor Fastolfe, e sto solo cercando di eliminare tutte le possibilità. Torniamo al punto di partenza. O siete stato voi a far congelare il cervello di Jander, oppure è successo per caso. Voi mi assicurate che non posso provare che sia avvenuto per caso, e questo non mi lascia aperta altra strada che provare la vostra estraneità al fatto. In altre parole, se potessi provare che era
impossibile per voi uccidere Jander, ci rimane come unica alternativa la circostanza casuale.»
«E come potete farlo?»
«È una questione di mezzi, di opportunità, di movente. Voi avevate i mezzi per uccidere Jander: la capacità teorica di manipolarlo in maniera tale da produrre in lui il congelamento mentale. Ma ne avevate l’opportunità? Era il vostro robot, nel senso che ne avevate progettato i suoi circuiti cerebrali, e sovrinteso alla sua costruzione, ma era in vostro attuale possesso al momento del suo congelamento?»
«No. Era in possesso di altri.»
«Da quanto tempo?»
«Circa otto mesi... un po’ più di sei dei vostri mesi.»
«Ah. Questo è importante. Eravate con lui, o vicino a lui, al momento della distruzione? Potevate raggiungerlo? In breve, possiamo dimostrare che eravate così lontano da lui, o al di fuori dalla sua portata, che sia irragionevole supporre che abbiate potuto commettere il fatto?»
«Temo che questo sia impossibile,» disse Fastolfe. «C’è un periodo di tempo abbastanza lungo durante il quale era possibile commettere il fatto. In un robot non si verificano cambiamenti paragonabili al rigor mortis, o alla putrefazione, dopo la distruzione. Possiamo solo dire che in un certo momento, Jander era ancora funzionante, e in un certo altro non più. Fra i due momenti vi è un intervallo di circa otto ore. Per quel periodo non ho alcun alibi.»
«Nessuno? Cosa stavate facendo in quelle otto ore, dottor Fastolfe?»
«Ero qui, a casa mia.»
«I vostri robot lo sapevano senza dubbio, e potrebbero testimoniarlo.»
«Senza dubbio lo sapevano, ma non possono testimoniare legalmente, e quel giorno Fanya era fuori.»
«A proposito, Fanya condivide le vostre conoscenze in fatto di robotica?»
Fastolfe si concesse un sorriso ironico. «Ne sa meno di voi. E poi, questo non ha la minima importanza.»
«Perché no?»
La pazienza di Fastolfe stava chiaramente arrivando al limite. «Mio caro signor Baley, qui non si tratta di una aggressione fisica a breve distanza, come il mio finto attacco di poco fa. Ciò che è accaduto a Jander non richiedeva una presenza fisica. Si da il caso che, anche se non era nella mia casa, Jander si trovava in effetti poco distante da me, geograficamente; ma anche se fosse stato sull’altro lato di Aurora non avrebbe fatto nessuna differenza. Avrei sempre potuto raggiungerlo elettronicamente, e attraverso i miei ordini e le sue reazioni, portarlo al congelamento mentale. Il passo cruciale poteva anche richiedere un tempo molto breve.»
Subito Baley interloquì: «Si tratta di un processo rapido, allora, che qualcun altro avrebbe potuto mettere in moto per caso, senza intenzione?»
«No!» disse Fastolfe. «Per amore di Aurora, lasciatemi parlare. Vi ho già detto che non è così. Produrre un congelamento mentale in Jander richiede un processo lungo e complesso, grande intelligenza e competenza, e non è possibile che
qualcuno ci sia arrivato per caso, a meno di incredibili e prolungate coincidenze. Le probabilità di giungere a tanto per caso sono molto inferiori a quelle di un congelamento spontaneo, se solo il mio ragionamento matematico venisse accettato. Tuttavia, se io volessi produrre il congelamento, potrei indurre alcune reazioni attentamente calcolate, poco a poco, lungo un periodo di settimane, di mesi, perfino di anni, fino a portare Jander sull’orlo della distruzione. E in nessun istante di questo processo egli mostrerebbe alcun segno di trovarsi sull’orlo della catastrofe, esattamente come voi potreste avvicinarvi, al buio, all’orlo di un precipizio senza avvertire alcun mutamento nella solidità del terreno. Ma una volta che l’avessi condotto proprio sull’orlo, una sola frase pronunciata da me lo farebbe precipitare. E questo passo finale che richiede solo un tempo brevissimo. Capite adesso?»
Baley strinse le labbra. Era inutile cercare di mascherare il disappunto. «Per farla breve, ne avevate anche l’opportunità.»
«Chiunque ne avrebbe avuto l’opportunità. Chiunque su Aurora, ammesso che costui, o costei, possedesse la necessaria abilità.»
«E solo voi la possedete.»
«Temo di sì.»
«Il che ci porta al movente, ed è qui che potremo trovare una via d’uscita. I robot umanoidi sono vostri. Sono basati su una vostra teoria, e voi avete partecipato alla loro costruzione passo passo, anche se vi ha aiutato il dottor Sarton. Essi esistono grazie a voi, e solo grazie a voi. Avete parlato di Daneel come del vostro “primogenito”. Sono vostre creature, vostri figli, il vostro dono all’umanità, la sanzione della vostra immortalità.» (Baley, preso dalla sua eloquenza, si immaginò per un momento di trovarsi di fronte a una Commissione d’inchiesta.) «Perché diavolo avreste dovuto distruggere la vostra opera? Perché annientare una vita, da voi creata mediante un miracolo di intelligenza?»
Fastolfe sembrò divertito. «Ma, signor Baley, voi non ne sapete niente. Come potete dire che la mia teoria sia stata un miracolo d’intelligenza? Avrebbe potuto benissimo essere solo la banale estensione di un’equazione, a cui chiunque avrebbe potuto arrivare, ma che nessuno si era preoccupato di fare prima di me.»
«Non credo,» disse Baley, cercando di calmarsi. «Se nessuno oltre a voi è in grado di comprendere il funzionamento di un cervello umanoide abbastanza da distruggerlo, penso anche che nessuno sia in grado di comprenderlo tanto bene da crearlo. Potete negare questo?»
Fastolfe scosse la testa. «No, non lo nego. E tuttavia, signor Baley,» e la sua faccia si fece più cupa di quanto lo fosse stata fino a quel momento, «la vostra analisi riesce soltanto a rendere le cose ancora peggiori per noi. Abbiamo già deciso che io sono il solo che abbia avuto i mezzi e l’opportunità. Ma capita che abbia anche il movente, il miglior movente del mondo... e i miei nemici lo sanno. E allora, come diavolo, per usare il vostro termine, potremo provare che non l’ho fatto?»