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Adesso, quando usava l’astrosimulatore, Aurora riempiva il suo campo visivo, e sembrava la Terra. (Baley non aveva mai visto la Terra allo stesso modo, ma solo fotografie su testi di astronomia.)
Si vedevano le stesse chiazze di nuvole bianche, le stesse aree desertiche; le stesse luci che scintillavano sulla distesa dell’emisfero notturno, che mostrava il globo terrestre.
Baley osservava rapito, e pensava: “E se mi avessero portato nello spazio dicendomi che andavo su Aurora, e adesso mi stessero riportando sulla Terra, per qualche misteriosa e pazzesca ragione? Come potrei rendermi conto della differenza prima di atterrare?”
C’era qualche ragione per nutrire quei sospetti? Daneel gli aveva chiaramente detto che le costellazioni erano le stesse, ma non era naturale che avvenisse così, per pianeti appartenenti a stelle vicine? L’aspetto generale dei due pianeti, visti dallo spazio, era identico, ma anche questo era naturale, essendo entrambi abitabili e adatti alla vita umana.
C’era qualche ragione per sospettare che un simile, improbabile inganno fosse stato architettato ai suoi danni? E con quale scopo? E d’altra parte, perché non avrebbe dovuto apparire improbabile e inutile? Se ci fosse stata una ragione ovvia per fare una cosa del genere, lui se ne sarebbe accorto subito.
E Daneel poteva far parte della cospirazione? Senza dubbio no, se fosse stato un essere umano. Ma era solo un robot: poteva esserci un metodo per far lo agire in maniera appropriata.
Non c’era alcun modo di saperlo. Baley si mise alla ricerca dei contorni dei continenti: questa poteva essere la prova decisiva, solo che non funzionò.
I frammenti di terra che apparivano fra gli squarci delle nuvole non erano sufficienti: non conosceva abbastanza la geografia terrestre. L’unica cosa che conosceva della Terra erano le sue città sotterranee, le sue caverne d’acciaio. Le linee costiere che vedeva gli erano sconosciute: ma fossero della Terra o di Aurora, non lo sapeva.
Ma perché tanta incertezza? Quando era andato su Solaria non aveva mai dubitato della sua destinazione, non aveva mai sospettato che stessero riportandolo sulla Terra... Ah, ma allora si trattava di una missione ben definita, con ragionevoli probabilità di successo. Adesso aveva la sensazione che non ci fosse alcuna speranza.
Forse, in realtà, desiderava essere riportato sulla Terra, e si era immaginato una falsa cospirazione, così da immaginarlo possibile.
L’incertezza della sua mente aveva acquistato una vita propria. Non poteva scrollarsela di dosso. Si ritrovò a scrutare Aurora con un’intensità quasi demenziale incapace di tornare alla realtà della cabina. Aurora si muoveva, ruotando lentamente...
Stava osservandola da abbastanza tempo per rendersene conto. Quando aveva
guardato lo spazio, tutto era sembrato immobile, come un fondale dipinto, fatto di punti di luce, a cui si era aggiunto, in seguito, un piccolo mezzo disco.
Era quell’immobilità che aveva impedito l’esplodere dell’agorafobia?
Ma adesso che vedeva Aurora muoversi, si rendeva conto che la nave stava scendendo a spirale, preparandosi all’atterraggio. Le nuvole sembravano gonfiarsi, venirgli incontro...
No, non le nuvole: era la nave che scendeva.
La nave si muoveva. Lui si muoveva.
Divenne d’improvviso consapevole della propria esistenza. Stava precipitando attraverso le nuvole. Cadeva, senza alcun appiglio, attraverso l’aria, verso la solida terra.
La gola gli si contrasse: stava diventando molto difficile respirare.
Disperatamente si disse: “Sei al chiuso, attorno a te ci sono le pareti della nave.” Ma non vedeva alcuna parete.
Pensò: “Anche senza pareti, sei sempre al chiuso. Sei avvolto nella pelle.” Ma non avvertiva la propria pelle.
La sensazione era peggiore della semplice nudità... era come se fosse diventato una pura persona, l’essenza dell’identità totalmente messa allo scoperto, un punto vivente, una singolarità circondata da un mondo aperto e infinito, e stava cadendo.
Volle cancellare la visione contrarre il pugno sul comando, ma non accadde nulla. Le sue terminazioni nervose si trovavano in uno stato totalmente anormale che la contrazione automatica seguente allo sforzo di volontà non avveniva. Era privo di volontà. Gli occhi non si chiudevano, il pugno non si contraeva. Era prigioniero del terrore, ipnotizzato, immobilizzato.
Tutto quello che avvertiva di fronte a sé erano le nuvole, bianche... no, non proprio bianche: avevano una sfumatura arancione...
Poi tutto diventò grigio... e si sentì affogare. Non riusciva a respirare. Lottò disperatamente per aprire la gola serrata, per chiamare in aiuto Daneel...
Non riuscì ad emettere alcun suono.