30

 

La camera da letto era fredda, sia per la temperatura sia per l’aspetto. Baley ebbe un brivido. Una temperatura così bassa in una stanza gli dava la spiacevole sensazione di trovarsi Fuori. Le pareti erano color bianco sporco e (cosa insolita per la casa di Fastolfe) non decorate. Il pavimento sembrava di avorio liscio, all’aspetto, ma sotto i piedi nudi dava la sensazione di un tappeto. Il letto era bianco, le coperte erano fredde al tocco.

Si sedette sul bordo, e scoprì che il materasso cedeva molto lievemente al suo peso.

Rivolto a Daneel, che era entrato con lui, disse: «Daneel, ti disturba se un essere umano dice una bugia?»

«So che certe volte gli esseri umani mentono. In qualche caso una bugia può essere utile, e perfino necessaria. I miei sentimenti di fronte a una bugia dipendono da chi la dice, dall’occasione e dal motivo.»

«Sei sempre in grado di capire quando un essere umano mente?»

«No.»

«Ti sembra che il dottor Fastolfe menta spesso?»

«Non mi sembra che il dottor Fastolfe abbia mai detto una bugia.»

«Anche in connessione con la morte di Jander?»

«Per quel che ne so, dice la verità sotto ogni aspetto.»

«Forse ti ha dato ordine di dire così, se te l’avessi chiesto.»

«No, Elijah.»

«Ma forse ti ha dato ordine di dire così nel caso che io...» Si interruppe.

Ancora una volta: a cosa serviva interrogare un robot? E in quel caso particolare, poteva andare avanti all’infinito con la stessa domanda. Si rese conto all’improvviso che il materasso aveva lentamente ceduto sotto il suo peso, fino ad avvolgergli metà delle anche.

Si alzò di scatto e disse: «Non c’è un modo per scaldare la stanza?»

«Quando sarai sotto le coperte, con la luce spenta, si scalderà da sola.»

«Ah.» Si guardò intorno con aria sospetta. «Ti dispiace spegnere la luce, e rimanere nella stanza?»

La luce si spense quasi immediatamente, e Baley si rese conto che si era completamente sbagliato pensando che la stanza fosse priva di decorazioni. Non appena fu buio, ebbe l’impressione di trovarsi Fuori: c’era il fruscio del vento fra gli alberi, i suoni di animali lontani. C’era anche l’illusione di stelle sopra di lui, con qualche nuvola che passava, appena visibile, nel cielo.

«Accendi la luce, Daneel.» La stanza s’illuminò. «Daneel,» disse Baley, «non voglio questa roba. Né stelle, né nuvole, né alberi, né animali, né vento, e neanche odori. Voglio solo il buio, e nient’altro. Puoi farlo?»

«Certamente.»

«E allora fallo. E mostrami come si fa a spegnere la luce, quando vorrò dormire.»

«Sono qui per proteggerti.»

«Puoi farlo altrettanto bene da dietro la porta,» disse Baley con irritazione. «Immagino che Giskard sarà fuori dalla finestra... Se c’è davvero una finestra dietro quelle tende.»

«C’è. Passando quella soglia, troverai un Personale riservato. Quella sezione del muro non è materiale: potrai attraversarla senza difficoltà. La luce si accenderà entrando, e si spegnerà uscendo... e non ci sono decorazioni. Potrai fare la doccia, se vuoi, o fare qualsiasi altra cosa, prima di andare a letto, o dopo sveglio.»

Baley si voltò nella direzione che gli era stata indicata. Non vide alcuna interruzione nella parete, ma il pavimento in quel punto mostrava un gradino. «Come faccio a vederla al buio?»

«Quel settore del muro, che non è un muro, è leggermente luminoso. Quanto alla luce della stanza, c’è un avallamento nella testiera del letto: mettendoci dentro il dito la luce si spegne o si accende.»

«Grazie. Puoi andare.»

Mezz’ora più tardi, aveva finito col Personale e si era infilato sotto le coperte, con la luce spenta, avvolto dall’oscurità calda, carezzevole.

Come aveva detto Fastolfe, era stata una giornata faticosa. Sembrava quasi incredibile che fosse arrivato su Aurora solo quella mattina. Aveva saputo molte cose, ma nessuna di esse gli era servita a molto.

Steso al buio, passò in rassegna gli eventi della giornata, sperando che gli venisse in mente qualcosa che gli era sfuggito... Ma non servì a nulla.

Una magra figura per l’astuto e meditabondo Elijah Baley dagli occhi di lince dello sceneggiato!

Ancora una volta il materasso l’aveva avvolto nel suo abbraccio caldo. Si mosse e il materasso si raddrizzò sotto di lui, per adattarsi lentamente alla nuova posizione.

Non sarebbe servito a niente pensare un’altra volta agli eventi della giornata, con la mente esausta e assonnata, ma non poté fare a meno di provare ancora, seguendo ogni mossa del suo primo giorno su Aurora, dallo spazioporto alla casa di Fastolfe, poi da Gladia, c di nuovo da Fastolfe.

Gladia... Più bella di quanto la ricordava, ma dura... c’era qualcosa di duro in lei... o forse ha solo messo un’armatura per proteggersi... povera donna. Pensò con affetto alle sue reazioni quando gli aveva toccato la guancia... se avesse potuto rimanere con lei, avrebbe potuto insegnarle... stupidi Auroriani... un atteggiamento disgustosamente superficiale verso il sesso... chiunque va bene... il che vuol dire che nessuno va davvero bene... non ne vale la pena... stupido... da Fastolfe, da Gladia, ancora da Fastolfe... ancora da Fastolfe...

Si mosse, e sentì il materasso rimodellarsi. Ancora da Fastolfe. Cos’era successo sulla via del ritorno da Fastolfe? Qualcosa che era stato detto? Qualcosa non detto? E sulla nave, prima di arrivare su Aurora... qualcosa che...

Baley era nel mondo indeterminato fra il sonno e la veglia, quando la mente è libera e segue leggi sue proprie. Come un corpo che vola, galleggiando nell’aria, libero dalla gravità. Autonomamente, prendeva gli eventi... particolari che non

aveva notato... Li metteva assieme... uno alla volta... una cosa che si aggiungeva a un’altra... ognuna al suo posto... formando una tela...

Poi gli sembrò di sentire un rumore, e tornò al livello della veglia. Ascoltò, non sentì niente, ripiombò nel dormiveglia per riprendere il filo del pensiero... ma gli sfuggì.

Era come un’opera d’arte che affonda in un pantano. Riusciva ancora a scorgerne le masse, le linee di colore. Si fecero più indistinte, ma sapeva che c’erano. E mentre si sforzava disperatamente di raggiungerla, sparì del tutto e non ricordò più nulla. Nulla.

Aveva veramente pensato a qualcosa, o anche il ricordo era un’illusione nata dalla mente addormentata? Perché, in verità, era addormentato.

Quando si svegliò, per un momento, durante la notte, pensò: “Avevo un’idea. Un’idea importante.” Ma non ricordava nulla, tranne che c’era stato qualcosa.

Rimase sveglio un po’, fissando gli occhi nel buio. Se davvero c’era stato qualcosa, col tempo sarebbe ritornato.

O forse no. (Giosafatte!).

... e si riaddormentò.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Robot Dell'Alba
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