7

 

Baley continuò a stringere Daneel, l’unico essere che conoscesse sulla nave, l’unico forte legame col passato. Lo abbracciò in un’ondata di sollievo ed affetto.

Poi, a poco a poco, rimise ordine nei suoi pensieri, e si rese conto che non stava stringendo Daneel, ma R. Daneel, il robot Daneel Olivaw. Stava stringendo un robot, e il robot lo abbracciava a sua volta, lasciandosi stringere nella convinzione che quello dava piacere a un essere umano, e quindi i circuiti positronici del suo cervello gli rendevano impossibile respingere l’abbraccio, causando disappunto e imbarazzo in un essere umano.

L’inviolabile Prima Legge della robotica afferma che Un robot non può fare del male a un essere umano..., e respingere un gesto di amicizia avrebbe significato fargli del male.

Lentamente, in modo da non rivelare il proprio imbarazzo, Baley lasciò andare Daneel. Strinse anche un’ultima volta le braccia del robot, perché non sembrasse che ci fosse vergogna nel gesto.

«Non ci vediamo da tanto tempo, da quando hai portato sulla Terra quella nave con i due matematici, Daneel. Ricordi?»

«Certamente, Elijah. È un piacere rivederti.»

«Provi un’emozione, vero?» gli chiese Baley con tono scherzoso.

«Non posso dire cosa provo in senso umano. Però l’averti visto fa sì che i miei pensieri scorrano più liberamente; la spinta gravitazionale del mio corpo sembra assalire i miei sensi con minore insistenza, e ci sono altri cambiamenti che posso identificare. Immagino che quello che provo corrisponda grosso modo alla sensazione umana del piacere.»

Baley annuì. «Qualunque cosa tu provi quando mi vedi, vecchio mio, il fatto che ti faccia sentire meglio rispetto a quando non mi vedi, mi va bene... non so se mi spiego. Ma come mai sei qui?»

«Poiché Giskard Reventlov mi ha riferito che sei stato...» R. Daneel fece una pausa.

«Purificato?» disse Baley ironicamente.

«Disinfettato,» disse R. Daneel. «Ho creduto opportuno entrare.»

«Non avrai paura di essere infettato?»

«Certo no, ma altri sulla nave potrebbero dispiacersi se li avvicinassi, in caso contrario. La gente di Aurora è sensibile alla possibilità di infezione fino a un punto che supera il calcolo razionale delle possibilità.»

«Capisco, ma non volevo sapere perché eri qui in questo momento, ma perché sei sulla nave.»

«Il dottor Fastolfe, a cui appartengo, mi ha ordinato di salire a bordo della nave che sarebbe venuta a prenderti, per parecchie ragioni. Ha ritenuto opportuno farti avere subito alcuni dati su quella che, certamente, sarà una missione difficile.»

«E stato un pensiero gentile da parte sua, e lo ringrazio.»

R. Daneel si inchinò con aria grave. «Il dottor Fastolfe pensava anche che

l’incontro mi avrebbe dato…» fece una pausa, «sensazioni appropriate.»

«Piacere, vuoi dire.»

«Dal momento che mi è permesso usare il termine, sì. La, terza e più importante ragione...»

A questo punto la porta si aprì ancora, ed entrò,R. Giskard. Baley si voltò a guardarlo, con un moto di fastidio. Non c’era possibilità di sbagliarsi sulla natura meccanica di R. Giskard, e la sua presenza sottolineava, in qualche modo, la natura altrettanto meccanica di Daneel (R. Daneel, pensò ancora una volta Baley), anche se questi gli era di molto superiore.

Baley non desiderava gli si ricordasse che Daneel era un robot; non voleva sentirsi umiliato per la sua incapacità di considerare Daneel qualcosa di diverso da un essere umano con un modo di parlare un po’ pomposo.

«Che c’è, ragazzo?» chiese impaziente.

R. Giskard disse: «Vi ho portato i microfilm che avete chiesto, signore, e il visore.»

«Bene, mettili sul tavolo. E non c’è bisogno che resti. Starà Daneel con me.»

«Sì, signore.» Gli occhi di Giskard, vagamente luminescenti, a differenza di quelli di Daneel, si voltarono in direzione dell’altro robot, come per cercare ordini da un essere superiore.

Daneel disse: «È opportuno, amico Giskard, che tu rimanga fuori dalla porta.»

«Va bene, amico Daneel,» disse R. Giskard.

Uscì, e con una certa irritazione Baley disse: «Perché deve stare fuori dalla porta? Sono prigioniero?»

«Nel senso,» disse R. Daneel, «che non ti è permesso di incontrare gli altri passeggeri nel corso del viaggio. Ma non è questa la ragione della presenza di R. Giskard.»

E a questo proposito, devo dirti che sarebbe opportuno che tu non ti rivolgessi a Giskard, o a qualsiasi altro robot, con l’espressione “ragazzo”.»

Baley aggrottò la fronte. «Si offende?»

«Giskard non si offende per qualsiasi azione compiuta da esseri umani. Solo che “ragazzo” non è il termine usato per rivolgersi ai robot su Aurora, e non sarebbe conveniente creare attriti con gli Auroriani, sottolineando senza volere il tuo luogo di provenienza con l’uso di modi di dire non essenziali.»

«E come devo chiamarlo, allora?»

«Come fai con me, con il suo nome di identificazione. Dopo tutto, non è altro che un suono che indica la particolare persona a cui ti rivolgi... e perché un suono dovrebbe essere preferibile a un altro? Inoltre è costume su Aurora non usare l’iniziale R., se non in circostanze formali, quando è espresso il nome del robot per intero... e anche in questo caso, l’iniziale oggi è spesso tralasciata.»

«In questo caso, Daneel,» Baley represse l’impulso di chiamarlo “R. Daneel”, «come si fa a distinguere fra robot ed esseri umani?»

«La distinzione spesso è evidente di per sé, non è necessario sottolinearla. Almeno questa è l’abitudine su Aurora, e dal momento che hai chiesto a Giskard dei microfilm su Aurora, presumo che tu voglia familiarizzarti con le abitudini di

quel pianeta, per aiutarti nel compito che ti sei assunto.»

«Il compito che mi hanno obbligato ad assumere, vuoi dire. E se la distinzione fra robot ed esseri umani non è evidente di per se stessa, come nel tuo caso?»

«Allora perché operare la distinzione, a meno che la situazione non lo richieda?»

Baley tirò un profondo respiro Sarebbe stato difficile adattarsi alla finzione auroriana che i robot non esistevano. Disse: «Ma se Giskard non è lì fuori per tenermi prigioniero allora cosa ci sta a fare?»

«Esegue le istruzioni del dottor Fastolfe, Elijah. Giskard deve proteggerti.»

«Proteggermi? Contro cosa... o chi?»

«Il dottor Fastolfe non ha precisato questo punto. Poiché gli animi umani sono in agitazione per la faccenda di Jander Panell...»

«Jander Panell?»

«Il robot reso inutilizzabile.»

«Cioè il robot che è stato ucciso.»

«Ucciso è un termine che si applica di solito agli esseri umani.»

«Ma su Aurora la distinzione fra robot e esseri umani non esiste, vero?»

«Infatti. Tuttavia la possibilità di distinguere, nel caso particolare della fine del funzionamento, non si è mai presentata, a mia conoscenza. Non so quali siano le regole.»

Baley ci pensò un momento Era una questione di scarsa importanza, puramente formale. Tuttavia voleva approfondire il modo dl pensare degli Auroriani. Altrimenti non sarebbe approdato a niente. Disse lentamente: «Un essere umano funzionante è vivo. Se questa vita viene interrotta in maniera violenta dall’azione deliberata di un altro essere umano, definiamo la cosa “omicidio”, o “assassinio”. La seconda è una parola un po’ più forte. Se uno assistesse, senza preavviso, a un tentativo di interrompere violentemente la vita di un altro essere umano griderebbe “Assassino!”, e non “Omicida!”. Questo é un termine più formale, meno emotivo.

R. Daneel disse: «Non comprendo la distinzione Dal momento che tanto “omicidio” quanto “assassinio” vengono usati per rappresentare la morte violenta di un essere umano, devono essere intercambiabili. Dove sta la differenza?»

«Delle due, una gelerà con maggiore efficacia il sangue nelle vene di un essere umano, se gridata.»

«E come è possibile?»

«Connotazione, associazione: l’effetto sottile non del significato dato dal dizionario, ma di anni di uso; la natura delle frasi e le condizioni, e gli eventi in cui uno ha sperimentato l’uso di una parola, a paragone dell’altra.»

«Non vi è nulla del genere nei miei programmi,» disse Daneel, con un curioso tono di smarrimento che si insinuava nell’apparente mancanza di emozione con cui lo diceva (la stessa mancanza di emozione con cui diceva qualsiasi cosa).

Baley disse: «Sei disposto ad accettare la mia parola in proposito, Daneel?»

Prontamente, quasi come se gli fosse stata offerta la soluzione di un indovinello, il robot disse: «Senza dubbio.»

«Diciamo allora che un robot funzionante è vivo,» disse Baley. «Molti

rifiuterebbero di allargare fino a questo punto il significato della parola, ma siamo liberi di scegliere le definizioni che ci aggradano. È facile trattare un robot funzionante come vivo, e sarebbe complicato e inutile cercare di inventare una nuova parola per questa condizione, o evitare l’uso di quella familiare. Tu per esempio sei vivo, non è vero Daneel?»

Lentamente, e con enfasi, Daneel disse: «Io sono funzionante.»

«Avanti: se è vivo uno scoiattolo, o un insetto, o un albero, o un filo d’erba, perché non tu? Non mi verrebbe mai in mente di dire, o di pensare, che io sono vivo e tu sei funzionante. Se dovrò stare per un po’ su Aurora, dove dovrò cercare di non fare distinzioni inutili fra un robot e me stesso. Quindi ti dico che siamo tutt’e due vivi, e ti chiedo di prendermi in parola.»

«Lo farò, Elijah.»

«E tuttavia possiamo dire che l’interruzione di una vita robotica per l’azione violenta e deliberata di un essere umano sia un “assassinio”? C’è motivo di esitare. Se il crimine è lo stesso, anche la punizione dovrebbe essere la stessa, ma questo sarebbe giusto? Se la punizione dell’assassino di un essere umano è la morte, dobbiamo giustiziare un essere umano che pone fine alla vita di un robot?

«La punizione di un assassino è lo psicotrattamento, seguito dalla costruzione di una nuova personalità. E la struttura personale della mente che ha commesso il crimine, non la vita del corpo.»

«E qual è la punizione, su Aurora, per chi ha posto violentemente fine al funzionamento di un robot?»

«Non lo so, Elijah. Un incidente simile non si è mai verificato su Aurora.»

«Credo che la pena non sarebbe lo psicotrattamento,» disse Baley. «Cosa ne dici di “robocidio”?»

«Robocidio?»

«Come termine per descrivere l’uccisione di un robot.»

Daneel disse: «Nessuno dice “omicidiare”, dunque non mi sembra appropriato dire “robocidiare”, dovendo usare il verbo al posto del nome.»

«Hai ragione. Bisognerebbe dire “assassinare” in entrambi i casi.»

«Ma assassinio si applica soltanto agli esseri umani. Non si assassina un animale, per esempio.»

Baley disse: «Giusto. E non si assassina neppure un essere umano incidentalmente, ma solo deliberatamente. Il termine più generale è “uccidere”. Questo si applica tanto alla morte accidentale quanto all’omicidio, e si applica tanto agli animali quanto agli uomini. Anche un albero può essere ucciso da una malattia, e allora perché un robot non può essere ucciso, Daneel?»

«Gli esseri umani, gli animali, anche le piante sono esseri animati,» disse Daniel. «Un robot è una macchina costruita dall’uomo, come questo visore. Una macchina può essere “distrutta”, “danneggiata”, “demolita”; e così via. Non è mai “uccisa”. »

«E tuttavia, Daneel, io dirò “ucciso”. Jander Panell è stato ucciso.»

Daneel disse. «Perché mal una parola diversa dovrebbe rendere diversa la cosa descritta?»

«Ciò che chiamiamo rosa, avrebbe un profumo altrettanto dolce anche con un altro nome, vero Daneel?»

Daneel, dopo una pausa, disse: «Non so bene cosa si intenda col profumo di una rosa, ma se la rosa terrestre è il fiore chiamato comunemente rosa anche su Aurora, e se con profumo intendi una proprietà che può essere avvertita, percepita o misurata dagli esseri umani, allora senza dubbio chiamare la rosa mediante un’altra combinazione di suoni, fatto salvo tutto il resto, non avrebbe influenza sul suo odore o su qualsiasi altra delle sue proprietà intrinseche.»

«Vero. E tuttavia mutamenti di nome producono mutamenti di percezione, nel caso degli esseri umani.»

«Non capisco il perché, Elijah.»

«Perché spesso gli esseri umani sono illogici, Daneel. Non è una caratteristica ammirevole.»

Baley si sistemò sulla sedia e cominciò ad armeggiare col visore, ritirandosi per qualche minuto fra i suoi privati pensieri. La discussione con Daneel era stata utile, perché mentre Baley si perdeva dietro la questione delle parole, era riuscito a dimenticare che era nello spazio, su una nave che si stava allontanando dal centro del sistema solare per poter compiere il balzo attraverso l’iperspazio e che ben presto sarebbe stato a parecchi milioni di chilometri, e poco dopo a parecchi anni luce, dalla Terra.

Cosa ancora più importante, aveva potuto trarre una conclusione certa: che l’affermazione di Daneel secondo cui gli Auroriani non facevano distinzioni fra robot ed esseri umani, era fuorviante. Per quanto evitassero l’uso della R. iniziale, e del termine “ragazzo” nel rivolgersi a un robot, la resistenza manifestata da Daneel a usare la stessa parola per definire la morte violenta di un robot e quella di un essere umano, (resistenza inerente al suo programma, che a sua volta era la conseguenza naturale dei presupposti auroriani sul comportamento di Daneel) conduceva alla conclusione che questi erano solo mutamenti superficiali. Nel loro intimo, gli Auroriani erano altrettanto convinti quanto i Terrestri che i robot fossero macchine, e quindi esseri infinitamente inferiori.

Questo significava che il suo difficilissimo compito, (ammesso che una soluzione fosse possibile) non sarebbe stato ostacolato da quella particolare incomprensione della società auroriana.

Baley si chiese se era il caso di interrogare Giskard, per confermare la conclusione a cui era giunto in base alla sua conversazione con Daneel... ma infine decise di no. La mente semplice e poco sofisticata di Giskard non gli sarebbe stata di alcun aiuto. Avrebbe ottenuto solo una sequela di “Sì signore” e “No signore”.

Bene, decise Baley: avrebbe continuato con Daneel, che almeno era capace di rispondere con qualcosa che si avvicinava alla perspicacia. Disse: «Daneel, consideriamo il caso di Jander Panell che, da quanto mi hai detto, sarebbe il primo caso di robocidio nella storia di Aurora. L’essere umano responsabile... l’uccisore... non è conosciuto, mi risulta.»

«Se si assume che il responsabile sia un essere umano,» disse Daneel, «allora la sua identità è sconosciuta. In questo hai ragione, Elijah.»

«Cosa mi sai dire dei motivi? Perché è stato ucciso Jander Panell?»

«Anche questo è ignoto.»

«Ma Jander Panell era un robot umanoide, come te, non come R Gis... Giskard, voglio dire.»

«Esatto. Jander era un robot umanoide, come me.»

«Non potrebbe darsi allora che non sia stato un robocidio nelle intenzioni?»

«Non capisco, Elijah.»

Con una certa impazienza, Baley disse: «Non è possibile che l’uccisore abbia creduto che Jander fosse un essere umano, e che l’intenzione fosse un omicidio, non un robocidio?»

Lentamente, Daneel scosse la testa. «I robot umanoidi sono molto simili agli esseri umani in apparenza, fino ai capelli e ai pori della pelle. Le nostre voci hanno un tono naturale, e possiamo mimare movimenti collegati al mangiare, e così via. Tuttavia, nel nostro comportamento ci sono parecchie differenze evidenti. Potranno essercene meno, col tempo e con il perfezionamento della tecnica, ma fino a questo momento le differenze sono molte. Tu, e altri Terrestri non abituati ai robot umanoidi, potete anche non accorgervene, ma gli Auroriani sì. Nessuno potrebbe scambiare Jander Panell, o me, per un essere umano, neppure per un istante.»

«È possibile che qualche altro Spaziale, non Auroriano, si inganni?»

Daneel esitò. «Non credo. Non parlo in base a osservazioni personali, o a una conoscenza programmata, ma so che i Mondi Spaziali sono altrettanto abituati all’uso dei robot quanto Aurora, e alcuni, come Solaria, ancora di più. Ne deduco che a nessun Spaziale sfuggirebbe la differenza fra un uomo e un robot.»

«Ci sono robot umanoidi su altri Mondi Spaziali?»

«No. Finora esistono solo su Aurora.»

«Allora altri Spaziali potrebbero non essere abituati ai robot umanoidi, e quindi confonderli con esseri umani.»

«Non credo che la cosa sia probabile. Anche i robot umanoidi si comportano in maniera robotica, in certe maniere specifiche che a nessuno Spaziale sfuggirebbero.»

«Comunque ci sono certamente Spaziali meno intelligenti degli altri, o meno maturi, o con meno esperienza. I bambini spaziali, per esempio, non saprebbero operare la distinzione.»

«È cosa certa che il... robocidio non è stato commesso da persona priva di intelligenza, di esperienza o giovane. Del tutto certo.»

«Stiamo procedendo per eliminazione. Bene. Se nessun Spaziale sfuggirebbe la differenza, che dire .m Terrestre? E possibile che...»

«Elijah, quando arriverai su Aurora, sarai il primo Terrestre a mettere piede sul pianeta, dall’epoca dei colonizzatori. Tutti gli Auroriani oggi viventi sono nati su Aurora, oppure, in pochi casi, su altri mondi Spaziali.»

«Il primo Terrestre,» mormorò Baley. «Che onore. Non è possibile che un Terrestre si trovasse su Aurora ad insaputa degli Auroriani?»

«No,» disse Daneel con assoluta sicurezza.

«La tua conoscenza, Daneel, potrebbe non essere così assoluta.»

«No,» ripeté il robot con lo stesso tono.

«Ne dobbiamo concludere,» disse Baley con un’alzata di spalle, «che il robocidio era tale anche nelle intenzioni.».

«Questa è stata la nostra conclusione fin dall’inizio.»

«Gli Auroriani possedevano tutte le informazioni, io le sto raccogliendo ora per la prima volta disse Baley.»

«La mia osservazione non era intesa come un rimprovero. Mi guarderei bene dal dubitare delle tue capacità.»

«Grazie, Daneel. Lo so che non avevi intenzioni ironiche. Hai detto prima che il robocidio non è stato commesso da alcuna persona priva di intelligenza, di esperienza, o giovane, e che questa è una cosa del tutto certa. Riprendiamo da qui...» Baley sapeva di prendere la strada più lunga. Ma doveva farlo.

Considerata la sua scarsa conoscenza dei costumi degli Auroriani e del loro modo di pensare, non poteva permettersi di partire da presupposti, o di saltare qualche passaggio logico. Se si fosse comportato in quella maniera con un essere umano, questi probabilmente si sarebbe spazientito, considerando Baley un cretino. Invece Daneel, da robot, l’avrebbe seguito fino in fondo, pazientemente.

Questo era un tipo di comportamento che tradiva Daneel come robot, per quanto umanoide fosse. Un Auroriano sarebbe stato capace di classificarlo come robot in base a una sola risposta. Daneel aveva ragione a proposito delle sottili differenze fra esseri umani e robot.

Baley disse: «È possibile eliminare i bambini, forse la maggior parte delle donne, e anche molti adulti maschi, partendo dal presupposto che il metodo del robocidio comportasse una grande forza fisica: che la testa di Jander, per esempio, sia stata schiacciata da un colpo violento, o il suo petto sfondato. Suppongo che non sarebbe facile, a meno che uno non sia particolarmente robusto.» Da quello che Demachek gli aveva detto sulla Terra, Baley sapeva che il robot non era stato ucciso in questa maniera, ma come faceva a sapere che Demachek stessa non fosse stata in inganno?

Daneel disse: «Non sarebbe assolutamente possibile, per un essere umano.»

«Perché no?»

«Senza dubbio, tu sai che lo scheletro di un robot è metallico e molto più robusto delle ossa umane. I nostri movimenti sono molto più energici, veloci e precisi. La Terza Legge della robotica afferma: Un robot deve proteggere la propria esistenza. Un assalto da parte di un essere umano potrebbe essere facilmente neutralizzato. Anche l’essere umano più forte potrebbe essere immobilizzato. Ed è difficile che un robot possa essere preso alla sprovvista: noi siamo sempre consapevoli della presenza di esseri umani. Altrimenti non potremmo assolvere ai nostri compiti.»

Baley disse: «Un momento, Daneel; la Terza Legge afferma: Un robot deve proteggere la propria esistenza, a meno che ciò non contrasti con la Prima o la Seconda Legge. La Seconda Legge dice: Un robot deve obbedire agli ordini di un essere umano, a meno che questi ordini non contrastino con la Prima Legge. E la Prima afferma: Un robot non può fare del male a un essere umano, o, attraverso

l’inazione, permettere che un essere umano riceva danno. Un essere umano potrebbe ordinare a un robot di autodistruggersi, e questo userebbe la propria forza per fracassarsi il cranio. E se un uomo attaccasse un robot, questo non potrebbe respingere l’attacco senza danneggiare l’uomo stesso, il che violerebbe la Prima Legge.»

Daneel disse: «Tu hai m mente i robot terrestri, suppongo. Su Aurora, o su qualsiasi altro Mondo Spaziale, i robot sono valutati molto più che sulla Terra, e sono in genere molto più complessi, più versatili e più costosi. La Terza Legge è perciò più energica, a paragone della Seconda, sui Mondi Spaziali. Un ordine di autodistruzione verrebbe messo in discussione, e sarebbe necessaria una ragione legittima perché venga portato a termine: un pericolo chiaro e immediato. Inoltre, nel respingere un attacco, la Prima Legge non verrebbe violata, poiché i robot auroriani sono abbastanza abili da immobilizzare un essere umano senza fargli male.»

«Supponiamo che un essere umano affermi che, se un robot non si autodistrugge, egli stesso verrebbe distrutto. Cosa farebbe il robot, in questo caso?»

«Un robot auroriano senza dubbio metterebbe in discussione questa affermazione. Sarebbe necessaria una prova indiscutibile di un possibile rischio di distruzione per l’essere umano.»

«Non potrebbe un uomo organizzare una messinscena in maniera da far apparire al robot di trovarsi in grave pericolo? E l’astuzia richiesta che ti fa escludere una persona non intelligente, inesperta o giovane?»

E Daneel disse: «No, Elijah, non è questo.»

«C’è un errore nel mio ragionamento?»

«No.»

«Allora l’errore deve trovarsi nell’assunto che sia stato danneggiato fisicamente. Non è stato danneggiato fisicamente. Giusto?»

«Giusto, Elijah.» (Questo voleva dire che Demachek era stata informata correttamente.)

«In questo caso, Jander è stato danneggiato mentalmente. Un roboblocco. Totale e irreversibile!»

«Roboblocco?»

«Un blocco robotico, la distruzione permanente dei circuiti positronici.»

«Non usiamo la parola “roboblocco” su Aurora.»

«Come dite, allora?»

«Diciamo “congelamento mentale”.»

«Comunque, si tratta dello stesso fenomeno.»

«Sarebbe opportuno, Elijah, utilizzare la nostra espressione, altrimenti gli Auroriani con cui parlerai potrebbero non capirti; la conversazione ne verrebbe ostacolata. Poco fa tu stesso hai detto che parole diverse producono un significato diverso.»

«Va bene, dirò “congelamento”. E possibile che una cosa simile si verifichi spontaneamente?»

«Sì, ma le possibilità sono infinitesimali, dicono gli esperti. Come robot

umanoide, posso dire di non aver mai sperimentato alcun effetto che possa avvicinarsi al congelamento mentale.»

«Allora dobbiamo presupporre che un essere umano abbia consapevolmente predisposto una situazione tale da condurre al congelamento.»

«È quello che afferma l’opposizione del dottor Fastolfe.»

«E dal momento che questo richiede esperienza di robotica e abilità, una persona poco intelligente, senza esperienza o giovane non può esserne ritenuta responsabile.»

«E una deduzione naturale, Elijah.»

«Sarebbe anche possibile compilare un elenco degli esseri umani su Aurora che possiedono l’abilità sufficiente, e giungere così a individuare un numero forse non troppo elevato di sospetti.»

«E quello che è stato fatto.»

«E quanto è lunga la lista?»

«Quella più lunga contiene un solo nome.»

Fu la volta di Baley a non saper cosa dire. Aggrottò le sopracciglia, ed esplose quasi con rabbia: «Un solo nome?»

Tranquillamente, Daneel disse: «Un solo nome, Elijah. Questa è la conclusione del dottor Han Fastolfe, che è il maggiore esperto in robotica su Aurora.»

«Ma allora che mistero c’è? Di chi è questo nome?»

«Quello del dottor Fastolfe, naturalmente,» disse Daneel. «Ho appena detto che è il più grande roboticista li Aurora, e secondo l’opinione professionale del dottor Fastolfe, egli stesso è l’unico uomo che avrebbe potuto condurre Jander Panell ad un totale congelamento mentale senza lasciare alcuna traccia. Comunque, il dottor Fastolfe afferma anche di non essere stato lui.»

«Ma anche che nessun altro avrebbe potuto farlo?»

«Appunto. E qui sta il mistero.»

«E se il dottor Fastolfe...» Baley si interruppe. Sarebbe stato inutile chiedere a Daneel se Fastolfe mentiva o si sbagliava nell’affermare che nessun altro oltre a lui poteva averlo fatto, oppure nel dire di non averlo fatto. Daneel era stato programmato da Fastolfe, e non era probabile che la programmazione comprendesse la capacità di dubitare del programmatore. Perciò, con la maggior pacatezza possibile, disse: «Ci penserò, Daneel, e ne riparleremo.»

«Molto bene, Elijah. Comunque, è ora di andare a letto. Dal momento che può succedere che su Aurora la pressione degli avvenimenti ti costringa ad orari irregolari, sarebbe opportuno approfittare dell’occasione per dormire. Ti faccio vedere come si tira fuori il letto e come si prepara.»

«Grazie,» mormorò Baley. Non si illudeva che gli sarebbe riuscito facilmente di dormire. Era stato mandato su Aurora con lo scopo specifico di dimostrare che Fastolfe non aveva commesso il robocidio: un successo era indispensabile per garantire la sicurezza della Terra, e (cosa molto meno importante, ma altrettanto preziosa per Baley) la continuazione della sua stessa carriera. Eppure, ancor prima di raggiungere Aurora aveva scoperto che Fastolfe aveva virtualmente confessato il suo crimine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I Robot Dell'Alba
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