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Baley rimase triste, mentre percorreva il grande prato fino alla casa di Fastolfe.
I due robot gli camminavano a fianco. Daneel sembrava a suo agio, ma Giskard, fedele alle istruzioni ricevute, ed evidentemente incapace di trascurarle, scrutava attentamente i dintorni.
«Come si chiama il Presidente del Congresso, Daneel?» chiese Baley.
«Non saprei. Tutte le volte che ne ho sentito parlare, è sempre stato come “Presidente”. Ci si rivolge a lui come “signor Presidente”.»
«Il suo nome è Rutilan Horder, signore,» disse Giskard, «ma non viene mai chiamato così ufficialmente. Si usa solo il titolo. Questo serve a sottolineare la continuità del governo.»
«E questo particolare Presidente... quanti anni ha?»
«È piuttosto vecchio, signore. Ha trecentotrentun anni,» disse Giskard, che aveva sempre le cifre pronte.
«Ed è in buona salute?»
«Non mi risulta il contrario, signore.»
«Ha qualche particolare caratteristica che sarebbe utile che io sapessi in anticipo?»
Questo parve bloccare Giskard. Dopo una pausa, disse: «È difficile per me dirlo. È al suo secondo mandato. È considerato un Presidente efficiente, che lavora sodo e ottiene risultati.»
«È irascibile? Paziente? Autoritario? Comprensivo?»
«Dovrete giudicare queste cose da solo, signore,» disse Giskard.
«Il Presidente è al di sopra delle parti,» disse Daneel. «È giusto e imparziale, per definizione.»
«Ne sono convinto,» mormorò Baley, «ma le definizioni sono astratte, come “il Presidente”, mentre i singoli presidenti sono persone concrete, con le loro idee.» Scosse la testa. Anche le sue idee avrebbero avuto bisogno di concretezza.
Dopo aver pensato per tre volte qualcosa, ed esserselo lasciato sfuggire, adesso gli venivano riferite le parole che aveva detto al momento di avere quel pensiero, e ancora non riusciva a cavarne niente.
“È arrivato per primo”.
Chi? E quando?
Baley non aveva alcuna risposta.