Ottantotto

Prima dell’alba, Jacob e Luc trovarono una piccola caverna dove nascondersi.

Proprio come Abby desiderava, Jacob coscienziosamente lesse il Salmo 1 a Luc. In cambio, Luc lesse il primo capitolo di Matteo a Jacob. Non discussero dei passaggi.

Jacob poi recitò l’unica preghiera ebraica che conosceva. Luc chiese a Dio di confortare Abby e Josef e il resto dei loro amici al campo. Pregò per ciascuno dei compagni che erano scappati, perché Dio li tenesse in vita e fosse benevolo. Poi pregò per avere la forza e il coraggio di portare a termine la missione per la quale erano stati prescelti.

Era una preghiera più lunga di quella di Jacob, perché non era scritta o recitata a memoria. Sembrava che Luc stesse conversando con qualcuno. I pensieri di Jacob invece erano solo per Abby. Se mai l’avesse rivista, voleva poterle dire che aveva onorato la sua richiesta.

E così si rannicchiarono per dormire.

La grotta forniva l’ombra necessaria a ripararsi dal sole dell’estate, ma di certo non risolveva il loro problema. Non avevano né pane né verdure né frutta. Il loro stomaco brontolava. Stavano perdendo peso e ogni giorno erano sempre più deboli. L’unica buona notizia era che finalmente Jacob non aveva più la febbre. Luc invece sì. E a forza di camminare erano venute a entrambi delle piaghe sui piedi che ora grondavano pus e sangue e facevano un male terribile. Ma di notte bisognava continuare a muoversi.

L’intero tragitto era di circa centotrentacinque chilometri. Camminare o correre su terreni sconosciuti – specialmente al buio e affamati e malati – non era semplice. Jacob pensò che non percorrevano più di una decina di chilometri al giorno. A quella velocità non avrebbero raggiunto Žilina fino al diciotto o diciannove giugno, a essere ottimisti.

Non era abbastanza, si disse Jacob. Ogni giorno treni carichi di ebrei ungheresi varcavano i cancelli di Birkenau, e ogni giorno migliaia di loro finivano dritti nelle camere a gas e nei forni. Non potevano permettersi di rallentare. Dovevano affrettare il passo.

Jacob ne parlò con Luc e lui fu subito d’accordo.

«Non abbiamo scelta», disse, le mani, il volto e le braccia ora coperti di strane macchie rosse. «Dobbiamo continuare a muoverci».

Prima si diressero verso il fiume. Avevano un disperato bisogno di lavarsi e rinfrescarsi e di riempire di nuovo le borracce. In quel tratto del Soła non c’erano case né fienili né alcun segno di civiltà, quindi seguirono la corrente per un tratto.

Mentre camminavano, discussero di quello che avrebbero detto ai leader delle comunità ebraiche ungheresi e a Churchill e Roosevelt, se avessero avuto l’opportunità di incontrarli. Si chiesero se qualcuno degli altri ce l’avesse fatta a raggiungerli. Forse non era stato necessario, forse un’operazione di salvataggio era già stata messa in moto.

Proprio in quel momento sentirono il rombo di alcuni aeromobili che giungevano rapidamente da ovest. Corsero a ripararsi in un bosco. Qualche secondo dopo videro due velivoli da caccia della Luftwaffe sfrecciare davanti ai loro occhi. Era strano che volassero di notte, e ancora più strano che volassero così bassi.

La presenza degli aerei innervosì Jacob. Erano in missione di sorveglianza? Accompagnavano un’unità di terra? Erano lì per loro oppure era solo una coincidenza inquietante?

 

 

Fuga da Auschwitz
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