Cinquantacinque

Il giorno successivo Jacob venne messo su un treno e trasferito a Birkenau.

Non sapeva cosa aspettarsi e si era girato e rigirato tutta la notte pensando alle mille cose che potevano andare storte.

Ma nonostante le paure, Jacob era concentrato su una singola verità: stava per incontrare un’altra volta Otto e Abe, due persone che, secondo Abby, avevano un solido e realistico piano di fuga. Ora chiedevano proprio il suo aiuto. Forse lo avrebbero invitato a scappare con loro. E anche se non fosse stato così, sperava di imparare lezioni che presto si sarebbero rivelate utili alla sua stessa fuga.

La prima impressione quando arrivò a Birkenau fu di stupore per l’enorme espansione del complesso. C’erano due enormi sezioni per gli uomini, un’altra per le donne e una esclusivamente per i rom. Abby gli aveva spiegato che Birkenau era uno dei primi campi satellite di Auschwitz. Era stato costruito nel 1941 per alleggerire il sovraffollamento, dato che le camere a gas e il crematorio di Auschwitz non potevano gestire il volume delle persone che arrivavano treno dopo treno, giorno dopo giorno. Sarà anche stato vero, ma evidentemente Höss e gli altri nazisti non erano così soddisfatti di quanto grande fosse Birkenau adesso. Stavano espandendo il campo a dismisura per accomodare più treni e più prigionieri. Costruivano camere a gas più grandi e numerose per uccidere più ebrei nello stesso momento all’interno di una singola finta doccia. C’erano anche degli enormi crematori costruiti da prigionieri che sarebbero presto bruciati lì dentro.

Già quattro crematori erano attivi e lavoravano giorno e notte. Così, oltre al singolo crematorio e alla famigerata ciminiera che operava ad Auschwitz-I, ora c’erano un totale di cinque strutture fra Auschwitz-I e Auschwitz-II. Jacob fece due conti e rimase sconcertato. Con dieci fornaci per edificio, significava che c’erano cinquanta o più fornaci operative, ciascuna delle quali avrebbe incenerito un intero corpo nel giro di soli venti minuti e con esso tantissimi altri corpi insieme.

«Höss è ossessionato con l’ingegneria di precisione», gli aveva detto Abby prima che lasciasse la clinica. «Non vuole solo uccidere la gente con le botte o con le mitragliatrici o lasciandole morire di fame. Non è abbastanza per lui. Vuole muoversi più in fretta. Deve ammazzare più gente e in maniera più efficace. Ho sentito che ha ricevuto delle pressioni dall’alto, da Hitler e Himmler. L’idea è quella di creare una fabbrica di morte, una catena di montaggio vera e propria che stermini gli ebrei a centinaia e che si liberi dell’evidenza del crimine smaltendola in cielo. Ecco perché non dobbiamo arrenderci».

Aveva implorato Jacob di aiutare Otto e Abe a scappare e diffondere il messaggio di ciò che stava succedendo fra le comunità ebraiche che ancora non erano arrivate ad Auschwitz-Birkenau.

«Ti prego Jacob», l’aveva scongiurato. «Dobbiamo fermare Höss. Non possiamo lasciare che vinca lui».

Quando Jacob arrivò e venne perquisito e schedato, le parole di Abby gli risuonavano ancora nella mente. Aveva ragione. Per quanto l’orgia di terrore di Höss fosse già stata terribile fino a quel giorno, impallidiva al confronto di quello che si prospettava per il futuro. Era evidente che Höss e i suoi leccapiedi si stavano preparando per qualcosa di molto più imponente e più grave. La nuova struttura suggeriva una prossima impennata nel numero di prigionieri. La situazione era anche peggio di quel che Jacob aveva immaginato a prima vista. Nessuno infatti costruiva delle cucine più grandi per nutrire quell’ondata di persone. Nessuno costruiva mense o dormitori più grandi. Una marea di cantieri era in opera, ma nessuno era destinato alla vita delle persone. Lo scopo di tutto era farle morire, non solo a centinaia ma a centinaia di migliaia.

Jacob rimase disgustato dalla nuova realtà che lo attendeva. Allo stesso tempo, però, si sentiva carico alla prospettiva di aiutare i due uomini che avevano richiesto proprio il suo soccorso. Sì, era pericoloso. Ma Come Leszek gli aveva detto una volta, se doveva essere catturato e ucciso, allora era auspicabile che accadesse per un motivo nobile. Era onorato di dare una mano a quegli uomini a scappare e sia che gli avessero proposto di unirsi a lui oppure no, Jacob ormai aveva deciso: dopo la loro fuga sarebbe evaso anche lui.

 

Fuga da Auschwitz
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