81
Henning posò il cellulare sul tavolo del salotto con mani tremanti. Si avvicinò alla finestra e guardò il giardino. Aveva il respiro corto. Il frisbee rosso del figlio era rimasto sul prato.
«Chi era, tesoro?» chiese Barbara affacciandosi alla porta della cucina.
«La scuola» mentì lui.
«A quest’ora? È successo qualcosa?»
«Ci sono dei problemi con un nuovo studente all’internato.»
È solo una mezza bugia, pensò, anche se l’espressione problemi era l’eufemismo del momento.
«Perché vengono a cercare proprio te? Ci sono molti altri insegnanti a scuola.»
«Io ho un ascendente particolare su questo studente.»
Questo era vero, anche se non come avrebbe inteso la moglie. Ma a volte il confine tra verità e menzogna è sottilissimo.
«Vuoi un po’ di gelato?» chiese Barbara, segnalando che per lei l’argomento era concluso. «Stavo per andare a prenderlo dal freezer...»
«No, grazie» rispose lui andando verso la porta. «Penso che farò un salto a vedere di che si tratta.»
«Fermati!» esclamò lei correndogli dietro. «Ti sei già dimenticato cosa ci siamo detti oggi pomeriggio? Sei in vacanza e dovresti passare più tempo con la tua famiglia, ricordi?»
«Tesoro, per favore» ribatté lui infilandosi le mani nelle tasche dei calzoni per nascondere il loro tremito rivelatore. «Faccio in un attimo, poi torno a mangiare il gelato. Okay?»
«Non rivolgerti a me come se fossi uno dei tuoi studenti» lo rimproverò lei. «Se pensi di dover fare di nuovo la parte del salvatore della scuola, va’ pure. È evidente che i tuoi allievi problematici sono più importanti di noi.»
Dal piano di sopra giunse il pianto della figlia, mentre il figlio spuntò sul pianerottolo e lo guardò.
«Esci di nuovo, papà?» domandò con una smorfia di delusione.
«Torno presto, giovanotto. Devo sistemare una cosa.»
Sorrise al figlio, ma dietro quella facciata si nascondeva un terrore assoluto.
Tutto questo, la sua famiglia, la casa, il lavoro erano in pericolo. Se non agiva subito, Simon Strode lo avrebbe rovinato per sempre.