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Simon si lanciò sulla strada a tutta velocità. Si fermò solo quando fu abbastanza lontano dalla rimessa delle barche. Nascose la bicicletta tra gli alberi e tornò in fretta a piedi verso i cespugli dove Caro lo aspettava nascosta.
«Finalmente!» bisbigliò lei. «Ho avuto una gran paura.»
«Non dirlo a me!»
Le si accovacciò vicino ansimando, e insieme osservarono Richard Henning attraverso il fogliame.
Henning nel frattempo aveva sistemato la canoa nella rimessa e stava uscendo. Richiuse la porta e fece scattare la serratura. Quindi si diresse verso la macchina.
Dopo qualche passo si bloccò. Posò a terra la borsa sportiva e si tastò le tasche dei calzoni.
Si era accorto di non avere le chiavi dell’auto. Si guardò intorno irritato. Simon e Caro si nascosero ancora di più tra i cespugli.
Henning si grattò la testa, quindi aprì la cerniera lampo della borsa e frugò all’interno. Alla fine rinunciò e urlò un’imprecazione.
Si tastò di nuovo i calzoni, come se la chiave potesse riapparire per magia. Ma naturalmente trovò solo il mazzo di chiavi della rimessa. Batté un piede a terra infuriato e imprecò di nuovo.
Che scena ridicola, pensò Simon soddisfatto, vedendo Henning perdere la pazienza.
Se ne stava lì, paonazzo e tremante di rabbia, a gridare una sfilza di parolacce che Simon non avrebbe mai creduto potesse conoscere. Poi alzò lo sguardo al cielo e agitò i pugni, quasi volesse minacciare qualcuno sopra di sé tra i rami.
C’era però anche qualcosa di estremamente minaccioso nel comportamento del vicepreside donnaiolo. Una persona tanto irascibile poteva essere capace di tutto.
Senza smettere di lanciare insulti Henning tornò alla rimessa, prendendo a calci tutto quello che gli capitava a tiro. Una pietra, un rametto e un altro sasso. Poi si bloccò e si chinò. Quando si rialzò, aveva in mano le chiavi. Si guardò di nuovo intorno, quasi si sentisse osservato. Inclinò la testa di lato, per cogliere un rumore rivelatore. Simon automaticamente trattenne il respiro.
Trascorsero diversi secondi, quindi Henning salì in auto e partì.
Simon si abbandonò sull’erba e sospirò sollevato. «Accidenti, pensavo che fosse troppo tardi!»
«In effetti siete tornati troppo presto» disse Caro, asciugandosi il sudore dalla fronte. «Quando vi ho visto, ho rischiato che mi venisse un colpo dentro quella macchina del cavolo. E poi faceva un caldo pazzesco. Come si fa ad avere una macchina nera?»
Simon si sollevò sui gomiti, ancora scosso dai brividi per l’agitazione.
«Trovato qualcosa?»
«Credo di sì» rispose lei, porgendogli le mani chiuse a pugno. «Destra o sinistra?»
«Lascia perdere i giochetti e fammi vedere.»
«D’accordo, volevo solo sdrammatizzare un po’. Sei un guastafeste.»
Caro aprì la mano sinistra e Simon comprese all’istante che i loro sospetti erano fondati.