56

Sembrava passato almeno un secolo dall’ultima volta che aveva riparato una bicicletta. Lo aveva imparato da suo padre.

Simon ricordava ancora quando erano andati insieme in cantina e avevano cambiato la ruota anteriore della bicicletta pieghevole dopo che il padre era finito nella griglia di un tombino.

«Potevo decidere se rovinare la bici o investire una tizia che non guardava dove andava» gli aveva raccontato il padre, mentre mettevano il copertone sul cerchione anteriore nuovo. «E così ho scelto il tombino. Non sarei sopravvissuto a uno scontro con quella donna. Era mostruosamente grassa.»

A questo punto il padre aveva spalancato le braccia per mostrare la circonferenza della donna in questione, gonfiando le guance e spalancando gli occhi.

Simon rideva così tanto che per poco non aveva fatto cadere la ruota. Aveva riso fino a farsi venire mal di pancia e le lacrime agli occhi. Il padre era bravissimo a fare le smorfie.

Ora, mentre montava il cerchione nuovo sulla mountain bike, ricordava quella scena. Era come se il padre fosse lì con lui. Questa volta in maniera piacevole, e non come mostro deforme.

Fai attenzione, gli stava dicendo la voce del padre nella testa. I pattini dei freni devono avere la stessa distanza dal cerchione e la gomma deve avere la pressione giusta.

«Non ti preoccupare» mormorò Simon con un sorriso.

Era bello avere qualcosa da riparare. Era come ricreare l’ordine familiare. Quando ci si dedicava a un compito con la dovuta concentrazione, anche i pensieri si rimettevano in ordine.

Certi lavori erano come la meditazione. Anche questo gliel’aveva insegnato il padre e Simon aveva capito istintivamente.

Osservò soddisfatto la mountain bike. Sarebbe stato bello poter rimediare con altrettanta facilità in altre circostanze della vita.

Simon fece un giro di prova in cortile, controllò i freni e stava per rimettere a posto la bicicletta nella rimessa, quando vide un fuoristrada fermarsi davanti alla casa.

Ne scese Richard Henning, con indosso gli stessi bermuda di jeans sfrangiati e la camicia da lavoro di quella mattina. Aveva un’aria trasandata, e questa impressione fu rafforzata quando Henning si incamminò verso di lui. Solitamente baldanzoso e sicuro di sé, ora pareva incerto.

«Ciao, Simon. Come va?»

Di nuovo quella domanda che Simon non sopportava. Soprattutto se a fargliela era Henning. L’ultima persona a cui Simon avrebbe detto come si sentiva.

«Tutto okay» rispose.

Okay era un’espressione fantastica, che diceva tutto e niente.

Henning annuì, come se avesse compreso ciò che Simon voleva comunicargli con il suo okay. Poi si grattò la nuca impacciato e disse: «Vedi, volevo ancora scusarmi per il mio comportamento di stamattina. È stato assolutamente imperdonabile. Devo averti spaventato».

«Non si preoccupi. Non poteva sapere che non ero ancora al corrente.»

«In ogni caso sono stato indelicato» ribatté Henning. «Ci sono novità su Melina?»

Simon scosse la testa. «So solo che l’hanno operata. Adesso c’è Mike con lei.»

Henning sospirò turbato. «Che brutta cosa. Davvero brutta. Come se non ne aveste passate già abbastanza. Mi riferisco a te e a tuo fratello. Non riesco proprio a capire come qualcuno possa arrivare a fare certe cose.»

Calò un silenzio imbarazzato che nessuno dei due sapeva come superare.

Simon conosceva fin troppo bene quei momenti. Parlare con gli estranei era sempre stato estremamente difficile per lui. Soprattutto quando l’estraneo lo infastidiva o non sapeva cosa volesse da lui.

Henning si era scusato, Simon aveva accettato le scuse. Tra loro non c’era altro da dire. Ma il vicepreside indugiava ancora.

«Vedo che hai rimesso a posto la bici» osservò infine. «Stavi per andare a fare un giro?»

«Magari più tardi.»

«Ti piace andare in bici?»

Simon rispose con un cenno del capo.

«Lo sport fa sempre bene» commentò Henning. «Il movimento fisico serve a tenere sgombra la testa. Già, a proposito di sport, domani mi arriverà una nuova canoa per il circolo. Che ne diresti di provarla? Domani pomeriggio sarò di nuovo al circolo canottieri. Intorno alle tre.»

«Okay, ci penserò.»

«Non voglio sembrare insistente, ma credo che dovresti provare. Sono sicuro che ti divertiresti e inoltre ti...»

Il resto della frase fu sovrastata dal fragore di un motore diesel che si avvicinava. Subito dopo Mike inchiodò nel cortile, sollevando ghiaia dappertutto. Scese dalla sua vecchia Mercedes e Simon si spaventò vedendolo.

Il fratello era bianco come un lenzuolo. Dall’ultima volta che si erano visti, il giorno prima, sembrava dimagrito e aveva gli occhi arrossati, come se avesse pianto per ore.

Ma la cosa più spaventosa era l’espressione sul suo viso. Era un misto di sofferenza, disperazione e rabbia sconfinata.

Si avvicinò a Henning e si fermò proprio davanti a lui. «Che ci fai qui, Richy?»

«Ciao, Mike. Ero venuto a vedere come stava Simon e a chiedere notizie di Melina. Mi dispiace molto per quello che è successo.»

Michael fece una smorfia carica di un odio che Simon non aveva mai visto in nessun altro prima d’ora. Per un istante si domandò se l’uomo magro con la tuta da meccanico fosse davvero il suo fratello maggiore, o un suo sosia.

«Non è vero, Richy» disse Mike con una voce minacciosamente tranquilla, «non ti dispiace per niente. Nemmeno un po’.»

Henning fece un passo indietro. «Che cosa vorresti dire, Mike? Io...»

«Adesso sarai contento... avevi proprio ragione» disse Mike facendo un passo in avanti e costringendo Henning a indietreggiare ulteriormente. «Non hai mai accettato che Melina stesse con uno come me. È così, vero? L’avevi messa in guardia che per lei sarebbe finita male. Ecco, ora puoi gioire del tuo trionfo, brutto stronzo.»

«Mi spiace che tu la veda così» replicò Henning, usando a sua volta un tono calmo e minaccioso. «So che non mi sopporti, ma adesso mi sembra che tu stia esagerando, non credi? Comunque per me non ci sono problemi. Capisco che in questo momento tu sia sconvolto.»

Michael si fece improvvisamente serio e una rabbia infinita affiorò nei suoi occhi.

«Ascoltami bene, Richy: Melina e io stiamo insieme. E così sarà, qualunque cosa accada e qualunque cosa pensino gli altri. Se sopravvivrà e guarirà, andremo a Heidelberg. Capito?»

Per un attimo si fronteggiarono senza parlare. A Simon sembrava di guardare due cani da combattimento pronti ad avventarsi l’uno contro l’altro.

Poi Henning si girò verso Simon. «Sarà meglio che vada. Se decidessi di provare, chiamami. Mi farebbe molto piacere.»

Mike perse improvvisamente il controllo. «Sparisci, per la miseria!» urlò a Henning, dando una manata sul cofano della Mercedes che risuonò come uno sparo. Henning sussultò.

«D’accordo, me ne vado» disse, alzando le mani in segno di resa.

«E lascia in pace mio fratello!» gli gridò ancora Mike.

Henning si voltò un’ultima volta verso di loro, poi salì in macchina e si allontanò.

Mike lo seguì con lo sguardo. Aveva il corpo teso e teneva i pugni stretti lungo i fianchi.

Simon si avvicinò a lui e gli sfiorò cauto una spalla. «Mike?»

La tensione scivolò via dal fratello. Mike si mise a tremare e, quando si voltò verso Simon, i suoi occhi erano lucidi di lacrime.

«Scusami, piccolo. Ho perso il controllo.»

«Che cos’è successo tra te e Henning? Perché ce l’hai tanto con lui?»

Mike si asciugò gli occhi con il dorso della mano e scosse la testa. «Non ora, okay?»

«D’accordo.»

Detto questo Mike lasciò Simon e si diresse verso il suo appartamento. Dopo qualche passo si fermò e si voltò ancora una volta verso Simon.

«Stai attento a chi frequenti, piccolo. Fidati solo di quelli che si meritano la tua fiducia.»

La porta di casa si spalancò e Tilia uscì di corsa. Indossava solo l’accappatoio e aveva la testa ricoperta dalla schiuma di uno shampoo verdognolo che luccicava come un diadema sotto il sole.

«Accidenti, ragazzi! Che succede? Cosa sono queste urla?»

«È tutto a posto» dissero in coro Simon e Mike. Per una frazione di secondo il tempo parve tornare indietro. Per un attimo erano tornati i due ragazzini che combinavano pasticci e cercavano di far credere agli adulti che fosse tutto a posto.

Poi Mike tornò quello di prima. Un giovane magro, segnato dal dolore, con un’espressione di infinita tristezza sul viso.

«Tilia, promettimi che ti prenderai cura di lui» disse. «Il piccolo è troppo tenero per questo mondo.»

Tilia annuì senza capire. Insieme a Simon guardò Mike che entrava a testa bassa nel suo appartamento.

Incubo
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