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Erano riusciti a partire solo intorno all’una e mezzo. Il padre di Simon era dovuto andare a ritirare il cesto dei regali per zia Tilia e come al solito aveva sottovalutato il traffico del sabato a Stoccarda. Di solito Lars Strode si spostava con i mezzi pubblici, che erano molto più veloci, ma il cesto era troppo ingombrante e pesante per trascinarselo dietro per mezza città.
Quando, con notevole ritardo, si erano messi in viaggio per il compleanno di Tilia, il cesto decorato con un nastro rosso, simile a un mostro inquietante, occupava il bagagliaio della Ford station wagon. Sotto l’involucro di cellophane frusciante Simon riconobbe bottiglie di vino, praline e leccornie assortite provenienti dal negozio di specialità italiane di cui il padre era cliente abituale, oltre a una grossa moneta d’argento appesa al manico.
Tilia non dovrà fare la spesa per qualche settimana, questo è poco ma sicuro, pensò Simon. Tuttavia dubitava che avrebbe apprezzato il cesto per il suo cinquantesimo compleanno. Era un regalo adatto a una persona anziana, e anche in quel caso solo se non ti veniva in mente qualcosa di più adatto. D’altronde, però, suo padre non aveva mai avuto molta fantasia per i regali. E sua madre aveva preferito non dare suggerimenti; dopotutto Tilia era la sorella del marito.
Di solito Simon evitava le feste in famiglia, se possibile, ma per Tilia faceva volentieri un’eccezione. Da una parte perché le voleva bene, ma soprattutto perché la zia preparava dolci sensazionali. In cambio era disposto ad affrontare le solite conversazioni del tipo: «Quanto sei cresciuto!» «Come va la scuola?» «Sai già che cosa vuoi fare da grande?» oppure «Allora, ce l’hai la ragazza?»
Inoltre Simon avrebbe rivisto suo fratello Mike, e questo lo riempiva di gioia.
Sentiva molto la sua mancanza da quando Michael si era trasferito nei dintorni di Fahlenberg due anni prima.
Avere un fratello più grande di sei anni era fantastico. Mike lo aveva accompagnato a giocare a calcio, lo aveva portato al cinema e ogni tanto lo aveva fatto entrare a vedere i film vietati ai minori.
Ma soprattutto aveva fatto in modo che Simon si guadagnasse il rispetto degli altri ragazzi della scuola, che altrimenti gli avrebbero reso la vita impossibile, perché Simon... ecco, era diverso.
Da quando Michael non abitava più con loro, c’erano di nuovo problemi con i compagni di scuola. Epiteti come «idiota», «fighetta», «perdente» erano l’aspetto più innocuo.
Molto peggio erano i contatti con Ronny, un bullo della sua classe, più grande di lui perché aveva ripetuto l’anno. Era da lui che Simon doveva stare particolarmente in guardia. Il divertimento principale di Ronny sembrava essere quello di umiliarlo. Un tipo come lui, il migliore della classe in quasi tutte le materie, ma un perdente in qualsiasi sport a causa della statura e della magrezza, era il bersaglio ideale per i tipi come Ronny.
Una volta Ronny lo aveva seguito al gabinetto insieme a due amici. Qui gli avevano strappato di dosso lo zaino e, dopo averlo spinto a terra, glielo avevano rovesciato sopra. Poi Ronny gli aveva preso la merenda, gliel’aveva inzuppata nell’orinatoio e lo aveva costretto a mangiarla.
Simon naturalmente si era rifiutato, ma Ronny si era messo cavalcioni su di lui e gli aveva tirato le mutande verso l’alto, fino a strizzargli i testicoli.
Nonostante le grida di Simon, nessuno lo aveva aiutato. I ragazzi avevano smesso di tormentarlo solo quando si era deciso a dare un morso al pane bagnato che sapeva di piscio. Quando aveva vomitato sul pavimento in mezzo ai suoi libri, gli altri se n’erano andati sghignazzando.
Simon non aveva avuto il coraggio di raccontare l’episodio ai professori o ai genitori. Sarebbe servito solo a peggiorare le cose, di questo era convinto. Si era invece rifugiato nel mondo dei libri e dei videogiochi e cercava di evitare il più possibile gli altri ragazzi.
Non aveva parlato della cosa nemmeno con Mike. Non voleva fargli pensare di non sapersela cavare senza di lui. Mike era il suo modello, Simon voleva che fosse orgoglioso di lui, e quel sabato era ansioso di rivederlo.
Seduto sul sedile posteriore, giocava nervoso a Crossy Road. Non era per niente facile far avanzare la gallina sana e salva per le strade. Quello stupido volatile reagiva troppo lentamente e continuava a farsi investire.
Simon in realtà trovava alquanto stupidi i giochi per il cellulare, ma se non altro gli servivano a passare il tempo durante i lunghi viaggi.
Guardava sempre più spesso l’orologio del cellulare e aveva sempre di più l’impressione che fossero in viaggio da un’eternità. In autostrada erano passati da un ingorgo all’altro e, appena imboccata l’uscita per Fahlenberg, il notiziario sul traffico aveva annunciato un incidente con un mezzo pesante. Lo speaker consigliava di evitare la superstrada, dove si era già formata una coda di quindici chilometri.
Lars Strode decise di prendere la provinciale. Fantastico. Al diavolo i camion! Ci metteremo un sacco di tempo, pensò Simon.
Ora tutto questo lo perseguitava nei sogni, e rimpiangeva che avessero evitato la superstrada.
Se fossero rimasti in quella dannata coda, se ci avessero messo di più... almeno sarebbero arrivati.
Era assurdo, Simon lo sapeva. Il passato non si poteva cambiare. Eppure...
A volte non rimanevano che i desideri.