23

L’incubo tornò anche quella notte, più terribile che mai.

Mentre nel mondo reale Simon si dibatteva sul letto, lanciando mugolii soffocati, nel sogno stava di nuovo strisciando sull’asfalto.

Alle sue spalle le fiamme si levavano voraci dalla carcassa dell’auto. Di nuovo l’odore di benzina, gomma bruciata e metallo fuso.

Vide gli occhi che lampeggiavano malvagi nel bosco, udì il loro inquietante bisbiglio.

Simon.

Siiiimon.

Vieni qui, Simon!

Sei uno di noi!

Ma ancora più sinistra era la cosa che lo inseguiva. Quella creatura minacciosa, verso la quale non osava girarsi.

Non riuscirai a fuggire!

Gli stava alle calcagna. Il terreno vibrava sotto i passi pesanti del mostro e Simon udiva la sua risata beffarda. Profonda, disumana.

Giunto al punto in cui la sua fuga dalla creatura mostruosa sembrava senza via d’uscita, apparve come sempre la porta. Era una porta normalissima, anonima, come se ne possono trovare in un appartamento qualunque, di compensato, gli stipiti chiari, la maniglia semplice. Nel sogno di Simon, tuttavia, era in mezzo alla strada nel bosco, dove non aveva alcun senso.

E Simon sapeva, come sempre, che doveva arrivare a quella porta. Se fosse riuscito ad aprirla, sarebbe stato al sicuro dalla creatura che lo inseguiva.

Non sapeva perché, ma era certo che fosse così. Era la logica del sogno.

Simon doveva sbrigarsi. Cercò di rialzarsi e correre via, ma come sempre barcollò e ricadde in ginocchio.

Avanzò carponi in preda al panico. Doveva andare via, via, via!

Via dall’auto in fiamme, via dalla creatura rivoltante che già gli alitava sul collo.

Via!

Ti prenderò, Simon!

Stavolta però il sogno proseguì in modo diverso. Era cambiato qualcosa. Avvicinandosi vide che qualcuno aveva appeso una foto alla porta. Grande e ben visibile.

Era la foto di Leonie. Lo stesso manifesto che le sue amiche avevano attaccato su un’altra porta nel mondo reale, nella speranza che qualcuno avesse sue notizie.

Man mano che si avvicinava, l’immagine cambiava. L’allegra risata di Leonie si trasformò in una smorfia. Nei suoi occhi, che prima sorridevano al fotografo, si rifletteva l’orrore.

Sbrigati, Simon, gli gridò. Corri! Guarda dietro la porta!

Simon non aveva mai sentito la voce di Leonie, ma nel sogno somigliava molto a Jessica. No, era lei. Simon guardò meglio e si rese conto della notevole somiglianza tra le due ragazze.

Stai attento ai lupi, gli gridò lei. Non fidarti mai di loro!

Nel frattempo Simon aveva raggiunto la porta. Allungò la mano verso la maniglia, come faceva ogni volta, riuscì ad afferrarla e la abbassò con forza.

La porta cedette e si aprì. Ancora un istante e finalmente avrebbe visto che cosa si celava dall’altra parte.

Udì nuovamente la voce concitata di una donna. Parlava e singhiozzava, ma le sue parole all’improvviso furono inghiottite da un ruggito.

La creatura!

Si aggrappò alla maniglia. Doveva alzarsi, passare dall’altra parte. Doveva sfuggire alla creatura. Doveva vedere cosa c’era dietro la porta. Doveva...

...si svegliò.

Qualcosa lo aveva svegliato. Un frastuono fuori dalla finestra. Nel sogno lo aveva scambiato per il fragore del suo spaventoso inseguitore. In realtà era lo scooter di Melina che usciva dal cortile.

Simon si asciugò il sudore dalla fronte. Aveva il respiro affannoso, come se avesse cercato veramente di aprire la misteriosa porta.

Il dottor Forstner si sbagliava, pensò. Questa porta è importante. Lo so!

Cosa c’era là dietro?

E perché era così importante?

Incubo
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