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Quando rinvenne, la pioggia fresca e una strana sensazione lo riportarono alla realtà.
Qualcosa gli stava scivolando sul petto. Somigliava a una zolla di fango.
Simon si tastò intontito e afferrò quella cosa. Qualunque cosa fosse, era più solida del fango. Aveva una consistenza fredda e scivolosa.
E si muoveva!
Simon spalancò gli occhi di scatto. In quello stesso momento un lampo rischiarò la notte e Simon si accorse di tenere in mano un rospo. Il corpo luccicava sotto la pioggia a meno di dieci centimetri dal suo viso. Lo fissava meravigliato mentre agitava lento le tozze zampette, quasi volesse liberarsi nuotando dalla sua stretta.
Simon lanciò un grido disgustato e lo lanciò lontano.
Si sollevò barcollando, tormentato dalla nausea e da un terribile mal di testa. Si sentiva come se qualcuno lo avesse preso a martellate.
Si afferrò il capo gemendo e tastò un grosso bernoccolo dietro l’orecchio destro. Dapprima credette di sentire del sangue, ma il lampo successivo gli dimostrò che le mani erano sporche solo di fango.
Si alzò piano. Per un istante tutto intorno a lui sembrò girare, il fosso, la pista ciclabile, il cielo da cui scrosciava la pioggia.
Rischiò di scivolare nel fango e di cadere nuovamente, ma all’ultimo istante si aggrappò al bordo erboso del fosso.
Fece qualche respiro profondo, aspettando che le vertigini passassero. Quindi si arrampicò faticosamente sulla pista ciclabile.
Gli doleva dappertutto, ma miracolosamente sembrava non essersi rotto niente. L’erba e il terreno fangoso avevano attutito la caduta.
«Sei davvero nato con la camicia» sentì dire dalla voce del padre. «Sei sempre stato fortunato.»
Simon non ricordava più quando il padre gli avesse detto quelle parole, ma contenevano un briciolo di verità. Almeno per quanto riguardava gli incidenti.
Cercò di togliersi il fango dalla maglietta e dai calzoni, poi scrutò nel buio per individuare la bicicletta. Grazie al bagliore di un altro lampo la vide a un paio di metri da lui. La ruota anteriore era piegata.
«Cazzo!»
Un’altra ondata di rabbia s’impossessò di lui, ma stavolta era contro se stesso. Contro la propria stupidità.
Come aveva potuto essere così pazzo? Sfrecciare a tutta velocità nel cuore della notte su una pista ciclabile... a nessuna persona normale sarebbe venuta in mente un’idea del genere!
Forse non a una persona normale, disse una voce dentro di lui. Ma a un pazzo di sicuro.
Zoppicò fino alla bicicletta ammaccata, la sollevò e constatò con sollievo che riusciva a spingerla. Se non altro non avrebbe dovuto portarla di peso fino a casa.
Che ragazzo fortunato, si disse sarcastico.
Stava per tornare sui propri passi sotto la pioggia battente, quando nel frastuono del temporale udì delle voci.
All’inizio pensò di essersi sbagliato e che fosse solo un’altra allucinazione. Erano le voci di un uomo e di una donna. Ma, quando si guardò intorno e in cielo esplose un’altra serie di lampi, scorse qualcuno in piedi accanto a una macchina.
Subito dopo tornò buio pesto. Solamente le luci dell’auto rischiaravano la notte. Sentì la voce di una donna. O era una ragazza? Non avrebbe saputo dirlo con certezza, né tantomeno cosa stesse dicendo, perché il vento e i tuoni erano assordanti. Inoltre era troppo lontano.
Nel chiarore di un altro lampo notò un motorino accostato lungo la pista ciclabile e poco distante un pesante ramo che bloccava la strada.
La ragazza era stata sorpresa come lui dal temporale e dai rami spezzati. Ma era stata più fortunata di Simon, senza dubbio perché guidava con più prudenza. Non era caduta e adesso c’era anche un’auto ferma accanto a lei.
Per un istante la luce all’interno della macchina si accese, poi la portiera si richiuse e il motore rombò.
Simon avrebbe voluto correre in quella direzione e chiedere un passaggio. Ma non era possibile.
Perché i membri del rispettabile club dei fuori di testa si fanno venire gli attacchi di panico quando devono salire su un’auto, spiegò ironica la voce di Lennard nella sua testa. Lascia perdere.
Un’altra ondata di collera, una collera smisurata verso se stesso.
Si voltò e si avviò verso casa. Zoppicante, tutto infangato e con un bernoccolo che gli pulsava sulla testa, doveva sembrare uno zombi.
Altro che re di questa notte! Il re degli imbecilli.
Nonostante la rabbia, si sentiva anche sollevato. In fondo gli era andata bene, il bernoccolo e i graffi sarebbero guariti. E la disperazione che lo aveva assalito quella sera rischiando di farlo impazzire era svanita.
Se non altro quell’avventura era servita a qualcosa.