85.

Dopo il collasso trascorsi più di trenta ore in uno stato a metà fra lo svenimento e il sonno. Quando finalmente mi risvegliai e mi trovai in un letto della terapia intensiva, ebbi l’impressione di essere ripiombata in un incubo.

Tutto era mostruosamente familiare: il sibilo dell’elettrocardiografo, gli schermi accanto al letto, le infermiere in corridoio, l’odore sterile di detergente.

Mi venne in mente quel vecchio film nel quale il protagonista si svegliava sempre il medesimo giorno alla stessa ora e riviveva immancabilmente la stessa giornata. Per un attimo ebbi il tremendo sospetto che fosse così anche per me. Che in realtà non avessi mai lasciato l’ospedale. Che fosse tutto azzerato e dovessi ricominciare daccapo.

Ma poi constatai sollevata di trovarmi in un’altra camera, non la 604, bensì la 603, quella dove in precedenza era stato Tuta di pelle.

Il calendario sul muro di fronte a me segnava una data diversa. Ed era una giornata di gran lunga migliore rispetto a quella in cui ero stata portata lì per la prima volta. Una giornata in cui mi ero finalmente gettata tutto alle spalle. Una giornata in cui Zoe era tornata. Una giornata in cui potevo ricominciare daccapo.

Zoe era a due camere di distanza, mi spiegò Ella. Aveva vegliato per tutto il tempo al mio capezzale, ed era fuori di sé.

Dopo gli abbracci e le iniziali lacrime di gioia, mia nonna mi aveva fatto una severa ramanzina.

Perché non avevo parlato con la polizia quando Vanessa era crollata davanti al pub. Perché invece ero andata a piedi dal centro fino alla zona industriale.

«Per di più nel tuo stato!» aggiunse agitando un dito, come se parlasse con una bambina testarda. «Sascha mi ha raccontato tutto. Ancora una volta hai agito di tua iniziativa. Ha detto che lo hai contattato solo quando eri già in quel ristorante. Probabilmente non lo avresti nemmeno fatto, se non ti fossi sentita così male. E pensare che avresti potuto dire alla polizia ciò che Vanessa ti aveva raccontato del nascondiglio di Zoe. Invece no, hai preferito agire da sola! Sei stata molto sciocca, Nikka!»

«Sascha ti ha raccontato così?»

Al nostro prossimo incontro decisi che lo avrei ricompensato con un altro bacio.

Ella mi rivolse un’occhiata severa. «Esatto, signorina, me lo ha detto lui. E non c’è niente da ridere! Mi hai fatto quasi morire di paura quando mi ha telefonato l’ospedale! Si può sapere in nome del cielo perché mai sei stata tanto irragionevole?»

Intanto continuava a piangere e io, sebbene avessi tutto il corpo dolorante, mi chinai verso di lei. «Perché ho la testa dura, Ella. Lo sai bene.»

Si passò il dorso delle mani sul viso. Poi mi strinse tra le braccia. «È vero, lo so, sciocchina. Ma non farmi più una cosa del genere, capito? Mai più, devi prometterlo!»

Me lo aveva chiesto pure Sacha e io lo promisi anche a Ella.

Presenza oscura
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