35.

Tornata in camera mia quella sera, per prima cosa guardai nell’angolo dove fino a quel momento c’era sempre stata ad aspettarmi l’ombra. Il muro era tornato chiaro come il resto della stanza. Malte Schuster, Tuta di pelle, non sarebbe più venuto a trovarmi. Si era staccato e aveva lasciato il tunnel oscuro. Era ormai dove tutti andremo un giorno. Dove almeno una parte di noi continua a vivere.

Era esattamente come avevo detto a Romina Schuster: ci credevo fermamente. No, lo sapevo, addirittura.

Quello che mi era successo quel giorno non poteva dipendere da semplici coincidenze, né essere spiegato con la logica. Io ero stata veramente dall’altra parte, avevo visto veramente Tuta di pelle e avevo esaudito il suo ultimo desiderio.

Questo significava anche un’altra cosa: la mia testa era perfettamente a posto. Forse la permanenza dall’altra parte aveva cambiato davvero qualcosa nel mio cervello, qualcosa che un medico era addirittura in grado di misurare con le sue apparecchiature, ma non ero pazza e questa era l’unica cosa importante.

Per la prima volta nella mia nuova vita mi addormentai con un senso di soddisfazione e benessere. Ma non durò a lungo, perché in sogno rividi Zoe. Era rannicchiata contro la parete di roccia nel tunnel freddo, tremante, nuda e impaurita.

L’immagine mi fece svegliare di scatto. Accesi subito la luce e mi guardai intorno nella stanza, convinta di trovare una nuova ombra in un angolo, quella di Zoe.

Invece non c’era niente.

«Dove sei?» bisbigliai nel silenzio della camera.

Ma non ottenni risposta.