5.

Il Club P2 si trovava nella zona industriale all’altro capo della città. Era semplicemente un capannone ristrutturato e a quanto ne sapevo molti anni prima vi si producevano scarpe sportive. Adesso l’edificio era illuminato a giorno e la sua facciata piuttosto malmessa sembrava essere ciò che attirava di più le persone. Nella luce al neon l’effetto grunge era notevole.

Ero molto emozionata perché, a differenza di Zoe, che aveva giusto un anno più di me, non ero mai stata in discoteca prima di quella sera. Il vecchio P2 aveva chiuso più di un anno prima, quando io ero ancora troppo piccola per andarci. Adesso mi sentivo molto adulta a poterci finalmente entrare.

Al nostro arrivo, il parcheggio era già strapieno. Sembrava che quella sera metà dei centomila abitanti di Fahlenberg si fosse data appuntamento all’ingresso del club.

Dopo averci impartito le solite raccomandazioni paterne («non bevete troppo», «non toccate droghe», «chiamatemi quando devo venire a prendervi, ma non alle due del mattino» – le avvertenze sui ragazzi ce le aveva risparmiate) Rolf Wagner ripartì verso casa. Non sarebbe arrivato in tempo per il fischio d’inizio della partita e, anche se durante il tragitto aveva cercato di nasconderlo, la cosa gli dava alquanto fastidio.

Nel frattempo aveva smesso di piovere. Quando attraversammo il parcheggio per unirci alla fila in attesa sotto la tettoia d’ingresso, dovemmo schivare alcune grosse pozzanghere. Superammo due ragazze che traballavano sui tacchi alti con striminziti costumi da strega e ci accodammo a un gruppo di zombi.

«Cavolo, mi sembra di essere in un episodio di The Walking Dead» disse Zoe ridendo, mentre uno degli zombi si girava verso di noi.

Era un tipo alto e sportivo con un trucco eccezionale, ma il suo sorrisetto era troppo idiota e arrogante. Inoltre sembrava già alticcio.

«Mmm, una gattina la mangio molto volentieri» disse. Poi si avvicinò a Zoe, l’afferrò per i fianchi e guardò verso il gruppo con un sorriso ancora più compiaciuto. «Miagola per me, gattina!»

Gli altri risero. Grave errore, amico! pensai io.

Poi tornò a rivolgersi a Zoe. «Sul serio, mi piacciono le micie. Soprattutto quelle sexy come te. Ti va di scoprire quanto?»

Secondo grave errore.

Zoe gli scoccò una delle sue famigerate occhiate di ghiaccio che provocavano invariabilmente la pelle d’oca e che funzionò nonostante la maschera.

«Se non mi levi subito le mani di dosso, la mia amica stanotte uscirà dal tuo televisore e ti strapperà le budella» disse con un tono che avrebbe fatto gelare persino l’inferno. «Le useremo per decorarci la nostra camera da letto. Vero, tesoro?»

Come succedeva sempre in situazioni del genere, stetti al gioco. Abbassai la testa e fissai il tipo da sotto la cortina di capelli con un effetto da autentica Samara.

«Ma certo, amore» confermai con voce altrettanto minacciosa. «Mi piace la carne di zombi. Anche se questo qui addosso non ne ha molta.»

«Hai ragione» concordò Zoe esaminandolo con disprezzo. «Probabilmente da tutte le parti.»

Poi fece un gesto con il mignolo, che somigliava molto al bastoncino di carota di poco prima e scoppiamo entrambe a ridere.

Il tipo si staccò da lei come se si fosse scottato. «Stupide troie!»

Zoe mi guardò e ci scambiammo il cinque.

«Troiapower, baby!» esclamammo in coro.

Lo zombi si girò con espressione truce verso il suo gruppo, dal quale ricevette qualche battuta di scherno. Sogghignai. Non ci avrebbe più dato fastidio per il resto della serata.

«Ehi, Samara!» esclamò poi qualcuno alle mie spalle.

Mi voltai e mi trovai davanti un Minion grassoccio poco più alto di me.

«Figo il tuo travestimento. Sembra autentico. Ti piacciono i film dell’orrore?» Ridacchiò, come se avesse fatto una battuta irresistibile. «A casa ne ho una bella collezione. Magari ti va di darci un’occhiata? Potremmo stare un po’ insieme anche alla festa. Che ne dici?»

Sospirai. Questo tipo cicciottello con la vocina stridula rientrava esattamente nel genere di ragazzo che si interessava a me. Gli mancavano solo l’apparecchio per i denti, gli occhiali spessi e/o la mamma come argomento preferito (barrare le voci che interessano, sono ammesse più risposte).

Com’era frustrante! L’unico vantaggio era che con questo genere di ragazzi bastava un’occhiata per farli ammutolire. Niente sguardo di ghiaccio, niente sguardo da Samara, tutt’al più un’occhiata compassionevole.

Zoe scoppiò a ridere ancora più forte e anch’io trattenni a stento un risolino. Non volevo infierire troppo sul poveretto.

«Come non detto!» brontolò, poi abbassò la testa imbronciato e si mise a smanettare con il telefono, come se all’improvviso avesse ricevuto il messaggio più importante della sua vita.

Avanzammo un altro po’ verso l’ingresso accanto al quale c’era la sagoma di cartone del mostro di Frankenstein che aveva sul petto una scritta lampeggiante al neon che annunciava NUOVA APERTURA. Somigliava in maniera sospetta a Donald Trump e un enorme fumetto sopra il toupet biondo avvisava: I nostri cocktail sono di nuovo grandi!

«Ci crederò solo quando li vedrò» commentò Zoe riferendosi alla scritta. Poi mi raccontò che l’ex proprietario della discoteca aveva dovuto chiudere dopo che le bevande erano diventate sempre più care e la quantità di alcol sempre più scarsa, ma io l’ascoltai distratta.

La mia attenzione era rivolta a un ragazzo con una maschera di Scream. Anche lui portava una felpa nera con il cappuccio che teneva abbassato sulla fronte.

Zoe non sembrava averlo notato e per un attimo fui sul punto di farglielo presente. Ma poi ci ripensai.

In occasione della serata tutte le persone in maschera avevano una consumazione gratuita e per gli indecisi c’era, a poca distanza dall’ingresso, un chiosco che le vendeva. Sicuramente il ragazzo doveva averla comprata lì. Quanto meno ce n’erano diverse uguali alla sua. Quindi doveva trattarsi solo di una coincidenza.

Tuttavia mi innervosiva il suo modo di starsene lì a guardare verso di noi, fissando specialmente Zoe.

La figura in giardino non aveva una maschera del genere, altrimenti l’avremmo vista biancheggiare nell’oscurità. Per il resto però era molto simile. Anche questo ragazzo era alto e magro e tutto vestito di nero. Se ne stava fermo immobile come se fosse pietrificato e non ci perdeva di vista.

Ma forse ancora una volta l’apparenza ingannava. Forse la sua attenzione non era per noi. Dopotutto con il viso coperto non si poteva vedere dove stesse guardando. Magari stava semplicemente osservando la gente – gli zombi, le maschere di Purge, i vampiri e i vari altri mostri, in parte piuttosto fighi – e il suo sguardo si era posato per caso su Zoe con il suo provocante travestimento. Dopotutto non era l’unico al quale lei faceva quell’effetto.

Inoltre la gente mascherata tendeva a comportarsi in maniera singolare. Era come se l’anonimato liberasse qualcosa da dentro. Come se facesse affiorare qualcosa di sinistro che di solito veniva tenuto nascosto.

Era la stessa cosa con quel ragazzo, che con la sua immobilità aveva un’aria inquietante. Probabilmente non l’avrebbe avuta se fosse stato a viso scoperto.

Prima che potessi continuare nelle mie osservazioni, la coda avanzò di nuovo. Finalmente avevamo raggiunto l’ingresso. Mostrammo i nostri documenti, pagammo e ci fecero entrare nel locale, dove persi completamente di vista la maschera di Scream.

All’interno trovammo ad accoglierci calca, caldo, puzzo di sudore e musica assordante. Delle luci colorate lampeggiavano dal soffitto e l’aria era piena di una soffocante nebbia artificiale che mi tolse quasi il respiro.

Cavolo, ma dov’ero andata a cacciarmi?

«Figo, è un pezzo dei Birthday Massacre!» esclamò Zoe, prendendomi per mano e trascinandomi in mezzo alla folla verso la pista da ballo.

Ci arrivammo appena in tempo per le note conclusive di Happy Birthday, poi il dj annunciò: «E adesso un bel salto indietro nel tempo, gente!»

Subito dopo si udirono gli accordi di Why Can’t I Be You dei Cure.

Era davvero un bel salto indietro, ma la gente si adeguò e noi con gli altri. La naturalezza di Zoe era proprio contagiosa. Cominciammo a ballare e a un certo punto non feci più neppure caso alla ressa intorno a noi. Calca o meno, ce la stavamo spassando alla grande.

Erano così iniziati gli ultimi minuti prima della mia morte, dei quali non avrei più ricordato niente.

L’unico ricordo che avevo conservato di quella serata erano le persone con la voce da mostro. Il ragazzo che voleva a qualunque costo che rimanessi con lui mentre cercava di salvarmi la vita.

E il luogo oscuro, al quale preferivo non pensare.

Presenza oscura
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