65.

«Ti sei svegliata presto» disse Ella quando scese in cucina il mattino seguente. Di solito era lei quella mattiniera tra le due, ma oggi l’avevo preceduta di più di tre ore.

Era stata un’altra nottataccia. Piena di incubi. In tutti ero in piedi paralizzata sui binari e vedevo il treno sfrecciare verso di me.

In uno dei sogni Sascha mi aveva tirato da parte all’ultimo istante, ma in tutti gli altri ero stata investita in pieno. Sempre.

Nell’ultimo sogno Vanessa mi aveva raggiunto sui binari, un sorriso truce stampato sulla faccia. Voglio confidarti un segreto.

Quale segreto? le avevo chiesto e Veronica Strach, che ci guardava accanto alle croci, aveva osservato: Sono contenta che Vanessa avesse almeno qualche amico.

A quelle parole il sorriso di Vanessa si era allargato. Chi non ha mai conosciuto altro, non lo sa apprezzare.

E poi il treno aveva travolto entrambe.

Quando mi ero svegliata di soprassalto da quell’incubo, avevo preferito non addormentarmi più. Perciò mi ero alzata e mi ero preparata la colazione alle quattro di mattina. Un piatto enorme di uova strapazzate e quattro fette di pane tostato con la marmellata.

«Ti senti bene?» chiese Ella mettendosi a sedere a tavola con una tazza di caffè.

«Come? Sì, sono ancora mezzo addormentata.»

«A quanto pare ti è tornato l’appetito, ne sono contenta.» Sorrise. «Com’è andata ieri? Ti sei divertita con il tuo nuovo ragazzo?»

«Non è il mio ragazzo» dissi. Se solo potessi dirti la verità. Ma di sicuro daresti fuori di matto.

«Davvero?» Mi guardò ammiccando. «A me sembra proprio di sì. E sono molto contenta, è un ragazzo così simpatico e premuroso...»

«Non è il mio ragazzo» ripetei con un sospiro. «È solo un amico.»

Mi rivolse un altro sorriso eloquente. «Sei proprio come tua madre. Quando ha conosciuto tuo padre continuava a ripetere che era solo...»

Il trillo del campanello mi salvò dalla storia che avevo già sentito almeno un centinaio di volte.

«Lascia, vado io» disse Ella.

Quando poco dopo tornò in cucina seguita da Sascha, sorrideva raggiante come una pasqua. A me non mi inganni, diceva la sua espressione.

Per quanto mi facesse piacere vedere Sascha, ero stupita. «Che cosa ci fai qui? Credevo che oggi lavorassi.»

Lui alzò gli occhi al cielo, impaziente. «Ecco... Mi sono preso un giorno libero.»

Un altro sorrisetto compiaciuto si allargò sul viso di Ella. «Bene, allora vi lascio da soli. Tanto devo uscire. Edith mi ha pregato di darle una mano con i paramenti per un funerale. Potrei fare tardi.»

Edith Badtke era amica di Ella da una vita. Si occupava della chiesa e della nuova canonica. Da quando era rimasta ferita qualche anno prima nell’incendio del vecchio edificio, Ella le dava una mano, e in genere quelle giornate finivano con una cena insieme.

Ella ci salutò con un eloquente «buona giornata a entrambi», che fece arrossire Sascha, e uscì dalla cucina.

«È vero che ti sei preso un giorno libero?» gli chiesi una volta soli.

«No, ufficialmente ho un attacco di influenza. Circola tra i colleghi. Ma non ho potuto fare altro. Ho scoperto qualcosa che volevo mostrarti subito.»

Tirò fuori dallo zaino il quotidiano locale del giorno e si mise seduto accanto a me. Lo sfogliò fino alla cronaca regionale, me lo avvicinò e mi indicò un trafiletto nella rubrica delle notizie della polizia.

«Ecco, leggi.»

Erano solo quattro righe nelle quali si parlava di una Seat León nera con targa di Göppingen. Da cinque settimane la macchina era nel parcheggio scambiatore accanto alla superstrada e il proprietario risultava irreperibile. La polizia chiedeva l’aiuto della cittadinanza per risalire a chi l’avesse lasciata lì.

Aggrottai la fronte. «E allora? Che cosa c’è di strano?»

«Be’, Geislingen fa parte del circondario di Göppingen» disse Sascha. «E la macchina si trova in quel parcheggio da cinque settimane. Questo mi ha colpito. Perciò ho chiamato un tizio che conosco alla polizia.»

Lo guardai sgomenta. «Hai parlato con la polizia?»

Lui alzò le mani in un gesto tranquillizzante. «Non ti preoccupare! Ovviamente non gli ho parlato dei tuoi sospetti. Gli ho solo chiesto a chi appartenesse la macchina.»

«E lui te l’ha detto senza problemi?»

«Oddio, proprio senza problemi no, ma era in debito con me.» Sorrise impacciato. «Hai presente, fai del bene e ogni tanto ricordalo alla gente.»

«Ho capito.» Sorrisi anch’io. Quel ragazzo era una continua sorpresa. «E a chi appartiene?»

«A una donna di ventitré anni. Gabi Neumann. E indovina dove abita?»

«A Geislingen.»

Lui alzò un pollice. «Punteggio massimo per la candidata. È interessante che la sua macchina sia stata per tanto tempo in quel parcheggio e la polizia se ne occupi solo adesso.»

«Wow! Non può essere una coincidenza.»

«È quello che penso anch’io.» Tirò fuori le chiavi della macchina dalla tasca dei pantaloni e le fece tintinnare in maniera eloquente. «Penso che oggi sia il caso di fare una seconda gita a Geislingen.»

Presenza oscura
9788867007097_cov01.html
9788867007097_fm01.html
9788867007097_tp01.html
9788867007097_cop01.xhtml
9788867007097_fm02.html
9788867007097_fm03.html
9788867007097_fm04.html
9788867007097_p01.html
9788867007097_p01-1.html
9788867007097_p01-2.html
9788867007097_p01-3.html
9788867007097_p01-4.html
9788867007097_p01-5.html
9788867007097_p01-6.html
9788867007097_p01-7.html
9788867007097_p01-8.html
9788867007097_p01-9.html
9788867007097_p01-10.html
9788867007097_p01-11.html
9788867007097_p01-12.html
9788867007097_p01-13.html
9788867007097_p01-14.html
9788867007097_p01-15.html
9788867007097_p01-16.html
9788867007097_p01-17.html
9788867007097_p01-18.html
9788867007097_p01-19.html
9788867007097_p01-20.html
9788867007097_p01-21.html
9788867007097_p01-22.html
9788867007097_p01-23.html
9788867007097_p01-24.html
9788867007097_p01-25.html
9788867007097_p01-26.html
9788867007097_p02.html
9788867007097_p02-1.html
9788867007097_p02-2.html
9788867007097_p02-3.html
9788867007097_p02-4.html
9788867007097_p02-5.html
9788867007097_p02-6.html
9788867007097_p02-7.html
9788867007097_p02-8.html
9788867007097_p02-9.html
9788867007097_p02-10.html
9788867007097_p02-11.html
9788867007097_p03.html
9788867007097_p03-1.html
9788867007097_p03-2.html
9788867007097_p03-3.html
9788867007097_p03-4.html
9788867007097_p03-5.html
9788867007097_p03-6.html
9788867007097_p03-7.html
9788867007097_p03-8.html
9788867007097_p03-9.html
9788867007097_p03-10.html
9788867007097_p03-11.html
9788867007097_p03-12.html
9788867007097_p03-13.html
9788867007097_p03-14.html
9788867007097_p03-15.html
9788867007097_p03-16.html
9788867007097_p03-17.html
9788867007097_p03-18.html
9788867007097_p03-19.html
9788867007097_p03-20.html
9788867007097_p03-21.html
9788867007097_p03-22.html
9788867007097_p03-23.html
9788867007097_p03-24.html
9788867007097_p03-25.html
9788867007097_p03-26.html
9788867007097_p03-27.html
9788867007097_p04.html
9788867007097_p04-1.html
9788867007097_p04-2.html
9788867007097_p04-3.html
9788867007097_p04-4.html
9788867007097_p04-5.html
9788867007097_p05.html
9788867007097_p05-1.html
9788867007097_p05-2.html
9788867007097_p05-3.html
9788867007097_p05-4.html
9788867007097_p05-5.html
9788867007097_p05-6.html
9788867007097_p05-7.html
9788867007097_p06.html
9788867007097_p06-1.html
9788867007097_p06-2.html
9788867007097_p06-3.html
9788867007097_p06-4.html
9788867007097_p06-5.html
9788867007097_p06-6.html
9788867007097_p06-7.html
9788867007097_p06-8.html
9788867007097_p06-9.html
9788867007097_p06-10.html
9788867007097_p06-11.html
9788867007097_p06-12.html
9788867007097_p06-13.html
9788867007097_bm01.html
9788867007097_bm02.html
9788867007097_bm03.html
illibraio.xhtml