26

 

La mattina seguente, Morrison e Dezhnev tornarono alla Grotta. Entrarono in un ampio ufficio senza finestre dal soffitto luminoso, che Morrison non aveva mai visto. Chiaramente non era della Boranova, e colpiva parecchio con quello spreco di spazio ostentato.

Natalya Boranova sedeva a una grande scrivania, e sulla parete alle sue spalle spiccava il ritratto solenne del presidente sovietico. A sinistra, in un angolo c’era una boccia d’acqua ghiacciata, e nell’angolo opposto un armadietto per microfilm. Sulla scrivania c’era un piccolo elaboratore verbale. A parte questo, la sala era vuota.

Dezhnev esordì: «Te l’ho portato. Il furfante ha cercato di filarsela servendosi dell’affascinante compagna Paleron per tramare col governo alle nostre spalle.

«Ho ricevuto il rapporto» disse sottovoce la Boranova. «Per favore, esci, Arkady. Voglio star sola con il professor Albert Morrison.

«È prudente, Natasha?»

«Credo di sì. Secondo me, Albert non è un uomo violento... Sarò al sicuro, Albert?»

Morrison aprì bocca praticamente per la prima volta quel giorno. «Non cincischiamo. Cos’è che vuoi, Natalya?»

La Boranova fece un gesto perentorio con la mano, e Dezhnev uscì. Quando la porta si chiuse, disse: «Perché l’hai fatto? Perché hai cercato di combinare un intrigo, credendo che la persona contattata fosse un agente incaricato di sorvegliarci? Ti abbiamo trattato così male?»

«Sì» rispose Morrison rabbioso. «Perché non volete proprio mettervi in testa che difficilmente potrò apprezzare il fatto di essere stato prelevato e trascinato in Unione Sovietica con la forza? Perché vi aspettate da me della gratitudine? Forse perché non mi avete rotto la testa durante il rapimento? Probabilmente lo avreste fatto, se la mia testa, intatta, non fosse stata preziosa per voi.»

«Se la tua testa non fosse stata preziosa per noi, ti avremmo lasciato in pace. Lo sai, e sai in che situazione di bisogno ci troviamo. Te l’abbiamo spiegato con precisione. Se avessi semplicemente cercato di andartene, capirei... ma il modo in cui hai tentato la fuga avrebbe potuto distruggere il nostro progetto, e forse anche noi... se fosse riuscito. Speravi che il nostro governo disapprovasse le nostre azioni e rimanesse allibito. In tal caso, secondo te cosa ci sarebbe successo?»

Morrison serrò le labbra assumendo un’espressione arcigna. «Non mi è venuto in mente nessun altro modo. Parli di bisogni impellenti, tu. Anche il mio è impellente.»

«Albert, abbiamo provato con ogni mezzo ragionevole a convincerti ad aiutarci. Dopo il tuo arrivo qui, nessuno ha usato la forza, nessuno ha minacciato di usarla, nessuno ti ha trattato in maniera spiacevole. Non è vero?»

«Be’, credo di sì.»

«Credi di sì? È vero! Ma non è servito a niente. Continui a rifiutare di aiutarci, mi pare.»

«Continuo a rifiutare e continuerò a rifiutare.»

«Quindi sono costretta, anche se proprio non vorrei farlo, a passare alla mossa successiva.»

Morrison avvertì una lieve fitta di paura, e il suo cuore s’inceppò per un attimo, però con la forza della disperazione cercò di mostrarsi spavaldo. «E quale sarebbe?»

«Vuoi andare a casa, tornare in America. Benissimo, se non siamo capaci di persuaderti, ti rimanderemo indietro.»

«Parli sul serio?»

«Sei sorpreso?»

«Sì, sono sorpreso, ma accetto. Ti prendo in parola. Quando parto?»

«Non appena avremo stabilito che storia raccontare.»

«Qual è il problema? Raccontate la verità.»

«Un po’ difficile, Albert. Sarebbe imbarazzante per il mio governo, che dovrebbe negare di avere concesso il nulla osta alla mia azione. Io mi troverei in guai seri. Non puoi pretendere che lo faccia... sarebbe assurdo.»

«Cosa puoi raccontare, invece?»

«Che sei venuto qui su tua richiesta, per aiutarci nel nostro progetto.»

Morrison scosse il capo con veemenza. «Se per te è problematico ammettere il rapimento, a me questa spiegazione creerebbe altrettanti problemi. I tempi saranno cambiati, ma certe vecchie abitudini sono dure a morire e l’opinione pubblica americana si insospettirebbe non poco di fronte a uno scienziato americano andato in Unione Sovietica per aiutare i sovietici nei loro progetti. Le vecchie rivalità esistono ancora, e io devo pensare alla mia reputazione.»

«Già, c’è questo problema» ammise la Boranova «ma dal mio punto di vista preferisco che sia tu ad averlo.»

«Solo che io non lo permetterò. Secondo te, avrò esitazioni a raccontare la verità nei minimi particolari?»

«Ma, Albert» osservò la Boranova tranquillamente «e secondo te ti crederebbero?»

«Certo. Il governo americano sa che mi avete chiesto di venire e che io ho rifiutato. Se sono qui, non può che dipendere da un rapimento.»

«Temo che il tuo governo non vorrà ammetterlo, Albert. Pensi che direbbero che degli agenti sovietici hanno prelevato un americano dalla sua comoda stanza d’albergo portandolo via per terra, per mare e per cielo senza che le forze dell’ordine americane ne fossero a conoscenza? Considerando l’alta tecnologia moderna americana, di cui la tua gente è così fiera, un fatto del genere si spiegherebbe o con l’incompetenza o con un piccolo tradimento interno da parte dei vostri servizi segreti. A mio giudizio, il tuo governo preferirà che tutti credano che sei andato in Unione Sovietica volontariamente... E poi, loro volevano che andassi in Unione Sovietica volontariamente, no?»

Morrison restò in silenzio.

La Boranova proseguì: «Certo che volevano. Volevano che scoprissi il più possibile sulla miniaturizzazione. Dovrai dirgli che hai rifiutato di essere miniaturizzato. Potrai riferirgli soltanto di avere assistito alla miniaturizzazione di un coniglio, e loro penseranno a un nostro trucco, concluderanno che ti abbiamo infinocchiato per bene. Li deluderai parecchio, e non si sentiranno in dovere di darti il loro appoggio.»

Morrison esaminò la cosa mentalmente. «Hai proprio intenzione di mettermi in una posizione tale da essere considerato una spia e un traditore dalla mia gente? È questo che cercherai di fare?»

«No, Albert. Diremo tutta la verità, entro certi limiti. Ci piacerebbe proteggerti, sai, anche se tu non hai dimostrato di volerci proteggere. Spiegheremo che il nostro grande scienziato Pyotr Shapirov è in coma, che ci aveva parlato molto bene delle tue teorie neurofisiche poco prima che gli accadesse la disgrazia. Perciò ci siamo rivolti a te chiedendoti di usare le tue teorie e la tua abilità per cercare di farlo uscire dal coma. Non puoi avere obiezioni. In questo modo apparirai al mondo come una persona altamente umanitaria. Al tuo governo converrà appoggiare questa versione. Non rischierà di trovarsi in situazioni imbarazzanti... e nemmeno il nostro governo correrà questo rischio. Ed è quasi la verità.»

«E la miniaturizzazione?»

«Questo è il punto dove dobbiamo evitare la verità. Non possiamo parlarne.»

«Ma cosa può impedire a me di parlarne?»

«Il fatto che nessuno ti crederebbe. Hai accettato l’esistenza della miniaturizzazione prima di vederla coi tuoi occhi? E poi il tuo governo non vorrà che si diffonda la convinzione che l’Unione Sovietica ha ottenuto la miniaturizzazione. Non vorrà spaventare il pubblico americano senza essere sicuro che l’Unione Sovietica abbia messo a punto il procedimento e, meglio ancora, che anche gli Stati Uniti ne siano in possesso... Ma torniamo a te, Albert. Ti manderemo a casa con una storia innocua che non parla di miniaturizzazione, che non crea problemi ai nostri paesi, e che ti libera da qualsiasi sospetto di tradimento. Sei soddisfatto?»

Morrison fissò la Boranova incerto e si strofinò i radi capelli biondicci sollevandoli in ciocche inconsistenti. «Ma direte che mi mandate a casa per che motivo? Dovete spiegare anche questo. Non potete dire che Shapirov si è ripreso grazie al mio aiuto a meno che non si riprenda davvero e possa apparire in pubblico. Né potete dire che è morto prima che potessi aiutarlo a meno che non muoia davvero entro breve tempo, perché altrimenti dovreste giustificare il suo stato di coma o il suo eventuale recupero. Non potete nascondere la situazione in eterno.»

«Questo in effetti è un problema che ci preoccupa, Albert, e sei stato in gamba a notarlo. Dopotutto, ti rimandiamo a casa a pochi giorni dal tuo arrivo... e perché? L’unica ragione logica, temo, è che abbiamo scoperto che sei un ciarlatano. Ti abbiamo portato qui nutrendo grandi speranze per il nostro povero Shapirov, ma in un batter d’occhio è saltato fuori che le tue idee erano sciocchezze senza senso così, amaramente delusi, ti abbiamo rispedito indietro. Questo non ti danneggerà, Albert. Essere un ciarlatano non è lo stesso che essere una spia.»

«Non fare l’ingenua, Natalya. Non potete fare una cosa simile» protestò Morrison, sbiancando per la rabbia.

«Ma la storia quadra, no? I tuoi colleghi non ti prendono seriamente. Ridono delle tue idee. Saranno d’accordo con noi che i tuoi concetti neurofisici sono sciocchezze senza senso. Noi saremo un po’ imbarazzati per essere stati tanto creduli da prenderti sul serio, ma in realtà era Shapirov ad avere una grande stima di te e, senza che noi lo sapessimo, lui era prossimo a un ictus e a un collasso mentale completo, per cui nessuno può fargliene una colpa se aveva questa folle ammirazione per te.»

Le labbra di Morrison tremavano. «Ma non potete farmi passare per un pagliaccio. Non potete rovinare così la mia reputazione!»

«Di che reputazione stai parlando, Albert? Tua moglie ti ha lasciato, e certi dicono che lo abbia fatto perché vedendo che la tua carriera andava a picco per delle idee assurde ne ha avuto abbastanza. Sappiamo che il tuo incarico non sarà rinnovato e che non sei riuscito a trovare un altro posto. Come scienziato sei finito in ogni caso, e questa nostra storia non farà che confermare una situazione già esistente. Forse puoi trovare qualche altro modo di guadagnarti da vivere... al di fuori del settore scientifico. Probabilmente avresti dovuto farlo comunque, anche se ti avessimo lasciato stare. C’è questa consolazione.»

«Ma stai mentendo, e lo sai di mentire, Natalya. Non hai un codice etico? Uno scienziato rispettabile può fare una cosa del genere a un collega rispettabile?»

«Ieri le astrazioni ti lasciavano indifferente, Albert... di conseguenza oggi lasciano indifferente me.»

«Un giorno gli scienziati scopriranno che avevo ragione. Che figura farete allora?»

«Magari saremo tutti morti quel giorno. E poi, lo sai che le cose funzionano diversamente. Franz Anton Mesmer, pur avendo scoperto l’ipnotismo, era considerato un impostore e un ciarlatano. Quando James Braid riscoprì l’ipnotismo, il merito andò a lui, e Mesmer era ancora considerato un impostore e un ciarlatano. Tra l’altro... mentiamo davvero definendoti un ciarlatano?»

«Certo!»

«Ragioniamo. Perché ti rifiuti di partecipare a un esperimento di miniaturizzazione che può permetterti di provare le tue teorie e che probabilmente accrescerà a livelli incredibili la tua conoscenza del cervello? Un tale rifiuto può essere motivato solo dal fatto che sai con certezza che le tue teorie sono sbagliate, che sei uno sciocco o un imbroglione o entrambe le cose, e che non vuoi che questo sia assodato al di là di ogni dubbio... cosa che avverrebbe se ti sottoponessi alla miniaturizzazione.»

«Non è così.»

«Pretendi che crediamo che rifiuti la miniaturizzazione semplicemente perché hai paura? Che rifiuti la conoscenza, la gloria, la fama, la vittoria, la rivalsa dopo anni di scherno... che respingi una simile opportunità soltanto perché hai paura?Via, non possiamo avere un’opinione così bassa di te, Albert. È molto più logico pensare che sei un imbroglione, quindi non esiteremo a dire che lo sei.»

«Gli americani non crederanno a delle dichiarazioni diffamatorie sovietiche contro uno scienziato americano.»

«Oh, Albert, certo che ci crederanno. Quando ti lasceremo andare, con la nostra spiegazione, la notizia comparirà subito su tutti i giornali americani. Sono i più intraprendenti del mondo e i più “liberi”, come vi piace ripetere... nel senso che fanno a modo loro. Si vantano di questo e non si stancano mai di sventolarlo sotto gli occhi della nostra stampa più pacata. Sarà una notizia stupenda per i giornali americani... “Impostore Americano Imbroglia Stupidi Sovietici.” Vedo già i titoli. Sai, Albert, potresti guadagnare parecchio col giro di conferenze. Tema: “Come ho fatto fare la figura dei babbei ai sovietici”. Racconti tutte le assurdità che sei riuscito a rifilarci prima che ti smascherassimo, e la gente in sala riderà a crepapelle.»

Con un filo di voce, Morrison disse: «Natalya, perché lo fai?»

«Io? Io non sto facendo niente. Sei tu a farlo. Vuoi andare a casa, e dato che non siamo riusciti a convincerti a lasciarti miniaturizzare non ci resta che accogliere la tua richiesta. Però, una volta accolta la richiesta di mandarti a casa, tutto il resto si svolge come conseguenza logica.»

«Ma in tal caso non posso andare a casa. Non posso permettere che la mia vita sia distrutta in modo irreparabile.»

«Ma a chi importerebbe, Albert? A tua moglie che ti ha lasciato? Alle tue figlie, che ormai non ti conoscono più e che comunque possono sempre cambiare il loro nome? Alla tua università, che sta per licenziarti? Ai tuoi colleghi, che ridono di te? Al tuo governo, che ti ha abbandonato? Fatti coraggio. Non può importare a nessuno. Una rauca risata iniziale da un capo all’altro del paese, e poi sarai dimenticato per sempre. Un giorno morirai senza nemmeno un necrologio... a parte qualche giornale che forse, infischiandosene del cattivo gusto, rivangherà questa vecchia storia per un ulteriore scoppio di risa che ti accompagnerà alla tomba.»

Morrison scosse la testa, disperato. «Non posso andare a casa.»

«Ma devi. A meno che tu non sia disposto ad aiutarci, e non lo sei, non puoi rimanere qui.»

«Ma non posso andare a casa alle vostre condizioni.»

«Ma qual è l’alternativa?»

Morrison fissò Natalya Boranova, che lo guardava con tanto distacco, e mormorò: «Accetto l’alternativa.»

La Boranova lo squadrò a lungo, poi fece: «Non voglio sbagliarmi, Albert. Sii più esplicito.»

«O accetto di essere miniaturizzato, o accetto di essere distrutto, no?»

La Boranova arricciò le labbra. «È un modo molto crudo di esprimere la cosa. Preferisco formularla così... O accetti di aiutarci entro mezzogiorno, o sarai su un aereo per gli Stati Uniti entro le due. Che ne dici? Adesso sono quasi le undici. Hai più di un’ora per decidere.»

«A che serve? Un’ora non cambierà nulla. Sarò miniaturizzato.»

«Saremo miniaturizzati. Non sarai solo.» La Boranova toccò un contatto sulla scrivania.

Dezhnev entrò. «Be’, Albert... Dalla tua aria così triste e distrutta ho l’impressione che tu abbia deciso di aiutarci.»

La Boranova intervenne. «Niente commenti sarcastici. Albert ci aiuterà e noi gliene saremo riconoscenti. La sua decisione è stata spontanea.»

«Certo» disse Dezhnev. «Non so come tu ci sia riuscita questa volta, Natasha, ma sapevo che ce l’avresti fatta... E devo congratularmi anche con te, Albert. Le ci è voluto molto più tempo di quel che pensavo.»

Morrison riuscì solo a fissare i due con occhi stralunati. Gli sembrava di avere inghiottito un ghiacciolo intero, che invece di sciogliersi aveva abbassato la temperatura del suo addome al punto di congelamento.

E tremava.