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La Kaliinin stava gridando. Era stata la prima ad accorgersi dell’accaduto e le parole le uscivano strozzate.

«È scomparso! È scomparso!» strillò.

La Boranova non poté fare a meno di rivolgere la domanda ovvia. «Chi?»

La Kaliinin si girò, gli occhi sbarrati. «Chi è scomparso? Come puoi fare una domanda del genere? Albert è scomparso!»

La Boranova fissò perplessa il punto dove fino a un attimo prima si trovava Morrison. «Cos’è successo?»

Dezhnev borbottò rauco: «Non lo so, di preciso. Abbiamo sfiorato qualcosa. Albert, attaccato all’esterno, forse ha sbilanciato l’assetto. Io ho cercato di virare e allontanare la nave da... non so cosa fosse, ma la nave non ha risposto ai comandi come avrebbe dovuto.

«Un organulo macromolecolare fisso ha fatto staccare Albert» disse Konev, alzando lo sguardo dopo essersi stretto la faccia tra le mani. «Dobbiamo tornare indietro. Può darsi che abbia le informazioni che ci occorrono.»

La Boranova, resasi conto della situazione, sganciò rapida la cintura e si alzò.«Informazioni?» disse, la voce tesa. «È di questa perdita che ti preoccupi, Yuri? Hai paura di perdere delle informazioni? Lo sai cosa accadrà adesso? Il campo miniaturizzante di Albert è isolato, e lui ha solo le dimensioni di un atomo. Le sue probabilità di deminiaturizzarsi spontaneamente sono almeno cinquanta volte superiori alle nostre. E col passare del tempo, le probabilità non saranno più probabilità. Informazioni o no, dobbiamo recuperarlo. Se si deminiaturizza, ucciderà Shapirov e ucciderà anche noi.»

Konev replicò: «Perché discutere delle motivazioni? Tutti e due lo rivogliamo a bordo. Le ragioni sono secondarie.»

«Non avremmo dovuto mandarlo fuori» disse la Kaliinin. «Lo sapevo che non dovevamo fare una cosa simile.»

«Ormai l’abbiamo fatta» disse burbera la Boranova «e dobbiamo arrangiarci e cercare di rimediare. Arkady!»

«Sì, ci sto provando» fece Dezhnev. «Non insegnare a singhiozzare a un ubriacone.»

«Non voglio insegnarti niente, vecchio sciocco. È un ordine, il mio. Vira. Indietro! Indietro!»

«No» ribatté Dezhnev. «Lascia che questo vecchio sciocco ti dica che è assurdo. Vuoi che inverta la rotta e affronti la corrente? Vuoi che provi a risalirla?»

La Boranova disse: «Se terrai ferma la nave, la corrente ci riporterà Albert.»

«È attaccato a qualcosa. La corrente non lo porterà da noi» spiegò Dezhnev. «Dobbiamo virare e raggiungere l’altro lato del dendrite, e lasciare che sia la corrente di ritorno a portarci indietro.»

La Boranova si portò le mani alla testa. «Scusa se ti ho chiamato vecchio sciocco, Arkady, ma se torneremo seguendo la controcorrente lo perderemo.»

«Non abbiamo scelta. Non abbiamo energia sufficiente per cercare di risalire questa corrente.»

Il tono un po’ stanco ma ragionevole, Konev intervenne. «Lascia che Arkady faccia come crede, Natalya. Non perderemo Albert.»

«Come lo sai, Yuri?»

«Lo so perché lo sento... o meglio, lo percepisco... o meglio, percepisco i pensieri di Shapirov tramite lo strumento di Albert, che si trova senza alcuno schermo isolante nella cellula.

Dopo alcuni attimi di silenzio, la Boranova stupita chiese: «Ricevi qualcosa?»

«Certo. In quella direzione» rispose Konev indicando.

«Riesci a individuare la direzione? Come?»

«Di preciso, non lo so. Lo sento, e basta... È in quella direzione!»

La Boranova disse: «Arkady, fai come avevi proposto.»

«Lo sto facendo, indipendentemente dal tuo parere, Natalya. Tu sarai il comandante, ma io sono il navigatore con la morte che mi guarda in faccia. Cos’ho da perdere? Come direbbe mio padre: “Se penzoli da una corda sopra un abisso, lascia perdere la moneta che ti cade dalla tasca”... Sarebbe meglio se avessi un vero apparato di guida invece che questo sistema di manovra con tre motori scentrati.»

La Boranova aveva smesso di ascoltare. Tese inutilmente lo sguardo nell’oscurità, poi disse: «Cos’è che senti, Yuri? I pensieri di Shapirov... cosa dicono?»

«Niente, per il momento. È solo rumore. Angoscia.»

La Kaliinin mormorò, come se stesse parlando tra sé: «Credete che una parte della mente di Shapirov sappia che è in coma? Credete che parte della sua mente si senta intrappolata e stia gridando per uscire? Intrappolata... come Albert... Come noi?»

La Boranova fece brusca: «Noi non siamo intrappolati, Sophia. Possiamo muoverci. Troveremo Albert. Usciremo da questo corpo. Capito, Sophia?» Prese le spalle della Kaliinin e strinse forte.

La Kaliinin sussultò. «Sì, ho capito.»

La Boranova si rivolse a Konev. «Non ricevi altro? Solo angoscia?»

«Sì, però forte.» Konev la fissò perplesso. «Tu non senti nulla?»

«Niente di niente.»

«Eppure è molto forte. Più forte di tutto quello che ho sentito quando Albert era a bordo. È stata una buona idea farlo uscire.»

«Ma non distingui nessun pensiero? Parole?»

«Forse sono troppo lontano. Forse Albert non ha regolato bene la sua macchina. E tu non senti davvero niente?»

La Boranova scosse la testa energicamente e lanciò una breve occhiata alla Kaliinin che, massaggiandosi una spalla, disse sottovoce: «Nemmeno io.»

E Dezhnev, scontento, aggiunse: «Io non li ricevo mai questi misteriosi messaggi.»

«Hai ricevuto “Hawking”. Albert ha detto che potrebbero esserci gruppi cerebrali diversi, come nel caso del sangue, e che lui e io potremmo avere lo stesso gruppo. Forse ha ragione» disse Konev.

«Da che direzione proviene la sensazione?» chiese la Boranova.

«Da là.» Questa volta Konev indicò un punto molto più vicino all’estremità anteriore della nave. «Stai girando, vero, Arkady?»

«Certo, e adesso sono abbastanza vicino alla fascia calma tra le due correnti. Intendo entrarci appena nella controcorrente, così torneremo indietro, ma non troppo velocemente.»

«Bene» disse la Boranova. «Non dobbiamo perderlo... Yuri, puoi giudicare l’intensità? Sta diventando più forte?»

«Sì.» Konev sembrava un po’ sorpreso, come se non avesse notato l’aumento di intensità finché la Boranova non gliene aveva parlato.

«Pensi che sia immaginazione?»

«Può darsi. Non è che ci siamo avvicinati veramente a lui. Stiamo solo girando. Pare quasi che sia lui ad avvicinarsi.»

«Forse la corrente lo ha staccato dalla cosa che lo bloccava, o si è liberato da solo. In tal caso, la corrente lo porterebbe da noi, se stiamo invertendo la rotta e rimarremo essenzialmente nel medesimo punto.»

«Forse.»

«Yuri» ordinò la Boranova «tu concentrati solo sulle sensazioni. Riferisci continuamente ad Arkady la direzione da cui provengono, quindi guidalo costantemente verso Albert... Arkady, man mano che ti avvicini ad Albert, dovrai deviare verso la prima corrente ed entrare nel flusso il più vicino possibile alla posizione di Albert. Poi, quando ci sposteremo assieme, sarà facile accostarci a lui usando i motori.»

«Facile per chi non deve controllarli i motori» borbottò Dezhnev.

«Facile o difficile, fallo» disse la Boranova aggrottando le sopracciglia. «Altrimenti... No, niente “altrimenti”. Fallo!»

Le labbra di Dezhnev si mossero, ma non ne scaturì alcun suono, e il silenzio scese sulla nave... a parte la tacita marea di sensazioni che penetrava nella mente di Konev ma lasciava vuote le altre menti.

Konev rimase in piedi, rivolto nella direzione da cui gli sembrava che giungessero i segnali. Una volta mormorò: «Decisamente più forte.» Poi, parecchi secondi più tardi: «Mi sembra di riuscire quasi a sentire delle parole. Forse, se si avvicina abbastanza...» La sua espressione si fece ancor più contratta, come se stesse sforzandosi di catturare le sensazioni e comprimerle nella mente, eliminando il rumore e scomponendo il resto in parole. Il suo dito continuava a indicare, rigido, e infine Konev disse: «Arkady, comincia a virare verso la fascia intermedia e preparati a immetterti nella prima corrente... In fretta. Albert non deve superarci.»

«Con tutta la fretta che mi consentono i motori» disse Dezhnev. E abbassando la voce: «Se potessi manovrare questa nave con la stessa magia con cui voi altri sentite delle voci...»

«Dirigiti verso la membrana» ordinò Konev ignorando il commento.

Fu la Kaliinin la prima a vedere la scintilla di luce. «Eccolo!» gridò. «È il faretto della tuta!»

«Non ho bisogno di vederlo» disse Konev alla Boranova. «Il rumore che capto è come un’eruzione vulcanica in Kamchatka.»

«Ancora rumore, Yuri? Niente parole?»

«Paura» precisò Konev. «Paura folle.»

La Boranova osservò: «Se mi rendessi conto non so come di essere intrappolata in un corpo in coma, è esattamente quello che proverei... Ma come mai adesso se n’è accorto? Prima abbiamo distinto delle parole, e anche immagini calme e serene.»

Ansimando un po’ per l’eccitazione della ricerca, che inconsciamente lo aveva fatto stare col fiato sospeso, Dezhnev disse: «Forse siamo stati noi con la nave. Gli abbiamo stimolato il cervello.»

«Siamo troppo piccoli» replicò Konev sprezzante. «Non possiamo nemmeno stimolare questa cellula in modo apprezzabile.»

«Ci avviciniamo ad Albert» annunciò Dezhnev.

«Sophia, riesci a captare la sua struttura elettrica?» chiese la Boranova.

«Debolmente, Natalya.»

«Be’, usa tutti i mezzi a tua disposizione per creare una forza complementare che lo attiri saldamente.»

«Sembra un po’ più grande, Natalya.»

«Sta oscillando, garantito» disse la Boranova, cupa in viso. «Quando sarà fissato alla nave, entrerà nel campo di miniaturizzazione generale e le sue dimensioni si stabilizzeranno. Presto, Sophia.»

Si sentì un lieve tonfo, mentre Morrison veniva attratto elettronicamente allo scafo.