9

 

Morrison scivolò sul sedile posteriore, chiedendosi se sarebbe riuscito a raggiungere l’altra portiera e a scendere. Anche se Norbert aveva un’arma, l’avrebbe usata nel parcheggio di un albergo con decine di persone nel raggio di una trentina di metri? Dopotutto, anche se fosse stata munita di silenziatore, il suo crollo improvviso sicuramente avrebbe attirato l’attenzione.

Quella possibilità comunque svanì in una frazione di secondo, quando un terzo uomo salì a bordo dalla portiera opposta, un tipo corpulento che si chinò a prender posto con un grugnito e che guardò Morrison con un’espressione non proprio malevola ma priva certamente di qualsiasi traccia di amicizia.

Morrison si ritrovò così stretto tra due uomini, incapace di muoversi. L’auto partì adagio, senza scossoni, e accelerò una volta imboccata l’autostrada.

Con voce strozzata, Morrison disse: «Cosa significa tutto questo? Dove stiamo andando? Che intenzioni avete?»

La voce di Norbert, senza il falsetto e la finta cordialità, era truce. «Non preoccupatevi, dottor Morrison. Non intendiamo farvi del male. Vogliamo solo che stiate con noi.»

«Ero con voi, là all’albergo.» (Cercò di indicare il “là all’albergo” con un gesto, ma l’uomo alla sua destra gli si appoggiò addosso bloccandogli la mano.)

«Ma vi vogliamo con noi... altrove.»

Morrison provò ad assumere un tono minaccioso. «Sentite, questo è un rapimento... un reato grave.»

«No, dottor Morrison, non chiamiamolo rapimento. Diciamo che siamo amici ma in modo piuttosto energico.»

«Qualsiasi definizione usate, questo è illegale. O siete della polizia? In tal caso, identificatevi e ditemi cosa ho fatto e cosa significa questa storia.»

«Non vi stiamo accusando di nulla. Ve l’ho detto. Vogliamo solo avervi con noi. Vi consiglio di star buono e mantenere la calma, dottore. Sarà meglio per voi.»

«Non posso rimanere calmo se non so cosa sta succedendo.»

«Sforzatevi» replicò Norbert, duro.

Morrison non riuscì a pensare a qualcosa da dire che potesse sbloccare a suo favore la situazione e, pur senza riacquistare la calma, rimase in silenzio.

C’erano le stelle, adesso. Una notte limpida dopo una giornata limpida. L’auto si muoveva nel traffico, tra centinaia di altre vetture, ognuna delle quali aveva al volante qualcuno che pensava tranquillamente ai fatti propri e non immaginava nemmeno che a bordo di un’auto vicina si stava commettendo un reato.

Il cuore di Morrison continuava a battere a ritmo accelerato, le labbra gli tremavano. Era inevitabile che fosse nervoso. Dicevano di non avere intenzioni ostili, quelli, ma fino a che punto poteva fidarsi di loro? Finora, l’uomo alla sua sinistra non gli aveva raccontato che bugie.

Cercò di calmarsi, ma a quale organo del corpo doveva rivolgersi per ottenere la calma? Chiuse gli occhi e provò a respirare a fondo e lentamente... e a pensare in maniera razionale. Era uno scienziato. Doveva pensare in maniera razionale.

Quelli erano probábilmente i colleghi di Rodano. Lo stavano portando al loro quartier generale, dove le pressioni per costringerlo ad affrontare la missione sarebbero state rinnovate con maggior forza.

A ogni modo, non l’avrebbero spuntata. Lui era un americano, il che significava che potevano trattarlo solo in base a certe regole prestabilite, seguendo procedure legali e modalità ben precise. Non poteva esserci spazio per l’arbitrarietà e l’improvvisazione.

Inspirò ancora a fondo. Doveva solo continuare a dire di no, e quelli si sarebbero ritrovati impotenti.

Ci fu un lieve sobbalzo, e Morrison spalancò gli occhi.

L’auto aveva lasciato l’autostrada, imboccando un sentiero sterrato.

Istintivamente, Morrison chiese: «Dove stiamo andando?»

Nessuna risposta

L’auto proseguì sobbalzando per un lungo tratto, poi svoltò in un campo immerso nell’oscurità. Nel bagliore dei fari, Morrison scorse un elicottero coi rotori che giravano lentamente accompagnati solo da un debolissimo ronzio del motore.

Era uno di quei modelli recentissimi che non emettevano onde sonore, che grazie alla superficie liscia invece di riflettere le onde radar le assorbivano. Erano chiamati comunemente elicotteri-ombra, o “eliombra”.

Morrison ebbe un tuffo al cuore. Se stavano usando un eliombra, un mezzo estremamente costoso e raro, voleva dire che non lo consideravano una preda qualsiasi. Lo trattavano come un pezzo grosso.

“Ma io non sono un pezzo grosso” pensò disperatamente.

L’auto si fermò e i fari si spensero. Si udiva ancora il lieve ronzio, e alcune fioche luci viola visibili a stento indicavano il punto in cui era posato l’eliombra.

Il tipo corpulento alla destra di Morrison spalancò la portiera e, sempre con un grugnito, piegò la testa e smontò. La sua mano si allungò verso Morrison.

Morrison cercò di ritrarsi. «Dove mi state portando?»

Il tipo corpulento gli afferrò il braccio. «Scendete. Basta chiacchiere.»

Morrison si sentì sollevare e trascinare all’esterno. La spalla gli doleva, e non se ne meravigliò, visto che per poco non gliel’avevano slogata.

Ma ignorò il dolore. Era la prima volta che sentiva parlare il tipo corpulento. Le parole erano in inglese, ma l’accento era spiccatamente russo.

Morrison raggelò. Non erano americani quelli che lo avevano catturato.

 

 

10

 

Morrison era salito sull’eliombra... anche se questa non è una descrizione precisa di quanto avvenne. Salire implica un’azione volontaria, e lui in pratica era stato spinto a bordo del mezzo.

L’eliombra si era alzato in volo silenzioso nell’oscurità, mentre Morrison sedeva tra gli stessi due uomini che aveva avuto di fianco sulla macchina. Era quasi come se nulla fosse cambiato, anche se il mormorio de rotori era decisamente più ipnotico rispetto al rumore del motore dell’auto.

Dopo un’ora, o forse meno, sbucarono dall’oscurità dell’aria e scesero verso l’oscurità dell’oceano. Morrison capì che si trattava dell’oceano perché ne sentiva l’odore, perché era vagamente consapevole del velo di goccioline sospese nell’aria, e perché scorgeva indistinta la sagoma scura di una nave... una macchia buia nel buio.

Come aveva potuto l’eliombra dirigersi verso l’oceano e individuare una nave (la nave giusta, ne era certo)? Per quanto frastornata dalla disperazione, la mente di Morrison non poté fare a meno di cercare una risposta. Senza dubbio il pilota dell’eliombra aveva seguito un raggio radio schermato a emissione apparentemente casuale. Il segnale sembrava illogico ma, con la chiave di decifrazione giusta, esprimeva un messaggio ben preciso e consentiva di risalire alla fonte. Se applicata nel modo adeguato, la pseudocasualità rappresentava un ostacolo insormontabile anche per i computer più perfezionati.

Del resto la nave era solo una fermata momentanea. A Morrison fu consentito di andare al gabinetto, di consumare un pasto, affrettato a base di pane e brodo denso (che gradì moltissimo), poi venne fatto salire, nella maniera non troppo cerimoniosa che ormai aveva incominciato ad accettare come un fatto normale, a bordo di un aereo. Era a dieci posti (contò automaticamente), ma a parte i due piloti e i due uomini che lo avevano affiancato finora prima in auto e poi in elicottero, Morrison era l’unico passeggero.

Si voltò a guardare i suoi custodi seduti dietro, intravedendoli appena nella luce fioca dell’interno del velivolo. A bordo c’era spazio a sufficienza perché quei due non dovessero per forza stargli incollati. E a questo punto era inutile da parte loro temere che lui potesse liberarsi e fuggire. Al massimo sarebbe fuggito sul ponte della nave. E dopo il decollo avrebbe potuto fuggire solo lanciandosi nell’aria, con una distesa d’acqua profonda sotto di sé.

Morrison stava chiedendosi intontito come mai non decollassero ancora quando il portello si aprì per far salire un altro passeggero. Nonostante il buio, la riconobbe subito.

L’aveva incontrata per la prima volta solo dodici ore addietro... ma Com’era possibile che in appena dodici ore in seguito a quell’incontro la sua situazione avesse subito cambiamenti del genere?

La Boranova si sedette accanto a lui e disse in russo: «Mi spiace, dottor Morrison.»

Quasi fosse quello il segnale, il rumore dei motori dell’aereo si fece più intenso, e Morrison si ritrovò schiacciato contro il sedile mentre la nave sembrava impennarsi bruscamente.

Fissò Natalya Boranova, cercando di riordinare i propri pensieri. Provava un desiderio vago di dirle qualcosa in modo garbato ed imperturbabile, ma non gli fu possibile.

Si schiarì la voce inutilmente, e in tono stridulo riuscì a dirle solo: «Sono stato rapito.»

«È stato inevitabile, dottor Morrison. Mi rincresce... Davvero... Questione di dovere per me, capite? Dovevo portarvi via usando la persuasione, possibilmente. Altrimenti...» La donna lasciò la frase in sospeso.

«Ma non potete comportarvi così. Non siamo nel ventesimo secolo» protestò stridulo Morrison cercando di soffocare la propria indignazione e di esprimersi con coerenza. «Non sono un eremita. Non sono un derelitto. Si accorgeranno che sono scomparso, e il servizio segreto americano sa benissimo che abbiamo parlato e che voi volevate che venissi in Unione Sovietica. Scopriranno che sono stato rapito... forse lo sanno già... e il vostro governo si ritroverà coinvolto in un incidente internazionale che non gradirà affatto.»

«No» replicò la Boranova, fissandolo coi suoi occhi scuri. «Non è così. Certo, i vostri sanno cos’è accaduto, però non hanno obiezioni. Dottor Morrison, le operazioni del servizio segreto sovietico sono caratterizzate da un’elevata tecnologia e da oltre un secolo di attento studio della psicologia americana. Indubbiamente il servizio segreto americano è altrettanto progredito. È questa parità di efficienza, condivisa da parecchie altre zone geografiche del pianeta, a contribuire a tener viva la cooperazione reciproca. Ognuno di noi è fermamente convinto che nessun altro l’abbia sopravanzato imboccando una strada tutta sua.»

«Non capisco dove vogliate arrivare» disse Morrison. L’aereo sfrecciava nella notte, puntando verso l’Est e l’alba.

«In questo momento al servizio segreto americano sta a cuore soprattutto il nostro tentativo di ottenere la miniaturizzazione.»

«Tentativo!» sbottò Morrison con una sfumatura divertita e sardonica.

«Tentativo riuscito... Gli americani non sanno che è riuscito. Non sanno se il progetto di miniaturizzazione sia o meno una copertura che nasconde qualcosa di completamente diverso. Sanno comunque che stiamo facendo qualcosa. Sono certa che avranno una mappa dettagliata dell’area dove si svolgono gli esperimenti... ogni edificio, ogni convoglio di autocarri. Indubbiamente hanno degli agenti che fanno il possibile per infiltrarsi nel progetto. Noi, ovvio, facciamo il possibile per controbilanciare questo stato di cose. Non ci indigniamo. Sappiamo parecchio degli esperimenti americani nel campo dell’antigravità, e sarebbe un atteggiamento ingenuo affermare che noi possiamo indagare e che gli americani non possono, che noi possiamo avere i nostri successi e che gli americani non devono.»

Morrison si strofinò gli occhi. Ascoltando la voce bassa e uniforme della Boranova si era reso conto che lui di solito a quell’ora era già a letto e che adesso aveva sonno. Disse: «E questo che c’entra col fatto che il mio paese si irriterà notevolmente per il mio rapimento?»

«Ascoltatemi, dottor Morrison... cercate di capire. Perché dovrebbero irritarsi gli americani? Abbiamo bisogno di voi, ma loro non possono sapere con certezza il perché. Non hanno motivo di supporre che ci siano elementi preziosi nelle vostre idee di neurofisica. Penseranno che stiamo seguendo una pista falsa e che non otterremo nulla da voi, e non si opporranno di certo al fatto di inserire un americano nel progetto di miniaturizzazione. Se questo americano scoprirà di che si tratta, saranno tutte informazioni utili per loro... Non pensate che possano ragionare in questo modo, dottor Morrison?»

«Non so come ragionino» rispose cauto Morrison. «È una faccenda che non mi interessa.

«Eppure avete parlato con un certo Francis Rodano dopo esservi allontanato bruscamente da me... Vedete, sappiamo perfino questo. Vorreste dirmi che lui non vi ha suggerito di stare al nostro gioco e recarvi in Unione Sovietica per cercare di scoprire il più possibile?»

«Cioè di agire da spia?»

«Appunto! Non è quello che vi ha suggerito di fare?»

Morrison ignorò di nuovo la domanda. Disse: «E dal momento che siete convinti che agirò da spia, mi eliminerete dopo che avrò fatto quello che volete da me. Alle spie succede così, no?»

«Avete visto troppi vecchi film, dottore. Innanzitutto, faremo in modo che non scopriate nulla di importante... proprio nulla. In secondo luogo, le spie sono un bene troppo prezioso per distruggerle. Sono utili come merce di scambio per riavere i nostri agenti caduti in mano agli americani o a qualsiasi altro paese straniero. Credo che gli Stati Uniti adottino un atteggiamento identico al nostro.»

«Allora, tanto per cominciare, io non sono una spia, signora, né ho intenzione di diventarlo. Non so nulla delle operazioni spionistiche americane. Inoltre, non farò nulla per voi.»

«Non ne sono tanto sicura, dottore. Credo che deciderete di lavorare con noi.»

«Cosa avete in mente? Mi farete patire la fame finché non accetterò? Mi picchierete? Mi terrete in isolamento? Mi metterete in un campo di lavori forzati?»

La Boranova corrugò la fronte e scosse lentamente la testa. La sua espressione allibita sembrava sincera. «Ma, dottore, cosa sono queste insinuazioni? Siamo tornati ai tempi in cui voi ci accusavate orgogliosi di essere l’impero del male e inventavate storie spaventose sul nostro conto? D’accordo, forse saremmo tentati di prendere severi provvedimenti di fronte a un vostro rifiuto ostinato... Sapete, a volte il bisogno è tiranno... Ma non arriveremo a tanto. Ne sono convinta.»

«Perché?» chiese stancamente Morrison.

«Perché siete uno scienziato. Un uomo coraggioso.»

«Io? Coraggioso? Signora mia, cosa sapete di me?»

«So che avete delle idee particolari. Che in tutto questo tempo non le avete rinnegate. Che avete visto la vostra carriera andare a rotoli. Che non avete convinto nessuno. E che, malgrado ciò, continuate a sostenere le vostre idee perché siete certo di avere ragione. Non è il comportamento di un coraggioso?»

Morrison annuì. «Sì, in un certo senso anche questo è coraggio. Eppure, nella storia della scienza ci sono centinaia di individui strambi che per tutta la vita hanno sostenuto qualche concezione assurda infischiandosene della logica, dell’evidenza e del loro stesso interesse. Può darsi che io sia solo uno di loro.»

«In tal caso, forse vi sbagliereste, però rimarreste comunque un coraggioso. Pensate che il coraggio sia unicamente una questione di ardimento fisico?»

«No, lo so. Esistono mille tipi di coraggio e forse» osservò Morrison con amarezza «sono tutti indice di pazzia, di squilibrio mentale.»

«Sicuramente, non vi considerate un vigliacco, vero?»

«E perché no? Per certi versi, mi lusinga pensare di essere equilibrato.»

«Però è folle l’ostinazione con cui restate attaccato alle vostre idee di neurofisica, no?»

«Può darsi.»

«E sicuramente pensate che siano idee corrette.»

«Certo, dottoressa Boranova. Rientrerebbe nella mia follia, no?»

La Boranova scosse la testa. «Non siete una persona seria. Ve l’ho già detto. Il mio compatriota Shapirov pensa che abbiate ragione o, in caso contrario, che siate almeno un genio.»

«Già, l’alternativa migliore. Un aspetto della sua follia.»

«L’opinione di Shapirov è molto speciale.»

«Per voi lo è, lo immagino... Sentite, signora, sono stanco. Sono a pezzi e non so nemmeno quel che dico. Non sono sicuro che tutto questo sia reale. Spero che non lo sia... Lasciatemi solo riposare... riposare un po’.»

La Boranova sospirò e i suoi occhi assunsero un’espressione preoccupata. «Sì, certo, mio povero amico. Non vogliamo farvi del male. Vi prego di crederlo.»

Morrison piegò la testa in avanti e chiuse gli occhi. In modo vago si accorse che lo spostavano adagio di lato e gli sistemavano un cuscino sotto la testa.

Il tempo trascorse. Un sonno senza sogni.

Quando aprì gli occhi era ancora sull’aereo. Non c’era alcuna luce, ma lui sapeva senza ombra di dubbio di essere ancora sull’aereo.

Disse: «Dottoressa Boranova?»

Lei rispose subito: «Sì, dottor Morrison?»

«Non ci stanno inseguendo?»

«Assolutamente. Abbiamo parecchi altri aerei in volo come manovra di interferenza, ma sono rimasti inoperosi. Sì, amico mio, noi vogliamo voi e il vostro governo è d’accordo.»

«E insistete ancora che avete ottenuto la miniaturizzazione? Che non è un’assurdità, né uno scherzo?»

«Lo vedrete voi stesso. E di fronte a una meraviglia del genere vorrete entrare a far parte del progetto. Sarete voi a insistere!»

«E come la impiegherete» chiese Morrison pensoso «ammesso che non si tratti di uno scherzo elaborato ai miei danni? Intendete utilizzarla come un’arma? Trasportare un esercito su un aereo come questo? Infiltrarvi negli altri paesi con contingenti invisibili? Cose del genere?»

«Rivoltante!» La Boranova si schiarì la voce quasi stesse per sputare disgustata. «Non abbiamo abbastanza terra, abbastanza gente, abbastanza risorse? Non abbiamo già la nostra fetta abbondante di spazio? Non ci sono cose più importanti da fare con la miniaturizzazione? Possibile che abbiate una mente tanto contorta e condizionata da non vedere che ruolo potrà avere come strumento di ricerca? Pensate agli orizzonti che dischiuderà nello studio degli organismi viventi, della chimica dei cristalli e dei sistemi transistorizzati, nella costruzione di computer e di congegni di ogni tipo ultraminiaturizzati. E pensate a cosa potremmo imparare dalla fisica riuscendo a modificare a nostro piacimento la costante di Planck. Pensate agli sviluppi nel campo della cosmologia!»

Morrison si drizzò a sedere. Era ancora appannato, ma oltre i finestrini dell’aereo stava spuntando l’alba, che gli consentiva di scorgere la Boranova, per quanto in modo molto vago.

Disse: «Dunque, è così che intendete utilizzare la miniaturizzazione? Per nobili imprese scientifiche?»

«Come la utilizzerebbe il vostro governo se l’avesse? Cercherebbe subito di assicurarsi una superiorità militare e di ripristinare i vecchi tempi oscuri?»

«No, naturalmente.»

«Allora voi soli sareste nobili, e solo noi saremmo i malvagi? Lo credete davvero?... Certo può darsi che, se i progressi nella miniaturizzazione saranno sufficienti, l’Unione Sovietica possa conquistare una posizione di testa nello sviluppo di una società spaziale. Pensate al trasporto di materiali miniaturizzati da un mondo all’altro, all’invio di un milione di coloni a bordo di una nave che ospiterebbe solo due o tre esseri umani di dimensioni normali... Lo spazio allora acquisterà una sfumatura sovietica, un’impronta sovietica... non perché i sovietici domineranno e saranno signori assoluti, ma perché il pensiero sovietico avrà vinto nella battaglia delle idee. E che male ci sarebbe?»

Morrison scosse la testa. «In tal caso non vi aiuterò di certo. Perché vi aspettate che lo faccia? Non voglio che il pensiero sovietico permei tutto l’universo. Preferisco il pensiero e le tradizioni americane.»

«Lo credete, e non vi biasimo per questo. Ma vi persuaderemo. Vedrete.»

«Non ci riuscirete.»

La Boranova disse: «Mio caro amico Albert... se mi consentite di chiamarvi così... vi ho detto che ci ammireranno per i nostri risultati. Pensate di essere immune, voi?... Ma riserviamo questi discorsi per un’altra occasione.»

Indicò dal finestrino la distesa sottostante di mare che cominciava appena a intravedersi.

«Siamo sul Mediterraneo adesso» spiegò. «Presto saremo sul Mar Nero, quindi supereremo il Volga e arriveremo a Malenkigrad... Piccola Città, in inglese, vero?... e il sole sarà sorto quando atterreremo. Sarà un fatto simbolico. Un nuovo giorno. Una nuova luce. Predico che sarete ansioso di aiutarci a creare questo nuovo giorno, e non sarei sorpresa se non voleste più lasciare l’Unione Sovietica.»

«Senza essere costretto a restare?»

«Vi riporteremo a casa in aereo se ce lo chiederete... quando ci avrete aiutato.»

«Non vi aiuterò.»

«Ci aiuterete.»

«E pretendo che mi riportiate a casa, adesso

«Adesso, non conta» replicò allegramente la Boranova.

E coprirono le parecchie centinaia di chilometri che li separavano ancora da Malenkigrad.