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Dopo avere saldato in fretta il conto al banco dell’atrio, Morrison varcò l’ampia porta di vetro dell’hotel, contento di essere libero, ma ancora inquieto. Aveva controllato attentamente l’atrio per assicurarsi che non ci fossero nei paraggi la Boranova o Rodano, e adesso si soffermò a guardare la fila di taxi e i capannelli di persone che entravano e uscivano dall’albergo.

Via libera... a quanto sembrava.

Via libera... a parte un governo in collera, niente di concreto in mano, e una serie ininterrotta di guai all’orizzonte. La McGill University gli pareva sempre più allettante.... ammesso di riuscire a entrarci.

Si avviò lungo il marciapiede nella luce fioca della sera verso la stazione, una meta vicina anche se non immediatamente visibile. Sarebbe arrivato a casa dopo mezzanotte, calcolò, e non gli sarebbe stato possibile dormire in treno. Aveva un fascicolo di cruciverba con cui distrarsi, se la luce fosse stata sufficiente. Oppure...

Morrison si girò sentendo il proprio nome. Lo fece automaticamente, anche se a rigor di logica data la situazione avrebbe dovuto proseguire affrettando il passo. Lì non c’era nessuno con cui desiderasse parlare.

«Al! Al Morrison! Santo cielo!» La voce era acuta e Morrison non la riconobbe.

Né riconobbe il viso. Era rotondo di mezz’età, ben rasato e decorato da un paio di occhiali con la montatura di acciaio. Il proprietario del viso era vestito con una certa eleganza.

Morrison provò subito l’angoscia che lo prendeva quando cercava di ricordare una persona che chiaramente si ricordava di lui e si comportava come se fossero buoni amici. Restò a bocca aperta nello sforzo di frugare nel suo archivio mentale di biglietti da visita.

L’altro parve rendersi conto di cosa angustiasse Morrison e imperturbabile disse: «Non vi ricordate di me vedo. Niente di strano. Sono Charlie Norbert. Ci siamo conosciuti a un convegno della Gordon Research... oh, anni fa. Stavate interrogando uno degli oratorii circa la funzione cerebrale, con un intervento molto incisivo, quindi è logico che mi ricordi di voi.»

«Ah, già» borbottò Morrison, cercando di ricordare quando avesse partecipato per l’ultima volta a uno di quei convegni. Era stato all’incirca sette anni prima, se non andava errato. «Grazie del complimento.»

«Abbiamo fatto una lunga chiacchierata quella sera, dottor Morrison. Sì, ricordo tutto perché mi avevate colpito moltissimo. Ma è normale che voi non ricordiate, invece. Io non ho nulla di eccezionale. Sentite, ho visto il vostro nome nell’elenco dei partecipanti, e quando ho letto che il vostro secondo nome era Jonas non ho più avuto dubbi. Volevo parlarvi. Mezz’ora fa vi ho telefonato in camera, ma non ha risposto nessuno.»

Norbert sembrò notare solo allora la valigia di Morrison e disse costernato: «Ma... state partendo?»

«In effetti, ho un treno che mi aspetta. Mi spiace.»

«Vi prego, concedetemi qualche minuto. Mi sono tenuto al corrente delle vostre... idee.»

Morrison arretrò leggermente. Neppure un dichiarato interesse per i suoi studi era sufficiente ormai. E poi, il dopobarba di Norbert era forte e invadeva il suo spazio, come lo invadeva Norbert stesso, una persona di cui malgrado tutto lui non ricordava nulla.

Morrison disse: «Mi spiace, ma se vi siete tenuto al corrente delle mie idee, probabilmente siete l’unico ad averlo fatto. Spero non vi dispiaccia, ma...»

«Certo che mi dispiace.» Norbert assunse un’espressione seria. «Mi sorprende che non siate apprezzato nel modo dovuto nel vostro settore.»

«Me ne sono reso conto da un pezzo, signor Norbert.»

«Chiamami Charlie. Tempo fa ci davamo del tu... Sai, non devi rima nere un incompreso.»

«Non lo faccio apposta. Lo sono, e basta. Be’...» Morrison si girò per allontanarsi.

«Aspetta, Al. E se ti dicessi che potrei trovarti un nuovo lavoro con della gente che condivide le tue idee?»

Morrison si fermò ancora. «Vi direi che state sognando.»

«Non sto sognando. Al, ascolta.... ah, come sono contento di averti incontrato... voglio presentarti a qualcuno. Senti, stiamo mettendo in piedi una nuova compagnia, la Genetic Mentalics. Abbiamo grossi finanziamenti e grossi progetti. Si tratta di migliorare la mente umana tramite l’ingegneria genetica. I computer li perfezioniamo di continuo, quindi perché non dovremmo perfezionare anche il nostro computer interno?» Norbert si batté sulla fronte convinto. «Ma dove si è cacciato? L’ho lasciato in auto quando ti ho visto uscire dall’albergo. Sai, non sei cambiato molto in tutti questi anni.

Morrison ignorò quel commento «E questa nuova compagnia vorrebbe me?»

«Certo. Vogliamo cambiare la mente, renderla più intelligente, più creativa. Ma cosa dobbiamo modificare per riuscirci? Tu puoi dircelo.»

«Temo di non essere arrivato così in là.»

«Non ci aspettiamo risposte immediate. Vogliamo solo che lavori per raggiungere quel traguardo... Senti, il tuo stipendio attuale, di qualunque cifra si tratti, noi lo raddoppieremo. Dicci solo quanto guadagni e ci penseremo noi a moltiplicarlo per due. Ti sta bene? E non dipenderai da nessuno.»

Morrison corrugò la fronte. «È la prima volta che incontro Babbo Natale vestito da uomo d’affari e sbarbato. Qual è lo scherzo?»

«Nessuno scherzo... Ma dove si è cacciato?... Ah, ha spostato l’auto per non intralciare il traffico... Senti, è il mio capo, Craig Levinson. Non ti stiamo facendo un favore, Al. Sei tu che ce lo farai. Vieni con me.»

Morrison esitò un attimo. L’ora più buia è sempre quella che precede l’alba. Quando hai toccato il fondo non puoi che risalire. La fortuna a volte tocca chi meno se l’aspetta... Tutt’a un tratto la sua mente era piena di vecchi detti.

Si lasciò guidare da Norbert, tenendosi a pochi centimetri da lui.

Norbert agitò una mano ed esclamò: «L’ho trovato! Questo è il tipo di cui ti ho parlato. Al Morrison. È l’uomo che fa per noi.»

Una faccia seria di mezz’età si sporse da dietro il volante di un’automobile ultimo modello dal colore non ben distinguibile nell’oscurità che andava addensandosi. La faccia sorrise, rivelando una dentatura scintillante, e una voce disse: «Fantastico!»

Il bagagliaio si aprì mentre avanzavano, e Charlie Norbert prese la valigia di Morrison. «Dai a me, ci penso io.» Sistemò la valigia e chiuse il bagagliaio.

«Un momento» fece Morrison, piuttosto sorpreso.

«Non preoccuparti, Al. Se perdi questo treno potrai prendere il prossimo. O se vuoi noleggeremo un’auto per te che ti porterà a casa... una volta finito. Sali.»

«In macchina?»

«Certo.» La portiera posteriore si era aperta in modo invitante.

«Dove andiamo?»

«Forza, non perdiamo tempo. Sali.» La voce di Norbert si abbassò di mezza ottava e di volume.

Morrison sentì un oggetto duro contro il fianco e si girò per vedere cosa fosse.

La pressione dell’oggetto aumentò. Ora la voce di Norbert era un sussurro.

«Calma, Al. Non agitiamoci.»

Morrison salì in macchina, di colpo atterrito. Sapeva che Norbert impugnava un’arma.