Capitolo secondo.
Preso

 

 

Se chiedere educatamente è inutile, prendi.

DEZHNEV SENIOR

 

 

7

 

“Allora morirò” pensò Morrison.

Non si era nemmeno scomodato a chiudere a doppia mandata la porta dopo l’uscita di Rodano. Sedeva sulla sedia, meditabondo, l’espressione assente. Il sole calante filtrava obliquo dalla finestra, ma Morrison non toccò il contatto che avrebbe opacizzato il vetro, e lasciò che i raggi inclinati penetrassero, provando infatti un vago fascino ipnotico nell’osservare la danza del pulviscolo atmosferico.

Era fuggito dalla russa spaventato, però aveva tenuto testa all’agente americano, col coraggio della... della disperazione.

E adesso; sparito il coraggio, non avvertiva altro che un senso di disperazione. Quel che aveva detto Rodano era in sostanza vero. La sua nomina non sarebbe stata rinnovata l’anno venturo, e i sondaggi che aveva effettuato per tastare il terreno si erano rivelati infruttuosi. Il suo nome era sinonimo di fiasco al botteghino accademico, e gli mancava il tipo di esperienza (o meglio, di contatti) necessaria per inserirsi nel settore privato, anche ammesso di riuscire a vanificare l’ostracismo discreto di un governo offeso.

Cosa poteva fare? Andare in Canada?

C’era Janvier alla McGill University. Un tempo Janvier era parso interessato alle idee di Morrison. Un tempo! Morrison non si era rivolto alla McGill, dato che non intendeva lasciare il paese. Ora le sue intenzioni non contavano nulla, e forse avrebbe dovuto partire.

C’era l’America Latina, dove alcune università avrebbero potuto accogliere volentieri un nordamericano che parlasse lo spagnolo o il portoghese... almeno, per modo di dire. Lo spagnolo di Morrison era scarso; il suo portoghese, zero.

Cosa aveva da perdere? Non aveva legami familiari. Perfino le sue figlie ormai erano una specie di ricordo lontano, andavano sbiadendo come vecchie fotografie. Non aveva amici veri; non gliene erano rimasti dopo le sue sventure scientifiche.

C’era il suo programma, certo, ideato appositamente da lui. Era stato realizzato da una piccola ditta in base alle sue istruzioni. Dopo di che Morrison lo aveva modificato di continuo per proprio conto. Forse avrebbe dovuto brevettarlo, solo che difficilmente sarebbe servito a qualcuno che non fosse Morrison. Lo avrebbe portato con sé ovunque, naturalmente. Lo aveva con sé in quel momento, nella tasca sinistra interna della giacca, rigonfia come se contenesse un grosso portafoglio.

Morrison sentì la pesantezza del proprio respiro e si rese conto che stava sottraendosi alla giostra vana dei suoi pensieri addormentandosi. Come poteva suscitare l’interesse degli altri se annoiava addirittura se stesso? rifletté con amarezza.

Si accorse che il sole non batteva più sulla finestra, e che una luce crepuscolare avvolgeva la stanza. Tanto meglio.

Avvertì un ronzio garbato. Era il telefono, ma Morrison non si mosse e tenne gli occhi chiusi. Probabilmente era quel tipo, Rodano, che chiamava per fare un ultimo tentativo. Chiamasse pure.

Il sonno ebbe il sopravvento, e la testa di Morrison si piegò di lato in una posizione talmente scomoda che il sonno non durò a lungo.

Era trascorso sì e no un quarto d’ora quando Morrison si svegliò. Il cielo era ancora azzurro, ma il buio nella stanza si era infittito e, con un lieve senso di colpa, Morrison rifletté che aveva perso tutte le relazioni presentate nel pomeriggio. Poi, con un impeto di ribellione, pensò: “Bene! Perché avrei dovuto seguirle?”.

Il moto di ribellione crebbe. Cosa ci faceva lui alla conferenza, tra l’altro? In tre giorni non aveva sentito nemmeno una relazione interessante, e non aveva incontrato nessuno che potesse dare un pur minimo appoggio alla sua rovinosa carriera. Nei tre giorni che restavano che poteva fare, se non cercare di evitare le due persone che aveva conosciuto e che non voleva rivedere nel modo più assoluto, cioè la Boranova e Rodano? Aveva fame. Non aveva pranzato, ed era quasi ora di cena. Il guaio era che non se la sentiva di mangiare da solo nel lussuoso ristorante dell’albergo, e che se la sentiva ancor meno di pagare i prezzi esorbitanti del locale. La prospettiva di aspettare che si liberasse uno sgabello al bar era meno allettante che mai.

Fu la classica ultima goccia. Morrison ne aveva avuto abbastanza. Tanto valeva lasciare l’albergo e rag-giungere a piedi la stazione ferroviaria. (Non era una camminata lunga, e forse l’aria fresca della sera avrebbe contribuito a scacciare i pensieri tormentosi che gli si accavallavano nella mente.) In cinque minuti avrebbe fatto le valigie, ed entro una decina di minuti si sarebbe messo in cammino.

Si mise al lavoro con rabbiosa determinazione. Almeno avrebbe risparmiato il cinquanta per cento del conto dell’albergo e si sarebbe allontanato da un posto che, ne era convinto, non gli avrebbe causato che dei dispiaceri se fosse rimasto.

Aveva ragione, naturalmente, ma nessun campanello mentale premonitore suonò per informarlo che era già rimasto lì troppo a lungo.