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«Quello cos’è?» guardò Kate, che si rigirava un biglietto tra le mani.
«Sto cercando di capirlo. La Gray lo teneva nel portafogli. Quando l’ho tirato fuori è impallidita, come se non si aspettasse di vederlo lì».
Era un normale bigliettino da visita, di colore azzurro chiaro. Riportava un indirizzo del centro di Bristol. Non c’era scritto nient’altro. Ray lo osservò da vicino.
«È un cartoncino poco pregiato. Hai idea di che cosa rappresenti questo logo?» Sopra l’indirizzo c’erano due figure a forma di otto, erano incomplete e si intersecavano.
«No. Mai visto prima».
«E immagino che l’indirizzo non compaia nei nostri database».
«Non c’è niente all’intelligence né nelle liste elettorali».
«Potrebbe essere un suo vecchio bigliettino da visita?».
Kate scosse il capo. «Dalla reazione che ha avuto, direi di no. Le ha ricordato qualcosa, qualcosa che vuole tenerci nascosto».
«Va bene. C’è solo un modo per scoprirlo». Ray si avvicinò a un armadietto di metallo e prese un mazzo di chiavi. «Andiamo».
«Dove?».
Sventolò il bigliettino da visita. Kate afferrò al volo la giacca e lo seguì.
Ci misero un po’ a trovare il 127 di Grantham Street, un’anonima costruzione a due piani in mattoni rossi. Faceva parte di un’interminabile schiera di casette rosse identiche. I numeri civici si susseguivano senza una precisa simmetria tra pari e dispari.
Rimasero fuori per un po’, a contemplare il misero giardinetto e le tendine di pizzo ingrigito alle finestre. Nel giardino accanto un gatto li osservava sdraiato su un materasso; quando si avvicinarono alla porta d’ingresso miagolò. A differenza della case adiacenti, che avevano portoncini a buon mercato in PVC, il 127 aveva un’elegante porta di legno con lo spioncino. Non era dotata di buca delle lettere, ma una cassettina di metallo, chiusa con un lucchetto, era stata fissata sul muro accanto alla porta.
Ray suonò il campanello. Kate fece per tirare fuori dalla tasca il tesserino di riconoscimento, ma lui la fermò con una mano. «Meglio di no» disse, «vediamo prima chi ci abita».
Sentirono un rumore di passi, come su un pavimento di piastrelle. Quando il calpestio si arrestò, Ray guardò dritto nel piccolo foro dello spioncino al centro della porta. Dovevano aver superato l’esame, perché un paio di secondi dopo qualcuno azionò la serratura. Ci fu un secondo scatto, ma la porta rimase socchiusa, trattenuta da una catenella. Quelle precauzioni eccessive erano tipiche degli anziani, ma la donna che si affacciò allo spiraglio aveva più o meno la sua età. Indossava un cardigan blu sopra un abito aderente a fantasia, e al collo portava un foulard giallo.
«Posso esservi utile?».
«Sto cercando un’amica» disse Ray. «Si chiama Jenna Gray. Abitava in questa strada ma non riesco a ricordare dove. La conosce?».
«Temo di no».
Ray sbirciò oltre le spalle della donna, e lei accostò un po’ di più, continuando a guardarlo negli occhi.
«È da molto che vive qui?» chiese Ray imperterrito.
«Abbastanza. Ora, se vuole scusarmi…».
«Ci scusi lei per averla disturbata». Prese Kate sottobraccio. «Vieni, cara, andiamo. Provo a fare qualche telefonata, vediamo se riusciamo a recuperare l’indirizzo preciso». Prese il telefono come se volesse usarlo davvero.
«Ma…».
«Grazie ancora, signora» disse Ray. Fece un cenno a Kate, che finalmente capì.
«Grazie per il tempo che ci ha dedicato» aggiunse lei.
La donna chiuse la porta facendo di nuovo scattare la serratura. Ray tenne Kate a braccetto finché si furono allontanati dalla casa, tutt’altro che insensibile al contatto con il suo corpo.
«Che cosa pensi?» chiese lei mentre salivano in macchina. «Credi che la Gray un tempo abitasse qui? Oppure la donna sa qualcosa che non ci ha detto?».
«Di certo sa qualcosa. Hai notato che cosa indossava?».
Kate ci pensò un istante. «Un vestito, e un cardigan scuro».
«E poi?».
Scosse il capo, confusa.
Ray premette un tasto del telefono e lo schermo si accese.
«Le hai fatto una foto?».
Sorrise. Ingrandì la foto e indicò il foulard giallo, dove si intravedeva un piccolo cerchio colorato.
«È una spilletta di metallo». La ingrandì ancora un po’. Ora si distinguevano chiaramente due figure a forma di otto, una dentro l’altra.
«È il logo del bigliettino!» disse Kate. «Bel lavoro».
«Senza alcun dubbio Jenna ha un legame con questo posto» concluse Ray, «ma quale?».