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«Sto andando a mangiare da Harry, capo. Vuoi che ti porti qualcosa?».

Kate si affacciò alla porta di Ray. Indossava pantaloni grigi eleganti e un maglioncino nero attillato, su cui si era infilata una giacca leggera per uscire.

Ray si alzò e afferrò la sua giacca dallo schienale della sedia. «Vengo con te, un po’ d’aria fresca mi farà bene».

Di solito pranzava in mensa, o alla scrivania, ma una pausa con Kate era una prospettiva di gran lunga più allettante. E poi finalmente era uscito il sole: da quando era entrato in ufficio, quella mattina alle otto, non aveva mai sollevato la testa dal tavolo.

Si meritava una pausa.

 

Il locale era pieno come al solito, con la coda che partiva dal bancone e arrivava fin fuori sul marciapiede. Era molto frequentato dai poliziotti: stava a due passi dagli uffici, i panini non costavano troppo e il servizio era rapido. Nulla di più frustrante per un agente in servizio che ricevere una chiamata appena si manda giù un boccone.

Si misero in fila. «Posso portarteli in ufficio se hai fretta» si offrì Kate, ma Ray scosse il capo.

«Non ho fretta» disse. «Sto lavorando all’Operazione Break e una pausa mi farà bene. Mangiamo qui».

«Buona idea. L’Operazione Break è quella antiriciclaggio, giusto?». Kate parlava piano, attenta a non farsi sentire dalla gente intorno e Ray annuì.

«Esatto. Posso farti vedere il dossier, se ti interessa, così ti fai un’idea».

«Volentieri. Grazie».

Ordinarono i panini e trovarono un paio di sgabelli liberi vicino alla vetrina, senza perdere d’occhio Harry, che di lì a un paio di minuti avrebbe sventolato i sacchetti marroni. Due agenti in divisa passarono lì davanti e Ray alzò la mano per salutarli.

«Ecco che alimentiamo la diceria secondo cui quelli dell’anticrimine non lavorano» commentò, ridendo.

«Non sanno quello che dicono» ribatté Kate, addentando una fetta di pomodoro sfilata dal panino. «Non ho mai lavorato tanto quanto al caso Jacob Jordan. E tutto per niente».

A Ray non sfuggì l’amarezza di quelle parole. «Non è stato per niente, lo sai. Un giorno qualcuno si tradirà, le voci cominceranno a girare e noi lo prenderemo».

«Questo però non è l’iter investigativo corretto».

«Cosa vuoi dire?». Ray non sapeva se essere divertito o sentirsi insultato dalla sua franchezza.

Kate posò il panino. «È il risultato di una reazione, non di un’azione. Non dovremmo stare seduti ad aspettare che le prove ci caschino in mano, dovremmo andare in giro a cercarle».

Gli sembrava di risentire se stesso ai tempi in cui era un giovane poliziotto. Oppure di risentire Mags, che però non era mai stata così sicura di sé, da quanto ricordava. Ray nascose un sorriso: Kate sembrava molto determinata anche quando mangiava un panino. Diceva sempre quello che pensava, senza la minima censura e senza preoccuparsi di stare al proprio posto. Alla centrale avrebbe dato fastidio a molti, ma lui non aveva nulla contro la sua franchezza. Anzi, la apprezzava.

«Non ti è proprio andata giù, eh?» disse Ray.

Kate annuì. «Non posso accettare che quel pirata sia ancora là fuori. E non sopporto l’idea che la madre di Jacob abbia lasciato Bristol pensando che non avremmo mai trovato il colpevole». Aprì la bocca per proseguire, poi guardò altrove, come se ci avesse ripensato.

«E?».

Kate arrossì ma levò il mento, sprezzante.

«E per questo non ho smesso di lavorarci».

In più di un’occasione nel corso degli anni a Ray era capitato di ritrovarsi tra le mani del lavoro d’ufficio trascurato da agenti troppo pigri o troppo occupati per portarlo avanti. Ma che qualcuno lavorasse più del dovuto era una novità.

«Ci dedico il mio tempo libero e non faccio nulla che possa metterti in difficoltà con il capo, giuro. Ho riguardato i filmati delle telecamere e controllato le segnalazioni a Crimewatch per verificare che non ci fossimo persi niente».

Ray immaginò Kate seduta a terra a casa sua, circondata da scatole piene di fogli, a guardare per ore filmati sgranati. «E lo hai fatto perché sei convinta che possiamo prendere il pirata?».

«L’ho fatto perché non voglio rinunciare».

Ray sorrise.

«Ora mi dirai che devo smettere?». Kate si morse il labbro.

Era esattamente quello che stava per dirle, ma lei era così entusiasta, così appassionata. E poi, se anche non fosse riuscita a scoprire nulla di nuovo, che male avrebbe fatto? Un tempo si sarebbe comportato allo stesso modo.

«No» rispose. «Non ti dirò di smettere. Soprattutto perché non credo che mi daresti retta».

Risero entrambi.

«Ma voglio che mi tieni informato su quello che scopri e stai attenta a non farti prendere troppo la mano. E i casi in corso hanno la priorità, d’accordo?».

Kate lo guardò con profonda riconoscenza. «D’accordo. Grazie».

Ray appallottolò i sacchetti dei panini. «Andiamo, è meglio tornare in ufficio. Ti faccio vedere il dossier e poi devo scappare a casa, o finisco nei guai. Di nuovo». Levò gli occhi al cielo in una smorfia.

«Credevo che Mags non ti facesse problemi per gli orari» disse Kate mentre tornavano in ufficio.

«Ultimamente mi sa che non siamo troppo in sintonia» rispose, sentendosi subito sleale. Al lavoro non parlava della sua vita privata, tranne che con Stumpy, che conosceva Mags da quando la conosceva lui. Ma in fondo, si disse, non aveva raccontato niente di sconvolgente, e poi era solo Kate.

«Ti sa?». Rise. «Lo sai o no?».

Ray fece un sorriso tirato. «A quanto pare sono parecchie le cose che non so al momento. Niente che non si possa sistemare, solo… Ecco, abbiamo problemi con il maggiore, Tom. Non si è ambientato a scuola ed è diventato piuttosto musone e taciturno».

«Quanti anni ha?».

«Dodici».

«È un comportamento abbastanza normale a quell’età» com mentò Kate. «Mia madre dice sempre che io ero terribile».

«Sì, non faccio fatica a crederci». Kate finse di assestargli un pugno e lui rise. «Capisco che cosa intendi, ma davvero non è da Tom comportarsi così, e poi è successo all’improvviso».

«Pensi che abbia problemi con qualche compagno? Che si tratti di bullismo?».

«Ci ho pensato. Non voglio fargli troppe domande per non assillarlo. Mags è più brava in queste cose, eppure nemmeno lei riesce a cavargli nulla». Fece un sospiro. «I figli… Ma chi non li vorrebbe?».

«Io» rispose Kate mentre entravano nel palazzo. «O almeno, non ancora. Ci sono troppe cose belle da fare prima». Rise e Ray sentì una fitta d’invidia per la sua vita senza troppe complicazioni familiari.

Quando arrivarono al secondo piano, negli uffici dell’anticrimine, Ray si fermò, la mano sulla maniglia. «Quanto al caso Jordan…».

«Resta tra me e te. Lo so».

Kate sorrise e Ray poté tirare un sospiro di sollievo. Se il capo avesse saputo che una delle sue risorse, per quanto fuori dall’orario di lavoro, seguiva ancora un caso che lei aveva espressamente ordinato di chiudere, non avrebbe perso tempo a spiegargli come la pensava in proposito. E Ray sarebbe tornato a indossare la divisa, prima ancora che lei avesse messo giù il telefono.

Di ritorno nel suo ufficio, riprese a lavorare all’Operazione Break, il sospetto riciclaggio di denaro. Due nightclub in centro erano stati usati come copertura per attività illegali di vario genere e c’era una montagna di prove da vagliare. I proprietari dei due nightclub erano figure di spicco tra gli imprenditori della città e Ray sapeva che affidandogli l’incarico il capo lo stava mettendo alla prova: non aveva intenzione di deluderla.

Passò il resto del pomeriggio ad aggiornarsi sui casi della squadra Tre. Il sergente Kelly Proctor era in maternità e Ray aveva affidato la guida al più promettente degli agenti, Sean, che stava facendo un buon lavoro; Ray però voleva essere sicuro che durante l’assenza di Kelly tutto filasse liscio.

Non ci sarebbe voluto molto prima che anche Kate assumesse maggiori responsabilità, pensò. Era così brillante che avrebbe potuto insegnare un paio di cosette persino ai detective più anziani, e si sarebbe messa alla prova volentieri. Ripensò all’aria di sfida con cui gli aveva detto che stava ancora lavorando alla storia del pirata: aveva passione per il suo lavoro, non c’erano dubbi.

Si chiese che cosa fosse a guidarla. Era solo il fatto di non voler accettare la sconfitta o pensava davvero di scoprire qualcosa? E lui era stato troppo accondiscendente quando il capo gli aveva ordinato di chiudere? Rifletté un istante, tamburellando con le dita sul tavolo. A quell’ora, tecnicamente, era fuori servizio e aveva promesso a Mags di tornare a casa presto, ma poteva ritagliarsi una mezz’oretta e arrivare comunque a casa a un’ora decente. Per non cambiare idea, aprì l’ultimo cassetto della scrivania e prese il dossier di Jacob.

Passò più di un’ora prima che si rendesse conto che aveva di nuovo fatto tardi.