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Ray aveva preparato la squadra per l’Operazione Break. A Kate aveva affidato il recupero e la catalogazione dei reperti: era un ruolo impegnativo per un detective in squadra da un anno e mezzo, ma sperava che sarebbe stata all’altezza.

«Certo che lo sarò!» aveva detto lei quando Ray aveva espresso la sua preoccupazione. «E poi posso sempre venire da te per qualsiasi dubbio, giusto?».

«Quando vuoi. Beviamo qualcosa dopo il lavoro?».

«Niente potrà impedirmelo!».

Si incontravano due o tre volte a settimana per ristudiare il caso del pirata della strada. Avevano quasi concluso le indagini che erano rimaste in sospeso, e sempre più spesso capitava che parlassero della loro vita privata. Ray aveva scoperto che Kate tifava per il Bristol City, come lui. Avevano passato diverse serate divertenti commentando la recente retrocessione. Per la prima volta da molti anni, non si sentiva più soltanto un marito, un padre o un poliziotto. Era di nuovo Ray.

Evitava di lavorare al caso durante le ore d’ufficio. Stava contravvenendo a un ordine del capo, ma finché lo faceva nel suo tempo libero nessuno avrebbe potuto rimproverargli niente, si diceva. E se avessero finalmente trovato una pista per scovare il colpevole, be’, allora anche il capo non avrebbe potuto lamentarsi.

Si incontravano in un pub un po’ fuori mano rispetto a quello frequentato dai colleghi: L’Horse and Jockey era un posto tranquillo, con divanetti dallo schienale alto dove potevano consultare i loro dossier senza paura che qualcuno sbirciasse; e il proprietario non alzava mai lo sguardo dalla parole crociate. Era un modo piacevole di concludere la giornata e rilassarsi un po’ prima di tornare a casa. Ray si trovò a fissare l’orologio, in attesa che arrivasse l’ora di uscire.

Come spesso succedeva, una telefonata alle cinque in punto lo costrinse a fermarsi più a lungo. Quando entrò nel pub, Kate era già a metà del suo drink. Avevano un tacito accordo: chi arrivava per primo ordinava da bere, e Ray trovò sul tavolino ad aspettarlo la sua pinta di Pride.

«Sei in ritardo» disse Kate spingendo la birra verso di lui. «Qualcosa di importante?».

Ray bevve un sorso. «Alcune informazioni che potrebbero tornarci utili» disse. «A quanto pare c’è uno spacciatore nella zona di Creston che usa sei o sette pusher per il lavoro sporco: si preannuncia un caso interessante». Un deputato laburista particolarmente agguerrito si era scagliato a più riprese contro alcuni «quartieri criminali» in cui imperversava il traffico di droga. Il capo avrebbe apprezzato se i suoi avessero giocato d’anticipo. E Ray sperava di concludere con successo l’Operazione Break e di vedersi affidare anche il nuovo caso.

«Gli assistenti sociali sono in contatto con Dominica Letts, la ragazza di uno dei trafficanti, e stanno cercando di convincerla a denunciarlo per violenze» spiegò a Kate. «Ovviamente non ci conviene spaventarlo portandogli la polizia in casa, dobbiamo arrestarlo per lo spaccio. Ma allo stesso tempo abbiamo anche l’obbligo morale di proteggere la ragazza».

«È in pericolo?».

Ray esitò. «Non lo so. Credono di sì, ma lei ha detto chiaramente che non sporgerà denuncia contro di lui e, al momento, non ha intenzione di collaborare».

«Quando ci muoveremo?».

«Potrebbero volerci settimane» disse Ray. «Troppo. Dobbiamo portarla al sicuro, ammesso che accetti la nostra protezione, e aspettare finché non potremo incriminarlo per traffico di droga».

«Scelta obbligata» disse Kate, pensierosa. «Che cosa è più grave, in fondo: lo spaccio o la violenza su una donna?».

«Non è così semplice, in realtà. Vogliamo parlare delle violenze domestiche favorite dall’uso di droga? E delle rapine fatte dai tossicodipendenti per procurarsi i soldi per la dose? Gli effetti dello spaccio possono essere meno immediati di un pugno in faccia, ma hanno conseguenze più vaste e dolorose». Ray si rese conto che stava cominciando ad alzare la voce e s’interruppe bruscamente.

Kate mise una mano sulla sua per calmarlo. «Ehi, facevo solo l’avvocato del diavolo. Lo so che non è una scelta facile».

Ray sorrise, a disagio. «Scusa, era da tempo che non mi capitava di infervorarmi per il mio lavoro». Faceva il poliziotto da anni, e le ragioni che lo avevano portato a scegliere quella professione erano ormai sepolte dalle scartoffie e dalle ambizioni di carriera. Era giusto ristabilire le priorità.

I loro occhi si incrociarono e Ray avvertì il calore della pelle di Kate. Un secondo dopo lei spostò la mano ridendo impacciata.

«Ancora uno prima di andare?» chiese Ray. Quando tornò al tavolo il momento di imbarazzo era passato. Forse lo aveva solo immaginato, si disse. Posò i bicchieri e aprì un pacchetto di patatine.

«Io non ho novità sul caso di Jacob Jordan».

«Nemmeno io» sospirò Kate. «Stiamo per arrenderci, vero?».

Ray annuì. «Temo di sì. Mi dispiace».

«Grazie per avermi permesso di continuare a lavorarci insieme a te».

«Avevi ragione a non voler lasciar perdere» disse Ray.

«Anche se non abbiamo scoperto niente?».

«Sì, perché abbiamo fatto davvero tutto il possibile, e adesso interrompere le indagini è la cosa più ragionevole».

Kate annuì. «Sì, ora è diverso». Lo guardò ammirata.

«In che senso?».

«Be’, ora so che non sei uno yes-man». Ray scoppiò a ridere, contento di essersi guadagnato la sua stima.

Mangiarono le patatine in silenzio e Ray controllò il cellulare per vedere se c’erano messaggi di Mags.

«Come vanno le cose a casa?».

«Come al solito» rispose, infilando il telefono in tasca. «Tom continua a essere scontroso e io e Mags continuiamo a discutere su come dovremmo comportarci». Ridacchiò, ma Kate lo guardò seria.

«Quando incontrerete di nuovo l’insegnante?».

«L’abbiamo vista ieri» disse Ray, torvo. «L’anno scolastico è iniziato da un mese e mezzo e a quanto pare Tom ha già cominciato a saltare le lezioni». Tamburellò con le dita sul tavolino. «Non riesco proprio a capirlo. Quest’estate sembrava andare tutto bene ma, appena è ricominciata la scuola, è tornato lo stesso Tom di prima: taciturno, scontroso e ribelle».

«Pensi ancora che abbia problemi, che venga maltrattato da qualche compagno?».

«Gli insegnanti sostengono che non è così, ma cosa vuoi che dicano?». Ray non aveva una buona opinione della preside, che aveva mosso delle critiche a lui e alla moglie perché non partecipavano insieme ai colloqui. Così l’ultima volta Mags lo aveva minacciato: sarebbe andata a prenderlo in ufficio e lo avrebbe trascinato a scuola personalmente. Per non rischiare di dimenticarsene, Ray alla fine aveva deciso di lavorare da casa. Non che fosse servito a molto…

«Secondo loro, Tom ha una cattiva influenza sul resto della classe» aggiunse Ray «perché ha un atteggiamento “sovversivo”». Rise nervoso. «Alla sua età! È ridicolo. Se non sono in grado di gestire i ragazzi più impegnativi non dovrebbero fare gli insegnanti. Tom non è sovversivo, ha solo un carattere difficile».

«Mi chiedo da chi abbia preso» disse Kate, sogghignando.

«Attenta, detective Evans! Vuoi tornare a indossare l’uniforme?» le rispose.

Kate sbadigliò. «Scusa, sono stanca morta. Credo che me ne andrò a dormire. Ho lasciato la macchina in garage, devo prendere l’autobus».

«Ti do un passaggio».

«Sicuro? Non sei proprio di strada».

«Non è un problema. Andiamo, così mi fai vedere la tua lussuosissima zona».

Aveva un appartamento in una bella palazzina nel centro di Clifton, dove secondo Ray i prezzi erano esagerati.

«Mi hanno aiutato i miei genitori» disse Kate. «Altrimenti non me lo sarei mai potuto permettere. E poi è una casa piccola: ci sono solo due camere, e nella seconda stanza non entra nemmeno un letto».

«Di sicuro con la stessa cifra avresti potuto comprare qualcosa di più grande da un’altra parte».

«Può darsi, ma Clifton ha tutto!» Kate fece un gesto plateale con il braccio. «Voglio dire: dove altro puoi mangiare falafel alle tre del mattino?».

A Ray l’idea non sembrava molto allettante. Alle tre del mattino, poteva desiderare al massimo di farsi un giro in bagno.

Kate slacciò la cintura di sicurezza ed esitò, la mano sulla maniglia della portiera. «Ti va di salire a vedere l’appartamento?». Lo disse con noncuranza, ma l’atmosfera era carica di aspettative. Ray stava per oltrepassare un confine che per mesi si era imposto di rispettare.

«Mi farebbe piacere» rispose.

L’appartamento di Kate era all’ultimo piano, e l’elegante ascensore li portò su in pochi secondi. Arrivarono in un piccolo pianerottolo rivestito di moquette. Di fronte a loro c’era una porta color crema. Ray la seguì in silenzio mentre le porte dell’ascensore si richiudevano.

Kate si volse, il mento proteso e una ciocca di capelli che le ricadeva sulla fronte.

«Eccoci» disse lei senza distogliere lo sguardo.

Ray annuì e le scostò i capelli dal viso. Poi, senza pensarci due volte, la baciò.