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Venerdì 11 luglio 2014

Ore 7.20

Baxter pensava di aver danneggiato la propria Audi, cosa che la irritava perché ci stava sempre attenta e sapeva di essere un’eccellente guidatrice. Non ebbe altra scelta che parcheggiare accanto alla strada, in uno spazio aperto che era stato trasformato da cantiere abbandonato in posteggio semplicemente aggiungendo una colonnina col parcometro.

Stava andando a preparare Ashley per il trasferimento di quel giorno. Su ordine di Vanita, avevano deciso di coinvolgerla solo in cose semplici. Lei e Edmunds l’avrebbero prelevata dal suo appartamento con un’auto priva di contrassegni e si sarebbero incontrati con Simmons alla periferia della città. Ashley a quel punto avrebbe cambiato veicolo e sarebbe stata trasportata sulla costa meridionale, dove la Protezione Testimoni l’attendeva con una barca. Come in precedenza, non erano stati messi al corrente della destinazione finale.

Baxter entrò nel corridoio del terzo piano. I due poliziotti insonni e stanchi appostati davanti alla porta di Ashley scattarono in piedi quando la udirono avvicinarsi. Baxter mostrò il tesserino e si presentò.

«Forse è meglio darle qualche altro minuto» disse la poliziotta.

Il collega parve irritato. Baxter ignorò il consiglio e bussò forte contro la porta blu.

«Ho tempi stretti» disse.

Con la coda dell’occhio, vide i due agenti scambiarsi un’occhiata irritata.

«Gliel’ho detto, credo che non si siano ancora alzati.»

«Che non si siano chi?» chiese Baxter.

In quel momento, la serratura scattò sonoramente e la porta si aprì. Wolf si stava abbottonando la camicia ma si bloccò quando vide Baxter sulla soglia.

«Ehi» disse, istupidito.

L’espressione di Baxter passò da confusa a ferita a infuriata. Senza dire una parola, strinse il pugno, roteò la spalla e colpì Wolf con tutta la sua forza. Wolf le aveva insegnato bene. Il pugno ebbe un soddisfacente impatto contro l’occhio sinistro, e lui barcollò indietro. I due poliziotti osservarono la scena sorpresi, ma nessuno dei due accennò a intervenire.

Baxter temeva di essersi rotta un dito, e agitò la mano cercando di scacciare il dolore. Poi girò i tacchi e fuggì lungo il corridoio.

«Baxter! Ma ti vuoi fermare un attimo?» Wolf l’aveva seguita fuori dal palazzo, lungo la strada e fino al terreno sconnesso del parcheggio. «Non mi va di giocarmi la carta dell’uomo morto che cammina, ma potrei morire fra tre giorni. Per favore.»

Con riluttanza, Baxter si fermò. Si voltò ad affrontarlo, le braccia conserte, l’aria spazientita.

«Non siamo una coppia» disse Wolf, «né lo siamo mai stati.»

Baxter alzò gli occhi al cielo e si voltò di nuovo verso la sua auto.

«Siamo qualcosa di diverso» disse lui, sincero. «Qualcosa di confuso, di irritante, di speciale e incasinato. Ma non siamo una coppia. Non puoi arrabbiarti con me per una cosa come questa.»

«Tu continui a fare quello che ti pare, come sempre.»

«Continuo e continuerò. È questo il punto: non sono fatto per stare in coppia. Chiedilo ad Andrea.»

Baxter fece per andarsene ancora, ma Wolf con gentilezza la prese per un braccio.

«Non toccarmi!» gridò lei, e lui la lasciò.

«Ascolta, ho solo bisogno che tu capisca che...» Wolf si sforzò di trovare le parole. «Che niente di quello che ho fatto... Io non volevo ferirti.»

Baxter sciolse le braccia e lo fissò per un lungo istante.

«Vai a farti fottere, Wolf» disse, poi si diresse a passo spedito verso la casa di Ashley.

Wolf era ferito, ma non cercò di inseguirla.

«Baxter!» urlò. «Proteggi la ragazzina!»

Lei continuò a camminare.

«Se lui non riesce ad arrivare ad Ashley, penso che andrà a cercare lei!»

Baxter svoltò sulla strada principale e scomparve alla vista senza nemmeno degnarsi di rispondergli.

Dopo la mancata riunione del giorno precedente, Vanita aveva riprogrammato gli aggiornamenti del caso per le nove e mezzo. Baxter corse in ufficio quando mancavano appena due minuti. Grazie a Wolf, il suo incontro con Ashley era avvenuto considerevolmente in ritardo e poi aveva trovato un traffico impossibile mentre cercava di rientrare in centro.

Edmunds la raggiunse ancor prima che lei riuscisse ad appoggiare la borsa sulla macchia di unto sulla scrivania, un ricordino lasciato dalla cena del turno di notte. Sembrava stanco e insolitamente disordinato.

«Per l’amor di Dio» sbuffò Baxter, spostando la borsa sul pavimento. «Questo posto sta diventando un porcile.»

«Ho bisogno di parlarti» le disse Edmunds con urgenza.

«Non ora. Ho già avuto una mattinata di merda.»

«Credo di aver scoperto qualcosa, ma non lo capisco fino in fondo.»

Baxter vide Vanita che li osservava da dentro la sala riunioni.

«Allora condividilo con tutti quanti. Andiamo.»

Cercò di aggirarlo.

«È questo il problema. Prima devo assolutamente parlarne con te.»

«Cristo, Edmunds! Ho detto dopo!» sbottò lei.

Corse nella sala riunioni e si scusò per il ritardo. Pieno d’ansia, Edmunds la seguì all’interno, trovando il tabellone completo.

1. (TESTA) Naguib Khalid, il Cremation Killer

2. (BUSTO) ? Madeline Ayers (avvocato difensore di Khalid)

3. (BRACCIO SINISTRO) anello di platino, un avvocato? – Michael Gable-Collins – Perché? Parlato con AL

4. (BRACCIO DESTRO) smalto per unghie? – Michelle Gailey – Agente di sorveglianza di Khalid

5. (GAMBA SINISTRA) ? Ronald Everett – Giurato – Passava informazioni a JG

6. (GAMBA DESTRA) Detective Benjamin Chambers – Perché?

A) Raymond Turnble (Sindaco)

B) Vijay Rana/Khalid (Fratello/contabile) Non era al processo, ha corrotto AL

C) Jarred Garland (Giornalista) Ha comprato informazioni da RE

D) Andrew Ford (Guardia giurata/alcolista/scassapalle) – Agente di sicurezza dell’imputato al processo

E) Ashley Lochlan (Cameriera) o (bambina di nove anni) Falsa testimonianza

F) Wolf

La riunione iniziò con Vanita che riassunse il piano per consegnare, nel tardo pomeriggio, Ashley Lochlan alla Protezione Testimoni. Quando Baxter notò le annotazioni aggiuntive sul tabellone, Finlay raccontò a tutti della sua conversazione con Samantha Boyd e di come Ronald Everett avesse venduto informazioni a Jarred Garland. Distribuì una selezione degli articoli scritti da Garland all’epoca, che criticavano senza appello Wolf, la Metropolitan Police o il giurato neonazista che odiava i musulmani.

Edmunds prestava a malapena ascolto. A parte le poche ore di sonno involontario che il suo corpo l’aveva costretto a fare nell’oscurità degli archivi, era sveglio praticamente da quattro giorni di fila. Iniziava a patire gli effetti collaterali della sua ossessione. Riusciva a stento a concentrarsi su qualcosa per più di qualche istante e si perdeva regolarmente interi intervalli di tempo, cinque minuti qui, dieci lì, con lo sguardo fisso nel vuoto. Aveva sviluppato un lieve tic all’occhio sinistro e soffriva di parecchie afte alla bocca, segno che stava per gettare la spugna.

Aveva terminato il compito di esaminare ogni scatola di prove prelevata da Wolf nel corso degli anni e aveva scoperto qualcosa di profondamente preoccupante tra le indagini di routine. Nel periodo compreso tra il 2012 e il 2013, Wolf aveva consultato sette casi archiviati che assomigliavano in modo palese ai metodi distintivi del loro killer. Una delle autopsie aveva perfino citato l’acido triflico come causa delle «orribili lesioni interne».

Era chiaro che Wolf stava dando la caccia a un serial killer, eppure non c’era nessun caso aperto che collegasse quegli omicidi e nessun documento relativo alle sue indagini era presente nelle scatole. Aveva inseguito le tracce del killer senza nome in segreto... Ma perché?

Edmunds aveva calcolato che il periodo in questione risaliva a poco tempo dopo la ripresa del servizio di Wolf. Fregandosene delle procedure e dei protocolli, forse Wolf aveva voluto prendere quel killer da solo per dimostrare il proprio valore dopo tutte le polemiche e le insinuazioni che avevano fatto a pezzi la sua reputazione. Forse aveva perfino voluto dimostrare il proprio valore a se stesso.

Ma questo non spiegava comunque come mai non avesse condiviso quelle informazioni preziose una volta che gli omicidi della Ragdoll erano iniziati. Non era possibile che non avesse riconosciuto i segni caratteristici del killer.

Edmunds aveva un disperato bisogno di parlarne con Baxter.

«Siamo ancora lontani dall’identificare una persona che voglia la morte di tutta questa gente» disse Vanita, frustrata. Il suo modo di riepilogare i fatti suonava proprio come un’accusa di incompetenza. «Nessuno dei parenti delle vittime di Khalid sembra il tipo del giustiziere solitario.»

Simmons passò a Edmunds la pila di articoli scritti da Garland, e lui iniziò a sfogliarli.

«Il collegamento tra Chambers e Khalid ancora non c’è» sottolineò Baxter. Adesso era capace di fare il nome del suo amico senza arrabbiarsi o sconvolgersi.

Uno degli articoli attirò l’attenzione di Edmunds. Garland aveva intervistato il sindaco Turnble e l’articolo conteneva tutte le ingiurie e le condanne che il giornale poteva permettersi senza rischiare una querela. Il sindaco era intento a promuovere la sua nuova strategia e aveva apertamente invitato la «vittima» Naguib Khalid ad assisterlo nel mettere a punto il suo programma di Polizia e gestione del crimine. Garland gli aveva rivolto appositamente domande tendenziose per incoraggiare l’attacco frontale del sindaco contro il detective più in disgrazia della Metropolitan Police.

«Sembra quasi l’elenco dei nemici di Will» scherzò Finlay. «Certo, l’ultimo nome è il suo.»

«Una cosa faustiana» sorrise Simmons.

Finlay ridacchiò.

Edmunds lentamente abbassò l’articolo che stava leggendo e si voltò verso Finlay. Un pensiero incoerente iniziò a prendere forma nella sua mente affaticata. Riguardò rapidamente l’articolo che aveva in grembo e poi il tabellone al centro della sala.

Qualcosa all’improvviso fece clic.

E tutto ebbe senso.

«È Wolf!» esclamò, lasciando cadere i fogli a terra e premendosi le tempie per rimettere in ordine i pensieri confusi.

«Guarda che io scherzavo» disse Finlay, in imbarazzo.

Gli altri si scambiarono occhiate preoccupate quando Edmunds iniziò a snocciolare nomi a bassa voce. Saltò su dalla sedia, ridacchiando.

«Siamo stati così ciechi» disse. Iniziò ad andare avanti e indietro. «Ho sbagliato tutto questo tempo. Non è Khalid la chiave, è Wolf. È sempre stato Wolf!»

«Ma si può sapere di che diavolo parli, Edmunds?» chiese Baxter. «Wolf è uno di noi.»

Finlay fece una smorfia e scosse il capo, rassicurandola.

Edmunds strappò dal tabellone la lista completa di vittime e la lasciò cadere sul pavimento.

«Ehi!» urlò Simmons, ma Vanita gli fece cenno di lasciare che Edmunds continuasse.

E lui si mise a scrivere freneticamente.

  1. Il Cremation Killer: l’ossessione di Wolf – ha già cercato di ucciderlo una volta
  2. L’avvocato della difesa – ha smontato le prove di Wolf, ha fatto liberare Khalid
  3. Il socio dello studio di avvocati – sapeva che la dichiarazione della testimone era falsa
  4. L’agente di sorveglianza – inesperta – ha permesso a Khalid di uccidere ancora
  5. Il giurato – ha passato informazioni sensibili a Garland
  6. Chambers –
  7. Il sindaco – ha sfruttato senza vergogna Wolf sia prima sia dopo che Khalid ha ucciso l’ultima vittima
  8. Il fratello di Khalid – ha pagato Lochlan perché testimoniasse il falso
  9. Il giornalista – ha scritto menzogne su Wolf, usando le informazioni per influenzare il pubblico e la giuria
  10. La guardia di sicurezza – ha salvato la vita di Khalid e ha rotto il polso a Wolf
  11. La testimone – ha mentito per soldi, contraddicendo le prove di Wolf
  12. Wolf – il depistaggio

«È una cosa ridicola, giusto?» disse Baxter. Guardò i colleghi in cerca d’appoggio. «Insomma, non vi starete bevendo queste stronzate, vero?»

«Chambers?» le chiese Edmunds. «Qual è il collegamento mancante?»

«Mi sembra un po’ troppo comodo che Wolf te le suoni un po’ ieri e oggi, all’improvviso, inizi ad accusarlo di non so nemmeno cosa» rispose lei.

«Chambers?» ripeté lui.

«Non c’è nessun collegamento» disse lei, con aria di sfida.

«Qual è il collegamento?!» gridò Edmunds, mettendo tutti in soggezione.

«Te l’ho detto: niente!»

Finlay si schiarì la voce e si voltò verso di lei. Baxter gli lanciò un’occhiataccia.

«Non credo a una parola nemmeno io, ragazza, ma dobbiamo approfondire la cosa per sgombrare il campo» disse.

Baxter si rifiutò di parlare.

«Will ha sempre creduto che sia stato Ben a spedire la lettera» disse Finlay.

«Che lettera?»

«Quella all’ufficio Standard Professionali» proseguì Finlay. «Quella in cui si diceva che Wolf era ossessionato dal caso e instabile e che suggeriva di rimuoverlo dall’indagine.»

Guardò Baxter, ma lei si rifiutava di incrociare i suoi occhi.

«Quando l’hanno letta in tribunale, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso» ricordò Simmons, che sembrava sempre più teso. «Quella lettera ha salvato Khalid.»

«Queste sono accuse gravi, agente Edmunds» disse Vanita, rimarcando l’ovvio. «E accuse gravi richiedono prove concrete.»

Edmunds ricordò una cosa. Sfogliò le pagine del taccuino e lesse qualcosa.

«28 giugno. La guardia appostata davanti alla stanza interrogatori ha sentito una discussione tra il sindaco Turnble e il detective Fawkes: ’Capisco. Stavate tutti facendo il vostro lavoro: la stampa, gli avvocati, l’eroe che mi ha rotto il polso per allontanarmi da Khalid. Lo capisco’.»

«Fawkes ha detto così?» chiese Simmons, preoccupato.

«Parola per parola» disse Edmunds. «Ha nominato tre delle nostre vittime ancor prima che cominciassimo a indagare su di loro.»

«Non basta» osservò Vanita. «Non è sufficiente per giustificare la quantità di merda che ci seppellirà se seguiamo questa strada.»

Edmunds uscì dalla sala e rientrò con il primo scatolone di prove dell’archivio. Porse a ciascuno dei suoi colleghi i documenti relativi al caso, insieme al modulo incriminante con le firme.

«Ricordate tutti la reazione di Wolf quando ieri gli ho fatto vedere questa cosa che avevo scoperto, vero?» chiese Edmunds. «Be’, sotto la mia scrivania – la nostra scrivania – ne ho altri sei.»

«Questo spiega tutto» disse Baxter. «Evidentemente Wolf ha spaventato questo pazzoide e adesso il killer agisce per autodifesa.»

«Ci ho pensato anche io, ma Wolf per caso ha detto a qualcuno di voi di queste sue indagini?» chiese Edmunds agli altri nella stanza. «Scatole piene di prove inestimabili che avrebbero potuto salvare le vite di quelle persone? Che avrebbero potuto salvare anche la sua?»

Nessuno rispose.

Edmunds si accovacciò, le mani sugli occhi, e iniziò a dondolare avanti e indietro sui talloni. Fece una smorfia come se avesse una fitta di dolore e prese a mormorare fra sé frammenti insensati di informazioni.

«Wolf lo identifica... Lui lo approccia... Lascia filtrare dettagli del caso... Sì, ma non lo fa solo perché questi sono i nemici di Wolf... Wolf l’ha arruolato

«Ne ho abbastanza di queste stronzate» disse Baxter, alzandosi per andarsene.

Edmunds si rivolse al suo pubblico imbarazzato.

«Wolf voleva vendetta, o giustizia, chiamatela come volete, per Annabelle Adams, per la sua famiglia, per se stesso» iniziò a dire, rimettendo insieme i pezzi mentre parlava. «Nessuna di queste persone era stata chiamata a rispondere per corruzione, inazione o opportunismo, mentre lui è stato rinchiuso in un ospedale psichiatrico e un’altra ragazzina è morta.

«Così, quando riprende servizio, inizia a controllare gli omicidi irrisolti. In fondo, un omicidio non risolto significa un killer non catturato. Conduce la sua indagine in segreto, scopre questi sette vecchi casi e in qualche modo arriva anche all’identità dell’assassino. Solo che invece di arrestarlo se ne serve per punire tutti coloro che ritiene colpevoli.

«Il colpo di genio è stato aggiungere il suo nome alla lista, così che tutto ruotasse attorno a lui. Wolf sapeva che nessuno avrebbe sospettato di lui se anche la sua vita fosse stata in pericolo. Pensateci: se il nome di Wolf non fosse stato su quell’elenco, sarebbe stato ritenuto un sospettato fin dall’inizio.»

Qualcuno bussò alla porta di vetro.

«Non ora!» urlarono tutti e cinque in coro alla donna smunta, che tornò di corsa alla sua scrivania.

«Se, ed è un grosso se, Fawkes ha scoperto l’identità dell’assassino» disse Simmons, ignorando l’occhiataccia di Baxter, «questo vuol dire che la risposta è da qualche parte dentro queste sette scatole.»

«Esatto» annuì Edmunds.

«È tutto ridicolo» sibilò Baxter.

«Se hai ragione, allora dobbiamo ritenere che Fawkes abbia passato informazioni al killer per tutto questo tempo» disse Vanita.

«Il che spiegherebbe parecchie cose» disse Edmunds. «È da un bel po’ di giorni che mi preoccupa la possibilità che ci sia una talpa.»

Edmunds guardò Baxter per ottenere conferma, ma lei lo ignorò. Vanita sospirò.

«Allora abbiamo una seria opportunità di salvare Ashley Lochlan» disse, «visto che Fawkes non sarà coinvolto.»

Finlay e Baxter si scambiarono uno sguardo.

«C’è qualcosa che non so?» chiese Vanita.

«Wolf era con lei stamattina» disse Baxter, fredda. «Credo ci abbia passato la notte.»

«Ma c’è una maledetta regola che quell’uomo non abbia ancora infranto?» esclamò Vanita, squadrando Simmons con sguardo accusatorio. «Dobbiamo informare la signorina Lochlan della situazione. Detective Edmunds, immaginiamo che abbia ragione su questa faccenda: crede che il killer sappia che c’è Fawkes dietro a tutto?»

«È una domanda difficile.»

«Ci provi.»

«Posso solo fare ipotesi.»

«Faccia ipotesi.»

«No. Wolf evidentemente si considera molto più intelligente e astuto di tutti quanti, incluso il killer. Non credo che voglia lasciare alcun filo in sospeso. E non credo nemmeno per un istante che questo killer possa decidere di risparmiare una delle sue vittime, non dopo aver promesso al mondo intero il suo omicidio. È una questione di orgoglio, per lui. Fallire sarebbe un’umiliazione insopportabile.»

«Il che può voler dire solo una cosa: che Fawkes vuole arrivare a lui per primo» disse Vanita.

Baxter scagliò un fascio di documenti contro il vetro incrinato e si alzò nuovamente.

«Sono tutte stronzate! È di Wolf che stiamo parlando!» Si voltò verso Finlay. «Il tuo amico, ricordi?»

«Già, ma bisogna guardare i fatti, Emily» rispose lui, addolorato.

Baxter si voltò verso Edmunds.

«È da giorni che parli di una talpa nella squadra e adesso questa storiella ti fa proprio comodo, eh? Se c’è qualcuno che pensa di essere più intelligente di tutti quanti, quello sei tu!» Guardò implorante i colleghi. «E se lo stesse incastrando? Qualcuno ci ha pensato, eh?»

«Forse è così» disse Simmons, in tono pacato. «Ma dobbiamo portarlo qui e interrogarlo comunque.»

«Sono d’accordo» disse Vanita, prendendo il telefono della sala riunioni. «Sono la comandante Vanita. Ho bisogno che una squadra d’intervento armata vada a casa di William Fawkes, immediatamente.»

Baxter scuoteva il capo, incredula. Tirò fuori il cellulare dalla tasca.

Finlay la osservava attentamente. «Emily» disse, deciso.

Controvoglia, lei lo rimise in tasca.

«Il sospettato potrebbe essere pericoloso» continuò Vanita al telefono. «...Sì, corretto: il sospettato. Affermativo. Vi sto ordinando di arrestare il detective Fawkes.»