16
Giovedì 3 luglio 2014
Ore 8.25
Wolf passò dall’ufficio prima di recarsi all’appuntamento delle nove con la dottoressa Preston-Hall. Si mise alla scrivania e imprecò quando per sbaglio rovesciò il cestino stracolmo di cartacce. Uno sguardo furtivo nell’ufficio in cerca di un rimpiazzo vuoto e non sorvegliato gli rivelò che il carico di lavoro dell’impresa di pulizie non era cresciuto proporzionalmente a quello del dipartimento.
Grazie a un inutile sforzo di sistemare lui stesso, Wolf si commosse scoprendo che Finlay si era dato la pena di compilare il complicato modulo di valutazione nonostante la giornata libera. Un post-it sul fronte diceva: Che ammasso di materia fecale! Ci vediamo alla riunione. Fin.
Rimosse il bigliettino, pensando che la dottoressa non avrebbe apprezzato la schiettezza di Finlay, e fissò per un istante la scrivania vuota di Chambers, immaginandosi la crisi di Baxter del giorno prima. Non era da lei, e odiava l’idea di saperla così sconvolta. L’aveva vista in quelle condizioni una sola volta in tutti quegli anni che la conosceva, e l’aveva colpito più di qualsiasi altro evento di quel giorno traumatico e surreale.
Nell’aula di tribunale dell’Old Bailey non c’era posto per Baxter, ma aveva insistito comunque, testarda come sempre, per accompagnare Wolf ad ascoltare il verdetto del processo a Khalid. A quel punto, lui era già stato sospeso dal lavoro e i suoi colleghi avrebbero dovuto affrontare un’indagine formale sul modo in cui era stato gestito il caso. Wolf non voleva che ci fosse anche lei. La discussione tra lui e Andrea aveva avuto sviluppi cataclismici durante la settimana, conclusa con l’arrivo della polizia al loro cottage a Stoke Newington, cosa che aveva ulteriormente alimentato le voci di abusi domestici. Ma nonostante tutto questo, Baxter aveva riscosso dei favori ed era riuscita a ottenere il permesso di aspettare fuori dalla Great Hall per ore di fila.
Wolf aveva ancora davanti agli occhi il primo giurato (assomigliava tantissimo a Gandalf) e ricordava il momento in cui il cancelliere di corte aveva chiesto quale fosse il verdetto. Tutto ciò che era accaduto dopo però era sfuocato: urla di panico, l’odore di detergente per pavimenti, una mano insanguinata premuta su un abito bianco.
L’unica cosa che ricordava con nitidezza era il fortissimo dolore che aveva provato quando la guardia di sicurezza gli aveva fratturato il polso sinistro con un solo colpo: metallo contro ossa. Quello, e vedere Baxter in piedi in mezzo a quel caos, le lacrime che le colavano sulle guance mentre continuava a chiedergli: «Cosa hai fatto?»
Aveva smesso di opporre resistenza e aveva lasciato che l’orda di poliziotti lo contenesse, e in quel momento aveva visto Baxter che prendeva per un braccio la giurata coperta di schizzi di sangue e la accompagnava fuori, al sicuro. Quando la sua collega era scomparsa oltre la pesante porta doppia, aveva pensato che non l’avrebbe mai più rivista.
Il momento di ricordi a occhi aperti di Wolf fu interrotto da un fastidioso assortimento di ronzii e fischi intermittenti che proveniva dal malridotto fax. Vide Baxter che parlava fitto con Simmons nel suo ufficio. Non si erano ancora sentiti da quando lui era fuggito dal proprio appartamento, e quando era rientrato entrambe le donne erano andate via. Si sentiva un po’ in colpa, ma aveva troppe cose a cui pensare per lasciarsi coinvolgere nella loro faida. Non avendo tempo per fare alcunché di utile, prese il modulo di valutazione e uscì dall’ufficio.
La sessione con la dottoressa Preston-Hall non era andata affatto bene, e Wolf fu sollevato di lasciarsi alle spalle quell’ufficio stantio e riemergere sotto l’affidabile pioggerellina dell’estate inglese. Anche se faceva ancora caldo, indossò il soprabito sopra la camicia bianca. In un angolo della sua scrivania c’era ancora il piccolo trofeo che Finlay gli aveva regalato quand’era stato sorpreso da un acquazzone con indosso gli stessi vestiti da quattro soldi: Miss Maglietta Bagnata 2013. Da quel momento in poi, imbarazzato, ci aveva sempre fatto attenzione.
Ripensò all’incontro mentre tornava verso New Scotland Yard. La dottoressa Preston-Hall aveva espresso preoccupazione per le enormi pressioni a cui era sottoposto e l’effetto del vedere altre due persone morire davanti ai suoi occhi. E tutto in pochi giorni. Per fortuna nessuno ancora l’aveva informata della morte di Chambers.
Anche se le sessioni avrebbero dovuto basarsi solo sulle informazioni contenute nei rapporti di Finlay e sulle conversazioni confidenziali tra la dottoressa e Wolf, era stato impossibile evitare l’argomento della fotografia che dominava i notiziari sin dal giorno prima.
La dottoressa aveva detto che quella foto era la cosa più onesta e sincera su cui lavorare da quando l’aveva conosciuto, anche se non era intenzionale, e che chiunque poteva vedere che l’uomo che stringeva la mano di quella donna era a pezzi. Gli aveva detto che avrebbe chiamato Simmons per suggerirgli di conferire a Wolf «un ruolo meno prominente nell’indagine, da quel momento in poi», qualsiasi cosa volesse dire. Poi lo aveva congedato fino a lunedì mattina.
Quando Wolf tornò, l’ufficio era mezzo vuoto. Nella notte, due adolescenti erano stati accoltellati durante uno scontro fra gang a Edmonton, un terzo era in ospedale in condizioni critiche. Un’altra cosa che gli ricordava che a Londra la vita proseguiva indisturbata e che gli omicidi del caso Ragdoll, l’esistenza di coloro che erano segnati nella lista e la stessa lotta per la sopravvivenza di Wolf non erano nient’altro che argomenti di conversazione per i milioni di persone non direttamente coinvolti.
Alla sua scrivania, qualcuno aveva lasciato un messaggio. Andrew Ford, la guardia giurata e numero quattro della lista, continuava a chiedere sin dal mattino precedente di parlare con Wolf in persona. Stava diventando sempre più aggressivo nei confronti degli agenti assegnati alla sua protezione. A quanto sembrava, Baxter si era presentata al suo posto ma quella specie di toro infuriato l’aveva respinta in malo modo.
Quando furono convocati nella sala riunioni, Wolf occupò il posto vuoto accanto a Baxter, che era ritornata in sé: inavvicinabile, riparata dietro il trucco scuro e pesante e l’espressione annoiata.
«’Ngiorno» disse lui.
«’Ngiorno» replicò brusca lei, senza incrociare il suo sguardo.
Wolf si arrese e cominciò a parlare con Finlay.
1. (TESTA) Naguib Khalid, il Cremation Killer
2. (BUSTO) ?
3. (BRACCIO SINISTRO) anello di platino, un avvocato?
4. (BRACCIO DESTRO) smalto per unghie?
5. (GAMBA SINISTRA) ?
6. (GAMBA DESTRA) Detective Benjamin Chambers
A) Raymond Turnble (Sindaco)
B) Vijay Rana/Khalid (Fratello/contabile)
C) Jarred Garland (Giornalista)
D) Andrew Ford (Guardia giurata/alcolista/scassapalle)
E) Ashley Lochlan (Cameriera) o (bambina di nove anni)
Tutti fissarono la lista in silenzio, in attesa di ispirazione o che un collegamento evidente si presentasse all’improvviso. Avevano trascorso i primi venti minuti della riunione discutendo, cosa che aveva indotto Simmons a riepilogare l’avanzamento dell’indagine scrivendo sulla lavagna con la sua calligrafia quasi illeggibile. A giudicare da quanto poco c’era scritto, i progressi erano stati davvero scarsi.
«Gli omicidi del Cremation Killer devono essere la chiave» disse Finlay. «Khalid, suo fratello, Will...»
«Il fratello non ha avuto niente a che fare col processo» disse Simmons, aggiungendo quell’annotazione alla lista. «Non era nemmeno presente.»
«Forse quando Alex ci darà un nome avrà tutto più senso» osservò Finlay, facendo spallucce.
«No, invece» intervenne Baxter. «Edmunds ha un elenco di ventidue persone che avevano un anello simile. Nessuna di loro era coinvolta nel processo a Khalid.»
«Ben però sì, giusto?» chiese Finlay.
Ci fu una pausa di disagio alla menzione di quel nome. Finlay si sentì in colpa per aver nominato il collega morto come se fosse soltanto un’altra tessera del puzzle.
«Chambers era coinvolto, ma non più di chiunque altro in questa stanza» rispose Baxter, con voce priva d’emozione. «E anche se lo fosse stato, quale sarebbe il collegamento agli altri della lista?»
«Quanto a fondo abbiamo esaminato il passato di queste altre persone?» chiese Simmons.
«Stiamo facendo tutto quello che possiamo, ma ci servirebbe un po’ d’aiuto» disse Baxter.
«Be’, non ce n’è» sbottò Simmons, arrabbiato. «C’è già un terzo del dipartimento che lavora a quest’indagine. Non posso aggiungere nessuno.»
Baxter non insistette, comprendeva le pressioni a cui era sottoposto il capo.
«Fawkes, non è da te startene così buono. Idee?» chiese Simmons.
«Se la chiave di tutto è il processo a Khalid, perché io sono sulla lista insieme a lui? Non ha senso. L’assassino vuole morto sia il Cremation Killer sia la persona che ha cercato di fermarlo?»
Ci fu un silenzio pensoso.
«Forse l’ha scelto perché era famoso» suggerì Finlay. «Magari anche Ben ha lavorato a un caso grosso che ha attirato la sua attenzione.»
«È un’idea» disse Simmons. «Lavorateci.»
In quel momento, Edmunds irruppe nella sala, sudato e affannato.
«L’anello apparteneva a Michael Gable-Collins» disse trionfante. «Senior partner della Collins & Hunter.»
«Collins & Hunter? Perché mi sembra di averla già sentito?» chiese Finlay.
Wolf fece spallucce.
«Quarantasette anni, divorziato, niente figli. Cosa interessante, ha partecipato a una riunione fra soci all’ora di pranzo di venerdì scorso» continuò Edmunds.
«Quindi abbiamo una finestra temporale di circa dodici ore tra la sua riunione e il rinvenimento della Ragdoll» disse Simmons, aggiungendo quel nome da vecchia nobiltà alla lista.
«E siamo sicuri che non fosse al processo?» chiese Finlay, ignorando il sospiro d’esasperazione di Baxter.
«Devo ancora finire di controllare, ma non direttamente, no» rispose Edmunds.
«Quindi non siamo più vicini a trovare un collegamento?» disse Finlay.
«Oh, il processo è il collegamento, senz’altro» osservò Edmunds con semplicità.
«Ma hai appena detto che questo tizio non ci ha avuto niente a che fare.»
«E invece si. Tutti ci hanno avuto a che fare. Solo che non siamo ancora riusciti a scoprire come. Ma Khalid è la chiave.»
«Ma...» iniziò a dire Finlay.
«Andiamo avanti» li interruppe Simmons, abbassando lo sguardo sull’orologio al polso. «Jarred Garland ha chiesto che sia la detective Baxter a gestire in prima persona la sua protezione. Ne ho discusso a lungo con lei e mi aspetto che tutti la aiutiate, qualsiasi cosa le serva.»
«Un attimo, un attimo!» esclamò Wolf.
«Sarà fuori ufficio per il resto del giorno e tutto domani, per quest’incarico. Fawkes, naturalmente, sarà più che felice di continuare il suo lavoro in sua assenza» disse Simmons, deciso.
«Devo stare con Garland» rispose Wolf.
«No, tu devi considerarti fortunato a essere anche solo in questa sala, dopo la telefonata che ho ricevuto stamattina da tu-sai-chi-trattino-cosa.»
«Signore, devo dichiararmi d’accordo con Wolf» disse Edmunds, sorprendendo tutti con il suo tono sicuro. Baxter sembrò sul punto di tirargli addosso qualcosa. «L’assassino ha sfidato Wolf. Se alteriamo le dinamiche, non c’è modo di prevedere come potrebbe reagire. Lo considererà un insulto.»
«Bene. È proprio come mi auguro che reagisca. Ho preso la mia decisione.»
Edmunds scosse il capo. «A mio parere, è un errore.»
«Forse non ho una laurea fighetta in poliziottismo come te, Edmunds, ma che tu ci creda o no ho avuto a che fare con un bel po’ di assassini nella mia carriera» sbottò Simmons.
«Non come questo.»
Finlay e Baxter si mossero a disagio sulla sedia, vedendo che Edmunds rifiutava ostinatamente di fare marcia indietro.
«Adesso basta!» gridò Simmons. «Sei ancora in prova qui, chiaro? Sarà meglio che non te lo dimentichi. Non importa chi ci sarà a fare da babysitter a Jarred Garland, il killer cercherà di ucciderlo sabato. Garland, d’altra parte, non accetta un nostro coinvolgimento a meno che non sia Baxter a fargli da babysitter. Baxter, aggiorna Fawkes sulle tue indagini e passagliele. Grazie a tutti per il mal di testa. Adesso fuori dalle palle.»
Quando la riunione fu aggiornata, Edmunds si avvicinò a parlare con Baxter.
«Piccolo arrogantello» gli sibilò lei. «Si può sapere che t’è preso?»
«Io...»
«È un incarico importante per me, ed è già dura senza che tu metta in dubbio le mie capacità e mi metta in imbarazzo di fronte al mio capo.»
Baxter notò Wolf indugiare sulla soglia, in attesa del momento per parlarle in privato.
«Sai cosa fare per il resto del giorno?» chiese a Edmunds.
«Sì.»
«Allora spiegalo a lui.»
Si alzò in piedi e uscì di corsa dalla stanza, senza nemmeno rivolgere un’occhiata a Wolf. Edmunds gli lanciò un debole sorriso.
«Quanto ne sa di smalti per unghie?»
Wolf chiamò il medico legale per chiedere se avessero trovato qualcosa di nuovo in relazione alle tre parti corporee non ancora identificate. Gli risposero che stavano ancora effettuando delle analisi e che per il momento non c’era nulla di rilevante ai fini dell’indagine.
Avrebbe dovuto andare a Peckham a parlare con Andrew Ford, a un certo punto, ma stava aspettando di incrociare Baxter prima che lei uscisse dall’ufficio.
Per qualche motivo, Edmunds si era appostato alla sua scrivania e non se n’era più andato, anche se quella di Baxter era libera da più di mezz’ora visto che lei era ancora nell’ufficio di Simmons. Edmunds aveva cercato di fare conversazione, ma Wolf era troppo distratto a osservare gli altri due per dargli retta.
«Ho fatto una riflessione» disse Edmunds. «Il nostro killer è metodico, intelligente e pieno di risorse. Non ha ancora fatto un passo falso. Il che mi fa pensare che l’abbia già fatto in precedenza. Ragioniamoci. Questa persona ha perfezionato la propria arte...»
«Arte?» chiese Wolf, dubbioso.
«È così che la vede lui, e non si può negare che per quanto siano orribili questi omicidi sono comunque obiettivamente impressionanti.»
«Impressionanti?» sbuffò Wolf. «Edmunds, sei tu l’assassino?» gli chiese, serio.
«Voglio controllare i vecchi archivi» proseguì l’altro, catturando l’attenzione di Wolf, «voglio cercare esempi di modus operandi insoliti, omicidi di vittime all’apparenza inavvicinabili, amputazioni e mutilazioni. Deve aver lasciato una traccia da qualche parte.»
Edmunds sperava che Wolf appoggiasse la sua iniziativa, forse che fosse perfino impressionato dalle sue idee. Invece, si arrabbiò.
«Siamo in quattro a lavorare a tempo pieno a questo caso, solo quattro! E secondo te possiamo rinunciare a te e lasciarti andare a cercare un ago in un pagliaio mentre là fuori la gente muore?»
«Stavo... Volevo solo aiutare» balbettò Edmunds.
«Allora fai il tuo lavoro» replicò secco Wolf, poi si alzò in piedi e attraversò l’ufficio per intercettare Baxter, che aveva appena terminato la riunione con Simmons.
«Ehi» disse.
«Non ci provare.»
Baxter aveva un incartamento fra le mani. Lo scansò e andò alla sua scrivania.
«Se è per ieri sera...»
«Non lo è.»
Mentre passavano accanto alla sala riunioni, Wolf prese Baxter per un polso e la tirò dentro, attirandosi occhiate dalle persone nei paraggi.
«Ehi!» urlò lei.
Wolf chiuse la porta.
«Mi dispiace di essermene andato ieri sera. Avevamo ancora delle cose di cui parlare. Ma lei mi fa così incazzare... Non avrei dovuto lasciarti con lei. Ti chiedo scusa.»
Baxter parve impaziente.
«Ricordi quando ho detto che sei bella e intelligente e...»
«E spettacolare» gli ricordò lei, con una smorfia.
«Giusto, spettacolare» annuì Wolf. «Non le è andato giù, vero?»
Baxter fece un gran sorriso. «No, per niente.»
«Allora lascia che ti aiuti con la faccenda di Garland. Non ce la faccio più a star seduto qui con Edmunds. Cinque minuti fa ha cercato di mettermi lo smalto alle unghie!»
Baxter rise. «No, ma grazie lo stesso.»
«Su, avanti, sei tu il capo. Farò tutto quello che mi dirai.»
«No. Devi imparare che non puoi controllare tutto. Hai sentito Simmons, pensa già di allontanarti dalle indagini. Lascia perdere.»
Wolf sembrava disperato.
«Permesso» disse Baxter, cercando di uscire dalla stanza.
Wolf non si mosse dalla soglia. «Non capisci. Io ho bisogno di aiutarti.»
«Permesso» ripeté lei, con più forza.
Wolf cercò di strapparle il fascicolo dalle mani. La cartelletta di plastica, tesa tra loro due, si piegò e si spezzò. Lei l’aveva già visto in precedenza in condizioni simili, durante le indagini sul Cremation Killer, quando la sua ossessione l’aveva inghiottito del tutto, quando lui aveva smesso di distinguere gli amici dai nemici.
«Will... lascia... andare!»
Non lo chiamava mai per nome. Provò ancora a sfilargli l’incartamento su Garland ma la sua presa era troppo forte. Non le restava altro da fare che chiedere aiuto. Una decina di agenti sarebbero entrati di corsa nella stanza e Wolf sarebbe stato esonerato dalle indagini seduta stante. Baxter si chiese se avesse sbagliato a permettere che le cose arrivassero a quel punto, ignorando i segnali d’avvertimento. Aveva voluto soltanto aiutarlo, ma adesso ne aveva abbastanza.
«Mi dispiace» sussurrò.
Sollevò la mano libera picchiando il pugno contro il vetro opaco ma, in quel momento, Edmunds si precipitò nella stanza, aprendo accidentalmente la porta contro la schiena di Wolf, che mollò la presa.
«Chiedo scusa» disse Edmunds. «C’è un certo agente Castagna al telefono, ti cerca per Andrew Ford.»
«Lo richiamo» disse Wolf.
«A quanto pare, minaccia di gettarsi dalla finestra.»
«Chi, l’agente Castagna o Ford?»
«Ford.»
«Per scappare o uccidersi?»
«È al quarto piano, quindi direi cinquanta e cinquanta.»
Wolf sorrise alla battuta, e Baxter lo vide ritrasformarsi nel solito, irriverente Wolf.
«Va bene, digli che arrivo subito.»
Fece un sorriso caloroso a Baxter e seguì Edmunds fuori. Baxter rimase nascosta dietro il vetro opaco. Espirò lentamente e poi si accovacciò per impedirsi di cadere a terra. Si sentiva mancare, svuotata emotivamente, dopo aver preso una decisione così importante che però non aveva potuto portare a termine, e adesso era ripiombata nella solita indecisione. Si alzò prima che entrasse qualcuno, prese fiato per ricomporsi e tornò alla sua scrivania.