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Sabato 28 giugno 2014
Ore 17.58
Wolf sedeva da solo nell’ufficio di Simmons. Sentendosi un intruso, notò i graffi recenti lasciati dai calci sferrati all’armadietto di metallo e i pezzi di intonaco rotto sul tappeto: le prime macerie del lutto. Attese, a disagio, giocherellando distrattamente con le bende umide sul braccio.
Dopo che Simmons era stato allontanato dalla sala interrogatori, Baxter vi era rientrata trovando Wolf accasciato accanto al corpo senza vita del sindaco, mentre il monsone interno continuava a infuriare. Non l’aveva mai visto così smarrito e vulnerabile, prima, lo sguardo fisso nel vuoto. Non si era nemmeno accorto della sua presenza. Con premura, lo aiutò a rialzarsi e lo condusse nel corridoio asciutto, dove una piccola folla osservò famelica come un segugio ogni loro movimento.
«Per l’amor di Dio» sbottò Baxter.
Sosteneva quasi tutto il peso di Wolf. Barcollando, attraversarono tutto l’ufficio ed entrarono nella toilette delle donne. Si sforzò di metterlo a sedere sul ripiano tra i due lavandini. Con delicatezza, gli sbottonò la camicia fradicia e gliela sfilò lentamente, sollevando con cura meticolosa il tessuto bruciato dalla ferita aperta e suppurante che gli ricopriva l’avambraccio. L’odore di deodorante da quattro soldi, sudore e carne bruciata riempì l’aria, e Baxter si scoprì irrazionalmente tesa, preoccupata che qualcuno potesse entrare da un momento all’altro e sorprenderla a fare qualcosa che in realtà non aveva niente di male.
«Stai fermo e aspetta» gli disse dopo aver tolto tutto quello che poteva dalla ferita. Ritornò di corsa nell’ufficio e rientrò pochi minuti dopo con un kit di primo soccorso e un asciugamano, che avvolse attorno ai capelli bagnati di Wolf. Senza saper bene quello che faceva, aprì a strappo la confezione e applicò le bende umide cauterizzanti sulla ferita, per poi mummificarla con una serie di giri di garza.
Pochi istanti dopo qualcuno bussò alla porta. Edmunds entrò e, senza alcun entusiasmo, le porse la sua camicia. Era stato costretto ad ammettere che indossava, sotto, una maglietta della salute. Anche se era alto, Edmunds aveva il fisico smagrito di uno studente e la sua camicia riusciva a malapena a coprire la stazza di Wolf, ma secondo Baxter era sempre meglio che niente. Dopo avergli chiuso la maggior parte dei bottoni, saltò anche lei sul ripiano e gli rimase accanto in silenzio per tutto il tempo che gli occorse per riprendersi.
Wolf trascorse il resto del pomeriggio in un angolo tranquillo dell’ufficio a scrivere il rapporto su ciò che era accaduto dentro la stanza chiusa. Ignorò i numerosi consigli non richiesti di farsi portare a casa da un’ambulanza. Alle sei meno dieci fu convocato nell’ufficio di Simmons, dove, preoccupato, attese l’arrivo dell’ispettore capo, che non aveva ancora visto da quando ore prima avevano avuto una colluttazione.
Mentre aspettava, Wolf ricordò vagamente Baxter e il bagno delle donne, ma gli sembrava tutto confuso, nebbioso, surreale. Si sentiva in imbarazzo per aver rinunciato alle flessioni quella mattina, e tutte le mattine dei quattro anni precedenti, e rabbrividì immaginandola osservare il suo corpo non curato e lievemente sovrappeso.
Udì Simmons entrare e chiudersi la porta alle spalle. Il suo capo si lasciò cadere sulla sedia davanti a lui ed estrasse una bottiglia di Jameson Irish Whiskey, un sacchetto con del ghiaccio e un tubo di bicchieri di plastica dei Transformers da una borsa della Tesco. Aveva ancora gli occhi arrossati da quando aveva dovuto comunicare la notizia alla moglie del sindaco Turnble prima della conferenza stampa. Mise del ghiaccio in due bicchieri, li riempì generosamente e poi ne fece scivolare uno sulla scrivania, verso Wolf, senza dire una parola. Bevvero un sorso in silenzio.
«È il tuo preferito, se non ricordo male» disse Simmons alla fine.
«Ottima memoria.»
«Come va la testa?» gli domandò Simmons, come se non avesse alcuna responsabilità della lieve ferita di Wolf.
«Meglio del braccio» rispose pronto Wolf. Se la quantità di garze che Baxter gli aveva avvolto attorno alla ferita era un indicatore, dubitava che i dottori avrebbero potuto salvargli l’arto.
«Posso essere sincero?» Simmons non attese la risposta. «Sappiamo entrambi che ci saresti tu al mio posto su questa sedia se non avessi combinato quel casino enorme. Sei sempre stato un detective migliore di me.»
Wolf mantenne un’espressione cortese e impassibile.
«Forse» continuò Simmons, «avresti preso decisioni migliori delle mie. Forse Ray sarebbe ancora vivo se...»
Le parole gli morirono in gola. Bevve un altro sorso.
«Non c’era modo di saperlo» disse Wolf.
«Che l’inalatore era stato riempito di liquido incendiario? Che le montagne di fiori che sono qua dentro da una settimana erano intrise di polline di ambrosia?»
Wolf aveva notato i sacchetti di plastica per le prove che racchiudevano i fiori mentre passava per l’ufficio.
«Di cosa?»
«A quanto pare è come la kriptonite per gli asmatici. E io l’ho portato qui dentro.»
Dimenticandosi che era di plastica, Simmons scagliò furioso il bicchiere contro la parete. Rimbalzò di nuovo sulla scrivania e, dopo un istante, lui se lo riempì.
«Quindi, vediamo di levarci ’sta cosa di mezzo prima che ritorni la comandante» disse Simmons. «Cosa ne facciamo di te?»
«In che senso?»
«Lo sai. Questa è la classica riunione in cui ti dico che sei troppo vicino al caso e ti consiglio di tirartene fuori, nell’interesse di tutti...»
Wolf fece per protestare, ma Simmons continuò.
«E a quel punto tu mi mandi affanculo. Allora io ti ricordo cos’è successo con Khalid. E tu mi mandi affanculo ancora. A quel punto mi vedo costretto a concederti di rimanere, ma ti avviso che al primo segno di preoccupazione da parte dei tuoi colleghi, del tuo psichiatra o da parte mia, sei fuori. Una bella chiacchierata, che ne dici?»
Wolf annuì. Sapeva che Simmons si stava esponendo per lui.
«Sette morti e, finora, le armi del delitto che abbiamo sono un inalatore, dei fiori e un pesce.» Simmons scosse il capo, incredulo. «Ricordi i bei vecchi tempi quando la gente aveva per lo meno la decenza di sparare in faccia?»
«Bei tempi» disse Wolf, sollevando il suo bicchiere di Optimus Prime.
«Bei tempi» fece eco Simmons, e brindarono.
Wolf sentì il cellulare vibrargli in tasca. Lo prese e lesse il brevissimo messaggio di Andrea.
MI DISPIACE
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Wolf di colpo si sentì a disagio. Sapeva che Andrea gli stava chiedendo scusa per qualcosa che andava oltre il disegno di un pene che gli aveva appena mandato, e che probabilmente secondo lei doveva essere un cuore. Stava per rispondere quando Baxter si precipitò nell’ufficio e accese il piccolo televisore alla parete. Simmons era troppo svuotato per riuscire a reagire.
«Quella stronza della tua ex ha deciso di fare il servizio» disse Baxter.
Andrea comparve a metà frase. Aveva un aspetto meraviglioso. Osservandola con oggettività, Wolf si rese conto di aver sempre dato per scontata la sua bellezza – i lunghi ricci rossi raccolti nell’acconciatura che lei di solito adottava per le feste e i matrimoni, gli occhi verdi scintillanti al punto da sembrare irreali. La ragione del suo tradimento gli fu immediatamente chiara. Non era all’esterno, in strada, la sua voce non era distorta dalla linea telefonica mentre sullo schermo compariva una sua vecchia fotografia, come fosse il numero di un pessimo ventriloquo. Era in diretta dallo studio. Presentava lei la trasmissione, proprio come aveva sempre voluto.
«...che la morte del sindaco Turnble questo pomeriggio è stata a tutti gli effetti un omicidio premeditato. Un omicidio collegato ai sei corpi scoperti a Kentish Town stamattina» disse Andrea, senza tradire il nervosismo che – Wolf lo sapeva – la pervadeva in quel momento. «Le immagini che stiamo per mostrarvi potrebbero urtare...»
«Chiama tua moglie, Fawkes. Adesso!» urlò Simmons.
«Ex» lo corresse Baxter, mentre tutti e tre, frenetici, armeggiavano con i loro telefoni.
«Sì, ho bisogno del numero della redazione di...»
«Due unità al 110 Bishopsgate...»
«La persona da lei chiamata non è al momento raggiungibile...»
In sottofondo, la trasmissione di Andrea continuava.
«...abbiamo conferma che la testa appartiene a Naguib Khalid, il Cremation Killer. Al momento non è chiaro come Khalid, che era rinchiuso...»
«Provo con la sicurezza del palazzo» disse Wolf, dopo aver lasciato ad Andrea tre secchi messaggi in segreteria: «Chiamami subito!»
«...apparentemente smembrati per poi essere ricuciti insieme a formare un corpo completo» disse Andrea sullo schermo, mentre le orribili fotografie comparivano una dopo l’altra, «che la polizia ha definito ’Ragdoll’, la bambola di pezza.»
«E questo chi l’ha detto?» sbottò Simmons, ancora al telefono con la centrale. Si fermarono tutti ad ascoltare la giornalista.
«...altri cinque nomi, con le date precise in cui verranno uccisi. Tra cinque minuti esatti vi riveleremo questi nomi. Sono Andrea Hall. Restate su questo canale.»
«Non oserà...» chiese Simmons a Wolf, incredulo, la mano sulla cornetta.
Quando Wolf non rispose, ciascuno riprese la sua telefonata interrotta.
Cinque minuti esatti dopo, Wolf, Simmons e Baxter osservarono le luci riaccendersi nello studio televisivo, dando l’impressione che Andrea avesse trascorso quel tempo seduta da sola al buio. Dietro di loro, i colleghi si stavano radunando davanti a un televisore che qualcuno aveva spostato dalla sala riunioni.
Erano arrivati troppo tardi.
Come c’era da aspettarsi, Andrea non aveva risposto ai messaggi di Wolf. Gli addetti alla sicurezza si erano barricati davanti agli uffici dell’emittente e gli agenti che Simmons aveva inviato dovevano ancora arrivare sulla scena. Simmons si era messo in contatto con il caporedattore, il cui nome conosceva fin troppo bene. Aveva informato quell’uomo insopportabile che stava sabotando un’indagine di omicidio, cosa che avrebbe potuto farlo finire in galera. Quando la minaccia non aveva sortito effetto, Simmons aveva provato ad appellarsi alla sua umanità ammettendo che non avevano ancora informato le persone sulla lista della minaccia nei loro confronti.
«Allora vi stiamo risparmiando la fatica» aveva risposto Elijah. «E non dica che non facciamo niente per voi.»
Aveva rifiutato di lasciarli parlare con Andrea e aveva subito riappeso. Adesso non potevano fare altro che guardare la trasmissione, come il resto del mondo. Simmons versò altri tre bicchieri di whiskey. Baxter, seduta sulla scrivania, annusò con sospetto il liquido ambrato, ma lo ingollò comunque tutto d’un fiato. Stava per chiedere di vedere la lista confidenziale, dato che entro pochi minuti sarebbe comunque stata di pubblico dominio, quando la trasmissione riprese.
Andrea sbagliò la prima inquadratura e Wolf capì che era in ansia, incerta, aveva dei ripensamenti. Sapeva che, sotto quella scrivania minimalista, le ginocchia le tremavano come sempre accadeva quando era nervosa. La donna alzò lo sguardo verso l’obiettivo, in cerca dei milioni di occhi invisibili che la stavano guardando, e Wolf capì che stava cercando lui in particolare, che stava cercando una via di fuga dalla fossa che si era scavata lei stessa.
«Andrea, sei in diretta» le sibilò una voce agitata nell’orecchio. «Andrea!»
«Buonasera, sono Andrea Hall, bentornati...»
Trascorse i cinque minuti seguenti riassumendo la notizia e rimandando in onda le macabre immagini per i numerosi telespettatori che si erano sintonizzati solo in quel momento. Iniziò a balbettare quando spiegò che una lista scritta a mano le era stata inviata insieme alle fotografie, e le mani le tremavano visibilmente quando arrivò il momento di leggere ad alta voce le sei sentenze di morte.
«Il sindaco Raymond Edgar Turnble, sabato 28 giugno.
«Vijay Rana, mercoledì 2 luglio.
«Jarred Andrew Garland, sabato 5 luglio.
«Andrew Arthur Ford, mercoledì 9 luglio.
«Ashley Danielle Lochlan, sabato 12 luglio.
«E lunedì 14 luglio...»
Andrea fece una pausa, ma non per effetto drammatico (aveva letto l’elenco in fretta, senza senso dello spettacolo, voleva solo finirla il prima possibile), ma perché dovette asciugarsi una lacrima sporca di mascara dall’angolo di un occhio. Si schiarì la voce e spostò i fogli che aveva davanti, cercando senza successo di dare l’idea che un refuso o un foglio mancante l’avesse interrotta. Si mise le mani davanti alla faccia, le spalle che tremavano, d’un tratto consapevole di tutto il peso di ciò che stava per dire.
«Andrea? Andrea?» sussurrò qualcuno dietro la telecamera.
Andrea tornò a rivolgersi ai suoi spettatori; una quantità record, si sarebbe saputo. Era il suo momento, e lo affrontò con delle sgraziate macchie di trucco nero sulla faccia e sulle maniche.
«Sto bene.»
Una pausa.
«E lunedì 14 luglio, l’agente della Metropolitan Police e detective incaricato dell’indagine sugli omicidi del caso Ragdoll. Il detective William Oliver Layton-Fawkes.»