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Nell’elegante ufficio, l’Oberstgruppenführer Wulf Konrad Fischer si concedeva un’altra sigaretta, offrendone una al suo secondo in comando, Scheermann. Fischer la accese per lui, godendosi il rovesciamento di ruoli: un gesto che dimostrava la sua sicurezza, così come la fiducia nel capitano.
Si avvicinò alla finestra che a ovest si affacciava sul lago e alzò il binocolo. Vide la barca di Alban muoversi intorno alla piccola sagoma di Pendergast. Se il ragazzo aveva qualche scrupolo riguardo la missione di uccidere suo padre, al momento non sembrava evidente.
«Che bello spettacolo. Dia un’occhiata, Oberführer.»
Fischer si scostò e lasciò guardare la scena al suo secondo. Attese, inalando il tabacco di Laodicea, coltivato nelle loro fattorie, il migliore di tutto il Sud America.
«Sì, davvero affascinante» rispose Scheermann abbassando il binocolo. «Alban sembra all’altezza della situazione. Lascia ben sperare.»
Un istante di silenzio. «Vedremo se riuscirà a ucciderlo.»
«Sono sicuro di sì, mein Oberstgruppenführer. La sua educazione e il suo addestramento sono stati impeccabili.»
Fischer non rispose. La verità era che il test finale doveva ancora avere luogo. Aspirò il fumo, lasciandolo uscire dalle narici. «Mi dica: ci sono sopravvissuti tra gli invasori?»
«Nessuno. In cinque sono riusciti a entrare nella fortezza, ma Alban e i nostri soldati li hanno uccisi. Abbiamo trovato tutti i corpi.»
«Vittime nella brigata dei Gemelli?»
«Nessuna. Anche se abbiamo perso un numero considerevole di soldati semplici: una ventina. Sto ancora aspettando il conteggio definitivo.»
«Disdicevole.» Fischer riprese il binocolo e osservò di nuovo la scena. Era quasi come guardare due bambini che giocavano nel lago: la barca si muoveva lentamente, il nuotatore si tuffava e riemergeva per prendere fiato. A quella distanza, tutto sembrava procedere al rallentatore. Ma poi accadde qualcosa: nella barca pareva esserci una falla; Pendergast nuotava dritto verso la spiaggia.
La logica diceva a Fischer che Pendergast non era all’altezza di suo figlio, il quale possedeva tutti i suoi geni migliori, potenziati, ed era privo di quelli peggiori. E che era stato addestrato fin dalla nascita per quel tipo di confronto.
«Un grande spettacolo» commentò, sempre in tono sicuro. «I Romani del Colosseo ne sarebbero stati invidiosi.»
«Sì, Oberstgruppenführer.»
Quella sensazione fastidiosa, quell’ombra di incertezza, tuttavia era dura a morire: mentre la battaglia nel lago si prolungava, il dubbio non poté che crescere. Infine, Fischer disse: «Sono convinto che Pendergast, se raggiungerà la spiaggia, andrà al campo dei subnormali. Alban lo inseguirà, naturalmente, ma per esseri sicuri che non ci siano problemi voglio che mobiliti un’unità di soldati semplici e una brigata dei Gemelli, ora che sono pronti, e li trasporti dall’altra parte del lago. Per sostenere Alban. Solo per scrupolo, capisce, nulla di più». Provò a mostrarsi disinvolto.
«Subito, Oberstgruppenführer.»
«Faccia in fretta.»
L’Oberführer Scheermann se ne andò con un saluto sbrigativo. Fischer tornò a guardare ancora in direzione del lago. Ora Alban era in piedi sulla barca, sparava… e mancava il bersaglio. Di certo si trattava di un colpo molto difficile, poiché l’obiettivo era in movimento. Così come era difficile tenere l’arma in equilibrio e non farsi abbagliare dalla luce del sole.
Eppure…