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Il dottor John Felder non era mai stato a Southport, nel Connecticut, prima di allora, e ne rimase affascinato. Era una cittadina graziosa e tranquilla nella caotica contea di Fairfield. Mentre svoltava da Pequot Avenue in Center Street, diretto al centro storico, pensò che non sarebbe stato male vivere in un posto così.

Si respirava la tipica atmosfera del New England. Gli edifici erano per lo più in stile coloniale, risalenti all’inizio del Ventesimo secolo, con le assicelle in legno bianco, i recinti di paletti e i prati curati e con tanti alberi. Anche la biblioteca era notevole: una struttura romanica irregolare di pietra lavorata con rifiniture estrose. L’unico neo della città sembrava essere una vecchia tenuta a poca distanza dalla biblioteca, un edificio decadente in stile Regina Anna che sembrava appartenere alla famiglia Addams, con le imposte divelte, alcune tegole fuori posto e un prato infestato dalle erbacce.

Il morale si risollevò quando entrò nella cittadina vera e propria. Accostando in un parcheggio di fronte allo yacht club, consultò un biglietto scritto a mano, poi attraversò la strada fino ad arrivare a un allegro edificio di legno a un piano che si affacciava sul porto.

L’interno del museo storico di Southport odorava di vecchi libri e vernice per mobili. Raccoglieva molti oggetti antichi ben conservati; era deserto tranne che per una donna ben pettinata di una certa età, che ricamava su una sedia a dondolo.

«Buon pomeriggio» lo salutò. «Posso aiutarla?»

«In realtà sì» rispose Felder. «Mi chiedevo se potesse rispondere a qualche domanda.»

«Sarò lieta di dirle tutto quello che posso. Prego, si accomodi.» La donna indicò una sedia a dondolo di fronte alla sua.

Felder si sedette. «Sto facendo alcune ricerche sul pittore e illustratore Alexander Wintour. So che la sua famiglia è originaria di questa zona.»

La donna annuì. «Sì, è vero.»

«Sono interessato ai suoi lavori, in particolare agli album degli schizzi. Mi chiedevo se esistono ancora e se lei potesse aiutarmi a capire da dove cominciare a cercarli.»

La donna si posò il ricamo in grembo. «Be’, ragazzo mio, posso confermarle che quasi sicuramente esistono. E so anche dove può trovarli.»

«Questa è una bella notizia» rispose Felder, percorso da un piccolo brivido. Sarebbe stato più facile del previsto.

«Sappiamo qualcosa della famiglia Wintour» proseguì la donna. «Alexander Wintour non ha mai spiccato, se così si può dire. Era un illustratore con un buon occhio, ma non quello che si potrebbe definire un vero artista. Tuttavia il suo lavoro è interessante da un punto di vista storico. Ma di certo le dico cose di cui è già al corrente.»

Gli rivolse un sorriso radioso.

«No, no» si affrettò ad assicurarle Felder. «Vada avanti, la prego.»

«Per quanto riguarda la famiglia, il figlio di sua sorella – suo nipote – ha fatto un buon matrimonio. Ha sposato la figlia di un magnate della navigazione locale. Alexander, che non si sposò mai, si trasferì dalla casa dei Wintour su Old South Road nella vicina residenza di suo nipote, molto più maestosa.»

Felder annuì impaziente. «Continui.»

«Quel magnate della navigazione era un appassionato collezionista di cimeli letterari, libri, manoscritti, litografie stravaganti e in particolare materiale epistolare. Si dice che abbia ottenuto la collezione completa della corrispondenza del pittore Albert Bierstadt durante un viaggio in California nel 1882, che comprendeva decine di schizzi. Era riuscito a procurarsi anche una serie di lettere d’amore scritte da Grover Cleveland a Frances Folsom, prima che diventasse sua moglie: fu l’unico presidente degli Stati Uniti a sposarsi alla Casa Bianca, come saprà.»

«No, non lo sapevo» ammise Felder avvicinandosi un po’ alla donna.

«Be’, poi c’erano le lettere che Henry James inviò al suo redattore di Houghton Mifflin mentre scriveva Ritratto di signora. Davvero una collezione notevole.» Incrociò le dita sul ricamo. «In ogni caso, Alexander Wintour morì giovane. Visto che non aveva eredi, si dice che sua sorella ereditò gran parte della sua produzione artistica, oltre a una collezione di dipinti che furono donati, credo, alla New York Historical Society. Gli album e i taccuini devono essere passati al nipote. Lui e la sua ricca moglie ebbero una sola figlia, la pronipote di Alexander. È ancora viva e abita qui a Southport. Noi del museo pensiamo che gli album di Wintour si trovino nella sua biblioteca, insieme alla collezione di lettere e manoscritti di suo nonno. Naturalmente, saremmo molto lieti di averli, ma…» La donna sorrise.

Felder era esaltato. «Questa è una magnifica notizia. Mi dica dove vive, per favore, vorrei farle visita.»

Il sorriso della donna si spense. «Oh Dio.» Esitò un istante. «Credo sia un problema. Non intendevo incoraggiare le sue speranze.»

«Cosa intende?»

La donna indugiò ancora. «Le ho detto dove potevano trovarsi gli album, ma non che sarebbe riuscito a vederli

Felder la fissò. «Perché no?»

«La signorina Wintour… be’, non per mettere il dito nella piaga, ma è sempre stata strana fin da bambina. Non esce mai, non ha mai compagnia, non vede mai nessuno. Dopo la morte dei suoi genitori è rimasta chiusa in casa. E quel suo spaventoso domestico…» La donna scosse la testa. «È davvero una tragedia, i suoi genitori erano un tale pilastro della comunità.»

«Ma la sua biblioteca…?» intervenne Felder.

«Oh, molti hanno provato ad accedervi, studiosi e persone del genere, sa – in particolare le lettere di Henry James e Grover Cleveland hanno un’importanza storica e letteraria – ma lei ha mandato via tutti. Una delegazione di Harvard è venuta espressamente per esaminare le lettere di Bierstadt. Le hanno offerto una somma considerevole, così si dice. Ma lei non li ha lasciati nemmeno entrare.» La donna si chinò in avanti, toccandosi la tempia con la punta del dito. «È matta» sussurrò con aria confidenziale.

«Non c’è… nulla che io possa fare? È davvero importante.»

«Sinceramente, sarebbe un miracolo se la lasciasse entrare. Mi dispiace doverglielo dire, ma conosco diversi studiosi che stanno aspettando…» abbassò la voce «il momento in cui non ci sarà più.»

Felder si alzò.

«Mi dispiace di non poterla aiutare di più.»

Felder sospirò. «Ho fatto molta strada per arrivare qui. Visto che ci sono, posso comunque fare un tentativo.»

Un’espressione compassionevole si dipinse sul volto della donna.

«Può dirmi dove trovare la casa, per favore?» chiese. «Non c’è nulla di male se vado a bussare alla porta, no?»

«No, non c’è nulla di male, ma se fossi in lei non riporrei troppe speranze nella visita.»

«Non lo farò. Potrebbe darmi l’indirizzo?» Felder prese il biglietto con le indicazioni per annotarlo.

«Oh, non le servirà. Non può sbagliare. È la grande tenuta su Center Street, vicino alla biblioteca.»

«Non sarà quell’edificio fatiscente?» Felder sentì il suo entusiasmo che si smorzava.

«Proprio quello. È spaventoso come abbia lasciato che la casa di famiglia andasse in rovina. Una vera spina nel fianco per la comunità. Come ho detto, più di uno sta solo aspettando…» Lasciò la frase in sospeso, per decoro, mentre riprendeva il suo ricamo.

Due tombe
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