Senza smettere di avanzare, provai a immaginare il Guardiano che si lanciava al nostro inseguimento. Probabilmente riusciva a correre nella neve come un orco. Era mille volte più forte di me, e non portava pesi sulla schiena. Inoltre avrebbe usato qualche attrezzo che gli permettesse di procedere agevolmente. Dovevo portarmi più avanti possibile prima che lui tornasse alla sua baracca. Altrimenti eravamo spacciati.

Mi venne in mente la ragazza rimasta ad attendermi nella biblioteca, davanti alla stufa. Sul tavolo era posata la fisarmonica, nella stufa ardeva un bel fuoco, dal becco della teiera si innalzava caldo vapore. Ripensai alla sensazione dei suoi capelli che mi sfioravano la guancia, delle sue dita che si posavano sulla mia spalla. Ma non potevo lasciar morire in quel posto la mia ombra. Se il Guardiano ci avesse riacciuffati, l'avrebbe di nuovo buttata a marcire - e a morire - in quello scantinato. Un passo dopo l'altro, mi sforzavo disperatamente di avanzare, voltandomi ogni tanto indietro a controllare il fumo grigio che si innalzava al di là della muraglia.

Lungo la strada incrociammo moltissime bestie. Vagavano senza meta, cercando nella neve alta lo scarso cibo. Mi osservavano in silenzio con i profondi occhi azzurri mentre passavo loro accanto con la mia ombra sulla schiena. Sembrava che comprendessero perfettamente il significato della nostra marcia.

Quando attaccai la salita, mi venne il fiato corto. Il peso della mia ombra si faceva sentire, e i piedi mi sprofondavano nella neve. A pensarci bene, era da tanto tempo che non facevo del moto vero e proprio. Le nuvolette bianche del mio fiato diventavano sempre più fitte, e la neve che aveva ricominciato a cadere mi entrava negli occhi.

- Come va? - mi chiese da dietro la mia ombra. - Vuoi riposarti un poco?

- Sì, soltanto cinque minuti, scusami. Cinque minuti mi bastano per ritrovare le forze.

- Sì, certo, non ti preoccupare. La colpa è mia che non posso camminare. Riposa pure quanto vuoi. Sono io che ti ho trascinato in questa storia.

- Però è anche per il mio bene, no?

- Io credo di sì.

La feci scendere, mi accovacciai nella neve e respirai a fondo. Avevo talmente caldo che non sentivo neppure il gelo della neve. Le mie gambe, dall'inguine alla punta delle dita dei piedi, erano dure come pietre.

- A volte però mi vengono dei dubbi, - aggiunse la mia ombra. - Se non ti avessi detto nulla e fossi morta tranquillamente, tu magari avresti continuato a vivere felice qui senza problemi.

- Può darsi, - dissi.

- Perché ero io che te lo impedivo.

- Però dovevo sapere.

La mia ombra annuì. Poi alzò il viso a guardare il fumo grigio che si innalzava dal bosco di meli.

- A giudicare dal fumo, il Guardiano ne avrà ancora per un bel po', a bruciare bestie morte, - disse. - E la salita è quasi terminata. Una volta superata la collina a ovest basta che contorniamo quella a sud. Se arriviamo lì siamo fuori pericolo, il Guardiano non ci potrà raggiungere -. Prese una manciata di neve soffice e la sparse al suolo. - All'inizio è stato per intuizione che ho capito che questa città aveva un'uscita nascosta. Poi è diventata una convinzione. Perché la città è perfetta, e la perfezione include ogni possibilità. In tal senso, questa non la si può definire una città. È qualcosa di più fluido e globale. Cambia forma di continuo permettendo tutto, e così mantiene la sua perfezione. Insomma, questo non è certamente un mondo fisso e completo. È un mondo che si completa mutando. Di conseguenza, se noi desideravamo una via di fuga, la via di fuga doveva esserci. Capisci cosa voglio dire?

- Sì, benissimo, - dissi. - Anch'io ieri sono arrivato alla stessa conclusione. Questo è il mondo della possibilità. Qui c'è tutto, e non c'è niente.

Seduta per terra, la mia ombra mi guardò fisso in viso. Poi annuì più volte in silenzio. Intanto i fiocchi di neve cadevano sempre più fitti. Una nevicata eccezionale stava per seppellire la città.

- Se esisteva necessariamente una via di fuga, bastava andare per esclusione, - continuò la mia ombra. - Prima di tutto bisognava scartare il cancello. Se fossimo scappati di lì, il Guardiano ci avrebbe presi in quattro e quattr'otto. Conosce il territorio palmo a palmo, quello. E poi il cancello è la prima via di fuga a cui penserebbe chiunque progettasse di scappare. L'uscita invece non poteva essere qualcosa di tanto ovvio. Anche la muraglia era esclusa. E il cancello orientale. È bloccato, e ci sono robuste sbarre perfino all'ingresso del fiume. Scappare di lì è impossibile. Restava soltanto il lago a sud. Ce ne andremo da questa città insieme al fiume.

- Ne sei convinta?

- Sì, più che convinta. Ogni uscita della città è ermeticamente sbarrata, soltanto il lago è stato lasciato così com'è. Non ti sembra strano che non sia cintato? Il solo recinto che vi abbiano posto è la paura. Se riusciremo a vincere la paura, saremo più forti anche della città.

- Quand'è che hai capito tutto questo?

- La prima volta che ho visto il fiume. Una volta soltanto il Guardiano mi ha portata vicino al ponte occidentale. Guardando l'acqua mi sono detta che non mi dava l'impressione di essere cattiva, malintenzionata. Era piena di senso vitale. Se ci fossimo abbandonati alla corrente e avessimo seguito il suo corso, saremmo di sicuro usciti dalla città, e avremmo potuto tornare nel mondo dove la vita vera si manifesta nella sua forma autentica. Hai fiducia in quello che sto dicendo?

- Sì, ti credo. Credo nelle tue parole. Forse il fiume conduce proprio lì. Nel mondo che ci siamo lasciati alle spalle. Adesso poco per volta riesco a farmelo tornare in mente. L'aria, i suoni, la luce... È stata la musica a riportarmi tutto alla memoria.

- Se quello sia un mondo ben fatto o no, io non lo so, - prosegui la mia ombra. - Ma perlomeno è il mondo al quale noi due apparteniamo. Pieno di cose belle, ma anche di cose brutte. E di cose né belle né brutte. È lì che tu sei nato. Ed è lì che morirai. Quando tu morirai sparirò anch'io. È la cosa più naturale.

- Forse hai ragione, - dissi.

Di nuovo guardammo insieme la città ai nostri piedi. La Torre dell'Orologio, il fiume, il ponte, e poi la muraglia, il fumo... tutto era nascosto dalla neve che aveva ripreso a cadere fitta. Vedevamo soltanto una cortina bianca che andava dal cielo alla Terra.

- Se sei pronto, dovremmo muoverci, - disse la mia ombra. - Con questo tempo, può darsi che il Guardiano rinunci a finire il suo lavoro e torni prima alla baracca.

Feci cenno di sì e mi alzai, scuotendo dal berretto la neve che vi si era accumulata.