Anzi, l'espressione «cimitero degli elefanti» non è adatta. Perché non è un posto dove sono raccolti i ricordi morti. Sarebbe più esatto definirlo una «fabbrica di elefanti». Lì dentro innumerevoli ricordi e frammenti di coscienza vengono selezionati, combinati in assemblaggi complicati che formano delle linee, le quali a loro volta si combinano in maniera complessa a formare una matassa. Matassa che formerà un sistema. Una vera e propria fabbrica. Una fabbrica produttiva. Naturalmente il direttore è lei, ma sfortunatamente non la può visitare. È come il paese delle meraviglie di Alice: per introdursi lì dentro è necessaria una pozione speciale. Davvero ben pensata, quella storia di Lewis Carroll.

- E i nostri schemi operativi vengono definiti in base agli ordini emessi dalla «fabbrica di elefanti»?

- Precisamente, - disse il Professore. - Cioè...

- Un momento, per favore, - lo interruppi. - Mi lasci fare una domanda.

- Prego, prego.

- La logica del discorso l'ho capita. Tuttavia, gli schemi operativi non possono essere dilatati fino a determinare le nostre azioni concrete in superficie. Per esempio, se il mattino insieme al pane voglio bere del latte, del caffè o del tè, non dipende dal mio umore?

- Proprio così, - disse il Professore annuendo. - Un altro problema è che l'inconscio umano è mutevole. Lo si può paragonare a un'enciclopedia che pubblichi un'edizione aggiornata ogni giorno. Per stabilizzare il sistema di pensiero umano è necessario risolvere queste due difficoltà.

- Difficoltà? In cosa consiste la difficoltà? Non sono azioni del tutto naturali per gli esseri umani?

- Con calma, con calma, - disse il Professore come per rabbonirmi. - Se ci inoltriamo in questo terreno, diventa una questione di teologia. Il determinismo, quella roba lì. Le azioni umane sono determinate da Dio, oppure totalmente spontanee? I progressi della scienza moderna naturalmente sono tutti a sostegno della spontaneità fisiologica delle persone. Ma che cos'è, la spontaneità? Nessuno sa dirlo con esattezza. Non c'è nessuno che conosca bene quello che succede nella «fabbrica di elefanti» dentro di noi. Freud e Jung hanno inventato diverse teorie, ma non erano altro che termini tecnici per poter parlare dell'argomento. Molto utili, ma non è che abbiano risolto il problema della spontaneità. A me pare che abbiano soltanto dato alla psicologia una sfumatura filosofica.

Detto ciò, il Professore scoppiò nella sua rimbombante risata. Io e la ragazza aspettammo in silenzio che lui finisse di ridere.

- Io, per parte mia, sono piuttosto per il pensiero realistico, - continuò. - Per usare un detto antico, dai a Cesare quel che è di Cesare, a Dio quel che è di Dio. La metafisica dopotutto è soltanto un mucchio di chiacchiere semantiche. Prima di buttarsi anima e corpo lì dentro, c'è una montagna di altre cose che deve essere risolta, e in posti ben definiti. Per esempio questo problema della scatola nera. Se la si lascia stare così com'è, senza metterci mano, va tutto bene. È sensato usarla senza alterarne la natura. Tuttavia... - A questo punto il Professore alzò un dito. - Tuttavia è necessario risolvere i due problemi di cui ho parlato prima. Uno è la casualità delle azioni a livello superficiale, l'altro è la mutazione indotta nella scatola nera dall'accumularsi di esperienze nuove. Non sono problemi di facile soluzione. Perché per ogni persona sono comportamenti del tutto naturali, come ha detto lei prima. Gli esseri umani finché sono in vita fanno diverse esperienze, che istante dopo istante vanno accumulandosi. La morte è il cessare di questo fenomeno.

A questo proposito io ho concepito una mia teoria. Cosa succede se a un certo punto, per un attimo, viene bloccata la scatola nera di una persona? Se dopo deve cambiare, lasciamola pure cambiare. Non importa. Ma se in quel preciso istante viene bloccata così com'è, a un segnale convenuto potrebbe riprendere quell'esatta forma. Una sorta di congelamento-lampo, insomma.

- Aspetti un momento! - dissi. - Questo significa introdurre in una persona due diversi sistemi di pensiero.

- Bravo! - fece il Professore. - Si tratta esattamente di questo. Capisce in fretta, lei. Le mie aspettative erano ben riposte. È proprio come dice lei. Il sistema di pensiero A è normalmente preservato. Ma sull'altra faccia cambia ininterrottamente in A', A", A'". È come mettere nella tasca destra dei pantaloni un orologio fermo e nella sinistra un orologio funzionante. A seconda del bisogno si può estrarre quello che si vuole. Il che risolve uno dei problemi.

L'altro problema possiamo risolverlo usando lo stesso principio. Basta interrompere la capacità di scelta a livello superficiale nel sistema di pensiero A, quello originale. Mi segue?

- No, - dissi. Non lo seguivo.

- Si tratta di eliminare lo strato superficiale, come un dentista asporta lo smalto di un dente, lasciando solo gli elementi centrali indispensabili, il nucleo della coscienza. In questo modo non si generano veri e propri errori. Poi congelare il sistema di pensiero che è stato privato dello strato superficiale e gettarlo in un pozzo. Di colpo. Questo è lo schema dello shuffling. Prima di entrare nel Sistema, ero arrivato a questo punto nell'elaborazione della mia teoria.

- Il che implicava un'operazione al cervello.

- Un'operazione al cervello era necessaria, - disse il Professore. - Quando la ricerca sarà più avanzata, probabilmente non ci sarà più bisogno di operazioni. Saremo in grado di creare artificialmente una condizione simile con manipolazioni esterne, come l'ipnotismo. Attualmente però non è possibile. Possiamo soltanto sottoporre il cervello a degli stimoli elettrici. In pratica alterare artificialmente il flusso nei circuiti cerebrali. Niente di eccezionale. Niente di più delle normali operazioni che oggi si effettuano sui malati di epilessia. Compensare l'elettricità che viene generata da una distorsione del cervello... posso usare qualche parola tecnica?

- D'accordo, - dissi. - Lo stretto necessario.

- Si tratta di creare un raccordo nel flusso dei liquidi cerebrali. Una biforcazione, insomma. E inserirvi un elettrodo e una microscopica batteria. Così si può manovrare lo scambio con un segnale fisso.

- Vuol dire che nella mia testa sono stati inseriti un elettrodo e una batteria?

- Naturalmente.

- Sono senza parole.

- Senta, non è una cosa tanto terribile o eccezionale come lei sembra pensare. È grande come un pisello, ci sono migliaia di persone al mondo che se ne vanno in giro con un arnese del genere in corpo. E c'è un'altra cosa che le devo dire: il sistema di pensiero originale, cioè il circuito dell'orologio fermo, è un circuito cieco. Una volta che ci è entrato, temporaneamente lei non ha coscienza del flusso al suo interno. Non sa cosa ha pensato né cosa ha fatto. Se così non fosse, ci sarebbe il pericolo che lei alteri da solo il suo sistema di pensiero.

- Ma non c'è anche il problema delle irradiazioni del nucleo genuino della coscienza, privata della scorza superficiale? È quello che mi ha detto una persona della sua équipe dopo l'operazione. Che quelle irradiazioni potevano avere sul cervello un influsso molto forte.

- È vero, c'è anche quel problema. A questo proposito, però, le opinioni variavano. All'epoca erano solo supposizioni. Non avevamo prove, pensavamo soltanto che esistesse questa eventualità. Lei prima ha parlato di cavie umane, e a dir la verità abbiamo fatto degli esperimenti su diversi individui. Dato che non era il caso di mettere a rischio un materiale umano prezioso come voi Cibermatici, il Sistema ci ha fornito una decina di persone ordinarie, le abbiamo operate e abbiamo studiato i risultati.

- Chi erano?

- Questo nessuno ce l'ha detto. Ad ogni modo erano dieci uomini giovani e in buona salute. Senza nessuna malattia nervosa, con un QI superiore a 120. Chi ci avessero portato e con che mezzo, non lo sapevamo. Quella volta i risultati sono stati appena passabili. In sette persone su dieci, lo scambio inserito nel cervello funzionava. Negli altri tre non funzionava, il sistema di pensiero si bloccava in una delle due funzioni, oppure le mischiava. Sette però avevano risposto bene.

- Cosa è successo alle persone che hanno mischiato le due funzioni?

- Ovviamente le abbiamo riportate allo stato originale. Non hanno avuto nessun danno. Per gli altri sette, sono emersi alcuni problemi mentre seguivano l'allenamento. Uno era di natura tecnica, gli altri riguardavano le persone stesse. Prima di tutto il segnale per azionare lo scambio era ambiguo. All'inizio avevamo inserito come segnale un numero a cinque cifre opzionali, ma per qualche ragione alcuni di loro reagivano all'odore del succo d'uva. L'abbiamo capito all'ora di pranzo, quando abbiamo tirato fuori appunto del succo d'uva.

La ragazza grassa ridacchiò, ma io non ci trovai nulla di divertente. Dopo aver subito l'operazione che mi aveva messo in grado di effettuare uno shuffling, diversi odori avevano cominciato a darmi fastidio. Per esempio ogni volta che sentivo il suo profumo al melone mi sembrava di udire un rumore dentro la testa. Bel guaio se passavo da un sistema di pensiero all'altro ogni volta che sentivo determinati odori!

- Abbiamo risolto il problema inserendo tra i numeri delle particolari onde sonore. Era successo che la reazione provocata dal segnale di chiamata assomigliava molto alla reazione ad alcuni odori. Un altro problema era che in alcune persone lo scambio funzionava bene, ma il sistema di pensiero originale no. Dopo accurate analisi, abbiamo capito che dipendeva dal fatto che c'erano dei problemi nelle persone stesse. Il nucleo della loro coscienza era per natura troppo instabile o diluito. Avevano una sana capacità cognitiva, ma l'identità spirituale non era solida. C'erano anche degli individui che non avevano sufficiente controllo nei confronti di se stessi. Avevano sufficiente identità, ma non essendo abituati a disciplinarla, a noi non servivano. Così risultò chiaro che non tutti possono acquisire con un'operazione la capacità di effettuare uno shuffling. Al contrario, c'è un problema di idoneità.

Per tutte queste ragioni restarono in lizza solo tre persone. Tutte e tre cambiavano sistema di pensiero al segnale convenuto e riuscivano a usare il sistema di pensiero originale congelato in maniera efficace e stabile. Dopo aver fatto diversi esperimenti su di loro per un mese, a quel punto ci hanno dato il permesso di procedere.

- Allora avete sottoposto all'operazione dei Cibermatici?

- Precisamente. Abbiamo intervistato e fatto passare dei test a cinquecento Cibermatici, e tra loro abbiamo scelto ventisei uomini in buona salute, senza malattie nervose, dotati di una forte indipendenza spirituale, in grado di controllare pienamente le proprie azioni e le proprie emozioni. È stato un lavoro lungo e minuzioso. Sono tante le cose che non si riescono a capire soltanto con i test e i colloqui. Inoltre il Sistema ci ha fornito dei rapporti dettagliati su ciascuno di voi: ambiente d'origine, risultati scolastici, famiglia, abitudini sessuali, abitudini alimentari... tutto, un'indagine completa. Vi abbiamo ripuliti da capo a piedi, come dei bambini appena nati. Per questo io la conosco meglio di quanto conosca me stesso.

- C'è una cosa che non mi è chiara. Da quel che ho sentito, il nucleo della nostra coscienza, cioè la scatola nera, pare che sia custodito negli archivi del Sistema. Com'è possibile?

- Abbiamo scrupolosamente decifrato il tracciato del vostro sistema di pensiero. Poi ne abbiamo creato una copia che è custodita nella Banca Centrale. Se non l'avessimo fatto, nel caso vi fosse successo qualcosa non avremmo potuto sapere dove vi trovavate. Una sorta di assicurazione, insomma.

- Si tratta di una copia perfetta?

- No, naturalmente non può esserlo, ma il fatto che lo strato superficiale del vostro sistema di pensiero sia stato ben asportato ha reso l'operazione molto più facile, quindi dal punto di vista del funzionamento le copie sono quasi perfette. Per la precisione, ogni copia è stata realizzata con tre tipi di coordinate piane e di olografie. Con i vecchi computer queste cose non erano possibili, ma i computer attuali contengono delle funzioni simili a quella famosa «fabbrica di elefanti», e valgono quanto le strutture mentali più complicate. In pratica è un problema di capacità di identificare la topografia cerebrale. Ma il discorso sarebbe troppo lungo, lasciamo perdere. Per spiegarle nella maniera più semplice e comprensibile, rilevare un tracciato consiste in questo: prima di tutto si immette nel computer lo schema elettrico emesso dalla mente. Lo schema ogni volta è leggermente sfasato. Questo è dovuto al fatto che le chips che formano le linee si ricombinano in continuazione, e la stessa cosa fanno a loro volta le linee che formano i fasci. Alcuni ricombinamenti non hanno significato quantificabile, altri sì. Questo lo giudica il computer. Si libera dei primi e registra i secondi in quanto schemi di base. Ripete più e più volte quest'operazione per milioni di unità. È come sovrapporre strati su strati di pellicola trasparente. Dopo aver verificato che non ci siano più sfasamenti, registra lo schema, cioè la scatola nera.

- Insomma una riproduzione del mio cervello?

- No, non è così. Il cervello non è riproducibile. Non ho fatto altro che fissare il suo sistema mentale a livello di fenomeno. È in una dimensione temporale limitata. In questo infatti il cervello ha una flessibilità molto più elevata dei nostri computer, dobbiamo ammetterlo. Il mio intervento tuttavia non si limita a questo. Sono anche riuscito a proiettare l'immagine della sua scatola nera, - disse il Professore guardando alternativamente me e la nipote. - L'immagine del nucleo della sua coscienza. Nessuno ci era mai riuscito finora. Perché era impossibile. Io l'ho reso possibile. Come pensa che abbia fatto?

- Non ne ho idea, - dissi.

- Ho mostrato alle persone che subivano l'esperimento un oggetto, analizzato le reazioni elettriche provocate nel loro cervello da quella vista, le ho convertite in numeri, poi in punti. All'inizio è apparso soltanto un disegno molto rudimentale, ma a forza di ripetere l'operazione e aggiungere dettagli, sullo schermo del computer si è formata l'immagine esatta dell'oggetto originale. Detto così sembra facile, ma in realtà è una cosa che richiede tempo e pazienza. Ad ogni modo, in parole povere il procedimento è questo. E a forza di ripeterlo, il computer assimila il processo e finisce col riprodurre automaticamente le immagini ricevute dalle reazioni elettriche del cervello. I computer sono davvero creature gentili. Se diamo loro delle indicazioni coerenti, lavoreranno di sicuro in maniera coerente.

Quando il computer ha assimilato bene il processo, si prova a immettervi la scatola nera del soggetto dell'esperimento. A quel punto viene visualizzato lo stato del nucleo della sua coscienza, un prodigio. Naturalmente l'immagine è molto frammentaria e confusa, così com'è non avrebbe alcun significato. È necessaria un'operazione di montaggio. Sì, proprio come si fa con i film. Tagliare e incollare la sequela delle immagini. Si eliminano delle cose, se ne combinano altre. E si ricompone una storia che abbia un filo logico.

- Come «una storia»?

- Non è una cosa tanto sorprendente, - disse il Professore. - I grandi musicisti riescono a trasporre la loro coscienza nella musica, i pittori nei colori e nelle forme. E gli scrittori nelle storie. È la stessa logica. Ovviamente, dato che si tratta di una riconversione, non si ottiene un tracciato del tutto preciso, ma è comunque utile per capire a grandi linee lo stato della coscienza. Vedere una successione di immagini caotiche, per quanto precise, non ci avrebbe fatto capire il contenuto nel suo insieme. Inoltre non si trattava di utilizzare quella visualizzazione a qualche scopo, quindi non era necessaria una comprensione dettagliata. Era soltanto un mio interesse personale.

- Un interesse personale?

- Tanto tempo fa, parlo di prima della guerra, ero aiuto- montaggio nella produzione di film, così ho acquisito una particolare abilità in questo genere di operazioni. Mettere ordine nel caos. Per questo non mi sono servito dell'aiuto degli altri membri dell'équipe ma ho portato avanti la cosa da solo, chiuso nel mio laboratorio. Nessuno sa quello che ho fatto. E i dati di quella visualizzazione me li portavo di nascosto a casa come se fossero una mia proprietà personale, erano il mio tesoro.

- Ha visualizzato la coscienza di tutti e ventisei i soggetti?

- Esatto. Vi ho visualizzati tutti. E a ogni visualizzazione ho messo un titolo, che è diventato il titolo della scatola nera di ciascuno di voi. Il suo è «La fine del mondo», vero?

- Già, «La fine del mondo». Anche se non capisco perché mi abbia dato un titolo così strano.

- Questo glielo spiego dopo, - disse il Professore. - In ogni caso, nessuno sa che ho visualizzato con successo la coscienza di quelle ventisei persone. Non l'ho detto ad anima viva. Perché volevo continuare quella ricerca in un luogo che non avesse alcuna relazione con il Sistema. Avevo realizzato il progetto di cui mi avevano incaricato, e portato a termine gli esperimenti sugli esseri umani di cui avevo più bisogno. Ed ero stufo di svolgere ricerche a beneficio di altri. Volevo tornare alla mia vita di studioso, fare a modo mio, senza intromissioni da parte di nessuno, senza aiutare nessuno. Non sono il tipo che si limita a una sola ricerca. È nel mio carattere condurre contemporaneamente ricerche parallele. Ma non è una cosa che si possa fare quando si lavora per qualcuno. Una volta terminata la prima fase degli esperimenti, la mia missione era conclusa, restavano Solo dei dettagli tecnici, così annunciai al Sistema che intendevo dare le dimissioni. Loro però non erano d'accordo. Ormai sapevo troppo, riguardo al progetto. Probabilmente si dissero che se io a quel punto fossi passato dalla parte dei Semiotici, tutto il programma dello shuffling sarebbe finito in una bolla di sapone. Chi non stava con loro diventava automaticamente un nemico. Mi chiesero di aspettare tre mesi. Potevo continuare le mie ricerche personali al Laboratorio Centrale. Non era necessario che lavorassi per loro, e mi avrebbero anche pagato un contributo straordinario. In quei tre mesi avrebbero messo a punto un sistema speciale di protezione dei dati, quindi, se me ne volevo andare, che aspettassi fino ad allora. Sono un libero individuo e non sopporto restrizioni alla mia libertà personale; tuttavia la proposta era allettante, così decisi di restare lì altri tre mesi prendendomela comoda e facendo a modo mio. Per ammazzare il tempo, mi venne in mente di dotare il cervello dei soggetti dell'esperimento - cioè voialtri - di un circuito supplementare. Di un terzo circuito di pensiero. E di immettere in questo terzo circuito un nucleo di Coscienza di cui avevo fatto il montaggio io stesso.

- E perché voleva farlo?

- Una ragione è che volevo vedere che effetto aveva sui soggetti. Volevo sapere come avrebbe funzionato dentro di loro una coscienza montata e regolata da qualcun altro. Nella storia del genere umano non esistono precedenti del genere. Un'altra ragione, ma questo è un motivo collaterale, è che se quelli del Sistema mi trattavano come faceva loro comodo, allora anch'io mi prendevo il diritto di fare quel che mi pareva. Volevo creare almeno una funzione a loro sconosciuta.

- È per questo futile motivo, - dissi, - lei ci ha riempito la testa di circuiti che sembrano una rete ferroviaria?

- Se dice così mi fa vergognare. Davvero, mi fa vergognare. Lei mi deve capire, la curiosità di uno scienziato è qualcosa di irresistibile. Naturalmente condanno gli scienziati che hanno cooperato con i nazisti e condotto esperimenti sui prigionieri nei campi di concentramento, ma al tempo stesso, in fondo al cuore, mi chiedo perché, se proprio dovevano farli, non li hanno fatti in maniera un po' più intelligente ed efficace. Gli scienziati che studiano gli esseri viventi la pensano tutti allo stesso modo nel segreto della loro coscienza. Inoltre l'esperimento condotto da me non presentava alcun pericolo per la vostra vita. Ho messo tre circuiti dove ce n'erano due. Modificando leggermente i flussi nei circuiti cerebrali non si aumenta il carico del cervello. È come formare una parola diversa usando le stesse lettere dell'alfabeto.

- Già, peccato che, a parte me, tutte le altre persone che hanno subito quell'operazione siano morte! Come lo spiega?

- Questo non me lo so spiegare neanch'io, - ammise il Professore. - Ha ragione lei: dei ventisei soggetti usati nell'esperimento, venticinque sono morti. E tutti nello stesso identico modo, come se fossero usciti da un unico stampo. Andavano a dormire, e il mattino erano morti.

- Il che significa che anch'io domani mattina potrei non svegliarmi!

- Non semplifichi troppo le cose, - disse il Professore agitandosi nella sua coperta. - Quelle venticinque persone sono morte tutte nel giro di sei mesi. Tra i dodici e i diciotto mesi dopo la fine dell'esperimento. Tutte, nessuna esclusa. Soltanto lei, ora che sono passati tre anni e tre mesi, non ha avuto alcun danno e continua a effettuare shuffling. Il che ci lascia pensare che lei possiede qualche facoltà speciale che gli altri non avevano.

- In che senso «speciale»?

- Piano, piano. In ogni caso, lei, dopo l'esperimento, ha mai sofferto di qualche strana patologia? Per esempio allucinazioni visive o uditive, svenimenti, roba del genere?

- No. Nessun tipo di allucinazioni. Semplicemente mi sembra di essere molto reattivo a certi odori. Di solito agli odori della frutta o a quelli che la ricordano.

- Questa era una cosa comune a tutti. Determinati odori di frutta hanno un effetto sullo scambio dei circuiti. Non so perché, ma è così. Però ha mai avuto allucinazioni o svenimenti?

- No, mai.

- Mmh... - fece il Professore riflettendo. - Altri sintomi?

- Me ne sono accorto soltanto poco fa, ma mi sembra di aver ritrovato dei ricordi che erano rimasti nascosti. Fino ad ora mi era successo in maniera frammentaria e non ci avevo fatto caso, ma poco fa è stato molto chiaro, ed è durato a lungo. E so anche perché mi è successo. È stato un processo innescato dal rumore dell'acqua. Però non è stata un'allucinazione. Era un ricordo vero e proprio. Ne sono sicuro.

- No, si sbaglia. Può darsi che lei l'abbia preso per un ricordo, ma si tratta di un ponte artificiale costruito da lei. Vede, fra la sua identità e la coscienza montata e immessa da me ci sono naturalmente delle sfasature, e tra queste sfasature lei cerca di mettere dei ponti che diano legittimità alla sua esistenza.

- Non mi convince. Finora non mi era mai successo. Perché adesso tutt'a un tratto si verifica una cosa del genere?

- Perché io ho azionato lo scambio e liberato il terzo circuito, - disse il Professore. - Ma cerchiamo di avanzare con ordine. Altrimenti non mi ci raccapezzo più, e anche lei non ci capirà niente.

Tirai fuori la fiaschetta di whisky e bevvi un altro sorso. La situazione sembrava ben peggiore di quanto avessi immaginato.

- Dopo la morte dei primi otto, gli scienziati del Sistema mi mandarono a chiamare. Volevano che spiegassi loro la causa di quei decessi. Per quel che mi riguardava, non desideravo avere più nulla a che fare col Sistema, ma si trattava di una tecnica di mia invenzione e c'erano delle persone che rischiavano di morire, non potevo infischiarmene. Decisi di andare a vedere. Mi riferirono il risultato dell'autopsia del cervello di quelle otto persone e le circostanze del loro decesso. Come le ho già detto, erano tutte morte allo stesso modo, per cause sconosciute. Nessuna lesione al corpo o al cervello: avevano cessato di respirare tranquillamente, nel sonno. Il dolce trapasso, insomma. Nessuna traccia di sofferenza sul viso.

- E non ha capito perché fossero morti?

- No. Però ho fatto delle congetture, delle supposizioni, naturalmente. Otto Cibermatici che muoiono l'uno dopo l'altro in seguito a un esperimento non può essere un caso. Dovevo trovare una soluzione. È il dovere di uno scienziato. Questa era l'idea che mi feci: era probabile che la funzione di scambio inserita nel cervello si fosse allentata o cancellata, oppure bruciata, con la conseguenza che il sistema di pensiero era caduto nel caos e il cervello non aveva retto a una tale emissione di energia. Se invece non erano sopravvenute difficoltà nello scambio, voleva dire che liberare il nucleo della coscienza, anche per un breve intervallo di tempo, costituiva un problema di base. Forse è una cosa che il cervello umano non sopporta -. Il Professore, sempre avvolto nella coperta fino al collo, fece una pausa. - Questa è la mia teoria. Ovviamente non ne sono certo, ma considerate le circostanze, credo che una di queste due ipotesi, se non tutte e due, sia quella giusta.

- L'autopsia del cervello non ha dato nessun risultato?

- Il cervello non è un tostapane o una lavatrice. Non ci sono cavi né interruttori visibili. Si tratta soltanto di variazioni nel flusso di scariche elettriche invisibili. Impossibile, dopo la morte, estrarre la funzione di scambio per analizzarla. Se nel cervello vivente ci sono delle anomalie lo si vede subito, ma in un cervello morto non si capisce niente. Naturalmente si vede se ci sono ferite o lesioni, ma non ce n'erano. I cervelli erano perfetti.

Allora abbiamo convocato al laboratorio dieci dei soggetti dell'esperimento e li abbiamo controllati di nuovo. Risonanza magnetica, funzione di scambio, abbiamo verificato ogni cosa. Tutto era perfetto. Abbiamo fatto loro mille domande: se avessero notato qualche anomalia, se avessero avuto allucinazioni visive o auditive... Niente, non pareva che ci fossero problemi. Tutti erano in ottima salute e svolgevano regolari operazioni di shuffling. Non ci restava che pensare che le persone morte avessero qualche debolezza congenita nel cervello che le rendeva inadatte allo shuffling. Non sapevamo di che genere di debolezza si trattasse, ma man mano che la ricerca fosse avanzata lo si sarebbe capito, bastava che si trovasse la soluzione prima di iniziare la seconda generazione di esperimenti.

Invece ci sbagliavamo. Il mese seguente morirono altre cinque persone, e di queste, tre erano fra quelle che avevano subito gli ultimi controlli. Erano state esaminate, giudicate a posto, e subito dopo erano morte. Per noi fu uno shock tremendo. Dei ventisei soggetti della sperimentazione, la metà era morta senza che ne sapessimo la ragione. Non era più questione di essere adatti o meno, il problema era molto più radicale. Insomma, per il cervello umano era impossibile usare due sistemi di pensiero passando dall'uno all'altro. A quel punto chiesi ai responsabili del Sistema di congelare il progetto. Bisognava estrarre dal cervello dei soggetti ancora in vita la funzione di scambio e interrompere ogni operazione di shuffling. Altrimenti sarebbero morti tutti. Mi risposero che non era possibile. La mia richiesta venne ignorata.

- Perché?

- Perché lo shuffling era un metodo estremamente efficace, ed eliminarlo tornando al punto di partenza non era nemmeno concepibile. C'era di che paralizzare l'intero Sistema. Inoltre non era detto che anche gli altri soggetti morissero. Se ne fosse rimasto in vita qualcuno, dissero, lo si poteva usare come valido campione nelle ricerche future. Fu allora che me ne andai.

- E sono rimasto in vita solo io.

- Esatto.

Appoggiai la testa alla roccia e guardando distrattamente il soffitto mi toccai una guancia per sentirmi la barba. Quand'era l'ultima volta che mi ero rasato? Non me lo ricordavo. Dovevo avere una faccia tremenda.

- Perché io non sono morto? - chiesi.

- Anche questa è solo una congettura, - rispose il Professore. - Non so far altro che accumulare congetture. Però la mia intuizione mi dice che non sono molto lontano dalla realtà. Si tratta di questo. Già in origine lei usava più di un sistema di pensiero. In maniera del tutto inconscia, naturalmente. Senza rendersene conto, era in grado di operare una scissione dell'identità. Per servirmi dell'esempio che ho fatto prima, un orologio nella tasca destra e un altro nella tasca sinistra. Era già dotato di una funzione di scambio, e per questa ragione era spiritualmente immune. Questa è la mia ipotesi.

- Si basa su qualche fatto concreto?

- Sì. Poco tempo fa, due o tre mesi, ho riveduto la visualizzazione della scatola nera, cioè il sistema di pensiero, di tutti i ventisei soggetti. E mi sono accorto di una cosa. La sua è quella più completa. È coerente, senza omissioni. In una parola, è perfetta. La si potrebbe convertire direttamente in un libro o in un film. Non si può dire altrettanto delle visualizzazioni degli altri venticinque soggetti. Sono confuse, se non caotiche, e incomplete. Per quanto le si manipoli restano sconclusionate, senza coerenza. Al punto che sembrano sogni messi insieme a caso. Del tutto diverse dalla sua. Come paragonare un quadro dipinto da un pittore professionista a quello dipinto da un bambino.

Ho provato a imbastire alcune ipotesi sul perché di questa sua facoltà, ma la risposta può essere una sola: lei questa facoltà se l'è costruita da solo, poco per volta. Per questo nell'insieme le visualizzazioni del suo cervello hanno una struttura estremamente chiara. Per usare un'altra metafora, lei scende nella «fabbrica di elefanti» che c'è in fondo alla sua coscienza e lì dentro costruisce gli elefanti con le sue mani. Il tutto senza rendersene conto.

- Mi è difficile crederlo, - dissi. - Perché dovrei essere in grado di fare una cosa del genere?

- Le ragioni possono essere tante. Esperienze fatte da bambino, ambiente famigliare, eccessiva oggettivazione dell'ego, senso di colpa... soprattutto ha la tendenza a proteggere esageratamente la corteccia del suo io. Mi sbaglio?

- No, può darsi, - ammisi. - Ma cosa mi succederà? Ammettendo che io sia come lei dice?

- In teoria nulla. Se la lasciassero in pace, potrebbe continuare a vivere tranquillo per lunghi anni. In pratica, però, non se la caverà senza conseguenze. Che le piaccia o meno, lei detiene la chiave che risolverà questa stupida guerra informatica. Il Sistema fra breve inizierà la seconda generazione di esperimenti usandola come campione. Verrà analizzato da capo a piedi, manipolato in mille modi. Cosa le succederà concretamente non lo so, ma una cosa è certa: se la vedrà brutta. Io non conosco bene il mondo, ma almeno questo lo capisco. Però avrei voluto aiutarla, in qualche modo.

- E come? Ormai non partecipa più al progetto!

- Gliel'ho detto, non è nel mio carattere vendere le mie ricerche ad altri. E non voglio essere implicato in qualcosa che potrebbe comportare la morte di diverse persone. Ho riflettuto a lungo. Mi sono stufato di tutti questi intrighi, e per sfuggire alla società umana mi sono costruito un laboratorio sotterraneo. Ora poi anche i Semiotici vorrebbero servirsi di me, non bastava il Sistema! Detesto queste grandi organizzazioni. Cercano soltanto il proprio vantaggio.

- E allora perché ha usato dei trucchi con me? Perché mi ha attirato con una menzogna e mi ha fatto fare quei calcoli inutili?

- Volevo confermare la mia ipotesi prima che il Sistema o i Semiotici l'acchiappassero e la sottomettessero a strane manipolazioni. Se avessi trovato la soluzione, lei non avrebbe più corso il pericolo di fare da cavia. Nei dati che le avevo affidato era nascosto il segnale di chiamata che attiva il terzo sistema di pensiero. Dopo essere passato al secondo sistema, lei ha fatto un'altra commutazione e ha effettuato i calcoli nel terzo.

- Questo terzo sistema di pensiero sarebbe quello di cui lei ha fatto un nuovo montaggio tramite la visualizzazione, vero?

- Esattamente, - disse il Professore annuendo.

- Ma perché quest'ulteriore manipolazione dovrebbe confermare la sua ipotesi?

- È una questione di sfasature. Lei, in maniera inconscia, possedeva saldamente il nucleo della sua coscienza. Infatti, metterla in condizioni di usare il secondo sistema di pensiero non è stato un problema. Il terzo, però, è qualcosa che ho messo insieme io, è chiaro che presenta delle sfasature rispetto al secondo. E queste sfasature avrebbero provocato delle reazioni in lei.

Io desideravo misurarle, queste sue reazioni. Dai risultati sarei stato in grado di capire un po' meglio la natura, la forza e l'origine di ciò che è sigillato in fondo alla sua coscienza.

- Sarebbe stato? Perché il condizionale?

- Perché adesso è andato tutto a rotoli. Sono arrivati i Semiotici, che si sono alleati con gli Invisibili e hanno devastato il mio laboratorio. Hanno requisito tutto il materiale. Quando se ne sono andati ci sono tornato per controllare. Le cose importanti le hanno portate via tutte. Come potrei misurare le sfasature, in queste condizioni? Si sono presi persino le scatole nere visualizzate.

- Che relazione ha questa circostanza con la fine del mondo? - chiesi.

- A essere sincero, non è che adesso questo mondo finirà. Il mondo finirà nel suo spirito.

- Non la seguo proprio.

- Si tratta del nucleo della sua coscienza, insomma. Il disegno che forma la sua coscienza è la fine del mondo. Non so perché in lei si nasconda una cosa del genere, ma è cosi. Nella sua coscienza il mondo sta finendo. Per dirla al contrario, la sua coscienza vivrà nella fine del mondo. Cioè in un mondo in cui mancano tutte le cose che esistono in questo. Non ci sono né il tempo, né lo spazio, né la vita, né la morte, né valori dal significato certo, né il senso di se stessi. Un mondo dove gli animali hanno il controllo dell'ego delle persone.

- Gli animali?

- Sì, degli animali con un corno solo, - disse il Professore. - In quel posto vivono gli unicorni.

- C'è una relazione tra quegli unicorni e il teschio che mi ha regalato?

- Quella è una copia che ho fabbricato io. È riuscita piuttosto bene. Mi sono servito dell'immagine visualizzata in lei, c'è voluto del bello e del buono. Non ha nessun significato speciale, dato che mi interesso di frenologia mi sono divertito a riprodurlo. Un dono per lei.

- Un momento, - dissi. - D'accordo, nel fondo della mia coscienza c'è questo mondo di cui lei mi parla, questo l'ho capito. Lei l'ha montato e riprodotto in uno schema più chiaro, poi l'ha inserito nella mia mente sotto forma di terzo circuito. Quindi ha inserito un segnale di chiamata e deviato la mia coscienza su quel circuito per farmi fare lo shuffling. Fin qui tutto giusto?

- Giustissimo.

- Una volta terminato lo shuffling, quel terzo circuito si è chiuso automaticamente e la mia coscienza è tornata al circuito numero 1, quello originario.

- No, non funziona così, - disse il Professore grattandosi vigorosamente la nuca. - Magari fosse tanto semplice! Il terzo circuito non ha nessun dispositivo di chiusura automatica.

- Vuol dire che è rimasto aperto nel mio cervello?

- Più o meno.

- Io però adesso penso e agisco servendomi del primo circuito, no?

- Perché è collegato con il secondo. Guardi, le faccio uno schizzo, è così che funziona -. Così dicendo il Professore tirò fuori di tasca un taccuino, vi fece un disegno e me lo mostrò.

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- Allora, questa è la sua condizione abituale. Lo scambio A è collegato all'input 1, lo scambio B è collegato all'input 2. Adesso però la sua condizione è questa.

Il Professore fece un altro disegno su un altro foglio.

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- Capisce? Lo scambio B è rimasto collegato al circuito 3, mentre lo scambio A con un commutatore automatico si è ricollegato al circuito 1. Per questo lei può pensare e agire servendosi del circuito 1. Ma è qualcosa di provvisorio. Bisognerebbe ricollegare lo scambio B al circuito 2 al più presto. Perché il circuito 3 non è qualcosa che le appartiene davvero. Lasciandolo aperto, la sfasatura emetterà un'energia che brucerà lo scambio B, lei resterà per sempre collegato al circuito 3, e la stessa energia farà avvicinare lo scambio A al punto 2, con la conseguenza che anche quello scambio brucerà. Avrei dovuto misurare l'entità di quell'energia e rimetterla nella condizione originaria prima che tutto questo avvenisse...

- Avrebbe dovuto?

- Sì, potevo farlo. Ma come le ho detto, il mio laboratorio è stato distrutto da quegli imbecilli, che mi hanno portato via tutto il materiale di ricerca indispensabile. Di conseguenza sono desolato, ma non posso fare nulla per lei.

- Allora se ho ben capito, - dissi, - io di questo passo verrò fagocitato dal terzo circuito, per sempre, e non potrò mai più tornare come prima?

- Proprio così. Vivrà nella fine del mondo. Mi dispiace molto.

- Le dispiace? - chiesi inebetito. - E pensa di mettere le cose a posto con un «mi dispiace»? Può darsi benissimo che le dispiaccia, ma a me cosa succederà? È stato lei a mettere in moto tutta la faccenda. È tutta colpa sua! Non ho mai sentito nulla di più ignobile!

- Io però non ho mai neanche pensato di allearmi con i Semiotici o con gli Invisibili. Quando hanno capito che avevo iniziato un esperimento, hanno deciso di impadronirsi del segreto dello shuffling e sono venuti a prenderselo. E a questo punto il Sistema probabilmente lo sa. Noi due per il Sistema siamo un'arma a doppio taglio. Se ne rende conto? Penseranno che io mi sia messo d'accordo con lei e abbia intrapreso qualcosa di nascosto da loro. E hanno anche capito che i Semiotici ci hanno messo gli occhi addosso. Sono i Semiotici stessi che si sono comportati in modo da informarli. Così quelli del Sistema, per proteggere il segreto, hanno deciso di eliminarci. Perché noi li abbiamo traditi. Anche supponendo che sospendessimo ogni operazione di shuffling, cercherebbero di farci fuori lo stesso. Tanto per cominciare, il prossimo programma di shuffling si basa tutto su di noi, e se cadessimo insieme nelle mani dei Semiotici sarebbe un disastro. D'altra parte i Semiotici hanno raggiunto il loro obiettivo. Se noi veniamo eliminati dal Sistema, il programma di shuffling è finito, morto; se invece riusciamo a sfuggire e passiamo dalla loro parte, per loro è tanto di guadagnato. Sia in un caso sia nell'altro, non hanno nulla da perdere.

- Sono esterrefatto, - dissi. Dunque quelli che erano venuti a distruggermi la casa e mi avevano tagliato la pancia erano dei Semiotici! Per spostare l'attenzione del Sistema su di me avevano montato quell'assurda messa in scena. Se le cose stavano così, ero caduto in pieno nella loro trappola. - Allora io sono fregato, - aggiunsi. - Tutti, il Sistema, i Semiotici, mi stanno alla calcagna, e se non faccio nulla la mia esistenza attuale cesserà.

- No, lei non cesserà di esistere. Semplicemente passerà in un mondo diverso.

- È la stessa cosa. Mi ascolti bene. Ammetto che per accorgersi della mia presenza occorre avere una lente d'ingrandimento. È sempre stato così. Quando guardo le fotografie di classe, per trovare la mia faccia ci metto un sacco di tempo. Non ho famiglia, e se a questo punto scompaio non sarà un problema per nessuno. Non ho amici, nessuno si rattristerà per la mia morte. Ne sono ben conscio. Tuttavia, per strano che le possa sembrare, io sono piuttosto soddisfatto di stare al mondo! Il perché non lo so. Può darsi che sia perché la mia identità scissa in due si è sempre comportata come una coppia di comici, e così mi sono goduto la vita. Ci sono un sacco di cose che non mi piacciono in questo mondo, e anch'io da parte mia non sembro essere molto apprezzato, ma ci sono anche delle cose che mi vanno a genio, e a quelle tengo davvero moltissimo. Non me ne frega niente se non è un sentimento reciproco! Questo è il mio modo di vivere. Non voglio andare da nessun'altra parte, non aspiro all'immortalità. Invecchiare sarà una cosa faticosa, ma non invecchierò soltanto io. È una cosa comune a tutti. Unicorni, recinti, tutta quella roba lì, ne faccio volentieri a meno!

- Non si tratta di un recinto, ma di un muro.

- Fa lo stesso. Recinto o muro che sia, non so cosa farmene, - dissi. - Posso arrabbiarmi un poco? Non mi succede spesso, ma sento proprio montare dentro di me una gran collera, sa?

- Be', penso che sia inevitabile, - disse il Professore grattandosi il lobo dell'orecchio.

- La responsabilità di questa faccenda è tutta sua, al cento per cento. Io non ne ho nessuna colpa. È lei che l'ha ideata, che l'ha sviluppata, che mi ha tirato in mezzo. Prendersi l'arbitrio di inserire circuiti nella testa delle persone, creare dati falsi e consegnarmeli perché li sottoponessi a shuffling. Tradire il Sistema, farsi dare la caccia dai Semiotici, portarmi in un assurdo sotterraneo, e adesso vuole anche mettere fine al mio mondo. Non ho mai sentito nulla di più spregevole. Non crede? Adesso comunque mi rimetta nella condizione in cui mi trovavo prima!

- Mmh... - fece il Professore.

- Ha ragione lui, nonno, - intervenne la ragazza grassa. - Tu ogni tanto ti perdi nei tuoi sogni e finisci col recare danno agli altri. Non è stato così anche quella volta dell'esperimento del piede-pinna? Devi fare qualcosa per lui.

- Io ho agito a fin di bene, ma la situazione è andata peggiorando, - disse il Professore con aria costernata. - Finché non mi è sfuggita di mano. Ormai non posso farci niente, né può farci niente lei. Il carro ha preso sempre maggiore velocità giù per la china, nessuno può più fermarlo.

- Per carità, - dissi.

- Lei però, in quel mondo, potrà ritrovare le cose che ha perso in questo. Le cose che ha perso, e quelle che sta perdendo.

- Le cose che ho perso?

- Sì, - disse il Professore. - Tutte. Sono tutte lì.