15. Nostalgia del medico curante

Pare che in Piemonte – tra le regioni più gravi d’Italia – sia successo questo, nel primo mese dell’emergenza: uno di noi si ammala lievemente, ha qualche sintomo sospetto, stanchezza, tosse, febbre; telefona al suo medico di base (detto anche medico curante, no?), che ascolta e gli dà i primi consigli, le prime vaghe medicine (tipo Tachipirina); il malato s’aggrava un po’, richiama il medico una, due, tre volte; a un certo punto il medico capisce che può essere un caso covid e lo segnala alla ASL per il tampone: è tenuto a fare così e fa esattamente quel che deve, cioè segnala il suo malato potenzialmente covid mandando una mail alla ASL.

Segnala, non cura. Il medico curante, qui, non cura: manda mail.

E alla ASL non la legge nessuno. Non c’è nessuno preposto a leggere quelle mail. Oppure non so, non voglio sapere. Diciamo che quelle mail in vario modo vanno perse nel nulla.

Ed è chiaro che qui s’inceppa tutto: il tampone non gli verrà mai fatto. Il malato s’aggrava seriamente, e finisce in ospedale. Ma è ormai troppo grave, non riescono a salvarlo e muore. Oppure riescono a salvarlo, ma è stato troppo a casa e ha infettato molte altre persone. Non m’importa stabilire ora come, in quali modi, è andata male, ma perché. E mi sembra di capire che l’innesco della bomba siano state le mail.

Proviamo a immaginare la storia in un altro modo. Uno di noi si ammala lievemente, ha qualche sintomo sospetto, chiama il suo medico di base (medico curante!) che gli dà i primi consigli, le prime cure; niente, il malato s’aggrava, richiama il suo medico che, opportunamente protetto da mascherine, guanti e scafandri appositi, arriva a casa, lo visita, capisce che può essere un caso covid e gli fa direttamente e all’istante il tampone. Dopodiché lo cura. Il medico curante è messo in grado di fare il suo mestiere: cura il paziente.

Perché non abbiamo fatto così? Forse perché disponiamo di tecnologie digitali e sarebbe stato un peccato non usarle? Troppo primitivo e rétro un medico che va a casa e fa personalmente la diagnosi al paziente? Troppo semplice? Banale?

Meglio una mail?

Quanti morti dobbiamo ascrivere a queste mail mai viste, mai lette, che giacciono accumulate in qualche oscuro polveroso ufficio o forse non sono mai state nemmeno stampate?

Perché per accedere a un tampone è stato necessario sottoporsi a una trafila burocratica che, mi dicono, può durare anche diciotto giorni?

Inettitudine?

Sadismo?

Noi talpe amiamo molto i nostri medici. Direi che, personalmente, non potrei vivere senza. Anche il solo fatto che esistano, che mi conoscano, che io possa volendo telefonar loro, mi dà una subitanea e totale serenità. Noi talpe soffriamo di molti e svariati mali, anche piccoli, anche a volte immaginari... Un dolorino a una zampa. Un’unghia incarnita. Un disturbo gastrointestinale... Siamo piccole e fragili. Forse anche un po’ ipocondriache. E in effetti telefoniamo parecchio ai nostri medici, e parecchio frequentiamo i loro studi...

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Perché, proprio in un momento così devastante, ci hanno tolto i nostri medici, privandoli del loro semplice e perfetto compito di curarci?

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