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Dopo il colloquio con Stark, Jan era tornato subito a casa e aveva controllato la segreteria telefonica. Sperava di trovarvi un messaggio di Carla, anche se si rendeva conto che era poco plausibile. Lei infatti avrebbe potuto benissimo raggiungerlo anche sul cellulare.
La segreteria in effetti non conteneva nuovi messaggi. Probabilmente Carla non voleva fargli sapere dove si trovava e questo lo turbava molto.
L’ipotesi avanzata da Stark che Carla si fosse recata da qualche parte per stare da sola e rielaborare l’accaduto era pericolosamente allettante. Jan avrebbe voluto tanto crederci. Sarebbe stata una reazione logica e del tutto plausibile per una come Carla. Proprio come il tour promozionale che aveva sfruttato per fare chiarezza sul loro rapporto.
Tuttavia c’era il ricordo del loro ultimo incontro. L’opprimente silenzio nella stanza d’ospedale, lo sguardo vacuo di Carla e il suo corpo rannicchiato sul letto quando lei si era tirata la coperta sulla testa. Lui aveva avuto molta paura.
L’animo umano vive nascosto e, quando si spezza, avviene in silenzio. Non ci sono schianti né tintinnii come con la porcellana o il vetro. Solo quando è già troppo tardi, si vedono le schegge. Per questo Jan sapeva di dover essere pronto a tutto.
Si buttò sul divano esausto. Gli ultimi giorni avevano consumato tutte le sue energie. Gli sembrava di essere invecchiato di molti anni. La cosa peggiore era la continua attesa, e ancora adesso si trovava nella stessa situazione: aspettava notizie di Carla, la nuova mossa di Jana e soprattutto la cattura di quella pazza.
Detestava aspettare. Chi aspettava era esposto inerme al volere altrui. Si diventava passivi, incapaci di agire, si poteva solo reagire. E questa era per lui l’esperienza peggiore da quando Jana era entrata nella sua vita. Aveva assunto il pieno controllo. Era lei a gestire gli avvenimenti. She’s the Boss, come il titolo di un vecchio album di Mick Jagger che faceva parte della sua collezione di dischi. E lei era il boss perché era pazza, perché non era prevedibile quale sarebbe stato il suo passo successivo. Era imponderabile e – per usare le parole di Agnes Nowak – invisibile come un fantasma.
Chi poteva essere la donna bionda e alta vista dal testimone all’albergo? Quali erano le sue intenzioni? Che cosa pensava? Come sarebbe andata se si fossero incontrati? Sarebbe stato come guardare il diavolo negli occhi?
Il telefono suonò e Jan balzò in piedi come se fosse stato punto da una tarantola. Al secondo squillo aveva già risposto.
«Carla?»
«Jan...»
Era una voce maschile, fioca, quasi un sussurro. Come di qualcuno che ha paura a parlare a voce più alta. Jan conosceva quella voce, ma impiegò un istante prima di riconoscerla.
«Felix, sei tu?»
«Ascoltami bene, ti prego, non ho molto tempo» mormorò il parroco.
«Potresti alzare un po’ la voce? Non riesco a sentirti bene.»
«Ora non posso» fu la risposta. «Lei è con me. Proprio qui accanto.»
Jan si sentì assalire dalla pelle d’oca. «Chi c’è lì con te?»
«Per favore, devo fare in fretta. Ora infrangerò il mio voto di silenzio. È la decisione più difficile della mia vita, puoi credermi. Ma so che è quella giusta e sono pronto ad accollarmene le conseguenze. Voglio confidarmi con te, perché sei mio amico. Questo deve esserti chiaro. Non posso accettare che qualcun altro sia in pericolo.»
Jan strinse più saldamente il telefono.
«Di che cosa parli?» chiese, pur immaginando già la risposta. Ma quale poteva essere il legame di Felix Thanner con Jana?
«So chi è la donna che stai cercando. È venuta da me a confessarsi, ma io non ce la faccio più a vivere con quello che so. Non dopo quello che è successo alla tua compagna. So chi le ha fatto questo e ne sono molto addolorato, Jan. Non sarebbe successo se avessi trovato prima il coraggio di infrangere il mio silenzio.»
«Chi è, Felix? Dimmelo.»
Jan udì un profondo sospiro. Gli sembrava quasi di vedere Felix davanti a sé, che stringeva il telefono con mani tremanti e dibatteva con la propria coscienza.
«Questa donna è completamente pazza, Jan» disse, «ed è pericolosa. Ho cercato di convincerla a costituirsi, ma non vuole farlo. È piena di odio.»
«Chi è, Felix? Dimmi il suo nome.»
«Devi andare a Steinbach» bisbigliò il parroco. «La troverai al...» Si interruppe. In sottofondo si udirono dei colpi. Sembrava che qualcuno stesse battendo contro una porta. Felix ansimò.
«Tatjana.» La sua voce era solo un sussurro. «Si chiama Tatjana Harder. Lei... a Pfauenhof...»
Un sonoro schianto lo interruppe. Thanner lanciò un grido stridulo.
«Felix!» Jan rimase ad ascoltare nel silenzio con il cuore in gola. «Che cosa succede, Felix? Rispondimi!»
Ma la comunicazione era stata interrotta.