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Lo scricchiolio di suole di gomma in corridoio riscosse Jan dai propri pensieri. Quanto tempo era passato? Si sentiva le membra rigide e intorpidite. Dovevano essere trascorse ore da quando si era seduto al capezzale di Carla tenendole la mano. Di tanto in tanto lei sussultava, come se neppure i pesanti sedativi riuscissero a proteggerla dagli incubi. Incubi in cui mormorava parole come «lasciami», «no», «non voglio». Parole che in sogno dovevano essere grida e che ogni volta accrescevano la collera impotente e il raccapriccio di Jan. Solo alle prime luci del giorno il sonno di Carla si era fatto più tranquillo. Durante la notte un’infermiera era entrata spesso da loro, chiedendo sottovoce a Jan se volesse una coperta, ma lui si era sempre limitato a scrollare il capo continuando a fissare Carla e ad ascoltare il tamburellare della pioggia sul davanzale.

Quando l’infermiera si presentò da lui adesso, aveva l’espressione stanca e insieme sollevata che di solito mostrava la maggior parte del personale quando finiva il turno di notte.

«Dottor Forstner» gli bisbigliò, «in corridoio c’è qualcuno della polizia che vorrebbe parlarle.»

Jan annuì e si alzò. Posò delicatamente la mano di Carla sul copriletto e subito dopo Carla si rannicchiò su se stessa emettendo un gemito quasi impercettibile. Lui le accarezzò i capelli madidi di sudore, poi seguì l’infermiera fuori dalla camera.

Stark era in piedi appoggiato al muro, le mani nelle tasche della giacca. Alla vista di Jan si staccò dalla parete e gli andò incontro. Alla fioca luce del mattino che entrava dalla grande finestra del corridoio, il suo viso non rasato somigliava a una maschera stropicciata di carta vetrata.

«Come va la sua mano?» si informò con voce roca facendo un cenno verso Jan.

«La mia...?» Jan si guardò stupito il dorso della mano sul quale cominciavano a venir fuori i lividi. Poi scrollò la testa. «Non è niente.»

«Ha dato proprio una bella lezione a quell’armadio» disse Stark in tono quasi ammirato. Poi rivolse a Jan un’occhiata sfinita ma penetrante. «Mi rincresce molto doverla portare via da qui, ma è giunto il momento di fare due chiacchiere. Al commissariato posso offrirle solo un triste caffè, ma se non altro è forte. Credo che possa farle bene.»

«Che ne è di Davolic?»

«Lo abbiamo torchiato per benino stanotte. È una vicenda piuttosto intricata.»

Un’infermiera venne verso di loro con il carrello delle medicazioni e Stark la schivò.

«Venga» disse, «sarà meglio parlarne in un posto più tranquillo.»

Fece un gesto invitante e Jan lo seguì fuori dal reparto.

Follia profonda
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