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«Cazzo! Che situazione di merda!»
Franco diede un calcio a un ciottolo che si era staccato dalla pavimentazione sotto la tettoia all’ingresso della clinica. Il sasso colpì un cestino dei rifiuti, poi rotolò sull’asfalto bagnato di pioggia.
«Stai calmo!» Jan gli si parò davanti. «Dare in escandescenze ora non ti servirà a niente.»
Franco annuì con un sospiro, si frugò nelle tasche della giacca e tirò fuori un pacchetto di Lucky Strike stropicciato.
«Devi andare alla polizia» disse portandosi una sigaretta alla bocca con mani tremanti.
Jan schivò la nuvola di fumo scuotendo la testa. «Per dire che cosa? Non so nulla. Nemmeno un indizio sull’identità di questa donna. Per la precisione non c’è neppure la minima prova che sia stata lei a causare l’incidente di Julia. Se ci fosse stata, l’avrebbero trovata sul luogo dell’incidente. I segni della frenata di un altro veicolo, qualcosa.»
«Però te lo ha confermato per telefono» insistette Franco.
«No che non l’ha fatto. Ha detto soltanto di essere stata cattiva. Può significare tutto come niente. Di sicuro non è una prova per la polizia. Il mio è semplicemente un sospetto, dal mio punto di vista più che giustificato, ma pur sempre tale.»
Franco espirò il fumo tossendo. «Però devi sporgere denuncia.»
«Con il rischio di scatenare una caccia alle streghe tra le mie pazienti? Lo sai che cosa succederebbe se ci fosse un interrogatorio? Nessun paziente si fiderebbe più di me.»
«Non è il momento di preoccuparsi di certe cose» obiettò Franco. «E se fosse davvero una di loro?»
«Lo escludo» ribatté Jan. «Credimi, ho analizzato tutti i casi e sono certo che nessuna di loro sarebbe capace di simili gesti di violenza. A parte questo, mi sarei accorto se una di loro fosse afflitta da un’ossessione amorosa nei miei confronti. E poi si è rifiutata di avere un contatto diretto con me. Se fosse già una delle mie pazienti, o comunque frequentasse la clinica, di certo non l’avrebbe fatto. No, Franco, è una sconosciuta. Una persona che finora non si è fatta notare e si sente sicura del suo anonimato. Almeno per adesso.»
«D’accordo» sospirò Franco. «Comunque la polizia potrebbe almeno tenere d’occhio casa tua.»
«Ho già pensato anche a questo. Se Jana dovesse venirlo a sapere, sarebbe persino peggio. Sarà anche pazza, ma non è stupida. E sa osservare. Che cosa succederebbe se, dopo aver scoperto che la mia casa è sotto osservazione, diventasse davvero cattiva? No, non voglio mettere in pericolo altre persone.»
Franco gettò la cicca per terra con un gesto rabbioso e la schiacciò. «Maledizione, che cosa vuoi fare allora?»
«Aspettare che si faccia viva di nuovo e smascherarla usando metodi psicologici» rispose Jan. «Anche se è duro aspettare, mi sembra l’unica possibilità per limitare almeno in parte i rischi.»
Franco lo guardò scettico. «E se non dovesse più farsi viva con te?»
«Lo farà, credimi» gli garantì Jan, poi aggiunse in tono cinico: «Lei mi ama, lo hai dimenticato? Perciò approfitterò della sua ossessione.»
«Ti muovi in una situazione molto delicata, amico mio.»
«Questo lo so da tempo.»
Con un profondo sospiro Franco affondò le mani nelle tasche dei pantaloni e si strinse nelle spalle. «D’accordo, sai quello che fai. In ogni caso non posso esserti più di aiuto.»
Jan alzò le sopracciglia, meravigliato. «Che cosa vorresti dire? Non puoi rinunciare proprio adesso. Ho bisogno di te.»
«Significa quello che significa» spiegò Franco. «Sono un terapeuta, non un cacciatore di criminali. Inoltre in questo momento ho altre cose a cui pensare. Flavia mi ha parlato dei suoi sospetti e io... io le ho detto la verità. Vuole darmi un’altra occasione, ma le ho promesso di interrompere ogni contatto con Julia. Ho appena infranto questa promessa, ma è stata l’ultima volta. Perciò tienimi fuori dalla cosa d’ora in avanti, capito?»
«Franco, ma io...»
«Non mi interessa quello che pensi» lo incalzò il terapeuta. «Mi è stata data la possibilità di salvare la mia famiglia e la userò. Basta sotterfugi.»
«Ma non si tratta soltanto di Julia.»
«Lo so anch’io, ma adesso devo pensare per prima cosa a me.»
«Va bene, fa’ come vuoi. Ma secondo me questa è vigliaccheria.»
«Chiamala pure come ti pare» disse Franco dando una pacca di congedo sulle spalle a Jan. «Io lo chiamo buon senso. Chi scherza col fuoco si brucia. E temo che questo fuoco sia troppo forte.»
«Io non ho altra scelta, Franco.»
«Ti sbagli, esiste sempre la possibilità di scegliere. Non commettere l’errore di considerare tutto come la tua personale crociata. Tanto non serve per far tornare Julia in piedi.»
Detto questo, si girò e si allontanò.
«Franco, aspetta!» lo chiamò Jan sotto la pioggia. «Una domanda ancora, poi ti lascio in pace.»
Franco si fermò e fece un profondo respiro. «Avanti, chiedi.»
«Che cosa ti fa venire in mente Jana?» chiese Jan. «Intendo il nome. Di sicuro è un altro simbolo.»
«Proprio non vuoi mollare, vero?»
«No, te l’ho già detto. Allora, secondo te che cosa potrebbe significare ‘Jana’? Voglio dire, a parte l’assonanza con il mio nome.»
Franco increspò le labbra, poi fissò assorto per terra. «Jana, Jana, Jana» mormorò. «Potrebbe avere a che fare con Janus, il nome latino di Giano, il dio bifronte? Mi hai detto che ti sembra una persona istruita, giusto?»
«Sì» confermò Jan. «Janus. Sarebbe una spiegazione. E combacerebbe anche con la sua schizofrenia.»
«Jan, per favore.» Franco gli rivolse un’occhiata penetrante. «Dammi retta e lascia perdere. Ci sono cose troppo grandi per noi. A volte purtroppo ce ne accorgiamo quando è troppo tardi. Quantomeno riflettici su, promesso?»
«Lo farò» mentì Jan.
Franco gli diede un’altra pacca amichevole sulle spalle. «Non tenermi il muso, ok? Sarò pure un codardo egoista, ma non me ne pento. Inoltre Flavia mi ha dato una possibilità e questo per me è più importante di ogni altra cosa. Anche se ci ho impiegato molto a capirlo. L’amore è davvero una cosa singolare, Jan. Si comincia a lottare per esso solo quando si è sul punto di perderlo.»
Poi se ne andò senza voltarsi indietro.