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Erano quasi le 19.30 quando Abby raggiunse Westwood. Il cielo era buio e, a un isolato dal Wilshire Royal, svoltò in una stradina laterale e fece un giro per il quartiere collinare alla ricerca di una delle macchine rubate. Sulla maggior parte di quelle strade potevano parcheggiare solo i residenti e non c’erano molti veicoli da controllare. Nessuno corrispondeva alle caratteristiche della sua lista.

Si chiese se non fosse un po’ paranoica. Forse Hickle non sapeva davvero il suo indirizzo e anche se l’avesse saputo, in quel momento avrebbe potuto avere priorità più importanti della vendetta. In gioco c’era la sua stessa sopravvivenza. Era un animale braccato. In quell’istante sarebbe potuto essere oltre il confine dello stato o rinchiuso in una camera di un motel nel deserto.

Abby scosse la testa, dando un nome a quel flusso di pensieri: pericolosa razionalizzazione. Era stanca e voleva riposarsi. Stava cercando di convincere se stessa che fosse sensato abbassare la guardia, andare a casa e raggomitolarsi sul divano ad ascoltare un po’ di musica. Era quello che voleva fare a tutti i costi, ma ciò che voleva e ciò di cui aveva bisogno non erano necessariamente la stessa cosa. L’intuito l’aveva salvata in altre occasioni. Non poteva ignorarlo proprio adesso.

E ora il suo intuito le suggeriva che Hickle non l’aveva dimenticata. Aveva scoperto il suo indirizzo. Era vicino.

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Il consiglio dei condòmini del Wilshire Royal era rimasto piuttosto contrariato quando era venuto a sapere che un edificio di sedici piani adibito a uffici sarebbe stato costruito proprio di fronte al palazzo. Quella costruzione, come avevano giustamente profetizzato i membri del consiglio, sarebbe stato un vero pugno nell’occhio. Avrebbe rovinato il panorama a tutti gli appartamenti che si affacciavano sulla Wilshire, riducendo il valore di mercato.

Le loro petizioni e le proteste erano state ignorate. L’edificio era stato innalzato, uno squallido monolito con opache pareti nere e finestre strette. “La Torre Nera” era l’appellativo che le persone avevano inevitabilmente finito per affibbiargli. Poi, quando i lavori stavano per essere completati, la società immobiliare aveva inaspettatamente dichiarato bancarotta. L’edificazione si era interrotta e i condòmini che occupavano gli appartamenti a nord potevano ora godere della vista di un mostro disabitato.

Ma quella notte la Torre Nera non era disabitata. Tra le sue mura c’era del calore umano. C’era un respiro. C’era il battito lento di un cuore paziente.

Hickle attendeva, accarezzando la canna forgiata a martello e la calciatura in noce del suo Heckler&Koch 770.

Era arrivato la notte prima. Nel bagagliaio dell’Impala rubata aveva trovato una chiave per smontare gli pneumatici e l’aveva utilizzata per forzare la serratura del cancello. Era salito per nove rampe di scale, guidato dalla sua torcia, trascinandosi il borsone con dentro il fucile e la carabina. Al decimo piano aveva camminato lungo il corridoio buio per giungere sul lato frontale dell’edificio dove le lastre di vetro delle finestre sovrastavano il traffico frenetico su Wilshire Boulevard. All’altro capo della strada c’era il Wilshire Royal. Travis gli aveva detto che l’appartamento di Abby era il 1015, il quarto a partire dall’estremità occidentale del palazzo. Hickle si era posizionato direttamente di fronte alla finestra di Abby. Le luci erano spente, le tende tirate. Ma prima o poi sarebbe tornata a casa.

Tra i vari attrezzi che avevano lasciato gli operai c’erano un tagliavetro e una riga con cui Hickle aveva ricavato un buco rettangolare nella lastra di vetro. Da quell’apertura, a tempo debito, avrebbe potuto sparare.

Per ammazzare il tempo aveva testato il sistema di puntamento laser, proiettando un lungo raggio rosso-arancio lungo la linea di localizzazione dell’obiettivo. Il puntino luminoso brillava nel mirino a potenza variabile. Hickle poteva direzionarlo su qualsiasi punto del balcone di Abby oppure sulle tende dietro al vetro delle finestre. E nel punto in cui si sarebbe posato il fascio rossastro, sarebbe arrivato un proiettile alla velocità di 670 metri al secondo, percorrendo una distanza di trenta metri.

Di tanto in tanto aveva controllato le bandiere issate nel cortile del Royal. Probabilmente a quella distanza lo spostamento d’aria non avrebbe rappresentato un fattore importante, comunque era pronto ad aggiustare la mira di un paio di centimetri in caso di un’improvvisa folata di vento. Le bandiere erano rimaste flosce per tutto il giorno e anche alla sera. Non c’era la minima brezza.

Trascorse la maggior parte del tempo ad aspettare. Non si riposò per un solo istante, non chiuse mai gli occhi. A volte cambiava posizione per allentare la tensione dei muscoli. Si era messo in piedi e in ginocchio, poi si era seduto su un ruvido tavolo da lavoro che aveva trascinato vicino alla finestra, rifiutandosi di abbandonare la postazione anche per un solo minuto, ignorando la fame, la sete e il bisogno di urinare. Dopo un po’ quelle necessità corporali si erano affievolite. Erano le 20 di un sabato sera e non sentiva niente. Era insensibile a tutto.

L’unica cosa che lo preoccupava erano i suoi nervi. Doveva mantenerli saldi per tener ferma la carabina e si chiese se il suo corpo l’avrebbe tradito nel momento cruciale. Pensava di no. Non era riuscito a uccidere Abby e, per miracolo, gli era stata offerta una seconda possibilità. Non aveva intenzione di sprecarla.

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Abby controllò la zona nord di Wilshire. Lì le macchine parcheggiate erano di più. Molte erano vecchi modelli e probabilmente appartenevano a degli studenti universitari. Più di una volta pensò di aver individuato uno dei veicoli rubati, ma la targa non corrispondeva.

Mentre passava accanto a una casa con le finestre buie e un cartello nel prato su cui c’era scritto VENDESI, notò una macchina sotto il portico. Sembrava una Chevrolet Impala, ma da quella distanza era difficile esserne certi. Parcheggiò lungo la strada e si diresse verso la casa a piedi, portandosi la borsa con la pistola. All’inizio del viale esaminò l’auto. Era parcheggiata con il muso rivolto verso la strada, il che significava che l’autista era entrato in retromarcia, una manovra insolita. La targa anteriore non c’era. Tutti i veicoli californiani però venivano muniti di due targhe.

Distolse lo sguardo dalla macchina e si concentrò sull’abitazione. La casa sembrava vuota. Finse di guardare il cartello con la scritta VENDESI nel caso qualche vicino stesse curiosando. Dopo aver dato l’impressione di essere una potenziale acquirente, si avvicinò alla porta d’ingresso. Il corto e curvilineo vialetto le permise di passare vicino alla finestra a golfo. Le tende non erano tirate e, sebbene il salotto fosse immerso nel buio, riuscì a vedere, grazie alla luce dei lampioni, che non c’erano mobili. Chiunque stesse cercando di vendere quella casa aveva già traslocato. Ma allora perché c’era una macchina parcheggiata davanti?

Suonò il campanello ma nessuno rispose. Suonò una seconda volta. Stesso risultato. Poi andò verso il portico con la borsa aperta e l’indice posato sul grilletto della sua Smith&Wesson.

Quelle precauzioni si rivelarono inutili. Anche il portico era vuoto.

Decise allora di esaminare la macchina. Era davvero una Chevrolet Impala, anno e colore corrispondevano a quelli che le aveva fornito Wyatt. Anche il numero della targa posteriore combaciava. Hickle aveva parcheggiato lì l’auto rubata, nel posteggio di una casa privata, e aveva tolto la targa anteriore per ridurre il rischio di essere scoperto.

La possibilità che avesse rubato una delle altre macchine della lista e che quella fosse stata abbandonata lì da un altro ladro non era neppure da prendere in considerazione. Abby aveva imparato a non ragionare in termini di coincidenze quando era in gioco la sua vita. Hickle aveva guidato la Impala da Sylmar fino a lì, a pochi isolati da casa sua. Ciò significava che sapeva dove abitava e che era venuto lì per lei.

Fece il giro della casa, esaminando ogni porta e finestra. Non c’erano segni di scasso o effrazione. Hickle si era limitato a lasciare la macchina nel portico. Si stava nascondendo da qualche altra parte. Forse nel suo condominio o nel garage. La sicurezza al Wilshire Royal era difficile da eludere, ma anche quella della Malibu Reserve, eppure Hickle era riuscito a penetrarvi. Se avesse voluto, sarebbe stato in grado di entrare anche nel suo condominio. Sarebbe potuto essere rimasto lì appostato da quella mattina, pronto a tenderle un agguato da più di venti ore.

A Abby non sembrava affatto carino farlo aspettare ancora.