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Abby trascorse un’ora a guardare il bungalow, in silenzio. Dopo le 18 il cielo iniziò a scurirsi. Alle 18.30 un sole infiammato lambiva le cime dei tetti. Stava pensando di andarsene. Doveva tornare a Hollywood. Hickle era a casa, ma finché Kris fosse rimasta alla KPTI, non c’era alcun pericolo immediato. Decise di aspettare ancora un po’.
Per utilizzare il tempo in maniera più produttiva pescò il piccolo registratore dalla borsa e iniziò a dettare degli appunti. Raccontò della visita fatta a Travis, omettendo la parte intima ma includendo tutto il resto, compresa la successiva effrazione al bungalow e tutto ciò che aveva scoperto. Se fosse morta, almeno avrebbe lasciato una registrazione aggiornata dei suoi movimenti.
Nella vasca idromassaggio aveva visto la morte in faccia e, se le cose fossero andate in maniera diversa quando era scappata dall’appartamento di Hickle, la sera precedente, lui avrebbe potuto scaricare il suo fucile su di lei al culmine della rabbia. Aveva già sfiorato la morte due volte. Non c’è due senza tre? si chiese onestamente, ma poi dei fari lampeggiarono nello specchietto retrovisore.
Si abbassò ancora di più sul sedile e vide una Lexus nera avvicinarsi. Mentre le passava accanto, diede un’occhiata al profilo del conducente illuminato dal bagliore del cruscotto. Era Howard Barwood. Non ne fu sorpresa.
La Lexus entrò nel vialetto del bungalow; Howard scese per aprire la porta del garage e parcheggiò la macchina all’interno. Entrò in casa passando dall’ingresso principale. Un attimo dopo le luci si accesero, ma le tende rimasero tirate.
Abby aveva visto più del necessario, ma rimase in attesa, curiosa di vedere Amanda che, sicuramente, si sarebbe fatta viva fra non molto.
Alle 19.15 una BMW bianca parcheggiò vicino al marciapiede a qualche casa di distanza. La donna che si affrettava verso la casa era magra, pelle e ossa, abbastanza giovane, e iniziò ad aprire la porta principale del bungalow con le proprie chiavi, ma poi quella si aprì dall’interno e Howard la trascinò dentro.
Abby scese dalla macchina e fece un giro in parte per stiracchiarsi le gambe e ripristinare la circolazione al sedere, ma principalmente per controllare la BMW. Osservò il numero di targa e, posato sul cruscotto, vide un permesso di parcheggio della KPTI. Amanda Gilbert lavorava a Channel Eight. Era una collega di Kris e, a giudicare dalla macchina, ricopriva una posizione piuttosto alta.
Mentre si allontanava dal quartiere e si dirigeva verso Hollywood, Abby accese il cellulare. Tramite il servizio informativo ottenne il numero della KPTI e chiamò la stazione televisiva. «Ho una comunicazione per Amanda» disse alla centralinista. «Potrei conoscere il suo ruolo esatto?»
«Produttrice esecutiva» le risposero.
«Della sezione notizie?»
«Proprio così.»
«Grazie mille.» Abby chiuse la chiamata.
Quindi Amanda era la produttrice esecutiva di Kris. Tutto a un tratto Abby sentì il proprio disgusto per Howard crescere esponenzialmente. Aveva immaginato che conoscere l’identità dell’amante non avrebbe inciso sulla valutazione del soggetto, ma invece non era così, perché intuitivamente sapeva che a Howard piaceva da morire farsi la capa di Kris e che nel farlo otteneva una forma di controllo e di potere su sua moglie, che nessuna centralinista o segretaria gli avrebbe mai potuto conferire.
Fermò l’auto nel parcheggio di un minimarket e si diresse verso un telefono a monete. Quella chiamata era troppo delicata per affidarsi al cellulare. Compose il numero dell’ufficio di Travis, sapendo che avrebbe lavorato fino a tardi. Rispose personalmente, la sua assistente doveva essere andata a casa.
«Il bungalow è il nido d’amore di Howard Barwood» disse a voce bassa per essere sicura di non essere sentita. «Il luogo d’incontro con la sua ragazza.»
«Chi è?»
«Fa differenza? Se non ti dispiace, lasciamo il suo nome fuori da questa storia. L’importante è che Howard possiede il bungalow. Ciò significa che, quasi certamente, possiede la Trendline e sta trasferendo dei soldi oltreoceano all’insaputa di Kris.»
«Vuol dire che ha un movente per sbarazzarsi di lei.»
«Vero, il matrimonio è diventato scomodo per lui. Sembra pronto per un nuovo inizio. Dubito che sarebbe stato capace di organizzare l’omicidio di Kris da solo, ma da quando è spuntato Hickle, potrebbe aver colto la palla al balzo.» Abby sbuffò, esausta.
«Ti ricordi quanto era preoccupato per la mia sicurezza, quando mi chiese se avrei avuto una scorta o se sarei stata sola? Io pensavo che fosse un gesto cavalleresco o sessista, dipende da come vuoi vederla. Ma forse no, forse voleva semplicemente valutare la mia vulnerabilità, in modo da potermi attaccare.»
«Forse ha avuto la sua opportunità. I dati ricevuti dagli uomini in servizio al cottage rivelano che ha lasciato Malibu alle 18 di mercoledì sera e non è rientrato fino a mezzanotte passata, più tardi del solito.»
«Io ero nella vasca idromassaggio verso le 22, 22.30.»
«L’orario combacia. Visto che non è riuscito a finirti personalmente, forse ha deciso di venderti a Hickle e fare gestire a lui la situazione.»
«È uscito ieri sera? Hickle ha ricevuto la chiamata verso le 20.30.»
«Howard è stato fuori dalle 18.30 alle 23.»
«Ok, quindi potrebbe aver trascorso la prima parte della serata al bungalow. Dopo di che ha chiamato Hickle utilizzando il cellulare della Western Regional perché non sapeva se il telefono di Hickle fosse sorvegliato e perché ha pensato che sarebbe stato più difficile collegare il cellulare a lui. A tal proposito…»
Travis prese la parola. «Stiamo ancora cercando di inchiodare Howard, cercando un legame tra la Western Regional e la Trendline. Finora niente, ma due dei miei geni del computer stanno mettendo a dura prova i modem ad alta velocità. Sono dei professionisti. Possono stanare i segreti di chiunque.»
Anche i miei? si chiese Abby. «Che cosa mi dici di Hickle? I suoi tentativi di contattare Kris sono aumentati?»
«Esattamente l’opposto. Una chiusura totale. Nessuna chiamata a casa e al lavoro per tutto il giorno. Kris è preoccupata.»
«Fa bene a esserlo. Faresti meglio a intensificare la sicurezza.»
«Lo farò. Dove ti trovi adesso?»
«Sto tornando a Hollywood. Non tentare di fermarmi.»
«Non lo farei mai.» Lo sentì sospirare. «Buona fortuna, Abby. Sta’ attenta, mi raccomando.»
«Come sempre.»
Le luci nell’appartamento di Hickle erano accese quando Abby raggiunse il Gainford Arms. La Volkswagen era parcheggiata all’estremità opposta del parcheggio in cui si trovava il suo posto auto. Abby era contenta che lui fosse a casa. Almeno non si trovava a Malibu, pronto a preparare un’imboscata fuori della villa dei Barwood.
Entrò in ascensore e salì fino al quarto piano. Mentre rovistava nella borsa in cerca delle chiavi, Hickle emerse dal suo appartamento.
«Eccoti» disse.
La prima cosa che Abby notò fu che teneva la mano destra dietro la schiena in una posizione strana: nascondeva qualcosa. La sua mente passò in rassegna diverse possibilità: fucile, pistola, barattolo pieno di acido di batteria.
Non aveva ancora aperto la porta (era intrappolata nel corridoio, Hickle a due metri di distanza) e la Smith .38 nella sua borsa non era a portata di mano.
Hickle stava sorridendo, ma era un sorriso tirato, falso.
«Ti stavo aspettando.»
«Davvero?» Fece scivolare la borsa, posando due dita sulla fibbia.
«Già. Ho una specie di sorpresa per te.» Fece un passo in avanti mostrando la mano destra.
Abby vide cosa nascondeva: non era un barattolo di acido né una pistola, né qualsiasi altro tipo di arma. Era un sacchetto rigonfio con su scritto SHANGAI PALACE.
«Spero che tu non abbia già mangiato» disse Hickle. «Ho ordinato cinese.»