21

Travis stava uscendo dalla doccia e indossando l’accappatoio quando sentì il campanello della porta.

Le 7.30 era un po’ presto per ricevere visite e comunque quasi nessuno lo andava mai a trovare. Abitava alla fine di una tortuosa strada senza uscita sulle Hollywood Hills, in una casa in stile ranch a sbalzo su un canyon, una dimora ideale per le feste, ma lui era un tipo solitario.

Si infilò un paio di mocassini e si incamminò verso l’atrio, fermandosi davanti a uno schermo in un angolo, che mostrava i gradini di ingresso. Vide Abby. Indossava una camicia spiegazzata e un paio di jeans. Il primo pensiero che gli passò per la testa fu che aveva un aspetto insolito. C’era qualcosa di diverso nella sua espressione, difficile da definire. Poi si rese conto che per la prima volta nei suoi occhi leggeva la paura.

Disinserì l’allarme e aprì la porta. «Ciao» disse.

«Ciao.»

Lei entrò senza aggiungere altro. Sembrava non si fosse nemmeno accorta di lui.

«Tutto bene?» le domandò Travis, anche se conosceva già la risposta.

«Non esattamente» disse Abby superandolo e dirigendosi verso il salotto. Gettò la borsa sul divano ma non si mise a sedere. «Hickle potrebbe avere un complice.»

«Un complice?»

«O un informatore. Non ne sono sicura. Veramente non sono sicura di niente.» Camminava su e giù per la stanza, mentre le sue Nike stridevano sul pavimento in legno massiccio. I raggi del sole attraverso le portefinestre della terrazza pugnalavano la sua figura esile e nervosa.

In tutti quegli anni era entrata spesso in quella casa, ma raramente senza preavviso. Travis rimaneva sempre sbalordito per quanto Abby fosse in sintonia con quell’ambiente. L’arredamento era raffinato e funzionale, dallo stile nettamente moderno, e lei lo calzava a pennello, con le gambe snelle, la vita stretta e il collo longilineo e flessuoso.

«Credo che dovresti sederti» disse Travis in tono calmo. «Mi sembri un po’ stressata.»

Lei lo ignorò. «È normale, se consideri che sono dovuta stare sveglia quasi tutta la notte. Sono rimasta in piedi finché Hickle non è andato a dormire, dopo le tre.»

«D’accordo, rallenta e raccontami tutto dall’inizio.»

Abby sbuffò e si sforzò di parlare con calma. «Ieri sera alle 20.30 Hickle ha ricevuto una telefonata. È uscito di casa, portandosi dietro il suo fucile, e ha preso la macchina. L’ho perso. Non so dove sia andato o con chi si sia potuto incontrare. Quando è rientrato, era palesemente turbato. Continuava a borbottare che non poteva fidarsi di nessuno. È possibile che qualcuno gli abbia fatto una soffiata.»

«Su di te?»

«Sì.»

«Pensi che abbia capito che sei un’infiltrata?»

«Può darsi.»

Travis le se avvicinò lentamente. «Se riesce a smascherarti…»

«Potrebbe perdere il controllo. Lo so. Hai capito perché non ho chiuso occhio finché lui non si è addormentato? E comunque ho alzato al massimo il volume dei microfoni. Se si fosse alzato durante la notte l’avrei sentito. Temevo che volesse fare qualcosa di estremo.» Prese un profondo respiro. «C’è dell’altro.»

«Cosa?»

«L’altroieri sera sono andata nella vasca idromassaggio del condominio e qualcuno mi ha aggredito alle spalle, tenendomi la testa sott’acqua.»

«Hanno cercato di annegarti

Annuì. «L’ho messo in fuga con una bottiglia di birra rotta. Non sono riuscita a vederlo, ma non credo fosse Hickle, aveva altro da fare, per quel che ho capito di lui. Ma forse è stato il suo complice. Sempre che ci sia un complice. Non lo so…»

«Perché non mi hai detto che sei quasi morta, ieri pomeriggio quando abbiamo parlato?»

«Non ero sicura che fosse importante.»

«Qualcuno cerca di ucciderti e tu credi che non sia importante? Ti facevo più intelligente, Abby.»

«D’accordo, la verità è che non volevo che mi togliessi questo caso.»

«Capisco.»

Lei lo fissò. «Non hai intenzione di farlo, vero, Paul? Vero?»

Non rispose. «Hai visto Hickle stamattina?»

«Sì, sul monitor.»

«Com’era? Ancora agitato?»

«Credo di sì, ma non posso esserne certa. L’ho visto per poco, poi è uscito alle cinque e mezzo per andare al lavoro. Mentre venivo qui sono passata per il negozio di ciambelle e la sua macchina era nel parcheggio.»

«Se il suo tran tran quotidiano non è cambiato, forse non è nervoso come ti sembra.»

«O forse non l’ha ancora stravolto per concedersi il tempo di pensare.»

«Dici che sta aspettando il momento giusto? Che si sta preparando per attaccare?»

«Sì.»

«Kris… o te?»

«Forse entrambe.»

«Ok. Allora secondo te chi potrebbe essere l’informatore?»

Abby scrollò le spalle. «Qualcuno che ha accesso alle informazioni interne e con un movente.»

«Allora stiamo cercando qualcuno che sa che stai lavorando a questo caso. Qualcuno che può mettersi in contatto con Hickle. Qualcuno che ti vuole dare in pasto al nemico e che vuole Kris morta.»

«Giusto.» Si strinse nelle braccia. «Devo dirtelo. Detesto questa situazione. Mi conosci, sono la classica maniaca del controllo e ora mi sta sfuggendo tutto di mano. Dovrei essere io quella ad avere segreti e invece Hickle ne ha uno che non riesco a scoprire. Questa cosa mi dà sui nervi.»

«Hai dormito un po’?»

«Un paio d’ore, ma ho dormito male. Continuo a fare questo sogno… Lascia perdere, non importa.»

«Una psicologa che dice che i sogni non sono importanti?»

«Non sono una psicologa.»

«Neanche io. Dai, raccontamelo, non va bene tenersi tutto dentro.»

«Allora… continuo a sognare di essere nella vasca idromassaggio e qualcuno mi tiene la testa sott’acqua. Solo che questa volta non riesco a spaventarlo e combatto finché non ho più aria nei polmoni, e poi…»

Travis la abbracciò. «Va tutto bene» le sussurrò cullandola dolcemente.

«No, non va tutto bene. Sto crollando.»

«Non stai crollando.»

«Be’… mi sto sgonfiando.»

«Non è vero. Ma date le circostanze sarebbe meglio… modificare la nostra strategia.»

«Stai dicendo che vuoi togliermi il caso?»

«Potrebbe essere l’unica soluzione…»

Abby si liberò dal suo abbraccio. «Neanche per sogno. Non scapperò come una codarda. Vado fino in fondo.»

«Se Hickle ha ricevuto una soffiata, tutti i tuoi sforzi saranno comunque vani.»

«Sbagliato. Posso continuare a osservarlo come ho fatto ieri notte. E poi non è detto che sappia di me. Potrebbe essere all’oscuro di tutto. E io non sono una che molla, Paul.»

«È in pericolo la tua vita…»

«Proprio così. La mia vita. Quindi decido io.»

La scrutò, studiandola. «Non è che c’entra Devin Corbal, vero?»

«Che vuoi dire?»

«Stai cercando di riscattarti ai miei occhi o di dimostrare a te stessa che vali. Qualcosa di simile.»

«Non entrare nella mia testa, per piacere.»

«Voglio solo capire perché insisti nel correre questo rischio enorme.»

«Forse solo perché mi piace vivere al limite. O forse hai ragione tu, a proposito del caso Corbal. Che differenza fa? Questo è il mio lavoro e ho intenzione di portarlo a termine. E questo è tutto.»

Lo gelò con lo sguardo, sfidandolo a ribattere.

Travis cedette. «D’accordo» disse scostandole una ciocca di capelli dalla fronte. «Sei proprio cocciuta.»

«Lo so, e me ne vanto. Torniamo a noi. Conosci una società chiamata Western Regional Resources?»

«Dovrei?»

«Probabilmente no. Non sembra che facciano molta pubblicità. Ho rintracciato la telefonata ricevuta da Hickle e ho scoperto l’origine del numero. La chiamata veniva da un cellulare intestato alla Western Regional Resources. Non ho trovato niente né su Internet né sulla banca dati Lexis-Nexis. Ovviamente non ci sono neanche sugli elenchi telefonici.»

Travis distolse lo sguardo, rivolgendolo al canyon incorniciato dalle portefinestre. «Possiamo trovarli.»

«Potrebbe essere complicato. Io dico che è una società per azioni fittizia.»

«Anche secondo me» disse Travis pacato, lo sguardo ancora perso in lontananza. Poi si sentì gli occhi di Abby addosso.

«Tu sai qualcosa» sussurrò lei.

«Può darsi. Seguimi.»

La condusse verso il retro della casa, passando dallo studio per prendere il suo portatile. Quando entrarono nella camera da letto, Abby scosse la testa simulando un’espressione sconcertata. «Pensi solo a quello.»

«No, oggi si lavora.» Travis aprì le doppie porte di un grande mobile in noce che conteneva un televisore con uno schermo da trenta pollici.

«Non c’è niente di decente a quest’ora» disse Abby.

«Guarda e impara.» Paul prese il telecomando e premette sette tasti in sequenza. Con un rumore metallico, la parte frontale del televisore si aprì di qualche centimetro, scivolando su cardini nascosti. «Una cassaforte» spiegò. «Di ultima generazione.»

«Molto ingegnosa, ma se vuoi vederti un film?»

«La TV funziona normalmente. È dotata di uno schermo piatto di dieci centimetri, i cavi sono alloggiati nel telaio e la parte centrale è completamente cava.»

«Allora, cosa ci tieni lì dentro? I gioielli di famiglia?»

«Sai benissimo dove tengo quelli» disse con una punta di malizia.

Poi Travis aprì del tutto il portello della cassaforte. Dentro c’erano dei CD avvolti in custodie di plastica e infilati dentro appositi porta-CD. «Sono file, file strettamente confidenziali.»

«Referenze e informazioni sui nostri clienti» disse Abby tranquilla.

«Come hai fatto a indovinare?»

«A volte me lo sono chiesto, sai? Mi sembrava una precauzione ragionevole. La TPS viene ingaggiata per proteggere le persone da minacce di ogni tipo. Non tutti gli stalker sono degli sconosciuti. Dei controlli sulla vita personale possono essere utili per alcuni casi. E comunque era plausibile che ti preoccupassi di questo aspetto. Perché no? In fondo curi ogni dettaglio.» Sorrise maliziosa. «Fondamentalmente sei un perfezionista ossessivo-compulsivo, con tratti anali-ritentivi.»

«Lo prendo per un complimento.»

«Quindi la TPS scava nel passato dei nostri clienti e delle persone a loro vicine.»

«Preferiamo chiamarla raccolta di informazioni.»

«Sì, vabbè. Indagate sul coniuge, sui soci di lavoro, sul personal trainer di un cliente, su chiunque possa fargli del male. Ma non glielo dite perché a nessuno piacerebbe vedere i propri cari passati al microscopio.»

«Ecco perché sono documenti confidenziali. Per questo li tengo a casa mia.»

Abby si avvicinò alla cassaforte e sbirciò dentro. «CD» disse. «Circa una cinquantina. Quant’è, trenta giga di dati?»

«Alcuni CD non sono completamente pieni.»

«Sono un sacco di informazioni comunque.»

«Come hai detto tu, sono scrupoloso.»

«Veramente ho detto che sei un perfezionista ossessivo-compulsivo, con tratti…»

«Credo che scrupoloso renda l’idea.» Passò le dita tra i dischi finché non trovò quello con la scritta BARWOOD. Lo estrasse dalla custodia. «Però hai ragione. Puoi memorizzare un sacco di informazioni su un CD. Per esempio, tutte le settantacinquemila voci dell’Enciclopedia Britannica

Abby annuì. «E anche ogni singolo dettaglio della vita di Kris Barwood, degli amici, dei parenti… e di suo marito.»

«Esatto.»

«Il caro vecchio Howard» disse in tono basso e pensieroso.

Travis aggrottò le sopracciglia. «Anche questa volta non sembri sorpresa.»

«Non ho chiuso occhio per quasi tutta la notte, esaminando ogni possibilità. E il marito è sempre una possibilità. Ti prego, dimmi che Howard Barwood ha fondato una società chiamata Western Regional Resources.»

«Vorrei potertelo dire. Ci semplificherebbe la vita.»

«Ma la vita non è mai semplice e una vita senza sfide non è vita. Se non è il proprietario della società, perché hai pensato a lui?»

«Ti faccio vedere.» Travis appoggiò il portatile sul letto e inserì il CD. Sullo schermo comparvero una serie di cartelle. La prima era nominata BARWOOD, HOWARD. Sulle altre c’erano i nomi di varie persone legate a Kris, amici, colleghi, avvocati e manager, persino la sua domestica.

Aprì la cartella di Howard Barwood che conteneva delle sottocartelle elencate in ordine alfabetico: ASSICURAZIONI, BILANCIO FAMILIARE, CARTELLA CLINICA, CONTI CORRENTI, IMMOBILI, LISTA CLIENTI, PATRIMONIO, SOLVIBILITÀ, TASSE, UTENZE TELEFONICHE, VEICOLI.

Abby si sedette accanto a lui, guardando lo schermo da sopra le sue spalle. Sospirò. «Howard non ha più segreti per noi, vero?»

«Non molti. Ovviamente c’è voluto un po’ per scoprire tutte queste informazioni. Dal cognome si può risalire alle generalità: patente di guida, libretto di circolazione, tessera elettorale e proprietà immobiliari. La Lexis-Nexis ci fornisce informazioni su residenze passate e temporanee. Controlliamo la storia professionale facendo una ricerca tra i cacciatori di teste. La maggior parte delle informazioni però le acquisiamo analizzando la solvibilità del soggetto. Ci dice dove viaggia, cosa fa per divertirsi, dove va a fare shopping. Poi ci sono le polizze assicurative, le cartelle cliniche, le bollette telefoniche, le dichiarazioni fiscali sugli immobili, i rendiconti finanziari…»

«Tutte informazioni tecnicamente inaccessibili per spioni e hacker.»

«Ma accessibili a quelli che sanno.» Travis aprì la cartella PATRIMONIO. «La prima volta che ho fatto delle ricerche su Howard, ho scoperto che il suo patrimonio ammontava a ventiquattro milioni di dollari. Questo dato risale al 1994. Recentemente abbiamo dato un’altra occhiata e ora la cifra è questa.»

Abby si avvicinò un po’ di più allo schermo. «Venti milioni» disse. «O hanno fatto degli investimenti sbagliati oppure c’è qualcosa che bolle in pentola.»

«La cosa strana…» Travis fece scorrere verso il basso la pagina, passando in rassegna i fogli di calcolo ed evidenziando le cifre indicate nella colonna SCADENZE. «… è che Howard ha iniziato a liquidare i suoi beni.»

«Ma in caso di firma congiunta, non avrebbe bisogno anche dell’autorizzazione di Kris?»

«La maggior parte di questi conti non richiede il nullaosta di un cofirmatario. In questo modo è più semplice emettere un assegno per entrambi i titolari.»

«E anche più semplice per un solo titolare spostare certi fondi senza che l’altro lo venga a sapere. Dove vanno a finire i profitti delle vendite?»

«In un conto corrente intestato a Howard.»

«Solo a lui. A Kris no?»

«No.»

Il letto scricchiolò sotto il peso di Abby mentre piegava le gambe in una posizione di yoga. «Sto iniziando a capire cosa c’è sotto. I soldi non andavano a finire in quel conto, vero?»

«Proprio così.» Travis trovò gli estratti conto di Howard Barwood nella cartella CONTI CORRENTI. I prelievi di denaro erano stati fatti a intervalli di tempo irregolari. «Assegni circolari» disse. «Cinquanta o centomila alla volta. Dopodiché, la pista dei soldi non porta da nessuna parte.»

«Non hai idea di dove stiano andando tutti quei soldi?»

«Sì e no.»

«Sapevo che mi avresti detto una cosa del genere.»

«Davvero? E perché?»

«Perché non mi hai ancora spiegato cosa c’entrano le società fasulle in tutta questa storia?»

«Giusto, non te l’ho ancora detto. C’è dell’altro, infatti.» Aprì la cartella IMMOBILI. «Quando abbiamo indagato sulle proprietà immobiliari di Howard Barwood è saltato fuori che possiede una casa a Culver City.» Sullo schermo apparve un indirizzo. «A prima vista non c’è niente di strano. Howard possiede un certo numero di immobili, grandi e piccoli. Recentemente, però, ha venduto questa casa a un prezzo inferiore al valore di mercato. L’acquirente risulta una certa Trendline Investments, una società con sede nelle Antille Olandesi, se questo ti suggerisce qualcosa.»

«Un paradiso fiscale offshore. Regole di riservatezza bancaria: rigorose.»

«Benissimo. Ora, dai un’occhiata ai movimenti della carta di credito di Howard.» Travis aprì la cartella SOLVIBILITÀ. «Barwood ha acquistato biglietti aerei di andata e ritorno per Willemstad, la capitale delle Antille Olandesi.»

«Fammi indovinare. La Trendline Investments è una società fittizia. Howard è il fondatore. Ha venduto la casa di Culver City a se stesso.»

«Penso di sì. Non posso provarlo, ma il suo viaggio alle Antille è un prova circostanziale di un certo peso. È rimasto là per due notti, il tempo necessario per sbrigare tutte le scartoffie richieste per fondare una società fantasma, con tanto di conto corrente.»

«Quando?»

Travis scorse in basso fino alla transazione effettuata all’hotel, datata 22 novembre 1999. «Alla fine dell’anno scorso. Poco prima del trasferimento dell’atto di proprietà alla casa di Culver City e prima che gli altri beni patrimoniali iniziassero a svanire misteriosamente.»

«E Kris non sa nulla?»

«Non ci sono prove che ne sia al corrente. Chiaramente gli estratti conto non possono dirci tutto.»

«Però sembra che ci stiano già dicendo un sacco di cose.» Abby rifletté per un istante. «La casa a Culver City era intestata solo a Howard?»

«Sì.»

«Allora è probabile che Kris non sapesse nemmeno della sua esistenza, anche quando Howard era il legittimo proprietario.»

«Esatto.»

«Capisco.» Si grattò la fronte, esausta.

«Sai cosa significa, vero?»

«Non è che ci vuole un genio per capire cosa c’è sotto. Quando un tizio possiede una proprietà di cui la moglie non sa niente, e si fa in quattro per tenerla nascosta, di solito c’è un’unica ragione. Howard sta mettendo le corna a sua moglie e usa quella casa per i suoi incontri segreti. Vuole divorziare. Vuole lasciare Kris.»

Travis annuì. «Ma le leggi della California prevedono la condivisione dei beni…»

Abby divincolò le gambe e balzò giù dal letto. «Il che significa che il patrimonio dei Barwood deve essere diviso a metà e questo è un grosso problema per Howard, perché sebbene sua moglie sia estremamente ricca, lui lo è almeno il doppio. Non vuole rinunciare a metà del suo patrimonio. Per proteggerne la maggior parte possibile, sta trasferendo segretamente i beni di entrambi oltreoceano, nascondendoli in una società fantasma istituita all’interno di una giurisdizione che prevede leggi di riservatezza bancarie estremamente rigorose. In questo modo, al momento della separazione dei beni, ci sarà meno da dividere.»

«Tutto ciò è assolutamente legale» disse Travis, «finché continua a pagare le tasse negli Stati Uniti. Non c’è nessuna legge che impedisca di trasferire denaro offshore, persino se l’intento è quello di nasconderlo alla parte ricorrente nell’eventualità di una causa legale o di divorzio.» Tirò fuori il CD.

Abby scosse la testa. «Non l’hai detto a Kris?»

«Neanche una parola. Howard gliela sta facendo dietro le spalle, ma come faccio a raccontarle tutto senza rivelare che facciamo controlli sulla vita delle persone?»

«Date le circostanze non credo si arrabbierebbe.»

«Lo farebbe se alla fine venisse fuori che ho torto. Non dimenticare che sono solo congetture. Non sappiamo per certo che Howard sia il proprietario della Trendline né che stia facendo questi trasferimenti tenendo Kris all’oscuro. Forse hanno escogitato questa soluzione insieme. Potrebbe trattarsi di qualche complicato sistema per eludere le tasse, al limite della legalità, e se iniziassi a fare domande…»

«Potresti dire addio a un altro cliente.»

«Proprio così. L’unico che non posso permettermi di perdere.» Travis infilò il CD nella custodia di plastica. «E poi il nostro compito è proteggere la vita di Kris, non i suoi interessi finanziari.»

«È proprio per la sua vita che sono preoccupata» disse Abby con un filo di voce. «Se Howard fa il galletto con un’altra e vuole il divorzio, e se vuole tenersi i soldi a tutti i costi…»

«Allora potrebbe avere un movente per volersi sbarazzare della moglie ancora più in fretta.»

«Fornendo informazioni al pazzoide che la sta perseguitando. Pensi che lo farebbe? Vendere sua moglie al suo ipotetico assassino per togliersela dai piedi?»

«È crudele, ma Los Angeles non è una città famosa per l’accoglienza e l’umanità.»

«E se tutto questo fosse vero, allora Howard potrebbe essere l’aggressore dell’altra sera. Sapeva che stavo lavorando al caso. Forse temeva che scoprissi troppo. Magari teneva d’occhio il palazzo di Hickle, poi mi ha vista nella vasca…»

«Potrebbe aver pensato che fosse l’occasione perfetta per sbarazzarsi di te.»

Abby aggrottò la fronte. «Quel tipo non mi è mai piaciuto. C’è un modo discreto per scoprire se ha un alibi per quella notte?»

«Certo. Gli agenti di sicurezza al cottage annotano tutti gli ingressi e tutte le uscite. Posso scoprire se Howard è andato fuori quella sera, il che è molto probabile.»

«Cosa te lo fa pensare?»

«Esce quasi ogni sera, se ne va in giro con la sua nuova macchina, a quanto dice.»

«O forse è andato nella sua casa di Culver City per incontrare qualcuno e sulla strada di ritorno ha pensato bene di fare un salto da Hickle e di fare una ragazzata. Tutto è possibile, ma dobbiamo metterlo con le spalle al muro.»

Travis annuì. «Ed è quello che faremo. Se Howard ha fondato una società fittizia, potrebbero essercene delle altre e una di queste potrebbe essere la Western Regional Resources: se così fosse, la sede della Western Regional Resources potrebbe essere nelle Antille Olandesi, proprio come la Trendline. Potrebbe persino avere dei legami con la Trendline. Un fantasma dentro un altro fantasma, o una cosa del genere. Dirò ai miei di mettersi all’opera immediatamente.»

«Se riusciranno a trovare una connessione tra Howard e la Western Regional, dovremo dirlo a Kris.»

«Lo so.»

«E alla polizia.»

«Sì.» Travis si strinse nelle spalle. «Vedi, abbiamo delle opzioni, delle piste da seguire. La situazione non è così disperata come credevi.»

Con un gesto della mano Abby cercò di spazzare via quello che gli aveva raccontato. «È stata una nottataccia, tutto qui, e ora ne pago le conseguenze.»

«Ti senti meglio adesso?»

«Decisamente. Be’, non è che sono venuta qui per… insomma, volevo aggiornarti sugli ultimi sviluppi. Non volevo essere… confortata.»

Paul si alzò in piedi e la strinse a sé. «Ma se ti consolassi un po’, non ti dispiacerebbe, vero?»

«Immagino di no.» Abby guardò la parte bassa del suo accappatoio e sorrise. Da quando era arrivata non aveva ancora sorriso. «Sai, l’ultima volta che ci siamo visti ero io quella in accappatoio.»

«Me lo ricordo. Chiaramente.»

«Anche io.»

Lui la baciò con tenerezza, poi il corpo di Abby schiacciato contro il suo gli ricordò quanto fosse piccola e fragile nonostante la sua forza. Passò le dita tra i suoi capelli e la baciò intensamente.

«Sarà meglio che tu ti vesta» disse lei, «o farai tardi al lavoro.»

«Il lavoro può aspettare.»

«Davvero?»

«Sì.»

Lentamente le tolse i vestiti, indugiando su ogni bottone e su ogni gancio. Il corpo di Abby lo aveva sempre fatto impazzire. Anche prima di iniziare l’addestramento, aveva il fisico snello e muscoloso di un’atleta, privo però di quella innaturale durezza provocata dall’allenamento.

La penetrò senza sfilarsi l’accappatoio né slacciarsi la cintura. Con le mani sulla vita la sollevò, mentre la schiena di lei disegnava un arco sinuoso. Entrò più in profondità e all’apice della passione i suoi occhi incrociarono quelli di Abby in un fremito di eccitazione.

Poi la baciò sul collo delicato e su un lobo che spuntava timidamente dai capelli arruffati, sussurrandole nell’orecchio: «Questa volta sapevamo tutti e due che ce l’avrei fatta a entrare».

«Non avevo dubbi» rispose lei affannata.

Rimasero sdraiati nella luce del mattino, in silenzio ed esausti. Molto tempo dopo, ma sempre troppo presto, lui disse: «Devo andare davvero in ufficio».

«Anch’io devo andare» sussurrò Abby assonata.

«No, tu riposati un po’. Ne hai bisogno.»

«Dieci minuti, forse. Il tempo di un sonnellino.»

«Certo.»

«Svegliami quando stai per uscire.»

«Va bene.»

Ma non lo fece. Quando finì di vestirsi, Abby era ancora profondamente addormentata e sembrava inutile svegliarla. Lasciò una chiave sul cassettone, così avrebbe potuto chiudere la porta. Si chinò e le diede un bacio sulla fronte. «Dormi bene, Abby.»

Le labbra di lei si incurvarono in un sorriso e in quell’istante seppe con certezza che lo stava sognando.