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La riunione di redazione del notiziario delle 18 finì poco dopo le 17. Kris uscì di corsa, infilando il bloc-notes nella valigetta mentre saliva in ascensore con Amanda Gilbert. Entrambe andavano al piano terra.

«Un altro giorno un altro incubo» commentò Amanda.

Kris sorrise. «Almeno oggi non sono nati all’ultimo minuto due pachidermi delle dimensioni di un’utilitaria.»

«Sembra di stare in un manicomio. Sembra che non avremo tempo per la nostra chiacchierata a tu per tu.»

Kris fu sorpresa che Amanda si ricordasse della loro conversazione. Sorpresa e… commossa. Non aveva mai pensato che fosse il tipo capace di preoccuparsi dei sentimenti e delle crisi altrui. «Forse dopo il notiziario» propose, giusto per dire qualcosa.

Amanda scosse la testa. «Non ce la faccio. Ho… un impegno.»

«Un appuntamento? È questo che stavi per dire?»

Amanda distolse lo sguardo, imbarazzata. Quella fu la seconda sorpresa per Kris. Non aveva mai pensato che Amanda potesse provare imbarazzo per qualcosa.

«Tu che hai un appuntamento vero? Tu, la drogata di lavoro?» La colpì scherzosamente sul braccio. «Chi è?»

«Preferirei non parlarne.»

«Invece parlerai. Questa è roba grossa. Voglio sapere tutti i dettagli.»

Le porte dell’ascensore si aprirono. Amanda uscì per prima, impaziente di andarsene. «Adesso proprio non posso. Devo mandare in onda un telegiornale.»

«Allora domani.» Kris la fermò sulla porta della redazione. «Mi dirai i segreti della tua vita amorosa e io ti dirò i miei, d’accordo?» disse scrollando le spalle «Chissà, forse abbiamo più cose in comune di quanto non pensiamo.»

Amanda aprì la porta spingendola. «Non ci sarebbe niente di strano, dopotutto.»

«Siamo d’accordo?»

«Certo, d’accordo. Ora devo scappare.» Sparì dietro la porta.

Kris si diresse verso l’ingresso del suo ufficio, sorridendo. Il suo matrimonio stava andando in pezzi, ma la sua produttrice esecutiva aveva trovato un ragazzo. Forse c’era un equilibrio cosmico nell’universo, come dicevano i suoi amici New Age.

Il suo ufficio era una stanza grande e avvolta dal sole, piena zeppa di premi, riconoscimenti, ricordi e souvenir ricevuti dalle emittenti televisive in cui aveva lavorato e cornici che ritraevano lei e Howard in tempi più felici. Ellen, la sua assistente personale, era seduta alla scrivania e stava scrivendo al computer. Quando Kris entrò, sollevò lo sguardo.

«Ehi, boss.»

«Ciao. Sono passata a prendere il mio abito.»

«Linda l’ha lasciato qui un’ora fa.» Ellen fece un cenno con la testa verso la porta del camerino di Kris adiacente l’ufficio.

«È nuovo, molto chic.»

Kris trovò il suo abito appeso nell’armadio. Era color celeste-violetto, abbinato a una camicetta color crema, una buona scelta. Quella particolare sfumatura di blu stava sempre bene in televisione. Avendo fatto quel mestiere per anni, sapeva cosa andava e cosa no. I colori a tinta unita andavano bene; le fantasie, soprattutto motivi piccoli e complicati, non funzionavano. Le tonalità biancastre andavano bene; il bianco puro stonava.

Si cambiò e si diede un’occhiata allo specchio e decise che aveva un aspetto elegante, fatta eccezione per le scarpe da ginnastica. Dato che era sempre seduta dietro alla scrivania, nessun telespettatore poteva vedere cosa indossava ai piedi.

Per completare il look selezionò un paio di orecchini e una collana di perle, bigiotteria senza valore, grandi, fuori misura e appariscenti. La gioielleria di piccole dimensioni distraeva in telecamera; invece gli oggetti di grandi dimensioni risaltavano di più. Dopo aver infilato i gioielli in una busta di plastica, si diresse verso l’uscita dell’ufficio ma si fermò sulla porta.

«Quante chiamate?» chiese.

«Ho un sacco di messaggi, ma nessuno urgente.»

«Intendo dire messaggi… da lui.»

«Ah, nessuno. Sul serio.»

«Nessuna chiamata?»

«Oggi no.» Ellen si strinse nelle spalle.

«Forse sta perdendo interesse.»

«Io non ci conterei.»

Kris si diresse lungo il corridoio verso la stanza del make-up. Era strano che Hickle non avesse chiamato, solitamente a quell’ora avrebbe già dovuto aver lasciato diversi messaggi alla sua segreteria telefonica e altri due al centralino. Quel silenzio avrebbe dovuto tranquillizzarla, invece lo trovò inquietante.

Julia, la truccatrice, e Edward, il parrucchiere, la stavano aspettando con espressioni impazienti. Il primo a iniziare fu Edward. Il lunedì le faceva un’acconciatura completa, mentre per il resto della settimana bastava semplicemente un ritocco. Svolgeva il lavoro con grande facilità, spuntando e spiumacciando e spruzzando un po’ di lacca qua e là.

«Fatto» esclamò. «Però, lo sai, con un bel taglio…»

«Non ho intenzione di portare i capelli corti.»

«Sto solo dicendo, tesoro, che dopo una certa età i capelli lunghi sono poco trendy.»

«Non ho ancora raggiunto quell’età.» Prese in mano le forbici e le fece scattare minacciosa.

«Te lo faccio io un bel taglio… ma non ai capelli.»

Edward impallidì. «Sono completamente d’accordo. Ho capito benissimo quello che vuoi dire, sei stata chiarissima.» E schizzò via in un baleno.

Poi toccò al trucco. Kris si sedette pazientemente ripassando i cambiamenti del copione, mentre Julia applicava uno spesso strato di fondotinta Shiseido su ogni centimetro della sua pelle, persino all’interno delle orecchie. Seguì il fard. Sembrava che rimodellare la sua faccia diventasse sempre più complicato ogni mese che passava. Di lì a poco avrebbe condotto il telegiornale dietro uno strato di cosmetici spesso centimetri, assumendo le sembianze di una geisha. Nessuno l’avrebbe riconosciuta. Avrebbe dovuto cambiare nome, trasferirsi in un’altra città e continuare a fare il suo mestiere… Hickle non l’avrebbe mai trovata.

Cercò di sorridere a quella fantasia, ma non c’era niente di divertente su Hickle. Non l’aveva chiamata al lavoro. Strano.

«Julia?»

«Mmh?»

«Potresti portarmi il telefono? Devo fare una chiamata.»

Con aria imbronciata, Julia obbedì.

Come ogni artista, le interruzioni la infastidivano.

Kris chiamò il numero di casa. Quando qualcuno dall’altra parte le rispose, chiese di poter parlare con uno degli agenti della TPS.

«Parla Pfeiffer.»

«Salve, sono io, volevo sapere il numero delle chiamate, cioè delle sue chiamate.»

«Zero, signora.»

«Zero?»

«Non ha fatto nemmeno uno squillo.»

«Non ha neppure chiamato il mio numero al lavoro. Non le sembra un po’ strano?»

«Con questi tipi non si può mai sapere, domani potrebbe chiamare una ventina di volte.»

«Immagino lei abbia ragione. Grazie.»

Riattaccò. Julia le chiese di cosa si trattasse.

«Sembra che il mio stalker abbia cambiato le sue abitudini.»

«È una cosa negativa?»

«Non lo so.»

Julia applicò gli ultimi tocchi di trucco.

«Sai, ho sempre pensato che fosse stupendo essere famosi» disse. «Adesso non ne sono più così sicura.»

«Ha i suoi alti e bassi.»

Nonostante Julia avesse finito di truccarla e se ne fosse andata, Kris rimase seduta sulla sedia pensando a Hickle e al suo silenzio innaturale.

«Kris.» Il direttore di studio era alla porta. «Dieci minuti.»

«Grazie.»

Non si era resa conto che mancava poco all’inizio del notiziario.

Stava per uscire dalla stanza ma all’improvviso cambiò idea. Alzò la cornetta e chiamò Travis.