53

 

 

 

 

Quando vide che non riusciva ad addormentarsi per l’eccitazione, Lydia prese due pillole di sonnifero, rimasugli di quando aveva pensato che le figlie fossero morte nell’incendio. Dormì bene e si svegliò spaparanzata sul letto di Adil. Il sole filtrava obliquo tra le persiane disegnando strisce di luce nella stanza e la donna ripensò a come si era sentita quando Adil era stato lì con lei. Quando si svegliava la mattina la sua mente era piena di ricordi di Adil, ma quando andava a dormire la sera e nel corso della giornata pensava solo alle figlie.

Sentendo delle voci provenire dal salotto, si tirò su a fatica e avanzò incespicando verso la porta.

Cicely alzò su di lei un volto perfettamente truccato. «Ciao, tesoro. Nottata faticosa?». Facendo una risata mordace, rivolse una smorfia a Adil. «Ti va di unirti a noi per un caffè?».

Lydia si sentì imbarazzata. Cicely sapeva sempre come innervosirla. Aggrottando la fronte si diresse alla finestra per evitare lo sguardo beffardo dell’altra e si fissò le mani, come se il nuovo smalto rosso esigesse tutta la sua attenzione, prima di guardare fuori dalla vetrata. Era una giornata insolitamente ventosa. Non sapendo bene come comportarsi guardò il vento portarsi via le gonfie nuvole bianche, ma poi di colpo ricordò che quanto meno doveva all’amica un ringraziamento.

Si voltò. «Non ti ho mai ringraziato per avermi presentato Clara. Se non l’avessi conosciuta… be’, non riesco nemmeno a pensarci».

«Non c’è bisogno che mi ringrazi, cara».

Lydia osservò il volto dell’altra nella luce cruda del mattino e si sentì dispiaciuta per lei. Sembrava che il ventaglio di rughe intorno agli occhi si fosse esacerbato e Cicely mostrava in pieno la sua età.

«Meglio che vada, adesso. Buona fortuna, tesoro». Cicely rise, indicando Adil con un cenno del capo. «Divertitevi!». Inarcò un sopracciglio e, con un rapido svolazzo del polso carico di braccialetti, se n’era andata.

Lydia fece una smorfia.

Adil le fece l’occhiolino. Era vestito di borgogna e azzurro e quei colori accentuavano quello degli occhi. «Non permetterle di infastidirti».

Maz, intento a sbucciare un mandarino senza semi, ruotò sullo sgabello e una fragranza aranciata invase la stanza.

«Cosa voleva, a parte mettermi in imbarazzo?».

Adil scosse il capo e le tese una busta. «Ti imbarazzi troppo facilmente. Ma si tratta di questa. È venuta a portare questa».

Lydia batté le palpebre. «Di chi è?».

Adil fece spallucce e le passò il telegramma con manifesta curiosità.

Lydia lesse e si accigliò.

«Allora?»

«Non capisco. Una donna chiede dove mi trovo con esattezza».

«Chi è?»

«Si chiama Cooper-Montbéliard. Dice che è da parte della mia famiglia. C’è il numero di una casella postale nel Worcestershire per una risposta».

«Perché l’ha mandata a Cicely?»

«Che ne so? Ma cosa significa?». Lydia abbassò lo sguardo. «“Da parte della tua famiglia”. Deve intendere Emma e Fleur».

Ci fu un momento di silenzio. Lydia rilesse più volte il telegramma prima di tornare ad alzare lo sguardo. Adil le tese le braccia e lei vi si gettò, seppellendogli il capo contro il petto. Maz saltò sul tavolino, gridando e battendo le mani.

«Maz, lo romperai». Adil gli tese la mano e il bimbo si affrettò a scendere. «E riordina la tua brandina, per l’amor del cielo».

«Cosa stiamo aspettando?», disse Lydia, scostandosi e appuntando il numero della casella postale su un pezzo di carta.

«Conosci questa donna?».

Lei si strinse nelle spalle e alzò le mani. «Non mi interessa. Le risponderò oggi stesso».

«Hai intenzione di partire subito? Per l’Inghilterra, intendo».

Lydia annuì e una vena le pulsò sulla tempia. Voleva toccarlo di nuovo, sentire il suo cuore battere mentre gli appoggiava la testa contro il petto, ma il suono delle voci delle figlie la fece indietreggiare.

«Ti hanno mai detto che hai degli occhi assolutamente straordinari?», le chiese con un sorriso.

«Pensavo che non l’avresti mai notato», replicò lei chinando il capo su un fianco. Fece una risata, ma le uscì tremolante. Le era già stato detto prima che era bellissima, ma con Adil significava di più.

Nel silenzio, dapprima nessuno si mosse. I suoi sentimenti per lui erano cresciuti lentamente e, con essi, la strana sensazione che, qualunque cosa lei provasse, la provava anche lui. Si sentì stringere il petto. Incapace di respirare, continuò a volgergli le spalle e si diede da fare a lavare i piatti. Lacerata al pensiero di lasciarlo, c’erano cose che sentiva di dover dire, eppure le parole non volevano uscire.

Maz, di nuovo sullo sgabello, continuava a ruotare su se stesso, e Lydia sentì Adil che chiacchierava con lui.

«Devo parlarti», sbottò all’improvviso, la voce soffocata dalle lacrime.

Si guardarono dai due lati opposti della stanza. Adil la stava ascoltando perfettamente immobile, come se tutto il suo corpo fosse immerso in lei.

«Ho deluso mio marito, ho deluso le mie figlie».

«Se l’hai fatto, non hai fatto tutto da sola».

«Forse no, ma questo devo farlo da sola. Rivedere le mie figlie. Mi dispiace. Voglio dire…».

Adil mosse un passo verso di lei. Lydia si era augurata che i sentimenti dell’uomo per lei fossero reali quanto i suoi, e non che fosse una sua autoconvinzione. In quel momento un’ondata di emozioni le si bloccò in gola e Lydia si ritrovò a respingere Adil con lo strofinaccio.

«Devo mettere per prime le mie figlie. Se l’avessi fatto fin dall’inizio, niente di tutto questo sarebbe accaduto. Che diamine vedi in me?»

«Vedo la donna con cui voglio stare».

Seguì un breve silenzio. Persino Maz smise di ruotare sullo sgabello.

«Pur sapendo tutto di me, di Jack e delle ragazze, ancora dici una cosa del genere?».

Adil tornò ad avvicinarsi, le cinse la vita con un braccio e le posò un bacio leggero sulla fronte. «Lydia, metti giù lo strofinaccio e vai a vestirti».

Lo guardò, colpita dall’espressione che gli vide in volto. Gli importava.

 

Dopo essere andati all’ufficio di navigazione e di nuovo nell’appartamento, Adil era rilassato e sorridente.

«Sicura di non aver bisogno che venga anch’io?».

Mentre gli sorrideva e batteva le palpebre per allontanare le lacrime, sembrava che il cuore le stesse per balzar fuori dal petto. «Ho già il mio piccolo compagno di viaggio».

Maz sollevò lo sguardo e sorrise. «Andrò su una nave».

«Grazie a Dio il canale di Suez è stato sbloccato», osservò Adil. «In caso contrario, ci sarebbe voluto un mese».

Lydia non ci aveva pensato. Grazie al cielo aveva il certificato di nascita di Maz. Con quello, Adil era riuscito a procurarsi i documenti necessari per il viaggio e, prima della partenza, era rimasto giusto il tempo perché arrivasse una risposta dall’Inghilterra. Sperava che le dicesse esattamente dove recarsi.

«Ti piacerà viaggiare su una grossa nave, vedrai, tesoro. Non preoccuparti, baderò io a te», disse al piccolo arruffandogli i capelli.

Guardando oltre le spalle di Adil, osservò la bruma che saliva dal mare e le nuvole che si stendevano sull’oceano. Distogliendo lo sguardo dal panorama, osservò gli zigomi alti e gli occhi distanziati di Adil, e poi ne registrò l’andatura dinoccolata mentre attraversava la stanza.

«Mi dispiace», gli disse a bassa voce.

Il viso dell’uomo era tranquillo mentre si passava una mano sulla testa. Lydia attese qualcosa di più, magari un piccolo cambiamento di espressione, o forse aspettava per capire un po’ di più se stessa. Era difficile a dirsi. Ma poi, sotto le rughe familiari del suo volto, vide che c’era qualcosa. Un leggero guizzo negli occhi, un calore profondo quando sorrideva, dettagli a malapena percepibili ma sufficienti a rivelarle che i suoi sentimenti erano sinceri, e saperlo le permise di respirare più liberamente, come se il denso groviglio di dolore che aveva dentro avesse iniziato a districarsi. Gli sorrise, afferrò una scatola di datteri dolci e si avvicinò alla finestra. Maz e Adil la raggiunsero e tutti e tre insieme mangiarono i datteri osservando i gabbiani sfrecciare nel cielo improvvisamente sereno.

«Nessun rimpianto», disse Adil.

«Nessunissimo».

«Scriverai? Fammi sapere qualcosa. Presto».

«Molto presto».

Dalla strada salì il dolce profumo di meloni e un cinguettio improvviso la spinse a guardare di nuovo fuori dalla finestra. Stranamente, le sarebbe dispiaciuto lasciare la Malesia.

«Grazie», gli disse, la bocca improvvisamente secca.

Adil si chinò su di lei e Lydia gli prese il volto tra le mani e gli baciò entrambe le palpebre. «Mi hai detto fin dall’inizio cos’eri per me: un vero amico. Ma sei molto più di questo. Non so come tu ci sia riuscito, ma grazie a te mi conosco meglio».

«Quando sarai pronta, io ci sarò. Una parola e salto sulla prima nave in partenza. Possiamo decidere cosa fare non appena ti sarai stabilita. Niente cambierà questa cosa».

Lydia annuì e si portò un dito alle labbra. Quello era un tipo nuovo d’amore, adulto. C’era una sicurezza che non aveva bisogno di spiegazioni. Le tornarono in mente le parole che una volta le aveva detto Emma. Una coppia che lei e Alec conoscevano bene, lì a Malacca, si era separata. Inclinando il capo di lato, Emma aveva osservato in tono tristissimo: «È perché non sono con la persona giusta».

In quel momento, ricordandolo, Lydia sorrise.

«Cosa c’è di divertente?»

«Tu. Tu sei la mia persona giusta. Spero che non ti preoccupi il freddo dell’Inghilterra».

Adil rise. «Sono coriaceo, Lydia».

Lydia non poteva più immaginare la sua vita senza di lui. Il futuro le si spalancò davanti e in qualunque posto si vedesse c’era anche lui e, se anche avesse voluto, non avrebbe potuto cancellarlo. Sarebbe andato tutto bene. Si sarebbero rivisti, e a breve. Il sole apparve tra le nuvole, l’aria divenne limpida e fu tutto. Lydia chiuse gli occhi e sorrise dentro di sé, sentendosi profondamente leggera. Sulla riva, una donna con un abito azzurro la salutò. Dentro di lei, il fantasma che si era librato su tutta la sua vita sbiadì, e Lydia si volse verso il futuro. A Dio piacendo, presto avrebbe rivisto le figlie. La vita le aveva dato una seconda occasione e quello era tutto ciò che contava in quel momento.

La Separazione
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