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L’aria della stazione puzzava di metallo e sudore; il rumore della gente, dei treni e dei venditori era insopportabile. Ciò nonostante, Lydia sentì la propria determinazione rafforzarsi e, pur con qualche difficoltà, riuscì a stanare una cabina telefonica. Composto il numero di Cicely, attese la risposta della vecchia amica e trasse un respiro profondo prima di parlarle in tono pacato. Per un attimo la voce fredda e sbrigativa di Cicely quasi la sviò dai suoi proponimenti ma, mentre si premeva il ricevitore contro la guancia, fece un altro respiro profondo e lo disse.
«Non ho un posto dove andare».
Sentì nitidamente l’altra che tratteneva il fiato. «Allora è vero. Dove sei adesso?»
«Qui. Alla stazione».
«Non muoverti».
Lydia si asciugò le gocce di sudore che le imperlavano la fronte, grata che Jack, con una preveggenza soprannaturale, le avesse mostrato il gruzzolo che teneva sotto l’assito. Si sarebbe comunque dovuta trovare un lavoro, ma aveva abbastanza per restare a galla per qualche mese. E perlomeno era riuscita a raggiungere il sud in un’unica tappa. Stavolta il viaggio non aveva contemplato imboscate, deragliamenti o deviazioni: tutto era stato sorprendentemente normale. Così tanto che si era dovuta dare un pizzicotto per ricordare a se stessa che Jack e le bambine erano morti e lei non stava semplicemente tornando a casa da Alec.
Quando Cicely arrivò, fresca ed elegante, Lydia stava bevendo una limonata fredda. L’amica le premette contro la guancia un paio di labbra fredde. «Puoi raccontarmi tutto strada facendo».
Cicely spalancò la porta della sua residenza cittadina e diede un’occhiata in giro. Era una vecchia, incantevole dimora mercantile, in un quartiere ricco della città.
«Bene: nessun segno di Ralph. Gli uomini non sanno mai di cosa davvero si tratta. Tesoro, sei uno spavento. Direi che ti ci vogliono un bagno e qualcosa da mangiare».
«Ho sempre pensato che gli uomini fossero quelli che sanno di cosa si tratta», replicò Lydia.
Cicely scoppiò a ridere e agitò verso di lei un dito aguzzo. «Hai molto da imparare, ragazza mia».
Attraversarono l’atrio silenzioso.
Cicely si protese a prenderle una mano. «Tesoro. Sai già quanto sia dispiaciuta per Emma e Fleur, ma ora anche Jack. Dev’essere stato terribilmente spaventoso, ma perlomeno è morto come aveva vissuto».
Lydia si sentì rivoltare lo stomaco. «Qualcuno l’ha attirato sulla strada con l’inganno, quel pomeriggio».
Cicely la fissò. «Qualche idea su chi sia stato?».
Il volto di Lili le attraversò la mente, ma Lydia scelse di fare spallucce. «Anche un bambino a cui stavo badando è scomparso. Devo assicurarmi che stia bene». Si appoggiò alla parete. «Harriet Parrott potrebbe essere un buon punto di partenza. Sai, con i contatti di George… Mi aiuteresti?»
«La chiamerò e le dirò che andrai da lei domani a mezzogiorno in punto. E, per il resto, rimani da me finché ne avrai bisogno, d’accordo?». Un ampio sorriso illuminò il volto di Cicely. «Dopo tutto, è a questo che servono le amiche».
Lydia la seguì nella raffinata suite per gli ospiti all’ultimo piano.
«Le va bene questa, signora?», chiese Cicely. «Non è necessario che tu scenda. Ti farò mandare su il cibo».
Dopo che Cicely fu uscita, Lydia lasciò cadere la borsa e allungò lo sguardo sul lontano stretto di Malacca. La pioggia offuscava la visuale, sfumando i colori in azzurri e lilla slavati. Sentì che le spalle le si rilassavano. Non si era resa conto di quanto fossero tese. La sua stanza dava su un giardino interno, un giardino acquatico con foglie di ninfea enormi e una fontana. Esaminò la suite. Tappezzata in rosa chiaro e oro, non avrebbe potuto essere più diversa dalla casa di Jack. Qui Lydia aveva una stanza da letto, una da bagno e il suo salottino personale. E, in quel momento, un rifugio era esattamente ciò di cui aveva bisogno.
Ogni volta che il ricordo dell’omicidio di Jack minacciava di vincerla, stava imparando a posarsi una mano sul cuore e a trarre dei respiri profondi. Quel gesto la calmava e, gradualmente, il battito accelerato e l’ondata di panico si attenuavano. Poi, per impedire a se stessa di morire dentro e nonostante la facesse piangere, ripensava ai bei tempi e all’amore che avevano condiviso. Qualunque cosa pur di non vedere l’immagine del suo cadavere steso sull’asfalto. Pensare a quello l’avrebbe distrutta.
Fu svegliata da un cielo enorme, sbiancato dal sole, privo di qualunque accenno a un imminente acquazzone, proprio il tipo di giornata che le piaceva di più.
In bagno indietreggiò davanti a uno specchio incombente, ben illuminato. Un disegno di gigli si avvolgeva a spirale sugli angoli e delle palme slanciate si allungavano sui fianchi. “Indiano”, pensò. Le spalle le si incurvarono alla vista del riflesso a figura intera del proprio corpo pelle e ossa, occhi gonfi e tristi e pelle chiazzata. Ricordando la nascente sensazione di speranza per il futuro - la gonna carina, il rossetto - prima che Jack fosse ucciso, Lydia trasalì e gettò la sua preziosa bottiglietta di Shalimar nel cestino. Ora quel profumo era troppo doloroso. Dopo essersi spruzzata il volto con acqua fredda, si fece correre le dita tra i capelli umidi. Fuori dalla sua stanza ci fu uno schiocco di tacchi alti e Cicely entrò lasciandosi dietro una scia di Chanel N˚ 5 e portando con sé un vassoio d’ebano e argento, ricolmo.
Lydia marciò in camera completamente nuda e spalancò le braccia. «Guardami! Guarda che roba!».
«Orribile, lo so». Cicely scoppiò a ridere. «C’è molto che possiamo migliorare. Ti ho fissato un appuntamento: parrucchiere, alle otto. E dopo andremo a fare shopping. Ma prima dobbiamo fare un piano». Si lasciò cadere di schianto su un divano di chintz chiaro sotto la finestra e batté la mano sul cuscino accanto a sé.
«Stavo pensando a Jack».
Cicely fece una smorfia. «Lo so, tesoro. È stata una sfortuna pazzesca». Indicò l’altro lato della stanza. «Lì c’è una vestaglia che puoi usare».
Lydia la indossò. Seta, naturalmente. «Sai, mi aveva chiesto di sposarlo», confidò sentendosi stringere la gola, come sul punto di strozzarsi con lacrime che non erano mai distanti.
Impassibile, con un abito azzurro ghiaccio e sfoggiando quella che sembrava una collana di smeraldi, Cicely scosse il capo. «Cara, ora devi dimenticare Jack».
Lydia sospirò mentre il sudore le imperlava l’attaccatura dei capelli. «Molto più facile dirlo che farlo».
«Il modo migliore è pensare ad altre cose, fare dei progetti. Se non lo fai, la disperazione ti trascinerà a fondo».
Ci fu una pausa.
«Qual è il tuo segreto?», chiese Lydia, ansiosa di cambiare argomento. «Non sembri soffrire in questo clima».
«Acqua. Faccio un mucchio di docce», disse Cicely ridendo.
«Non mi abituerò mai a un caldo del genere, acqua o non acqua».
Lydia ripensò allo stagno, al divertimento che vi aveva condiviso con Jack e Maz. Alla meravigliosa freschezza dell’acqua in una giornata rovente, un modo davvero geniale di affrontare il calore. Poi le saltò in mente l’uomo che aveva incontrato sull’autobus. Adil. Ricordò il loro viaggio insieme, così tanto tempo prima. Il sangue le corse alle guance. Era successo prima che tutto andasse tanto male. Prima di Emma e Fleur. Prima di Jack.
«Un penny per i tuoi pensieri?», chiese Cicely.
Lydia non sapeva bene perché, ma scoprì di non voler rivelare all’amica i suoi pensieri più reconditi. «Oh, in realtà niente di che. Stavo solo ricordando alcune cose. Ho incontrato una persona che riusciva sempre a stare fresca. Come te».
«Chi? Ero convinta di essere l’unica regina di ghiaccio in Malesia».
«Un uomo, non una donna. Si chiamava Adil. L’ho incontrato mentre viaggiavo verso nord. All’inizio non sapevo bene come giudicarlo».
Sul volto di Cicely balenò qualcosa. «Re di ghiaccio, quindi?»
«Ha salvato la vita di una donna. Sul treno. Ha badato a me».
Cicely si accarezzò la collana di smeraldo. «Sembra una brava persona. Indigeno, naturalmente. Con un nome del genere».
Lydia annuì. «La donna stava per saltare. Lui l’ha raggiunta e l’ha riportata dentro. Ed è stato gentile con me. Senza motivo. Solo gentile».
«Come mai stava andando a nord?»
«Doveva occuparsi di qualcosa, mi ha detto…».
«Ti piace questa?», la interruppe Cicely battendo una mano sulla collana. «Non è magnifica? Me l’ha regalata Ralph ieri sera. Il regalo del rimorso».
«È infedele?».
Cicely fece spallucce. «Continuamente. Ragazze cinesi».
Lydia ricordò la relazione di Jack con Lili. «Più di una volta?»
«“Mi stai dando del bugiardo, cara?”».
Lydia scosse il capo. «Come fai a tollerarlo?»
«Non essere così dannatamente prude, tesoro. Succede in continuazione, e io ne traggo tutti i vantaggi possibili».
Lydia rammentò i pettegolezzi di Alec riguardo agli exploit di Cicely in camera da letto, uno sguardo sdegnoso negli occhi.
«Perlomeno, nel caso di Ralph sono ragazze. Non come quelli nelle posizioni più alte. Tientelo per te, ma è Harriet quella per cui sono dispiaciuta».
Lydia rimase a bocca aperta.
«Su, Lyddy. Tutto è in vendita in questo dannato Paese. Soprattutto adesso che ce ne stiamo andando».
«Fine di un’era?»
«Direi più fine dell’impero, tesoro». Cicely rise facendo roteare gli occhi.
Lydia studiò gli zigomi cesellati dell’amica, le labbra truccate, i biondi capelli lucidi.
«Alec può aver avuto tanti difetti, ma perlomeno non era come Ralph e George», commentò.
«Alec non era un santo». Cicely si spazzolò via un granello di polvere dalla gonna e, con un guizzo divertito, fissò Lydia.
Quest’ultima boccheggiò. «Stai dicendo che ci ha provato?».
Cicely annuì.
«Con te?»
«E con chi se no?», sbuffò Cicely.
Lydia cercò di prenderla a ridere ma, spiazzata, si alzò e andò ad aprire la portafinestra, per poi uscire su un balcone cinto da una bella ringhiera in ferro. Dalla strada salivano un mucchio di rumori: campanelli di biciclette, il boato del traffico, la miriade di suoni delle voci umane. Cinesi, malesi, indiane.
«Sei un’inguaribile romantica, Lydia Cartwright. Ora, qual è il prossimo passo? È questa la grande domanda. Hai una foto del bambino?».
Lydia scosse il capo.
«Bene, chiudi la finestra e vieni qui. Non abbiamo una campagna da progettare? Telefonerò immediatamente a Harriet. E ricorda, tesoro, se ti serve del denaro devi solo chiederlo».
Lydia annuì. «Ti ringrazio. Alla fine dovrò trovarmi un lavoro ma, per adesso, ho quanto basta per cavarmela».
Si accorse che Cicely la stava osservando.
«Io non… lo sai. Con Alec».
Eppure, nonostante quel che sosteneva l’amica, Lydia si chiese se la sua offerta di denaro non fosse ispirata dal senso di colpa e si sentì totalmente sconvolta per non aver mai avuto alcun sospetto.