Ripred cominciò a camminare su e giù. — D’accordo. Priorità numero uno. Dividiamo la squadra dei decifratori. Se i ratti dovessero penetrare nel palazzo, non possiamo permettere che vi trovino tutti nello stesso posto. Voglio Min, Reflex e Luxa al centro di comando. Lizzie, Daedalus e Heronian, restate qui e distruggete ogni prova che abbiamo scoperto il codice. Gregor, Hazard, Boots e Temp, voi andate nella stanza delle profezie. Nerissa è già là, e ha la chiave della porta. Chiudetevi dentro e non aprite finché non vi viene detto di farlo.

— Perché? Dovrei correre a indossare l’armatura, piuttosto — obiettò Gregor.

— Credi di essere in condizioni di batterti? Attaccami — ordinò Ripred.

La schiena di Gregor protestò vivacemente mentre lui cercava di impugnare le armi. Riuscì a estrarle dal cinturone, ma finì per lasciar cadere il pugnale sul pavimento.

— Non puoi combattere così. E anche se potessi, non ti sprecheremmo mai per un banale scontro. Ci serve che tu combatta contro il Flagello. Ma non preoccuparti. Non penso che ci sarà anche lui, a nuotare nel fiume — disse Ripred. — È più probabile che l’abbiano nascosto in una grotta, con un gruppo di tessitori a tenergli fasciata la coda.

— Credevo che i tessitori fossero neutrali — osservò Luxa, fissando Reflex.

— Neutrali nel senso che danno una mano a entrambi gli schieramenti così, quando la guerra finirà, avranno comunque collaborato col vincitore — ribatté Ripred. — Ti stanno aiutando, no? E allora togliti di torno!

Gregor recuperò il pugnale e fece un passo verso la porta. — No, un momento. Voglio Lizzie con me.

— Sul serio? Vuoi che Lizzie venga nella stanza delle profezie senza nient’altro da fare se non… leggere profezie tutto il giorno? — insinuò Ripred.

Gregor capì cosa voleva dire. Il ratto era stato molto attento a evitare che Lizzie venisse a conoscenza della vera Profezia del Tempo e di ciò che annunciava per Gregor. E anche gli altri. Se Lizzie fosse entrata in quella stanza, avrebbe saputo la verità.

— Starò bene qui, Gregor. Ripred ha ragione. Dobbiamo separarci — disse Lizzie.

— In caso di pericolo, troverò un modo per portarla in salvo — intervenne Dedalus. — So di una finestra che non è lontana da qui.

— Va bene — acconsentì Gregor. Forse era meglio così. Forse Dedalus avrebbe persino trovato un modo per portarla a casa. — Quanto ci vorrà?

— Chi può dirlo? Sarà meglio che prendiate delle coperte e uno di quei carrelli di cibo — rispose Ripred, accennando alle vivande portate da poco.

Lizzie impilò delle coperte sul dorso di Temp, e Boots montò anche lei in groppa allo scarafaggio. Gregor tentò di spingere il carrello, ma alla fine fu costretto a lasciarlo fare a Hazard.

— Verrò a trovarvi appena posso — disse Luxa, toccando il braccio di Gregor in segno di saluto.

Il gruppo si divise secondo le istruzioni di Ripred, e Gregor fece strada verso la stanza delle profezie. Procedevano molto lentamente, soprattutto per via del carrello. Gregor pensò di abbandonarlo, ma non aveva idea di cosa riservasse loro il futuro.

Nerissa li stava aspettando. Li trascinò dentro, chiuse la porta e girò subito la chiave, facendola poi sparire nella tasca della gonna. Non aveva portato niente per mangiare o per dormire, ma vicino alla parete c’era una catasta di fiaccole nuove.

— Perché Ripred ci vuole qui dentro? — le chiese Gregor.

— Questa è una delle poche stanze del palazzo che abbia una porta. Ci proteggerà un po’ — rispose Nerissa.

— Un po’ — concordò Gregor. Ma non molto. La porta era di legno spesso. Ci sarebbe voluto tempo, ma alla fine, a forza di artigli, i ratti sarebbero riusciti a sfondarla. Stimò che le ruspe l’avrebbero fatta fuori in meno di un minuto. Almeno, avrebbero avuto un minimo di preavviso. Gregor si chiese se avesse poi molta importanza. Se non fosse guarito alla svelta, chi li avrebbe difesi? Nerissa non doveva aver mai tenuto in mano una spada. Hazard e Boots erano dei bambini. Temp, lui sì che poteva combattere, e avrebbe combattuto se le cose si fossero messe male. Ma non sarebbe stato in grado di competere contro dei ratti soldati.

Gregor decise di impiegare tutte le sue energie a ristabilirsi. Howard diceva che aveva bisogno di riposare, perciò avrebbe riposato. Sistemarono le coperte a mo’ di letti lungo le pareti, e Gregor si sdraiò. Se non si muoveva, l’antidolorifico che Howard gli aveva dato lo faceva stare abbastanza bene. Si sforzò di ignorare quello che stava succedendo fuori dalla porta e si addormentò.

Passarono le ore, che diventarono giorni. Temp distraeva Boots e Hazard. Loro tre passavano il tempo a chiacchierare in brulicante mentre Gregor mangiava, prendeva antidolorifici e dormiva. Nessuno veniva a dar loro notizie. Di tanto in tanto, sentivano passi che correvano lungo il corridoio e voci che urlavano parole indistinte. Nient’altro. Man mano che la sua schiena migliorava, Gregor era sempre più preoccupato per quanto stava accadendo nel palazzo. I ratti avevano attaccato? Gli umani erano preparati? Perché nessuno li aveva aggiornati? Suggerì di aprire la porta e chiamare per avere informazioni, ma Nerissa si rifiutò categoricamente.

— Questa non è la tua battaglia, Gregor — disse. — Per te è tempo di aspettare.

Aspettare si dimostrò molto più difficile che combattere, per lui. Nerissa cercò di distrarlo facendogli vedere alcune profezie e raccontandogliene le storie. Gregor imparò tante cose sul passato di Regalia, ma ben poco sul suo presente. — Dai, Nerissa, che male potrà mai fare una sbirciatina? — la implorò.

— Guarda questa poesia, Gregor — disse Nerissa. — È di gran lunga la mia preferita. Quando tutto sembra perduto, mi consolo con le sue parole.

Gregor sospirò e girò lo sguardo verso una breve poesia sulla parete, nell’angolo in cui di solito si raggomitolava Nerissa.

HA UN PASSO FELPATO

CHE NESSUNO AVVERTE,

DISTRIBUISCE MORTE,

DA POCHI È ACCETTATO.

L’ARTIGLIO L’HA UCCISO,

MA POI È RESUSCITATO

CON DUE LINEE SUL VISO:

DA UNA “X” È MARCHIATO.

S’INCROCIANO INFINE

DUE LINEE DI CONFINE.

UNA È INATTESA,

MA TROVERANNO UN’INTESA.

— Questo ti consola? Perché? — chiese Gregor. Ai suoi occhi era solo altra robaccia di Sandwich, e di quell’uomo aveva un’opinione decisamente scarsa, ormai.

— Hai letto il titolo? — replicò Nerissa.

Gregor lo notò per la prima volta. Sopra la poesia erano scritte le parole:

IL PACIFICATORE

“Il Pacificatore, come no…” pensò Gregor. Cosa ne sapeva della pace Sandwich, l’assassino delle ruspe? — Allora credi che verrà un pacificatore? Quando? — chiese Gregor.

— Nessuno lo sa. Forse domani. Forse tra mille anni. Ma il pacificatore arriverà. Proprio come è arrivato il guerriero — rispose Nerissa.

Qualcosa si agitò in fondo alla mente di Gregor. Il pacificatore. Aveva già sentito quella parola. Ma quando? Poi ricordò. Molto tempo prima, quando era appena arrivato a Regalia per la seconda volta, gironzolava nottetempo per il palazzo e per caso aveva udito Solovet e Vikus discutere di lui, se dovesse essere addestrato o no. Solovet lo voleva subito in armi, naturalmente. — E in fondo la profezia definisce Gregor “il guerriero”. Non “il pacificatore” — aveva detto.

— Be’, non sono io, Nerissa. E non sarò qui quando si presenterà, chiunque sia. Ma spero che lo faccia — ribatté Gregor. — E adesso possiamo aprire questa porta?

Nerissa scosse la testa. Non poteva sottrarle la chiave con la forza. Be’, forse sì, ma non voleva. Magari, quando si fosse addormentata, avrebbe potuto farle scivolare la chiave di tasca e guardare fuori solo per un attimo. Doveva scoprire cosa stava succedendo. E poi, un po’ d’aria avrebbe fatto davvero bene alla stanza. Stavano usando un vaso vuoto vicino alla porta come gabinetto, e quel posto puzzava come una fogna.

Mentre aspettava che Nerissa si mettesse a dormire, Gregor provò a maneggiare le sue armi. Era ancora dolorante e non c’era molto spazio, ma riusciva comunque a brandire la spada e il pugnale. Capì che, se necessario, sarebbe stato in grado di combattere all’ottanta percento delle sue capacità, e la cosa lo fece sentire ancora più sicuro del suo piano. Anche se ci fossero stati due grossi ratti in agguato appena fuori dalla porta, sarebbe riuscito a eliminarli.

Quando alla fine Nerissa si assopì, dormivano anche Boots, Hazard e Temp. Meglio così, perché Gregor non era poi molto entusiasta di rubare la chiave. “Prenderla in prestito” si corresse fra sé. “E la rimetterò a posto prima che qualcuno si accorga che era sparita.” Si avvicinò a Nerissa e prelevò con cautela la chiave dalla sua tasca. Andò alla porta il più silenziosamente possibile e la infilò nella toppa. Stava giusto per girarla quando sentì urlare. Ci furono passi, rumore di lotta e un grido umano. Poi un colpo tremendo si abbatté sulla porta, facendola rimbombare. Graffi, poi un altro colpo, subito seguito da un artiglio di ratto che bucò il legno proprio davanti alla faccia di Gregor. Lui indietreggiò d’istinto ed estrasse le armi. Altre urla e altri passi. Un orribile gorgoglio proveniente dal ratto. Del sangue filtrò da sotto la porta. Silenzio.

Gregor si girò e vide che gli altri erano svegli e lo guardavano terrorizzati. Abbassò la mano, ritirò la chiave e la restituì a Nerissa senza parlare. Lei fu abbastanza gentile da non dire “te l’avevo detto”.

Passarono i secondi. Quindi i ratti erano davvero nel palazzo. Magari proprio fuori dalla porta. L’artiglio del ratto aveva lasciato un piccolo buco, circa delle dimensioni di uno spioncino, ma dato che nel corridoio non c’era luce, Gregor non vedeva niente. La sua preoccupazione cresceva di minuto in minuto. Ratti nel palazzo. Avevano trovato lui. Avevano trovato anche Lizzie, forse? Luxa? Cosa stava succedendo? Quando si sarebbero messi in contatto con loro, gli umani? Lui era in grado di combattere, ormai. Ma se fosse andato via e i ratti avessero attaccato la stanza delle profezie? Quella porta non avrebbe resistito a lungo. Chi avrebbe protetto Boots, Hazard, Temp e Nerissa?

La testa di Gregor si sollevò di scatto mentre degli artigli raspavano contro la porta. Prese attentamente la mira e affondò la spada dritto nello spioncino.

— Be’, almeno adesso servi a qualcosa — sentì dire a Ripred da dietro la porta. — Aprite, là dentro! Il palazzo è sicuro!

Nerissa spalancò la porta e apparve Ripred, coperto di sangue ma senza ferite visibili.

Dalla bocca di Gregor si riversò un torrente di domande, ma Ripred lo interruppe. — Sono morti in molti, ma tutti quelli che per te sono importanti respirano ancora. Siamo riusciti a difendere la città grazie a tua sorella, che ha decifrato il Codice dell’Artiglio. I ratti sono stati respinti, ma si raggrupperanno di nuovo e si stringeranno intorno al Flagello. Adesso abbiamo bisogno di te al centro di comando, ragazzo. — Si girò verso Nerissa. — A voi manderò istruzioni più tardi. Fino ad allora, non vi muovete di qui.

Gregor seguì Ripred lungo i corridoi, dove ragazzi della sua età rimuovevano i cadaveri degli umani, dei ratti e dei topi caricandoli sulle barelle. A volte, per trasportare un corpo, dovevano mettercisi in sei. “Sono troppo giovani per un lavoro del genere” pensò Gregor. Poi gli tornò in mente cos’avevano fatto lui e Luxa negli ultimi tempi, e quel compito gli sembrò decisamente banale. Certo, la sua situazione era diversa. Lui si era lasciato alle spalle ogni residuo di infanzia mesi prima. Non era forse vero?

Il centro di comando era affollato di umani e altre creature, ma l’attenzione di Gregor si concentrò subito su Luxa.

Doveva essere stata in battaglia. Anche se indossava vestiti puliti, aveva una fasciatura nuova intorno alla fronte. E le era tornata anche la tosse.

— Non avresti dovuto combattere — la rimproverò Gregor, risistemandole un lembo pendente della benda.

— Questa è casa mia — ribatté Luxa. — Come va la tua schiena?

— Pronta a entrare in azione — rispose Gregor.

— Eccellente — commentò Solovet. — A breve partiremo all’inseguimento dei rodenti.

— Mando a chiamare Aurora — disse Luxa.

— No, Luxa. Non sei in condizioni di venire. E ci servi qui — obiettò Solovet.

— Non puoi chiedermi di restare — insistette Luxa. — Non dopo quello che hanno fatto a Regalia.

— Eppure devi — disse Solovet.

Luxa inclinò leggermente la testa. — Devo? — Gregor avvertì lo scontro che si preparava e si sentì in colpa perché stavolta era d’accordo con Solovet. C’erano varie ragioni per cui non voleva che Luxa si precipitasse a inseguire i ratti. Non stava bene, preferiva saperla al sicuro da qualche parte e, soprattutto, non voleva che lo vedesse morire.

Ripred fece un passo e si mise tra Luxa e Solovet. — Sta’ a sentire, Altezza, è proprio a Regalia che stiamo pensando. Abbiamo intenzione di uscire di qui e chiudere la partita. Ma quando tutto sarà finito, il tuo popolo avrà un disperato bisogno di un capo. I ratti hanno invaso la Sala del Consiglio e gli unici sopravvissuti sono i tuoi nonni, che la gente considera influenti, sì, ma non più degni di fiducia. I regaliani si aspetteranno che sia tu a guidarli.

— Dice la verità, Luxa — confermò Solovet. — Con il Consiglio distrutto, il potere passerà a te.

— Non ho ancora l’età giusta — replicò lei. — Sapete che non posso governare ufficialmente.

— Quello non conta. Non in tempi come questi. Non dopo le dimostrazioni di coraggio e intelligenza che hai dato di recente. Credimi, sarai tu a governare. Se ti hanno seguito in questa guerra, ti seguiranno anche dopo. Adesso lo capisci che sei troppo preziosa per correre rischi in battaglia? — chiese Ripred.

Non sembrava che volesse adularla, stava solo esponendo i fatti, da pari a pari.

Luxa fissò Ripred, riflettendo sulla sua domanda. Poi abbassò lo sguardo. — Sì, capisco. Resterò qui.

Ripred e Solovet si scambiarono un’occhiata compiaciuta e stavano già tornando ai loro piani di guerra quando Gregor vide l’ombra di un sorriso incurvare gli angoli della bocca di Luxa.

— Sta mentendo — disse lui.

A quelle parole, incredulità, dolore e poi rabbia attraversarono in rapida successione il viso della ragazza.

— Perché dici questo? — chiese Solovet.

— Perché la conosco. Se volete che resti… — Gregor dovette sforzarsi di deglutire per terminare la frase — … chiudetela nelle segrete.