Postfazione: domande frequenti

Se devo essere sincero, le domande personali, come alcune di quelle presenti in questa postfazione mi hanno sempre imbarazzato. Tuttavia mi vengono poste così spesso e con tale interesse, che ho deciso includerle in questa edizione. Molte di queste domande e risposte erano contenute anche in Living the 7 Habits.

Le 7 Regole fu pubblicato nel 1989. Alla luce delle esperienze maturate in tutti gli anni successivi: cosa cambierebbe, aggiungerebbe o toglierebbe?

Non rispondo con leggerezza, ma, sinceramente, non cambierei nulla. Potrei approfondire e applicare i principi in maniera più ampia, ma ho già avuto l’opportunità di farlo in alcuni dei libri pubblicati successivamente.

Ad esempio: dalle ricerche emerse che più di 250.000 persone indicavano la Regola 3, “dai precedenza alle priorità”, come la più trascurata. Quindi nel libro First Things First (pubblicato nel 1996) approfondii le Regole 2 e 3, aggiungendo anche più contenuti ed esempi esplicativi per le altre regole.

In The 7 Habits of Highly Effectìve Families applicai la struttura di pensiero delle 7 Regole alla costruzione di famiglie solide, felici e di successo.

Anche mio figlio, Sean, applicò la struttura alle peculiari necessità, interessi e sfide degli adolescenti in modo molto accattivante, divertente ed edificante al tempo stesso in The 7 Habits of Highly Effective Teens.

Decine di migliaia di persone ci raccontarono l’impatto significativo dell’essere diventati la forza creativa della loro vita interiorizzando le 7 Regole. Settantasei di essi condivisero i dettagli delle loro affascianti storie di coraggio e ispirazione in Living thè 7 Habits - mostrando così il potere di trasformazione dei principi in ogni ambito: personale, familiare e aziendale, indipendentemente dalle circostanze, dalla posizione lavorativa o dalle esperienze pregresse.

Cos’ha imparato dalle 7 Regole dopo la pubblicazione del libro?

Ho imparato o si erano consolidati molti concetti. Citerò brevemente dieci insegnamenti.

  1. L’importanza di distinguere la differenza tra principi e valori. I principi sono leggi naturali esterne a noi, che hanno il supremo controllo delle conseguenze delle nostre azioni. I valori sono interiori e soggettivi e rappresentano ciò che ci rende più forti nel dirigere la nostra condotta. Spero si arriverà a dare valore ai principi ottenendo i risultati che vogliamo ora, ma in modo da poterne ottenere di migliori in futuro: questa è la mia definizione di successo. Tutti hanno dei valori, anche i gruppi criminali. Mentre i valori governano il comportamento, i principi governano le conseguenze delle diverse azioni. I principi sono indipendenti da noi. Agiscono anche se non ne siamo consapevoli, anche se non li accettiamo, anche se non ci piacciono, anche se non vi crediamo o se non vi obbediamo. Sono arrivato a credere che l’umiltà sia la madre di tutte le virtù. L’umiltà ci fa capire che non siamo noi a esercitare il controllo su noi stessi, bensì i principi, per questo vi ci sottomettiamo. L’orgoglio ci fa credere di essere in grado di controllarci e, poiché i valori governano il nostro comportamento, di poter semplicemente fare a modo nostro. Possiamo, certo, ma le conseguenze del nostro comportamento derivano dai principi e non dai valori. Dunque dobbiamo dare valore ai principi.
  2. Grazie alle esperienze fatte in tutto il mondo, sono arrivato a individuare la natura universale dei principi che supportano questo materiale. Le spiegazioni e il modo di metterlo in pratica possono variare ed essere culturalmente specifiche, ma i principi sono sempre gli stessi. Ho trovato i principi contenuti nelle 7 Regole nelle Sacre Scritture delle sei religioni più importanti al mondo e le ho potute citare insegnando nelle relative culture. L’ho fatto in Medio Oriente, India, Asia, Australia e Sud Pacifico, Sud America, Europa, Nord America, Africa, tra gli Indiani d’America e in altre popolazioni indigene. Tutti noi, uomini e donne in ugual misura, affrontiamo problemi simili, abbiamo bisogni simili, e dentro di noi echeggiano gli stessi principi chiave. Esiste un senso innato del principio di giustizia o vinco/vinci. Allo stesso modo esiste un innato senso morale del principio di responsabilità, di finalità, di coerenza, di rispetto, di cooperazione, di comunicazione, di rinnovamento. Sono universali, diversamente dalle azioni, che sono specifiche a seconda della situazione. Ogni cultura interpreta i principi universali a modo suo.
  3. Sono arrivato a individuare le implicazioni delle 7 Regole nelle imprese, sebbene, in senso strettamente tecnico, non abbiano regole. Nella cultura aziendale esistono norme, usi o codici sociali, che rappresentano delle regole. Un’azienda ha anche sistemi, processi e procedure codificati, che rappresentano delle regole. Di fatto, in ultima analisi, qualsiasi comportamento è individuale. Lo è anche se spesso fa parte di un comportamento collettivo, che rispecchia le decisioni del management in materia di struttura e di sistemi, di processi e di procedure. Abbiamo lavorato con migliaia di aziende in quasi ogni settore e professione e abbiamo riscontrato che sono proprio principi chiave contenuti nelle 7 Regole ad attuare e definire l’efficacia.
  4. Si possono insegnare tutte le 7 Regole iniziando da una qualsiasi. Ed è anche possibile insegnare una regola in modo da introdurre l’insegnamento delle altre sei. È come un ologramma in cui l’intero è contenuto nella parte e la parte nell’intero.
  5. Anche se le 7 Regole rappresentano un approccio “inside-out”, funzionano meglio quando si parte dalla sfida esterna, passando all’approccio “inside-out” successivamente. In altre parole: se state affrontando una sfida di carattere relazionale, poniamo il caso di una crisi di comunicazione e di fiducia, essa definirà la natura dell’approccio “inside-out” di cui avrete bisogno per conquistare il genere di vittoria privata che consentirà la vittoria pubblica in quella sfida. Per questa ragione spesso insegno le regole 4, 5 e 6 prima di insegnare le 1, 2 e 3.
  6. L’interdipendenza è dieci volte più difficile dell’indipendenza. Infatti è necessaria moltissima indipendenza mentale ed emotiva per pensare vinco/vinci quando un’altra persona pensa vinco/perdi, per cercare di capire quando dentro di voi l’unica esigenza è quella di essere capiti e per cercare una terza e migliore alternativa, quando sarebbe molto più semplice accettare un compromesso. In altri termini: lavorare con efficacia in cooperazione creativa con gli altri richiede un’enorme dote di indipendenza, di sicurezza interiore e di autodisciplina. Altrimenti ciò che chiamiamo interdipendenza è in realtà anti-dipendenza in cui le persone fanno l’opposto che affermare la loro indipendenza, o codipendenza in cui esse necessitano letteralmente della debolezza altrui per appagare i loro bisogni e per giustificare la loro stessa debolezza.
  7. Le prime tre regole possono essere riassunte piuttosto esaurientemente con l’espressione “fai e mantieni una promessa”. Allo stesso modo le tre regole successive possono essere riassunte con l’espressione “coinvolgi gli altri nel problema ed elaboratene insieme la soluzione”.
  8. Le 7 Regole rappresentano un nuovo linguaggio, nonostante contengano meno di una dozzina di parole o frasi davvero originali. Questo nuovo linguaggio diventa un codice, un modo pratico e veloce per dire molto. Per esempio quando chiedete a qualcuno “Era un deposito o un prelievo?” “È reattivo o proattivo?” “È sinergico o è un compromesso?” “È vinco/vinci o vinco/perdi o perdo/vinci?” “È dare la precedenza alle priorità o alle cose secondarie?” “È cominciare pensando ai mezzi o alla fine?”. Ho visto intere culture trasformate dalla piena comprensione e dall’impegno verso i principi e i concetti simbolizzati da queste parole in codice molto speciali.
  9. La coerenza è un valore più alto della lealtà. O meglio: la coerenza è la forma più alta di lealtà. Coerenza significa far parte integrante dei principi o mettere al centro i principi, non le persone, le aziende e nemmeno le famiglie. Vi renderete conto del fatto che alla base della maggior parte delle questioni che affrontiamo c’è la domanda “è popolare (accettabile/politico) o è giusto?”. Quando diamo priorità all’essere leali verso una o più persone piuttosto che a quanto riteniamo giusto, perdiamo coerenza. Possiamo ottenere un consenso temporaneo o creare legami di lealtà, ma, di ritorno, la perdita di coerenza minerà perfino queste relazioni. È come parlar male alle spalle di qualcuno. Le persone con cui parlate male di un’altra sanno che parlereste male anche di loro con altre persone e in altre circostanze. In un certo senso le prime tre regole rappresentano la coerenza e le tre successive la lealtà; ma sono totalmente interconnesse tra loro. Col tempo la coerenza genera la lealtà. Se tentate di invertirle cercando anzitutto la lealtà, vi ritroverete a posticipare e compromettere la coerenza. E’ meglio avere fiducia che consenso. Infine, normalmente fiducia e rispetto produrranno l’amore.
  10. Vivere le 7 Regole è una lotta costate per tutti. Tutti, di quando in quando, vacillano su una delle regole, a volte su tutte e sette contemporaneamente. Sono davvero semplici da capire ma difficili da mettere in pratica sistematicamente. Sono regole di buonsenso ma, in quanto tali, pratica non sempre diffusa.

Quale delle regole le crea maggiori difficoltà?

La Regola 5. Quando sono molto stanco e già convinto di avere ragione, proprio non voglio ascoltare. Posso perfino arrivare a fingere di ascoltare. Sostanzialmente sono responsabile della stesso errore di cui parlo - l’ascoltare con l’intenzione di rispondere, non di capire. Di fatto, in un certo senso, lotto quasi quotidianamente con le 7 Regole. Non ne ho conquistata nemmeno una. Vedo le regole come principi di vita che non si possono dominare, più ci si avvicina a padroneggiarli, più ci si rende conto di quanta strada ci sia ancora da percorrere. È un po’ come il concetto che più sai, più sai di non sapere.

E per questo motivo che spesso valuto il lavoro dei miei studenti al 50 percento per qualità delle loro domande e al 50 percento per la qualità delle risposte che si danno. E il modo migliore di far emergere il loro livello di conoscenza.

Allo stesso modo le 7 Regole rappresentano un ciclo ascendente. La Regola 1 a un livello superiore è profondamente diversa dalla Regola 1 a un livello inferiore.

L’essere proattivi a un livello inziale può significare semplicemente essere coscienti dello spazio tra stimolo e risposta. Al livello successivo può implicare la scelta di non tornare indietro o di non vendicarsi. Al livello successivo dare un feedback. Al livello successivo chiedere perdono. Al livello successivo perdonare. Al livello successivo perdonare i genitori. Al livello successivo perdonare i genitori ormai defunti. Al livello successivo semplicemente non prendersela per i torti subiti.

Lei è il vice presidente della FrankinCovey Company. La sua società mette in pratica le 7 Regole?

Ci proviamo. Uno dei nostri valori fondamentali è quello di cercare incessantemente di mettere in pratica ciò che insegniamo. Ma non lo facciamo perfettamente. Come in ogni altro business siamo messi alla prova dai cambiamenti delle realtà del mercato e dal lavoro di integrazione delle culture aziendali delle precedenti Covey Leadership Center e Franklin Quest. La fusione avvenne nell’estate del 1997. Occorrono tempo, pazienza e tenacia nell’applicare i principi e il nostro successo sarà testato nel lungo periodo. L’istantanea non ha la precisione di una fotografia vera e propria.

Tutti gli aerei viaggiano fuori rotta per la maggior parte del tragitto, ma si riallineano continuamente al piano di volo. E alla fine arrivano a destinazione. Questo vale per tutti noi come individui, famiglie e aziende. La chiave di tutto è avere un “fine in mente” e condividere un impegno cui dare costantemente un feedback e cui correggere la direzione.

Perché sette? Perché non sei, otto, dieci o quindici? Cosa c’è di sacro nel numero sette?

Non c’è nulla di sacro nel numero sette, è un caso che le tre regole per la vittoria privata (libertà di scegliere, scelta, azione) precedano le tre vittorie pubbliche (rispetto, comprensione, creazione), che ve ne sia poi un’altra per rinnovare tutte le precedenti e che la loro somma sia sette.

Ogni volta che mi è stata posta questa domanda ho sempre risposto che se si volessero far diventare regole altre caratteristiche desiderabili, basterebbe semplicemente elencarle nella Regola 2, come dei valori da provare a mettere in pratica. In altri termini: se la puntualità fosse un tratto desiderabile che si vuol far diventare una regola, potrebbe diventare uno dei valori della Regola 2, che individua il sistema di valori. La Regola 1 è l’idea che si possa avere un sistema di valori, che si possa scegliere il proprio sistema di valori. La Regola 2 è quali sono queste scelte o valori e la Regola 3 è metterli in pratica. Sono regole base, generiche e interconnesse.

Il caso vuole che mentre viene scritta quest’appendice alla nuova edizione de Le 7 Regole, abbia appena terminato un nuovo libro intitolato L ’8a Regola: dall’Efficacia all’Eccellenza. Per alcuni il fatto di chiamarla L ’8a Regola potrebbe apparire come una deviazione dalla mia risposta tipica. Vede, come dico nel capitolo introduttivo di questo nuovo libro, il mondo è profondamente cambiato dalla pubblicazione de Le 7 Regole per Avere Successo nel 1989. Le sfide e la complessità che affrontiamo nella vita personale e nelle relazioni, in famiglia, nella vita professionale e nelle aziende sono di un diverso ordine di grandezza. Di fatto molti fissano il 1989, l’anno in cui abbiamo assistito alla caduta del muro di Berlino, come l’inizio dell’Età Informatica, la nascita di una nuova realtà, un cambiamento estremamente significativo... davvero una nuova Era.

Essere efficaci come individui e come organizzazioni al giorno d’oggi, non è più facoltativo, è il biglietto da pagare per entrare in gioco. Ma la sopravvivenza, la prosperità, l’innovazione, l’eccellenza e il primato in questa nuova realtà ci richiederanno di partire dall’efficacia per andare oltre. La richiesta e la necessità di una nuova era sono di realizzazione, di attuazione appassionata, di un contributo e di una grandezza significativi. Sono, tuttavia, su un piano o su una dimensione diversa. Sono di genere diverso, così come l’importanza è diversa nel genere, e non nel grado dal successo. Raggiungere le vette più alte del genio e della motivazione umana, ciò che potremmo chiamare la voce, richiede una nuova struttura mentale, nuove abilità e nuovi mezzi... una nuova regola.

L’8a regola, dunque, non è l’aggiunta di una nuova regola alla 7 - una che era stata dimenticata. E invece vedere e rifinire il potere di una terza dimensione delle 7 Regole, che incontri la sfida centrale della nuova Età del Knowledge Worker.

Come influenza la sua vita la notorietà?

Mi influenza in diversi modi. Dal punto di vista dell’ego è lusinghiero. Dal punto di vista dell’insegnamento è umiliante, ma devo fermamente ammettere che non sono io l’autore di questi principi e che non merito alcun riconoscimento. Non lo dico perché desidero essere umile e modesto. Lo dico perché ci credo, perché io stesso ci credo. Mi considero uguale a molti di voi: alla ricerca della verità, della comprensione. Non sono un guru e detesto essere chiamato guru. Non voglio discepoli. Cerco solo di promuovere l’idea di farsi discepoli dei principi, che sono già nel cuore delle persone e che possono essere messi in pratica attraverso la coscienza.

Se potesse tornare indietro, cosa che farebbe in maniera diversa come uomo d’affari?

Mi dedicherei in maniera più strategica e proattiva alla ricerca e alla selezione del personale. Quando sei sommerso dalle urgenze e ci sono migliaia di cose in ballo, è facile mettere in posizioni di rilievo le persone che sembrano avere le soluzioni. La tendenza non è quella di analizzare in profondità la loro formazione e le loro caratteristiche, facendo le cose “diligentemente”, e nemmeno di sviluppare con cura i criteri da soddisfare nei particolari ruoli e incarichi. Sono convinto che quando la ricerca e la selezione del personale sono fatte in modo strategico, che significa pensare proattivamente e a lungo termine, non solo in base alle esigenze pressanti del momento, ripagano con enormi dividendi sul lungo periodo. Qualcuno disse che crediamo più facilmente a ciò che desideriamo con più ardore. Occorre davvero analizzare a fondo sia il carattere sia la competenza delle persone, perché, a valle, emergeranno pecche in entrambe le aree. Sono convinto che, sebbene la formazione e la crescita del personale siano importanti, la ricerca e la selezione lo siano molto di più.

Se potesse tornare indietro, cosa che farebbe in maniera diversa come genitore?

Come genitore vorrei aver dedicato più tempo e cura allo sviluppo di un accordo vinco/vinci tenero e informale con ognuno dei miei figli, nelle diverse fasi della vita. A causa degli affari e dei viaggi ho assecondato i miei figli adottando troppo spesso un accordo perdo/vinci, anziché pagare più consistentemente il prezzo necessario allo sviluppo di una relazione basata su accordi vinco/vinci profondi e sinceri.

La tecnologia: come cambierà il business nel futuro?

Credo nell’affermazione di Stan Davis “Quando cambia l’infrastruttura, cigola tutto” e penso che l’infrastruttura tecnica sia il centro di tutto. Accelererà il trend sia negativo sia positivo. Sono anche convinto che è per queste ragioni che l’intervento dell’uomo diventerà ancora più importante. L’alta tecnologia senza l’alto tocco umano non funziona, e più la tecnologia diventa influente, più diventa importante il fattore umano che la controlla, in particolare nello sviluppo di un impegno culturale sui criteri che sono alla base del suo uso.

È sorpreso o sbalordito della popolarità delle 7 Regole (in diversi Paesi/culture/età/sessi)?

Sì e no. Sì nel senso che non immaginavo diventasse un fenomeno mondiale e che alcune delle parole chiave diventassero parte di Americana. No, nel senso che il materiale era stato testato per oltre 25 anni e sapevo che avrebbe funzionato, soprattutto perché si fonda su principi che non ho inventato e di cui non mi attribuisco il merito.

Come inizierebbe a insegnare le 7 Regole ai bambini?

Credo che adotterei le tre regole fondamentali di Albert Schweitzer per crescere i bambini: primo, esempio; secondo, esempio; terzo, esempio. Direi, primo, esempio; secondo costruendo una relazione basata su cura e conferme; e terzo, insegnando loro, col linguaggio dei bambini, qualche semplice concetto sottolineandone la regola, aiutandoli ad acquisire una comprensione e un vocabolario di base delle 7 Regole e mostrando loro come elaborare l’esperienza attraverso i principi. Lasciando che identifichino quali principi e quali regole sono presenti in modo particolare nelle loro vite.

Il mio capo/superiore (coniuge, figlio, amico) avrebbe davvero bisogno delle 7 Regole. Come suggerirebbe di fargliele leggere?

Alle persone non interessa quanto sapete finché non sanno quanto tenete a loro. Costruite una relazione di fiducia e apertura basata su un’onestà esemplare e successivamente raccontate loro quanto le 7 Regole vi abbiano aiutato. Mostrate semplicemente le 7 Regole in azione nella vostra vita. Poi, a tempo debito, potreste invitarli a partecipare a un programma formativo o regalare loro il libro, o insegnare loro, quando l’occasione lo richiede, alcune delle idee fondamentali.

Qual è stata la sua formazione e come è arrivato a scrivere le 7 Regole?

Era scontato che seguissi le orme di mio padre ed entrassi nell’attività di famiglia. Tuttavia scoprii che insegnare e formare i leader mi piaceva più del business. Quando ero alla Harvard Business School mi interessai e fui profondamente coinvolto dalla parte umana delle organizzazioni. In seguito insegnai materie economiche alla Brigham Young University e, parallelamente, feci consulenza e formazione per molti anni. Durante questo periodo mi interessai alla creazione di programmi di leadership integrata e di sviluppo del management, che ruotavano attorno a una struttura sequenziale ed equilibrata di principi. Alla fine l’evoluzione di tale struttura furono le 7 Regole e, una volta applicate alle aziende, fu il concetto di leadership fondata sui principi. Decisi di lasciare l’Università e di dedicarmi a tempo pieno alla formazione dei dirigenti per qualsiasi tipo di azienda. Dopo un anno di minuzioso arricchimento del curriculum, sviluppai un business che ci rese in grado di diffondere il materiale in tutto il mondo.

Cosa risponde a coloro che affermano di avere la vera formula del successo?

Direi due cose. Primo, se ciò che dicono è basato su principi o leggi naturali, allora voglio imparare da loro e complimentarmi. Secondo, direi che, probabilmente, stiamo usando parole diverse per descrivere gli stessi principi chiave o leggi naturali.

E’ davvero calvo o si rasa per ragioni di efficienza?

Ehi, mi ascolti, mentre voi siete occupati a farvi la piega, io servo i clienti. Di fatto la prima volta che ho sentito l’espressione “Calvo è bello” mi sono sbellicato dalle risate!

 

LE SETTE REGOLE PER AVERE SUCCESSO

THE 7 HABITS OF HIGHLY EFFECTIVE PEOPLE Stephen R. Covey

“The 7 Habits of Highly Effective People” di S. Covey è sicuramente uno dei testi più innovativi nel panorama della letteratura manageriale, un vero caso editoriale. Si tratta, infatti, non di un manuale, ma di un percorso, di un approccio integrato il cui proposito essenziale è imparare a gestire la propria vita in modo veramente efficace: ovvero come ottenere risultati, in linea con i propri obiettivi.

Il volume costituisce un “metodo” che, se correttamente applicato, permette di aumentare la capacità di raggiungere obiettivi personali e professionali, ma anche di sviluppare migliori relazioni private e di lavoro.

Si tratta di un percorso che richiede grande apertura mentale e totale coinvolgimento, affinché ognuno possa trovare la propria modalità di applicazione. Per ottenere successo, occorre innanzitutto riflettere sulle proprie abitudini, sui propri comportamenti quotidiani, affinché il cambiamento avvenga dall’interno e diventi pratica di vita e di lavoro.

“The 7 Habits of Highly Effective people” esce oggi con una nuova traduzione, curata direttamente dalla FranklinCovey Italia, e si propone come testo di riferimento per affrontare con coerenza gli attuali scenari di cambiamento che stiamo vivendo.

Stephen R. Covey è uno dei più influenti autori a livello interazionale sulle tematiche manageriali e di crescita personale. Da oltre 30 anni coinvolge milioni di persone con i suoi testi e le sue conferenze. The 7 Habits of Highly Effective People ha venduto oltre 15 milioni di copie nel mondo, in 28 differenti lingue. Co-fondatore, insieme ad Hyrum Smith, e vicepresidente della FranklinCovey Inc., la maggiore società di consulenza per lo sviluppo della leadership nel mondo, è anche autore di altri testi di successo quali Principle Centered Leadership e First Things First, The Nature of Leadership. Recentemente è stato riconosciuto dalla rivista Time come uno dei 25 cittadini americani più influenti.